PEZZO PER PEZZO, CROLLA IL CASTELLO DELLE MENZOGNE (MA NON POSSIAMO ABBASSARE LA GUARDIA)
Sono francamente tentato di fare un piccolo bilancio di fine d’anno 2007 per quel che attiene ad alcuni problemi di politica estera e di rapporti tra noialtri europei e le forze che a quanto pare dominano oggi il mondo. Perche mi sembra che, nonostante la protervia e/o l’ottusita dei mass media e l’apatico disinteresse della cosiddetta societa civile tutto sommato qualcosa si muova: e che, alla faccia di tutti i sarti furbastri di cui parla la fiaba del vecchio Andersen e che tessono e cuciono sontuosi ma inesistenti abiti, sia sempre piu chiaro che il Re e Nudo. Eccome. Ma andiamo per ordine cronologico.
Ombre sull’Undici Settembre.

Merita un solo cenno, ma e importante, quel ch’e accaduto a Roma il 23 ottobre: dopo l’uscita del libro Zero a cura di Giulietto Chiesa (Piemme Editrice), in quel giorno e stato presentato l’omonimo film. Entrambi hanno circostanziato nella sostanza molto bene, e con efficacia, il fatto che attorno al fatidico 11 settembre 2001 troppe siano ancora le lacune e le contraddizioni della versione ufficiale: e non e certo complottismo il denunziar lo stato di cose e chiedere una riapertura delle indagini, anzitutto nel nome e nell’interesse delle famiglie delle vittime degli attentati di quella giornata. C’e stata qualche reazione piu o meno isterica e qualche risposta sedicente “documentata”: ma in realta non si e andati oltre il consueto ricatto politico-morale: chi dice cose del genere e un “complottista”, un antiamericano, e quindi un antisionista, e pertanto (quest’ultima cosa non sempre la si dichiara apertis verbis, tuttavia la si sottintende) un antisemita. Su quanto logica sia questa catena di consequenzialita, e inutile spender parole. Chi se ne serve, confida sul carattere intimidatorio di certe accuse: ma sembra proprio che esso non sia piu poi cosi efficace. Ormai i complottisti che vedono sempre al-Qaeda e i “terroristi musulmani” (nonche magari “i comunisti”) dappertutto, ormai dovranno rassegnarsi a mettere insieme nelle loro performances propagandistiche anche qualcosa che abbia la parvenza di un argomento: e passato il tempo in cui potevano vivere di rendita baloccandosi con l’ironia, i ricatti e le minacce. Tantopiu che, nonostante l’occhiuta sorveglianza esercitata dai custodi del politically correct, ogni tanto passano attraverso le barriere massmediali (pensate per disinformare anziche informare) anche divertenti cosucce: come l’”esternazione” dell’ex Presidente della repubblica e senatore a vita Francesco Cossiga apparsa fugacemente sul “Corriere della sera” del 30 novembre e quindi passata a un “lancio d’agenzia” Ansa prima di venir completamente oscurata. Parlando dell’ultima audiocassetta attribuita a Usama bin Laden, quella diffusa il 22 ottobre scorso in cui si formulavano minacce anche a Silvio Berlusconi, Cossiga affermava che si tratterebbe nientemeno che di “un videomontaggio realizzato negli studi di Mediaset a Milano e fatto giungere alla rete televisiva islamista Al Jazira che lo ha ampiamente diffuso”: il tutto per “sollevare un’ondata di solidarieta verso Berlusconi, nel momento nel quale si trova in difficolta”. Nella medesima audiocassetta, il sedicente Bin Laden si assumeva di nuovo, direttamente, la responsabilita per gli attentati dell’11 settembre 2001. In realta, si tratta di un copione vecchio. Una videocassetta che avrebbe dovuto fugare ogni residuo dubbio sulla colpevolezza di Bin Laden e soci nel Nine Eleventh era gia stata scoperta fin troppo fortunosamente da alcuni marines a Jalalabad nrl dicembre del 2002, e