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Tutto comincia nel novembre del 2000, quando la Corte di cassazione francese, riunita in Assemblea plenaria, ha deliberato il caso di Nicolas
Perruche, giovane afflitto sin dal primo anno di vita da irreversibili disfunzioni, derivategli dal contagio alla rosolia cui fu esposta la madre durante la gravidanza. Al tempo erroneamente informata dai medici sull'esito delle analisi volte ad appurare se l'infezione fosse realmente in corso e se potesse procurare malformazioni gravi e permanenti al feto,
la famiglia ha deciso recentemente di inoltrare richiesta di risarcimento a fronte del "diritto a non nascere" negato al proprio figlio.
Nell'accogliere la domanda di ristoro del danno, la Corte di cassazione ha cercato di stabilire un nesso di causalità diretta tra le menomazioni sofferte dal ragazzo e l'errore medico che avrebbe impedito alla madre di scegliere il ricorso all'aborto terapeutico. Tale causalità giuridica si fonda sulla certezza che, se la diagnosi fosse stata corretta, l'interruzione di gravidanza avrebbe avuto luogo, cosicché, paradossalmente, si sarebbe posto riparo al danno. Laddove, invece, dalle dichiarazioni della madre e dei familiari non sia possibile provare, al di là di ogni dubbio, la volontà certa di praticare l'aborto, il nesso verrebbe meno e così il risarcimento, come è accaduto per tre casi affini decisi dalla stessa Corte di cassazione nel luglio del 2001, per i quali i termini per l'interruzione di gravidanza erano già passati al momento dell'esame diagnostico.
http://www.associazionedeicostituzionalisti.it/cronache/file/perruche.html