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    Le reazioni delle ex repubbliche jugoslave sull'autoproclamato pseudo stato kosovaro

    Zagabria prudente sul Kosovo
    19.02.2008 Da Osijek, scrive Drago Hedl [Hrvatski]

    Nessuna dichiarazione ufficiale sul riconoscimento e cautela della Zagabria ufficiale che, secondo gli osservatori, teme di contrariare il vicino serbo ora importante partner commerciale. Euforia tra gli albanesi di Croazia, mentre per i serbi la dichiarazione di Pristina è illegale
    I mass media croati hanno dato molto spazio alla dichiarazione di indipendenza del Kosovo, ma la politica ufficiale si è piuttosto trattenuta. Mentre tutti i più importanti mezzi di comunicazione elettronici avevano i loro inviati speciali a Priština e a Kosovska Mitrovica, ma anche a Belgrado, e nelle prime pagine dei principali quotidiani lunedì comparivano titoli quali “Serbia senza Kosovo”(Večernji list), o “È nata una nazione”(Jutarnji list), e sul filogovernativo Vjesnik “Kosovo indipendente!”, i politici non sembrano avere fretta di pronunciarsi sulla data del riconoscimento.

    Lunedì, il giorno successivo alla dichiarazione del Kosovo, l'unico a rilasciare dichiarazioni è stato il presidente della Repubblica Stjepan Mesić. Alla domanda dei giornalisti sulla data del riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo, ha risposto in modo evasivo: “La Croazia desidera avere buoni rapporti con il Kosovo e con la Serbia e con tutti gli stati della regione, e chiaramente analizzeremo tutti questi elementi e daremo una risposta che sarà prima di tutto giusta”, ha detto Mesić. Riguardo al riconoscimento formale ha poi proseguito dicendo che ”un giorno, due, cinque o dieci, non significano praticamente nulla”, aggiungendo che la Zagabria ufficiale “seguirà attentamente quanto intraprenderanno i paesi dell'Unione Europea, tra i quali non c'è un accordo unanime”. Il presidente ha infine messo in evidenza che la Croazia “esprimerà la sua posizione indipendentemente dallo stato in questione”, affermando che non crede che il governo croato deciderà sul riconoscimento nella seduta ordinaria di giovedì.

    Lunedì Mesić ha incontrato l'ambasciatore serbo Radivoj Cvetičanin che, come dichiarato dall'ufficio di Mesić, gli ha portato un messaggio del presidente serbo Boris Tadić. Oltre alla constatazione che questo messaggio si riferisce alla dichiarazione d'indipendenza del Kosovo, e che contiene ”la nota posizione della Serbia riguardo a questo evento”, non si è potuto sapere nulla di più sull'incontro tra il presidente croato e l'ambasciatore serbo a Zagabria.

    Sabato, il giorno precedente la dichiarazione del Kosovo, anche il ministro degli Affari Esteri Gordan Jandroković si è espresso come Mesić, con la stessa cautela. Egli ha affermato che la Croazia seguirà attentamente tutti gli avvenimenti legati all'indipendenza del Kosovo e, quando riterrà che è nel suo interesse, procederà con il riconoscimento.

    Il presidente del parlamento Luka Bebić, ospite lunedì del programma della Radio croata, non ha fatto riferimento al riconoscimento del Kosovo da parte della Croazia, ma ha solo chiarito che le sue decisioni saranno in armonia con la politica dell'Unione Europea tenendo conto dei rapporti con gli stati vicini: “In qualità di stato confinante con la Serbia, la Croazia ha una particolare responsabilità per lo sviluppo dei rapporti futuri, e per questo è necessario e doveroso affrontare questo problema (il riconoscimento del Kosovo) in modo attento e responsabile”, ha detto Bebić.

    Solamente il Partito croato del diritto, che ha un solo rappresentante in Parlamento, lunedì, il giorno dopo la dichiarazione di Priština, ha spinto perchè la Croazia fosse tra i primi a procedere al riconoscimento del Kosovo: “Invitiamo il governo croato a riconoscere l'indipendenza del Kosovo e a stabilire al più presto relazioni diplomatiche con lo stato amico”, ha sottolineato il presidente di questo Partito Anto Đapić.

    Il commentatore dell'influente portale web Indeks.hr, Tomislav Klauški, afferma che la posizione tentennante di Zagabria è motivata dal timore di creare dissapori con la Serbia: ”È incredibile che la Croazia non abbia ancora una posizione ufficiale su questa questione (il riconoscimento del Kosovo), non solo perchè in qualità di membro del Consiglio di Sicurezza dell'ONU parteciperà alle sedute dedicate a questo problema, ma anche perchè anche lei ha vissuto il processo di indipendenza dopo la dissoluzione della Jugoslavia”, afferma Klauški.

