La principessa tedesca Sofia Federica riceve inaspettatamente la notizia di essere stata destinata al matrimonio con l' arciduca russo malato di mente Pietro, figlio della zarina Caterina I. Arrivata a Mosca e costretta al contatto con la rigidità e l' aridità di un ambiente che la considera scarsamente e solo da un punto di vista opportunistico, sarà costretta a rinunciare alla sua indipendenza, alla sua mansueta innocenza e alle sue aspettative romantiche e per non essere schiacciata da intrighi e incomprensioni si trasformerà in una affascinante e audace donna di potere, arrivando ad organizzare l' assassinio di Pietro, divenuto nel frattempo zar, per prenderne il posto sul trono.
Di molto in anticipo sui tempi (siamo nel 1934) e molto al di fuori dei canoni cinematografici del periodo, Josef Von Sternberg realizza una delle più audaci, spregiudicate e acute analisi sulla metamorfosi di un inconsapevole a contatto con una struttura complicata e ostile e trova in Marlene Dietrich, sua pupilla e attrice "dannata" fin dai tempi di "Marocco" e di "L' angelo azzurro", una protagonista perfetta, magistrale nel rendere la duplicità dei volti, delle fattezze e delle scelte del "duo" Sofia - Caterina. Con una abilità stilistica e scenografica che non si era mai vista prima e che non si vide mai più in seguito, Sternberg disegna un affresco di perversione, minaccia e morte fin nei minimi dettagli (il ruolo delle candele che sembrano lance, la tavola imbandita con lo scheletro ripiegato su se stesso, il racconto iniziale alla piccola Sofia sulla figura del boia con il torturato costretto a fare da batacchio ad una campana, gli oggetti reclinati ed incombenti) e ne descrive l' effetto sulla protagonista, destinata ad assumerne le sembianze. Sternberg non sembra provare dispiacere o malinconia per una evoluzione che considera inevitabile e senza scampo forse anche per il suo periodo (in Germania il nazismo sta consolidando il suo potere e mezza Europa è sotto dittatura) e valorizza al massimo la celeberrima mimica facciale di Marlene per sottolineare il fascino, terribile ma irresistibile, del suo personaggio divenuto adulto. Affiancata da una coppia di uomini che ne completano il ritratto complessivo (il marito folle e il corteggiatore forte) e sovrastata da una figura femminile assolutamente dominante, così come lo erano state la madre e le zie in Germania, che arriva a maltrattarla ed umiliarla in pubblico allo scopo di educarla, Sofia arriverà a ripetere alla lettera i giochi di dominio della zarina "padrona" ormai deceduta e a migliorarli a suo vantaggio, ammaliando nuovi alleati contro un nemico che sembrava avere un predominio assoluto e strangolatore. Corpi e ambienti assumono allora più di un significato e di uno scopo, arrivando a modellare la Storia come una danza macabra, dove anche il più saggio dei dominanti è costretto a sottostare, in questo caso anche consenziente, ai meccanismi di un mondo sottile e violento, cinico e menzognero, quello della rinuncia alla fiducia e alla ricerca della pace e della verità a scopo di sicurezza e di conquista.