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Discussione: Comunismo Libertario

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    Predefinito Comunismo Libertario

    OMNIA SUNT COMMUNIA

    Ernesto Screpanti L’IMPRESA PUBBLICA COMPETITIVA Una proposta

    LE BASI TEORICHE DI UN APPROCCIO
    MARXISTA ALLA DEMOCRAZIA RADICALE ...


    Intervista sul socialismo ad Ernesto Screpanti – di G. Repaci

    D. Professor Screpanti lei descrive il suo modello di “programmazione
    democratica” nel suo ultimo libro (Comunismo Libertario: Marx, Engels, e
    l’economia politica della liberazione, Manifestolibri, Roma 2007) come un
    modello economico alternativo. Esso è ispirato a qualche modello economico già
    esistente tipo quelli formulati da Pat Devine e Michael Albert e Robin Hahnel
    (l’economia partecipativa) oppure è qualcosa di completamente differente.
    R. Non ho elaborato un preciso modello di programmazione, ho solo individuato
    alcune coordinate teoriche per definire un approccio realistico alla regolazione di
    un’economia comunista. La prima questione da tenere presente è quella relativa
    alla necessità di fornire agli agenti economici le informazioni generali che il
    mercato non fornisce o fornisce in maniera distorta. Solo un’agenzia centrale può
    raccogliere, elaborare e gestire questo tipo di informazione. In questo ambito lo
    stato può realizzare una forma di programmazione indicativa con la quale fornisce
    al sistema informazioni di carattere macroeconomico e interindustriale. Può
    fornire anche informazioni su prezzi attesi e perfino riferimenti convenzionali
    (tipo “giusto prezzo”) sulla formazione dei prezzi di alcuni prodotti. La seconda
    questione ha a che fare con la politica industriale. Lo stato deve intervenire
    nell’economia per orientare la struttura industriale verso i settori che la collettività
    giudica socialmente benefici, verso i settori in cui è più forte il progresso tecnico e
    la ricerca scientifica, verso quelli che assicurano una maggiore tutela ambientale, e
    può frenare l’espansione dei settori in cui maggiori sono gli effetti deleteri
    sull’ambiente naturale e sociale. Si tratterebbe di una forma di programmazione
    industriale non coercitiva che, per quanto riguarda il settore cooperativo, può
    avvalersi di vari strumenti di incentivazione, non ultimo il finanziamento totale o
    parziale di progetti d’investimento. Ma può avvalersi anche della negoziazione,
    oltre che dei diritti di veto che dei rappresentanti delle autorità pubbliche
    potrebbero esercitare nei consigli di amministrazione delle cooperative che
    usufruiscono anche di capitale pubblico. La terza questione riguarda la
    produzione di beni sociali, cioè di quei beni che il mercato non produce o non
    produce in quantità così alte e a prezzi così bassi da soddisfare i bisogni sociali.
    Penso ai beni pubblici (ambiente, infrastrutture, giustizia etc.), ai beni meritori
    (salute, cultura, istruzione, prevenzione, previdenza sociale etc.) ai beni comuni
    (acqua, boschi, fonti energetiche etc.). In questi casi lo stato deve intervenire
    direttamente nella produzione e nella distribuzione. La quarta questione riguarda
    la regolazione del mercato in vista del controllo delle posizioni monopolistiche.
    Qui lo stato deve intervenire con efficaci leggi antitrust, con l’esproprio e la
    gestione pubblica dei monopoli naturali, con la gestione di imprese pubbliche
    competitive (Vedi sotto: testo on line: L’impresa pubblica competitiva) finalizzate
    all’abbattimento del potere oligopolistico. C’è infine una quinta questione, ed è la
    più importante: quella della partecipazione dei cittadini alle scelte pubbliche.
    D. Lei scrive, cito (pg.130): “ Oggi la chiameremmo “programmazione
    democratica”, e penseremmo a un sistema di pianificazione che emerge e dalle
    volontà delegate delle singole unità produttive. Le quali federandosi e
    interagendo, generano quel soggetto pubblico capace di perseguire un interesse
    generale, un interesse che i centri decisionali locali non sono in grado di
    conseguire individualmente.” E solo una mia impressione o la sua descrizione di
    una pianificazione che emerge dalle volontà delle singole unità produttive, è
    molto simile alla pianificazione tramite coordinazione negoziata di Devine?
    R. Il modello di Devine è molto interessante, ma coglie solo alcuni aspetti del
    problema. La quinta questione di cui parlavo sopra riguarda le modalità di
    partecipazione dei cittadini alle scelte pubbliche. Tutte le scelte di
    programmazione pubblica devono essere discusse e approvate dai cittadini
    coinvolti. Ciò vuol dire che la partecipazione non può risolversi nell’elezione
    periodica del parlamento. Deve essere permanente, diffusa e articolata.
    Permanente vuol dire che i cittadini controllano continuamente l’operato delle
    istituzioni pubbliche e delle rappresentanze democratiche anche attraverso
    l’esercizio di un qualche meccanismo di revoca delle deleghe elettorali (Vedi
    sotto: testo on line: Le basi teoriche di un approccio marxista…). Diffusa vuol
    dire che devono essere coinvolti tutti i cittadini, non solo i membri di alcune classi
    privilegiate. La cosa è meno ovvia di quanto possa sembrare a prima vista. Non è
    solo la faccenda del suffragio elettorale. È piuttosto la questione del controllo dei
    mezzi di comunicazione di massa. Bisogna facilitare il più possibile l’accesso di
    strati sempre più vasti della popolazione alle nuove tecnologie dell’informazione e
    della comunicazione. E bisogna riformare radicalmente le forme di gestione e di
    controllo dei mezzi di comunicazione di massa. Penso a un sistema basato su
    piccole imprese competitive a gestione cooperativa di produzione e di consumo.
    Per fare un esempio: Mediaset potrebbe essere scorporata in tre o quattro imprese
    cooperative in cui il controllo è esercitato dai lavoratori e dagli utenti. Articolata
    infine vuol dire che la partecipazione dei cittadini deve svolgersi ai livelli
    decisionali in cui essi sono direttamente coinvolti. Ovviamente solo i cittadini di
    Poggibonsi saranno chiamati a partecipare all’approvazione del bilancio comunale
    di quel comune e solo quelli di Carrara parteciperanno alla decisione di chiudere
    una cava di marmo in quella provincia. Ma decisioni come il ponte sullo stretto di
    Messina sono d’interesse nazionale e devono coinvolgere tutti gli italiani.