    Il quotidiano più venduto in Croazia, il Večernji list di Zagabria, individua le ragioni della cautela della Zagabria ufficiale sul riconoscimento del Kosovo nel fatto che gli scambi commerciali della Croazia con la Serbia sono pari a circa un miliardo di dollari, mentre con il Kosovo lo scambio è simbolico, pari a 33 milioni di dollari. La Serbia è uno dei pochi paesi con cui la Croazia abbia un avanzo negli scambi commerciali. Il valore dell'export croato in Serbia è pari a 650 milioni di dollari, e le imprese croate hanno investito circa 400 milioni di euro in Serbia.

    Se i rapporti con la Serbia peggiorassero – sostiene il Večernji list - le principali imprese croate come la compagnia Agrokor, le fabbriche di cemento a Našici, o le industrie alimentari Kraš e Podravka, si troverebbero in una situazione difficile. Il quotidiano fa notare che il peggioramento dei rapporti con la Serbia potrebbe colpire anche la borsa di Zagabria che negli ultimi giorni, proprio a causa delle tensioni sul Kosovo, segna una drammatica caduta delle azioni. “Un capitolo a parte sono i fondi di investimento. Il ritiro dei soldi dalla Serbia colpirebbe pesantemente la borsa di Zagabria, che sta già affrontando i giorni più difficili”, avverte il Večernji list.

    E mentre la Comunità serba in Croazia ha giudicato la dichiarazione di indipendenza del Kosovo come un “atto illegale”, l'Unione degli Albanesi in Croazia, che raggruppa circa 35 mila albanesi, metà dei quali proviene dal Kosovo, ha espresso soddisfazione e ha invitato la Croazia a effettuare al più presto il riconoscimento. Uno dei capi dell'Unione degli albanesi in Croazia, Luigj Daka, ha affermato che proprio a Zagabria verrà aperta la prima ambasciata kosovara della regione.

    Molti proprietari delle panetterie di Zagabria, che sono di origine albanese, hanno manifestato il loro entusiasmo e la loro gioia per la dichiarazione d'indipendenza del Kosovo in modo del tutto originale. Un gran numero di panetterie di Zagabria e di altre zone della Croazia, di proprietà di albanesi del Kosovo, il giorno successivo alla dichiarazione d'indipendenza, lunedì, hanno distribuito gratuitamente ai cittadini pane e altri prodotti in segno di gratitudine.

    Fonte: Osservatorio Balcani

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    Kosovo: la Slovenia si mimetizza
    20.02.2008 Da Capodistria, scrive Franco Juri

    Durante la presidenza dell'Ue aveva giocato un ruolo da primadonna. Poi lo scandalo dei dettami Usa al governo sloveno. E ora Lubiana teme che possano essere messi a repentaglio i suoi interessi economici in Serbia
    Preoccupazione, imbarazzo, attesa di entrare nella mischia kosovara il più inosservati possibile, riconoscendo Priština solo al riparo dei grandi e della maggioranza dei membri UE. Basso profilo dunque, dopo lo show da primadonna delle settimane scorse, per cercare di riparare al danno causato da una presidenza europea particolarmente ingrata, forse persino una "trappola", e dalle istruzioni americane sul come portare a compimento l'indipendenza del Kosovo. Alla diligente Slovenia era stato semplicemente assegnato un po' di lavoro sporco.

    Sono questi i traumi che inducono Lubiana a muoversi con cautela. Forse è già troppo tardi, almeno nel complesso rapporto con la Serbia. Belgrado sa che Dimitrij Rupel ha fatto e fa esattamente quanto dettato da Washington ed è furiosa. La Slovenia è stata, in questi giorni, tra i bersagli favoriti degli hooligans nazionalisti serbi . Lo stesso giorno della proclamazione dell'indipendenza del Kosovo squadre violente dell'estrema destra serba hanno ferito tre poliziotti che proteggevano il grande e popolare centro commerciale Mercator di Belgrado. Proprietà slovena, naturalmente. Prima una bomba, poi dei falsi allarmi e poi ancora un passa parola, anzi un passa sms, per un boicottaggio capillare dei prodotti sloveni. Ma i belgradesi, per ora, ci badano poco, e continuano a comperare i prodotti di buona qualità, made in Slovenia, nel ben assortito mercatone.