Bush era comparso piu volte alle TV americane per difenderne l’autenticita e diffidare chi avanzava al riguardo dei dubbi e delle riserve. Bene: era un volgarissimo falso, come fu di li a poco inoppugnabilmente dimostrato. (La faccenda e ricostruita in F. Cardini, Astrea e i Titani, Laterza 2003, p. 29). Ora Cossiga, il 30 novembre 2007, affermava tranquillamente e pubblicamente: “...tutti gli ambienti democratici d’america e d’Europa, con in prima linea quelli del centrosinistra italiano, sanno ormai bene che il disastroso attentato e stato pianificato e realizzato dalla CIA americana e dal Mossad con l’aiuto del mondo sionista per mettere sotto accusa i paesi arabi e per indurre le potenze occidentali ad intervenire sia in Iraq, sia in Afghanistan”. E’ ovvio che dichiarazioni di questa gravita suscitino sorpresa, apprensione, magari scandalo. E’ logico che debbano essere accolte non senza alcune riflessioni sull’eta e sullo stato di lucidita mentale di chi le proferisce. Ma, dato il loro carattere e l’autorevole fonte dalla quale provengono, non possono venir precipitosamente “oscurate” e occultate. Chi lo fa, si rende responsabile di una grave colpa nei confronti dell’opinione pubblica e complice del dilagare dei sospetti: poiche e ovvio che ci si domandi chi verrebbe avvantaggiato se queste voci, anziche passare al vaglio attento della critica, venissero semplicemente silenziate.
Un paese in fallimento.
Ma ora, dicevamo, tutti i nodi stanno rapidamente venendo al pettine. Gia al tempo delle due successive aggressioni degli Stati Uniti e dei paesi loro complici (tra cui purtroppo il nostro), all’Afghanistan nell’ottobre del 2001 e all’Iraq nel marzo del 2003, era chiaro che dietro i pretesti sostenuti da scandalose bugie – l’asserita necessita di smantellare la rete di al-Qaeda nel primo caso (cosa che, stando agli stessi che avevano l’intenzione di farlo, non e avvenuta), di distruggere le pericolose armi di distruzione di Saddam (che non esistevano) nel secondo – si stava gia stagliando la fallimentare situazione socioeconomica statunitense: il governo Bush sperava, con la guerra, di distogliere da essa l’attenzione dell’opinione pubblica, e intanto di rilanciare un po’ l’economia grazie alla produzione e alla mobilitazione bellica. Per alcuni mesi, il trucco e sembrato funzionare, sia pure con molta fatica. Ma ormai siamo alla frutta, come dimostrano i dati relativi alla faccenda dei mutui variabili (con decine di migliaia di famiglie statunitensi costrette a rinunziare alla casa) e all’ormai gia avanzato processo di rallentamento dell’economia degli Stati Uniti (si prevede che nel 2008 il ritmo di crescita sara negli States inferiore all’1,4%, crollando rispetto al 2007 quando aveva raggiunto il 3% e scendendo sotto i livelli della vecchia Europa che peraltro pare non raggiungera il 2%, almeno stando al parere di Almunia). Il 2008 sara dunque e comunque l’anno del decoupling, dello scollamento: l’economia statunitense sara sganciata da quella del resto del mondo, che ha ormai trovato altri “motori”, in particolare l’Asia e l’Europa orientale. Si veda su questo il puntuale articolo di Giuseppe Turani, La casalinga USA non compra piu, “La Repubblica”, 9 dicembre 2007. Gli ambienti che dirigono economia, finanza e politica europee continuano a fingere di non aver capito che il vero problema per noi, adesso, e riuscir a costituire un polo d’attrazione per i nuovi “motori” mondiali: restiamo collegati al “potente alleato” statunitense in economia e nella finanza esattamente come in politica estera, in diplomazia e sulle questioni militari.

Fine di un ostinato bugiardo.
