da ripensaremarx


giovedì, 14 febbraio 2008
L’ITALIA DI VELTRONI? LA SFASCIO DI ROMA ESTESO A TUTTA LA NAZIONE
di G.P.



E’ proprio vero che l’Uomo Nuovo del Pd puzza tremendamente di naftalina. Passiamo pure sul fatto che Uolter aveva dichiarato che dopo l’esperienza capitolina si sarebbe ritirato in Africa. Noi, già lo immaginavamo lì, sotto il nome di Oba-Oba Walter con indosso il dashiki ad urlare agli Elementi il suo dolore per i bambini che soffrono la fame. Scelta nobilissima, se solo fosse stata confermata dai fatti.

Andiamo anche oltre le sue dichiarazioni secondo le quali non è mai stato comunista, perchè non possiamo certo metterci a discettare sui comportamenti schizoidi degli esseri umani in un articolo come questo.

La verità è che Uolter è molto più “Vartere de noartri” di quel che sembra. Aveva ripiegato su Roma dopo i fallimenti del primo governo dell’Ulivo e proprio nella Capitale ha ricominciato a tessere la sua tela, quella squarciatagli troppo in fretta dalla bramosia di potere dei dalemiani e degli altri settori dei Ds (un vero covo di vipere dove Veltroni si è fatto le ossa), i quali mal digerivano Prodi e la stessa visibilità di Walter (all’epoca vice-premier).

Oggi che il tempo della riscossa è finalmente giunto, l’ “Americano de Roma” si prende la sua rivincita, cerca di far fuori gli amici-nemici di sempre per avere le mani libere e modellare il Pd a sua immagine e somiglianza. Ma qual’è la vera immagine di Veltroni? Quella tanto pubblicizzata del buonista, filosofo convinto del “maanchismo” e delle missioni impossibili stile yes we can? Oppure quella, certamente meno candida, dell’uomo al centro dei compromessi tra poteri forti romani: palazzinari, proprietari di giornali, caporioni della sanità privata, Vaticano ecc. ecc.?

Del resto, sono noti a tutti i suoi rapporti con Ciarrapico, Caltagirone e anche Toti, nei confronti del quale è stato fatto un ultimo grande regalo, come dimostra l’approvazione, in extremis, del piano regolatore per la Capitale. Veltroni ha definito la sua opera “una vera struttura urbanistica che manca da oltre cent’anni”. Peccato che tutta questa prosopopea serva solo a nascondere una verità inequivocabile, quella che Caltagirone, molto incazzato per la vicenda, si è fatto incautamente sfuggire: “non si cambia un Piano Regolatore per inventare edilizia d’elite nell’ultimo giorno di vita del Consiglio comunale, altrimenti si dimostra che quel Piano diventa carta straccia ed è difficile sottrarsi al sospetto che pressioni esterne abbiano condizionato queste scelte”. Che cosa è accaduto per tentare un blitz di queste dimensioni”. E' accaduto che Veltroni è un uomo furbo “ma anche” scaltro. Ha preso una decisione dopo aver fatto i suoi calcoli. Tanto, dopo di lui, spetterà a Rutelli (se dovesse vincere) ripristinare quell’equilibrio tra poteri romani che oggi è saltato, compito così arduo che lo stesso “pupone” non ha gradito la bomba ad orologeria lasciatagli in eredità da Walter. O forse, Walter già sa che la capitale è perduta per i disfacimenti causati dalla sua amministrazione, per cui tanto valeva accontentare qualcuno in forte ascesa e meno imparentato con Casini?

Se il leader del Pd vuole curare l’Italia con le stesse dosi di “drive in” culturale e cinematografico con le quali ha ingannato i romani c'è da sperare che la sua sconfitta sia sonora. Se questi sono gli uomini del rinnovamento della politica in Italia è meglio andare al mare il giorno delle elezioni. E non lasciatevi raggirare da tutti quegli intellettuali sinistroidi che stanno lanciando alti lai contro l’antipolitica e il qualunquismo, solo per invogliarvi a non disertare le urne perchè non si può far tornare il babau Berlusconi. Su questo punto ha fatto molto bene il blogger di www.democraziavuota.splinder.com a riprendere un pensiero di Zizek che qui riporto anch’io:

(...) Ciò che in realtà avviene è che, astenendosi dal voto, il popolo di fatto scioglie il governo - non solo nel senso stretto di far cadere l'esecutivo in carica, ma in modo più radicale. Perché il governo è gettato nel panico dall'astensione degli elettori? Perché è costretto ad affrontare il fatto che esiste, che esercita il potere, solamente nella misura in cui è riconosciuto dai suoi cittadini - accettato anche attraverso il rifiuto. L'astensione degli elettori va oltre la negazione infrapolitica, il voto di non fiducia: respinge la struttura stessa della decisione. (...)

(...) L'astensione al voto si pone così come un autentico atto politico: ci obbliga a confrontarci con la vacuità delle odierne democrazie. (...)

Slavoj Zizek, La violenza invisibile, 2007