    Atto secondo; l'assalto alle ambasciate. Quella slovena viene fatta a pezzi e il presidente Danilo Türk protesta energicamente rivolgendosi a Boris Tadić e reclamando delle scuse e degli indennizzi per lo scempio.

    Avevano avvertito gli imprenditori sloveni - e ce ne sono tanti a Belgrado – che un esporsi esagerato, un esibizionismo filo-americano come quello ostentato dal capo della diplomazia slovena, avrebbe messo a repentaglio gli importanti investimenti sloveni in Serbia. L'interscambio tra i paesi ex jugoslavi è di circa 500 milioni di euro all'anno, non è uno scherzo. E i piani in cantiere sono ancora più ambiziosi .

    Ovvio, Lubiana si è ben guardata dall'essere la prima tra i membri UE a riconoscere l'indipendenza del Kosovo, come suggerito nel famoso verbale, ormai pubblico, dall'americano Fried. Washington ha capito e non forza più. Piccolini e pasticcioni che non siete altro, lasciate fare ai grandi! E poi in coda, in fila per tre! I riconoscimenti arriveranno e la Slovenia sarà nel secondo gruppo europeo, quello più numeroso, sperando forse di essere così meno appariscente.

    Rupel, infuriato, in questi giorni se la prende con i giornalisti, soprattutto con quelli di "Dnevnik" che hanno svelato senza alcun pudore l'affiatamento sloveno-americano nelle fasi precedenti l'indipendenza annunciata. Nel clima di paura imposto al proprio ministero colabrodo, Rupel ha mandato a sorpresa otto esperti di sicurezza a requisire e sigillare il computer dell'ambasciatore Marjan Šetinc, sospettato, insieme ad altri dieci diplomatici, di essere la "talpa". La prova? I tabulati telefonici del suo cellulare in cui figurano anche alcune conversazioni con una giornalista di "Dnevnik". Ovvio, Šetinc è rappresentante del sindacato dei diplomatici che settimane fa aveva minacciato uno sciopero se il ministro non avesse rimediato alle carenze organizzative e umane che affliggono il suo ministero. I giornali, tra cui "Dnevnik", ne avevano scritto.

    L'opinione pubblica slovena sul Kosovo è divisa. Non regna l'entusiasmo invocato dal governo per un rapido riconoscimento di Priština. La comunità serba in Slovenia tace, e certo non applaude. Ma c'è chi ricorda il debito morale degli sloveni nei confronti degli albanesi dell'ex provincia serbo-jugoslava. Fu proprio l'autonomia del Kosovo, mortificata da Slobodan Milošević nel 1989, e la protesta con tanto di sciopero della fame dei minatori di Stari Trg, a offrire alla "primavera slovena" l'occasione di creare un fronte comune contro Belgrado e avviarsi verso la propria indipendenza. La manifestazione dell' 89 al "Cankarjev dom" di Lubiana rimane negli annali e anche nella memoria collettiva di molti albanesi che oggi, assieme alla nuova bandiera kosovara e a quella a stelle e strisce, sventolano pure la bandierina slovena. Con quale diritto morale, ora, Lubiana non dovrebbe riconoscere tra i primi l'autodeterminazione dei kosovari?

    Ci sono però anche le differenze, e non di poco conto. La Slovenia era una repubblica delle Federazione e - almeno in teoria - aveva il diritto all'autodeterminazione garantito dalla costituzione. Inoltre ci fu il plebiscito. Infine, la Slovenia dovette impegnarsi e lottare da sola, persino contro la volontà della "comunità internazionale". Venne riconosciuta solo quando dimostrò di aver instaurato uno stato democratico, rispettoso dei diritti umani e di quelli delle minoranze e di essere in grado di gestire da sola la propria statualità e di poter controllare i propri confini.

    Quasi nulla di quanto elencato è attribuibile al Kosovo "indipendente". A mantenere e a far andare avanti lo stato ci penserà l'UE, con la sua missione civile e con i suoi euro, alla sicurezza dei confini, dai quali gruppi di dimostranti violenti serbi hanno scacciato in quattro e quattrotto i poliziotti albanesi istruiti dall'Unmik, ci pensa e ci penserà la Nato, vale a dire la Kfor.