Mentre il paese gli crolla addosso, e a pochi mesi dall’abbandono della casa Bianca nella quale e purtroppo soggiornato per quasi otto lunghi anni, George W. Bush jr. reagisce al fallimento con una scelta tipicamente maniacale: l’ostinato indurirsi della sua politica di errori e di menzogne. All’indomani del preteso messaggio di Usama bin Laden del 22 ottobre del 2007, il Presidente reagiva sottolineando come il capo della cosiddetta al-Qaeda fosse in difficolta, preoccupato per il diffondersi della fitna, la guerra civile tra musulmani, che in effetti e tanto in Iraq quanto in Afghanistan la migliore alleata degli occupanti (e difatti la politica del comandante militare in Iraq, generale Petraeus, e di assecondarla e sfruttarla); e chiedendo al Congresso altri 190 miliardi di dollari (dopo i 600 gia sprecati) per proseguire l’occupazione tanto in Iraq quanto in Afghanistan, in attesa magari d’aggredire lo stesso Iran. In questa strategia e obiettivamente rientrata anche la conferenza di Annapolis, candidata fin dall’inizio a un “fallimento programmato” dal momento che dal trattare le questioni vicino-orientali sono stati esclusi d’ufficio, sulla base del dogma degli “stati (o movimenti)-canaglia”) alcuni che, si voglia o no, di esse sono protagonisti, come Hamas, Hezbollah e Iran. Quel che resta da capire e se Bush stia semplicemente seminando alcune mine internazionali sul percorso del suo successore, che dovra in qualche modo disinnescarle o ci cadra sopra, o sia davvero vittima di una specie di delirio di fallimento-onnipotenza che lo spinge a obbligare il suo paese a percorrere la strada suicida sulla quale egli lo ha spinto anche all’indomani della sua auspicabile uscita di scena.
Intanto, pero, gli eventi si stanno incaricando di farlo uscire di scena il piu ingloriosamente possibile. All’inizio del dicembre 2007 i ben 16 organi che compongono la costellazione dei “servizi2 statunitensi, CIA in testa, hanno rovesciato la situazione sulla quale si erano fondati un paio di anni fa, allorche avevano manifestato high confidence nel fatto che l’Iran stesse allestendo un programma di armamento nucleare. Oggi, i “servizi” statunitensi informano invece che tale programma e stato con certezza sospeso ben quattro anni fa, quindi che attualmente lo sforzo iraniano e con certezza teso unicamente al conseguimento di un potenziale nucleare civile, senza tralignare dal “patto di non proliferazione” (a sua volta scandaloso sotto il profilo morale e politico, perche si fonda sul diritto di alcuni governi a disporre di armi nucleari e sul divieto imposto ad altri, sulla base di evidenti presupposti politici). Vero e che al riguardo gli ispettori dell’AIEA (“Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica”) non hanno ancora sciolto i loro dubbi, mentre anche da Russia e da Cina giunge ad Ahmedinejad l’invito a una piu aperta collaborazione con gli organi internazionali di controllo. Ma Bush non demorde: e si rifugia dietro al pretesto delle colpe pregresse, argomentando che gli iraniani debbano comunque rispondere dell’aver avuto un programma nucleare militare fino al 2003, pur negandolo. Insomma, dietro il voltafaccia della CIA e soci parrebbe esserci la volonta di fornire al governo Bush, e soprattutto a quello del suo successore, la scappatoia per tirarsi “onorevolmente” (?!) fuori dal pasticcio in cui tanto il Presidente quanto – e soprattutto – il suo vice, l’inqualificabile Dick Cheney, si erano infilati negli ultimi mesi, minacciando in toni sempre piu pesanti un’aggressione militare contro l’Iran.

La vergogna e il disonore: vittime nostre in guerre altrui.
Intanto, comunque, la compagine degli aggressori tanto in Iraq quanto in Afghanistan sta perdendo pezzi ogni giorno: ai ritiri effettivi si sommano quelli annunziati, anche da parte di paesi fedelissimi alla superpotenza.