    D. Con la sua famosa teoria della conoscenza chi sta al centro secondo Friedrich
    von Hayek non ha tutte le informazioni necessarie per prendere delle decisioni
    economiche. Solo il "meraviglioso sistema dei prezzi", spiega, "è un meccanismo
    perfetto per comunicare informazioni con la velocità del vento anche nelle regioni
    più remote". Lei risponde ad Hayek ricordando che i mercati sono carenti nel
    fornire informazioni generali. Perciò sarebbe, secondo lei,necessario un piano
    regolatore che coordini e regoli alcuni parametri lasciando ai produttori la
    libertà di scegliere come e quanto produrre. Da che cosa quindi il suo modello si
    differenzia dalle politiche keynesiane di regolazione generale della produzione?
    R. Le politiche keynesiane, quali sono state applicate negli anni ’60 e ’70
    dell’altro secolo e teorizzate dai neo-keynesiani, riguardano solo la regolazione
    macroeconomica in vista dell’obiettivo della piena occupazione e si basano
    sull’uso di pochi strumenti politici, sostanzialmente la leva fiscale e quella
    monetaria. Sono molto al disotto delle stesse ambizioni di Keynes, che parlava ad
    esempio dell’eutanasia dei rentier, della socializzazione degli investimenti e di
    forti riduzione del tempo di lavoro. Ma anche così si tratta di strumenti limitati di
    intervento pubblico nell’economia. Ritengo che le politiche keynesiane debbano
    essere necessariamente usate in un’economia di mercato, ma non siano sufficienti
    per un’economia comunista con partecipazione democratica alle scelte pubbliche.
    Devono essere integrate dalle politiche industriali, sociali, culturali, ambientali cui
    ho accennato sopra.
    D. Il suo modello sarebbe una forma di socialismo di mercato o un economia non
    di mercato?
    R. Ribadisco che non piace scrivere ricette per l’osteria dell’avvenire. Mi limito a
    individuare le linee teoriche fondamentali per una politica comunista. I problemi
    specifici devono essere poi risolti pragmaticamente nei contesti storici in cui si
    presentano. Riguardo al mercato, ritengo che non se ne possa fare a meno se il
    comunismo è inteso marxianamente come “l’autogoverno dei produttori”. I
    lavoratori sono agenti liberi se governano le proprie imprese. Nell’impresa
    capitalistica non sono liberi perché devono sottostare al comando dei manager e
    dei capitalisti. Le cose non cambierebbero sostanzialmente se dovessero sottostare
    al potere di manager pubblici e funzionari di partito. Le imprese devono essere
    autogestite, e quindi autonome, e perciò devono operare nel mercato. Ma il
    mercato, come sappiamo, genera continuamente situazioni di potere
    monopolistico e oligopolistico e crea condizioni di sfruttamento dei consumatori e
    dei lavoratori (si pensi alle cooperative cosiddette sociali che esistono oggi in
    Italia, in molte delle quali lo sfruttamento dei lavoratori viene perpetrato
    attraverso la partecipazione ad appalti competitivi al ribasso). Inoltre genera
    problemi ecologici ed esternalità di ogni tipo. Il mercato dunque deve essere ben
    regolato soprattutto per evitare queste situazioni. La libera concorrenza non è la
    deregulation. Al contrario, deve essere basata su una regolazione tendenzialmente
    ottima. Inoltre esistono moltissimi settori in cui anche il mercato concorrenziale è
    inefficiente. Di alcuni ho parlato rispondendo alla prima domanda. In questi casi è
    necessario il diretto intervento pubblico nella produzione. In conclusione penso a
    un’economia mista, con un forte settore cooperativo, un forte settore pubblico e