    Molti in Slovenia reputano che il Kosovo avrà e produrrà molti problemi - uno è quello di nuove e profonde spaccature nella stessa Unione europea su cui Rupel si limita didatticamente a spiegare che "ogni stato decide da solo chi riconoscre e chi no", alla faccia della politica estera e di sicurezza comune! - ma gli osservatori sono concordi nel valutare che ormai un passo indietro è impensabile.
    L'indipendenza è un dato di fatto della realpolitik balcanica ed euroatlantica.

    Fonte: Osservatorio Balcani

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    Il Montenegro cauto sul Kosovo
    21.02.2008 Da Podgorica, scrive Jadranka Gilić

    Miodrag Vukovic Cauto il Montenegro nel riconoscimento d’indipendenza del Kosovo. La stampa locale non dà molto spazio alla notizia ed aspetta che la politica ufficiale prenda una posizione
    Il Montenegro ha accolto la notizia sull’indipendenza del Kosovo con calma e senza euforia, cioè senza grandi festeggiamenti o proteste.

    I rappresentanti dei partiti d’opposizione filo serbi del Montenegro sono andati a Kosovska Mitrovica, la città divisa tra serbi e albanesi, per portare appoggio ai serbi, mentre i rappresentanti dei partiti albanesi sono andati a Pristina, capitale del Kosovo per sostenere l’indipendenza del Kosovo.

    Secondo quanto riportato da Radio Free Europe, il 17 febbraio scorso, le prime reazioni dei partiti filo serbi hanno sottolineato che non riconosceranno mai l’indipendenza del Kosovo e che per loro il Kosovo è parte della Serbia.

    Il presidente del Partito popolare (Narodna stranka), Predrag Popovic, ha dichiarato che dal Montenegro ufficiale ci si aspetta che non riconosca l’indipendenza del Kosovo: “peggio del fatto che i separatisti albanesi abbiano proclamato lo stato sul territorio della Serbia basato sulla pulizia etnica e sui crimini può esserci soltanto il riconoscimento da parte dei vari paesi stranieri, gli stati membri della comunità internazionale, col quale si danneggia sia il sistema internazionale sia la sicurezza internazionale. Con questo fatto, temo che si apra il vaso di Pandora.”

    Dall’altra parte, Mehmet Bardhi, presidente del Consiglio democratico degli albanesi in Montenegro, dice che gli albanesi nel Montenegro salutano l’indipendenza del Kosovo: “Oggi è una grande giornata per il popolo albanese, ma anche per tutti i Balcani e per l’Europa. È una situazione nuova, migliore, che sicuramente, sul lungo periodo, porterà pace e stabilità nei Balcani. Ovviamente, mi aspetto che il Montenegro rispetti questa nuova situazione, e che non arrivi tardi con la sua posizione sul riconoscimento.”

    Per quanto riguarda le istituzioni governative montenegrine, per ora nessuna dichiarazione ufficiale sul nuovo status del Kosovo.

    L’emittente B92 del 16 febbraio scorso riporta le ultime dichiarazione dei rappresentanti del governo montenegrino dove è stato detto che il Montenegro non avrà fretta nel dichiarare la sua posizione sull’indipendenza del Kosovo.

    Il presidente della Commissione esteri del parlamento montenegrino, Miodrag Vukovic, ha dichiarato che il Montenegro prenderà una posizione sull’indipendenza del Kosovo soltanto dopo il dibattito al parlamento e che la posizione finale del Montenegro sarà il risultato dell’accordo tra il parlamento ed il governo. “Non ci saranno decisioni unilaterali da parte di nessun organo statale del Montenegro su questo argomento” ha sottolineato Vukovic.

    Inoltre, Miodrag Vukovic ha aggiunto che la politica di equidistanza positiva del Montenegro riguardo il problema del Kosovo è ancora in vigore ed è anche sostenuta da parte della comunità internazionale quale contributo alla stabilità della regione.

    Ad ogni modo, al Montenegro non conviene ricoprire un ruolo forte per quanto riguarda il riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo e comunque il Montenegro non farà pressioni sul riconoscimento del nuovo stato, ma agirà in conformità con quanto decideranno gli altri Paesi della regione, ha concluso Vukovic.

    Di conseguenza, mentre la notizia sull’indipendenza del Kosovo guadagna molto spazio sulla stampa straniera, soprattutto nei paesi dell’ex Jugoslavia, la stampa montenegrina, a distanza di pochi giorni dall’autoproclamazione d’indipendenza, non dà molto spazio alla notizia ed aspetta che la politica ufficiale prenda una posizione.

    Dall’altra parte, dopo i primi festeggiamenti, il Kosovo attende che la sua indipendenza sia riconosciuta dalle potenze occidentali e dagli stati della regione balcanica.