In questa saggia e doverosa politica l’Italia brilla per scomposta semiassenza. Il governo Berlusconi si e reso complice, sia pur in modi differenti, di entrambi le aggressioni. Molti hanno votato “a sinistra” proprio per romperla con quella politica di acquiescenza, che il centrodestra gabellava per “esportazione della democrazia”, “rispetto degli impegni internazionali” e “interesse nazionale”. Gli avversari di Berlusconi avevano chiesto voti anche al centro e alla destra proprio contro questa inqualificabile politica: al riguardo c’era un preciso impegno elettorale.
Il governo Berlusconi ci ha cacciato in due disastrose e vergognose avventure militari, contro la lettera e lo spirito della Costituzione repubblicana. Il governo prodi non ha ne saputo, ne voluto tirarcene fuori, mentre nuove nubi monacciose si addensano sul Kosovo: e nessuno dimentica che fu un altro centrosinistra a farci partecipare all’altra vergognosa aggressione militare, quella che condusse al bombardamento di Belgrado.
Intanto, anche noi contiamo i nostri morti: che non sono piu cosi pochi; e che soprattutto sono caduti da soldati italiani, certo, ma in una guerra non nostra. La patria si serve, e stato detto, anche facendo la guardia a un bidone di benzina: non pero a un bidone altrui.
Sabato 24 novembre 2007, presso Kabul, uno di quelli che ormai e divenuta pessima consuetudine indicare come "kamikaze" si e fatto saltare in aria accanto a un ponte in costruzione presso Kabul, uccidendo nove civili afghani, tra i quali sei bambini, e un militare italiano, il maresciallo capo Daniele Paladini. Ferite anche dodici altre persone, compresi altri tre militari italiani. Particolare che rende tutto ancor piu penoso: i bambini vittime delle'splosione stavano uscendo da una scuola situata nei pressi.
L'attentato e avvenuto nella Valle di Pagman, una localita ad una ventina di chilometri a nord-ovest da Kabul, mentre era in corso l'inaugurazione di un ponte da parte dei militari del contingente italiano. Recentissimi dati indicano
che il territorio dell'Afghanistan, a sei anni dall'inizio dell'occupazione, e oggi in mano per il 54% alle varie realta che lottano contro gli occupanti: talebane, ma non solo. In questo contesto le truppe italiane di stanza ad Herat e a Kabul sono costrette sempre di piu ad esporsi nel conflitto.
All'inizio di novembre nell'area di Farah e a Gulistan, forze speciali italiane, elicotteri da combattimento Mangusta mezzi corazzati Dardo dei bersaglieri sono stati impiegati intensamente contro gli insorti. Decine le vittime afgane in
questi combattimenti. Su tutto cio, i mass media italiani hanno taciuto e il governo non ha dato segno di accorgersi.
A tali eventi hanno fatto seguito due tentativi di attacco diretto contro gli italiani, il primo con una bomba stradale, il secondo con lancio di razzi nell'aeroporto controllato dalle "nostre" truppe. Dal momento che le notizie relative al contesto e in particolare alla precedente offensiva italiana, erano state omesse, gli attacchi successivi sono stati presentati come condotti "a freddo", verso truppe impegnate solo nella "costruzione della pace". Ora, l’aumento dell'11% di spesa per il comparto militare nella Legge Finanziaria 2008 chiarisce ancora di piu le intenzioni di questo esecutivo per il futuro. Continuare a usare il danaro dei contribuenti italiani, e a mettere a rischio la vita dei soldati italiani, per una guerra che non e nostra, che non ci appartiene, che e condotta contro un popolo che non ci ha mai nuociuto e che risponde a interessi estranei a quello nazionale (anche se non estranei a molte imprese e a troppi speculatori italiani che ne traggono profitto). Va doverosamente rilevata un’ulteriore questione. Questa.