    un’amministrazione politica partecipata.
    D. Molti marxisti affermano che il socialismo di mercato (tipo Doi Moi in
    Vietnam)non sarebbe una forma di socialismo perché non implica il controllo
    razionale dell’economia. Le è d’accordo con questa tesi?
    R. L’idea che il socialismo sia riducibile alla pianificazione centrale origina non
    da Marx ma da saintsimoniani, i quali pensavano a un sistema tecnocratico
    piuttosto cha a un sistema comunista. Quest’idea ha dato il peggio di sé
    nell’URSS sotto Stalin e i suoi successori. Marx l’ha esplorata in varie occasioni,
    e gli ha dato una coloritura hegeliana quando ha sostenuto che nel comunismo si
    attuerebbe il “controllo razionale dell’economia”. Il meno che si posa dire è che si
    tratta di un’ingenuità. Il peggio è che consiste in una forzatura idealistica. Per me
    il comunismo è un sistema di autogoverno democratico esteso a tutti livelli
    decisionali: nell’impresa, negli enti locali, nello stato centrale.
    D. Il capitalismo distrugge l’ambiente e consuma le energie del pianeta. Il suo
    modello sarebbe in qualche modo ecocompatibile?
    R. Il problema ecologico è sostanzialmente un problema di free riding in presenza
    di un bene pubblico esteso e fragilissimo come l’ambiente. Tutti sono interessati
    alla sua salvaguardia. Ma nessuno individualmente ha interesse a fare dei sacrifici
    per salvaguardarlo. Molti cercano di scaricare spazzatura nei parchi pubblici.
    Molti usano l’automobile più dello stretto necessario. Non parliamo poi delle
    imprese che scaricano fumi tossici etc. etc. Sono problemi che sorgono sia in
    un’economia capitalistica sia in un economia cooperativa di mercato e sia in
    un’economia a pianificazione centralizzata (ci siamo dimenticati di Cernobil?) In
    un’economia capitalistica i problemi ecologici sono particolarmente gravi perché
    l’obiettivo della massimizzazione dei profitti genera free riding al massimo grado.
    Anche questi problemi vanno affrontati con la partecipazione democratica.
    Siccome sono diffusi su tutto il territorio, lo stato centrale non è in grado di
    raccogliere le informazioni locali, almeno non è in grado di farlo come possono
    farlo i cittadini direttamente coinvolti. Dunque sono i cittadini stessi che tendono a
    organizzarsi in comitati ambientali e a coinvolgere le amministrazioni locali e
    centrali per affrontare i problemi. L’organizzazione locale è utile per due motivi di
    fondo: perché è in grado di raccogliere prontamente e a basso costo tutte le
    informazioni locali che a un’agenzia centrale possono sfuggire; e perché il
    collettivo dovrebbe far prevalere la salvaguardia del carattere di bene pubblico
    dell’ambiente contro la tendenza dei privati a praticare il free riding. Ma questa è
    solo una parte della soluzione. Un buona gestione dell’ambiente richiede anche la
    raccolta e l’elaborazione di informazioni e conoscenze generali di carattere
    scientifico che non sono alla portata dei singoli cittadini. Questo compito deve
    essere svolto da agenzie centrali specializzate controllate dalle autorità pubbliche,
    le quali poi hanno il dovere di diffondere le informazioni attraverso la
    programmazione indicativa e di risolvere i problemi ambientali generali anche
    attraverso la programmazione industriale. Le autorità centrali inoltre devono
    interagire con le organizzazioni locali, anche attraverso la negoziazione,
    soprattutto in quei casi in cui i piccoli comitati possono tendere a praticare qualche
    forma di free riding di gruppo ai danni della più ampia comunità nazionale o
    regionale.