L'attentato costato la vita al maresciallo capo Daniele Paladini e il terzo contro gli italiani in pochissimi giorni, e segue un massacro simile costato la vita ad oltre 40 bambini, avvenuto pochi giorni prima del 24 novembre durante l'inaugurazione di uno zuccherificio, alla presenza delle autorita del governo-fantoccio Karzai (definirlo “collaborazionista” pare un onore eccessivo) e delle truppe NATO d’occupazione. Perche mai, in questa situazione di guerra aperta, le truppe italiane/NATO promuovono iniziative propagandistiche ad esclusivo uso e consumo della stampa occidentale, mettendo cosi a rischio la vita dei civili afghani, soprattutto bambini? Ma poiche alle cattive notizia non v’e mai fondo, ecco qua. Dal 6 dicembre 2007 Kabul e formalmente “sotto comando” italiano. Per otto mesi il nostro paese assumera la guida del Regional Capital Command dell’ ISAF, tale la sigla della missione NATO multinazionale in Afghanistan ai sostanziali ordini di Washington. Di recente un portavoce dell’ISAF, il generale portoghese Carlos Branco, ha addirittura tentato di minimizzare i successi degli insorti, sottolineando che i talibani non controllerebbero piu di cinque dei cinquantanove distretti del sud dell’Afghanistan e tacendo quattro insignificanti particolari come i seguenti: primo, la resistenza patriottica afghana non e fatta per nulla dai soli talibani; secondo, tra gli armati afghani non ci sono soltanto i resistenti patriottici, ma anche gruppi tribali ed eserciti privati dei “Signori della guerra”; terzo, che il governo-fantoccio Karzai e i suoi alleati-complici-custodi della NATO, italiani compresi (e ora a Kabul in primo piano), in conseguenza dei due punti suddetti, non controllano quasi per nulla il paese; quarto, che il precipitare della situazione afghana ha ormai compromesso anche la situazione del confinante Pakistan, contribuendovi ad introdurre altri elementi di destabilizazzione (e il fatto che di recente gli americani si siano accorti che il loro alleato Musharraf non era un modello di liberta costituzionale e di correttezza politica non contribuisce granche a risolvere la questione: anche Kissinger e Mohammad reza Palhevi, alla fine degli Anni Settanta, si erano accorti che qualcosa d’ingovernabile stava crescendo in Iran: ma cio non arresto il corso delle cose).
In America, forse non troppo diversamente da quanto era accaduto per il Vietnam, qualcosa comincia a muoversi a livello d’opinione pubblica e di mass media: e, come sovente accade in quel paese, Hollywood e tra i primi a rendersene conto. Robert Redford ha diretto il film Leoni per agnelli, uno straordinario, scarno, puntuale appello alla coscienza civile americana che, sull’onda dello shock dell’11 settembre, aveva dimenticato di esser guidata da un Presidente entrato alla Casa Bianca in seguito a un broglio elettorale e che ora si sta rendendo conto che il petroliere ex alcoolista e poi born again in Jesus Christ l’ha trascinata a colpi di menzogne in due guerre e l’ha infangata con le vergogne di Guantanamo e di Abu Ghraib.
Ma qui, nel Bel Paese, notte e nebbia. I nostri soldati sono in Iraq e in Afghanistan “in missione di pace”. Tutta la nostra classe politica e coinvolta in questa disonorante avventura: il centrodestra che l’ha voluta, il centrosinistra che l’ha accettata e fatta propria. A questo punto, siamo tutti colpevoli: l’unica cosa dignitosa e onorevole che ci resterebbe da fare sarebbe riconoscere che abbiamo sbagliato e andarcene subito, senza tante storie. Debbo dirlo chiaro: onoro e rispetto i nostri soldati perche sono tali, tutti, i caduti e gli altri; credo che ad essi vada comunque la gratitudine della societa civile italiana, perche hanno fatto il loro dovere di soldati e no e su di loro che gravano le responsabilita delle guerre ingiuste e cattive nelle quali sono stati coinvolti. Vero e d’altronde che anch’essi hanno coscienza e quindi responsabilita: ne in Iraq, ne in Afghanistan , abbiamo soldati di leva. Il nostro personale militare li presente guadagna bene e lucra meriti per la sua carriera. La nostra solidarieta per i caduti e pertanto chiara e sincera: ma deve tener conto di queste condizioni, di questi limiti. Come cittadino, come pubblico dipendente e come ufficiale delle nostre forze armate in congedo, lo dico chiaro e tondo: mi sento personalmente umiliato e disonorato dalla partecipazione dei soldati del mio paese a due guerre d’aggressione condotte sulla base di scelte e d’interessi stranieri; cosi come mi sento personalmente umiliato e disonorato dal fatto che il mio paese sia presidiato da decine di basi militari straniere, sia pur “alleate”.

Ma in molti cominciano ad aprire gli occhi: se n’e accorto Giuliano Ferrara.
Quindi, facciamo un bilancio.
Primo. L’audiocassetta di Usama bin Laden dell’ottobre 2007 e probabilmente falsa, al pari di tutte o quasi quelle che l’avevano preceduta: e delle quali comunque nessuna e con certezza autentica.
Secondo. Sull’11 settembre 2007 non ce l’hanno raccontata giusta. Nessuno e in grado di ricostruire le cose come sono sul serio accadute, ma certo la ricostruzione ufficiale e piena di bugie, di reticenze, di contraddizioni. Se ne sono accorti ormai in molti, in America come in Europa; e le famiglie delle vittime reclamano la verita, in attesa di reclamare anche la giustizia.
Terzo. In Iraq e in Afghanistan la guerra di Bush va male, gli italiani vi sono coinvolti e direttamente e non ci sono ne forze di pace ne impegni internazionali che tengano. Bisogna uscirne, punto e basta.
Quarto. Ne israeliani, ne palestinesi possono risolvere da soli un’intricata questione come quella israelo-palestinese, che si trascina da ormai piu o meno ottant’anni e che sta inquinando l’intero Vicino oriente e non solo esso. Il problema, ormai, non e piu soltanto israeliano e palestinese. Ne sufficiente si dimostra la “mediazione” statunitense”, unilaterale e screditata. La conferenza di Annapolis, nata sulla base di un diktat che ne escludeva alcuni degli obiettivi protagonisti, non poteva non risolversi in una bolla di sapone. E’ la comunita internazionale che deve imporre la propria mediazione, se si vuole che il contagio della violenza abbia fine.
Quinto. Sull’Iran e il suo preteso programma nucleare militare il Presidente Bush, secondo il suo costume di bugiardo cronico, aveva mentito. Ora, ache al questione-Iran va riproposta su basi nuove, differenti da quelle imposte da Bush e da Cheney.
Sesto. Se gli USA rischiano di venir emarginati sotto il profilo economico e produttivo nei prossimi decenni, che sara anche della loro superpotenza militare? E come si atteggera l’Europa, che ha finora contato fin troppo sul loro appoggio? In Asia si sente il bisogno d’una presenza politica e diplomatica europea: ma l’Unione Europea e in crisi e le istanze centrifughe sembrano avere la meglio. Una parola nuova avrebbe potuto venire da Sarkozy: ma per il momento egli sembra non riuscir a disbrigarsi nei suoi problemi interni mentre, in politica estera, da segno di aver rispolverato un atlantismo dal quale la Francia si era liberata, beata lei, da un buon quarantennio. nel nodo c’e sempre piu bisogna d’Europa, ma l’Europa tace e latita. Intanto la cina sviluppa il suo programma coerente nei confronti ad esempio dell’Africa: avete notato, o europei, quanto ci stia vicino il continente africano?
Tutti questi problemi sono semignoti in Italia, dove l’opinione pubblica, tra le partite di calcio e le varie “Isole dei Famosi”, sembra in altre faccende affaccendate mentre la classe politica ha del tutto rinunziato sia a una politica estera, sia a una politica europeistica. Tra i principali responsabili di tutto cio spiccano i mass media, grandi anestesisti della morale e della consapevolezza politica nazionale al servizio dei politici a loro volta al servizio degli interessi di quella che ancora per alcuni anni restera la superpotenza.