    www.ripensaremarx.it


    ARDITI NON GENDARMI

  2. #2
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    Mercato, prezzi, imprese, stato??! Marx ed Engels si staranno rigirando nella tomba.
    "Ma chi è quel mona che continua a inquinare?" (cit. Mosconi variata)
    "Tanti di loro sono così assuefatti, così dipendenti dal sistema, che combatterebbero per difenderlo." The Matrix
    Cos'è il Socialismo

  3. #3
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    Si mi pare una buona proposta

  4. #4
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    Citazione Originariamente Scritto da Gian_Maria Visualizza Messaggio
    Mercato, prezzi, imprese, stato??! Marx ed Engels si staranno rigirando nella tomba.
    Non ho capito quale sia il tuo problema. Nel frattempo leggo con piacere che sei arrivato anche tu al superamento della dicotomia destra-sinistra. Dai, tra un po' abbraccerai anche tu la teoria del comunismo libertario o del comunismo comunitario...

  5. #5
    x il Socialismo Mondiale
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    Citazione Originariamente Scritto da Outis Visualizza Messaggio
    Non ho capito quale sia il tuo problema.
    Sono tutte cose che secondo Marx ed Engels non esisteranno nella società comunista/socialista.
    "Ma chi è quel mona che continua a inquinare?" (cit. Mosconi variata)
    "Tanti di loro sono così assuefatti, così dipendenti dal sistema, che combatterebbero per difenderlo." The Matrix
    Cos'è il Socialismo

  6. #6
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    Citazione Originariamente Scritto da Gian_Maria Visualizza Messaggio
    Sono tutte cose che secondo Marx ed Engels non esisteranno nella società comunista/socialista.
    Ah, già, la Sacra Bibbia!! M'ero dimenticato che sei uno dei religiosi adepti del marxismo contro Marx...

  7. #7
    x il Socialismo Mondiale
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    Predefinito

    Voi in realtà siete dei sostenitori di una forma di capitalismo.
    "Ma chi è quel mona che continua a inquinare?" (cit. Mosconi variata)
    "Tanti di loro sono così assuefatti, così dipendenti dal sistema, che combatterebbero per difenderlo." The Matrix
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  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da Gian_Maria Visualizza Messaggio
    Voi in realtà siete dei sostenitori di una forma di capitalismo.
    ..................


    ...la seduta è tolta!

 

 

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