Ma qualcosa sta cambiando anche in questo campo. Lo si vede dalle reazioni alla “lettera aperta” spedita nell’ottobre del 2007 da 138 studiosi musulmani al papa, e al quale Benedetto XVI ha risposto alla fine del novembre invitandoli in Vaticano. Tra le reazioni piu equilibrate e intelligenti a questa, che si annunzia come una vera e propria svolta nei rapporti cristiano-musulmani, con ripercussioni che potrebbero essere incalcolabili, e molto positive, sulla situazione internazionale – dal terrorismo alla questione israelo-palestinese alla lotta contro la fame, la malattia, lo sfruttamento e l’ingiustizia nel mondo, che resta il problema centrale – va annoverata quella del Direttaore de “Il Foglio”, Giuliano Ferrara:
“Ci piace quest’idea pragmatica secondo cui musulmani e cristiani formano oltre meta della popolazione mondiale e la “sopravvivenza” dipende da un accordo tra di loro"; "I 138 riaprono la strada al razionalismo arabo dei mutaziliti che produsse Farabi, Avicenna e Averroe. (...) Dopo Ratisbona c’era bisogno di una mano islamica tesa verso la nostra umma. Questo e un buon inizio".
Il rispetto e il mantenimento del proprio ruolo, in un opinion maker, e sempre comprensibile: anche quando comporta qualche forzatura. Il che non toglie che Magdi Allam abbia esagerato, reagendo in questi termini: "Rincresce... che in Italia sia stato proprio ‘Il Foglio’ di Giuliano Ferrara, da sempre in prima fila nella difesa di Israele e contro il terrorismo islamico, a cadere nel tranello teso da maestri nell'arte della dissimulazione. Accreditando come ‘Fatwa della riconciliazione’ una lunga dissertazione teologica sull'unicita di Dio e sull'amore del prossimo, in cui non compare mai la parola Israele e il suo diritto alla vita, cosi come non si fa alcuna esplicita menzione del terrorismo islamico e della sua condanna".
Legittima, e prevedibile, la reazione di Ferrara: "Stavolta ci e sembrato piu serio esaminare in modo aperto, senza ripetere concetti come litanie, un testo la cui ambiguita aperturista e dialogante, sia per il suo tenore teologico sia per il suo senso politico sia per i suoi firmatari, farebbe scandalo o introdurrebbe contraddizione nelle moschee e nelle madrasse in cui si predica il jihad".
Non meno prevedibile, ma quanto meno inopportuna, la reazione di carlo panella, contenente un giudizio tanto gratuito quanto pesante nei contronti del documento dei 138 musulmani, "venato di antisemitismo, pieno di ipocrisia, che fa finta che la pace dipenda da tensioni tra cristiani e musulmani, mentre invece e messa in pericolo dalla fitna, da una lacerazione tutta interna al mondo musulmano".
Un parere che ha fatto perdere le staffe a Giuliano Ferrara: "Caro Carlo, se fossi supponente come te in questa letterina, e decidessi di ritorcere contro il mittente il suo metodo polemico, liquiderei la faccenda nel modo seguente: ‘Eccitato islamista dilettante sfoga il proprio senso di colpa per il suo passato khomeinista trasformandosi in professionista dell’anti-islam; prende autolesionisticamente a bersaglio il giornale a cui collabora e che pubblica da anni le sue idee e ricerche (e purtroppo un certo numero di non-notizie da lui proposte, non sempre classiche); gli imputa di essere fuori linea, con cedimenti creduloni all’antisemitismo, per aver pubblicato la lettera dialogante dei 138 saggi musulmani ed averla commentata, oltre che con un pregevole scritto dell’islamista dilettante in questione, anche con qualche opinione di filosofi professionali, gesuiti professionisti di un’islamistica a prova di bomba e altra gente a conoscenza della lingua coranica, cardinali e patriarchi la cui voce era interessante ascoltare almeno quanto quella di C. Panella’ ".
Il tutto e molto divertente e varrebbe la pena seguire l’intera, intricata faccenda, ricca di sottintesi, diverticoli e ramificazioni che vanno ben al di la dell’usuale costume giornalistico. Ma a un osservatore esterno, che conosce un po’ – sia pure in modo differente – questi tre personaggi del nostro universo massmediale e che si e talvolta trovato a dover dialogare o polemizzare con loro, e comunque interessante il fatto che ormai quelle che parevano un’alleanza e un’identita di vedute ricche certo di sfumature e articolazioni, ma nel complesso ferree e coerenti, si vadano invece in apparenza, e salvo resipiscenze e ritrattazioni, sfaldando se non lacerando. la tesi del “conflitto di civilta” e del necessario scontro frontale, del the West and the Rest, dlel’Occidente contro l’Eterno nemico e il Male Assoluto, non regge piu: e i piu intelligenti (e magari anche i piu furbi) tra i suoi sostenitori corrono ai ripari, correggono il tiro, magari mettono i remi in barca perche gia si profila all’orizzonte il nuovo vascello vincitore sul ponte del quale bisognera ben salire: non solo per mettersi in salvo, ma anche per guadagnarsi rapidamente, anche li, almeno i galloni di commodoro se non i gradi da ammiraglio.
Ma non c’e da abbassare la guardia.
Pero, non c’e alcun motivo di gioire oltre i limiti d’una modesta e ben contenuta soddisfazione. la strada da fare e lunga e il vantaggio e sempre dell’avversario. Non si deve ne abbandonare il posto di vedetta, ne abbassare la guardia. Una notizia del 7 giugno 2007 riferita da RaiNews24 riferiva che due giorni prima, il 5, alcuni appartenenti a non meglio specificate “forze dell’ordine” statunitensi (?), in abito civile, avevano tentato di far passare da un posto di blocco presso Heiligendamm in un’auto una valigia contenete un certo quantitativo di esplosivo plastico del tipo C4; scoperti, avevano asserito che si trattava di una misura volta a verificare l’efficienza dell’organizzazione antiterroristica tedesca. La polizia tedesca non ha mai confermato la notizia. Ma a meta novembre del 2007, come riferisce in data 22.11. una notizia raccolta in www.ariannaeditrice.it, due militari statunitensi sono stati ricoverati in gravi condizioni per essersi fatti esplodere tra le mani un ordigno artigianale all’interno della base statunitense di Aviano. Anche questa notizia e stata abbuiata. Sta correndo un po’ troppo esplosivo d’origine sospetta, in Europa: si dovrebbe pur tenerne conto, in caso di prossimi, auguriamoci sventati, “attentati terroristici di matrice islamica”.
Infine, in data 22.11.2007 RaiNews24 ha annunziato la prossima installazione, nella base aerea statunitense di Sigonella, di un nuovo sistema radar integrato della marina americana, il MUOS (“Mobile User Objective System”): la societa Maxim, cui la Marina aveva affidato uno studio sui rischi della nuova attrezzatura, ha rilevato che le microonde del radar potrebbero addirittura causare l’esplosione di eventuali ordigni presenti nella base. Non sappiamo se possa trattarsi di ordigni nucleari. Al di la di cio, c’e da chiedersi quale sara il ruolo futuro della base di Sigonella sotto il profilo tattico e strategico, e se, e come, e in che misura, e fino a che punto esso si conciliera con gli accordi internazionali e con le norme costituzionali in materia di partecipazione italiana ai conflitti. Infine, nulla e dato sapere sulle conseguenze dell’installazione di nuovi sistemi in quanto concerne la sicurezza e la salute della popolazione residente attorno alla base.
Che cosa pensano di cio i politici e i parlamentari che, a proposito di moschee gestite da comunita marocchine o da campi rom, si dimostrano cosi coscienziosi nella difesa della dignita e dell’identita nazionale? Un esercito straniero che spadroneggia sul nostro territorio a nostra insaputa e davvero cosa meno grave di uno scippatore extracomunitario? Sara interessante ascoltare l’illuminato parere di lorsignori: fino ad oggi, su tali argomenti, hanno rigorosamente taciuto. Distrazione? Timidezza? Conflitto d’interessi? Timore di disturbare qualche superiore?
Franco Cardini, 9/12/2007
http://www.francocardini.net/Appunti/09.12.2007.htm