    Gli Usa, la Francia e la Turchia sono stati i primi paesi ad annunciare il riconoscimento formale del nuovo stato. Altri paesi, tra cui Italia, Gran Bretagna e Germania, hanno già preannunciato che intendono procedere sulla stessa strada.

    Gran parte dei 27 stati membri dell'Unione europea riconosceranno il Kosovo e lo sottoscriveranno con una missione di 2.000 uomini che si occuperà della sicurezza e della giurisdizione e subentrerà alla missione Onu, ma almeno sei paesi Ue sono riluttanti.

    Inoltre, la Russia ha avvisato del rischio che la secessione del Kosovo possa avere ripercussioni in altre regioni separatiste nel mondo ed appoggia la Serbia. Il parlamento serbo ha dichiarato all'unanimità ''nulla e illegale'' la dichiarazione d'indipendenza unilaterale del Kosovo, nella seduta del 18 febbraio scorso.

    Le autorità serbe hanno già fatto sapere che richiameranno in patria i loro rappresentanti diplomatici da tutti i paesi che riconosceranno il Kosovo.

    Nel proporre la dichiarazione d'indipendenza al Parlamento, il primo ministro Hashim Thaci ha detto che il Kosovo sarà un paese "di tutti i cittadini", riferendosi ai 120.000 serbi che vivono ancora nel territorio.

    Si teme però che il Kosovo non sarà mai uno stato multietnico, ma piuttosto profondamente diviso tra serbi e albanesi e che la missione europea avrà un compito estremamente difficile da compiere.

    Fonte: Osservatorio Balcani

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    KOSOVO: BOSNIA, DOMANI SEDUTA PARLAMENTO RS SU INDIPENDENZA
    (ANSA) - SARAJEVO, 20 FEB - Il parlamento della Republika Srpska (Rs, entita' a maggioranza serba di Bosnia) si riunira' domani a Banja Luka in seduta straordinaria per discutere e approvare un documento relativo all'indipendenza del Kosovo, ma nonostante abbiano rigettato unanimemente l'indipendenza come una ''violazione del diritto internazionale'', le forze politiche serbo bosniache si mostrano divise. Gli ultranazionalisti, in particolare il Partito radicale, emanazione dell'omonima formazione in Serbia, e il partito democratico serbo (Sds, dell'ex leader dei serbi di Bosnia Radovan Karadzic, ricercato per crimini di guerra e genocidio) chiedono che venga indetto un referendum per la secessione della Rs dalla Bosnia, rinfacciando al premier Milorad Dodik, leader del Snsd (Unione dei socialdemocratici indipendenti) di non aver mantenuto le promesse elettorali. Alcuni movimenti e organizzazioni non governative estremiste chiedono intanto l'immediata proclamazione d'indipendenza della Rs. Le richieste dei partiti d'opposizione ''polvere negli occhi'' della gente, ha risposto l'Snsd ed ha accusato l'Sds di aver ceduto, quando era al governo, troppe competenze allo stato centrale bosniaco. Dodik, che piu' volte in passato ha minacciato il referendum per la secessione quando leader politici musulmani insistevano sull'integrazione del paese e l'abolizione delle entita' in quanto risultato della guerra, ha usato oggi toni piu' moderati, brandendo pero' il referendum come arma di difesa. Il suo partito, ha detto l'uomo forte della Rs, non rinuncera' alla richiesta che nella costituzione bosniaca venga inserito il diritto all'autodeterminazione, ma indira' un referendum se verra' posta in questione l'esistenza della Rs. I dirigenti serbo bosniaci si oppongono anche a un'eventuale riconoscimento del Kosovo indipendente da parte della Bosnia, e la presidenza tripartita ha gia' reso noto che cio' non accadra' nel prossimo futuro. (ANSA).
    20/02/2008 18:05

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    09.03.2008,056 - Buttare i soldi per il Kosovo?
    Mentre l'ambasciatore serbo Predrag Filipov lascia la Slovenia e consegna il documento di protesta del Governo serbo per la decisione di riconoscere la secessione del Kosovo , il Presidente del partito nazionale sloveno Zmago Jelincic si schiera contro una politica che va contro gli interessi della nazione e a favore degli Stati Uniti. Zmago Jelincic così avverte che "il riconoscimento di questo Stato del Kosovo mai esistito sarà uno dei più grandi errori che farà il governo sloveno e la politica in Slovenia".


    "L'Ambasciatore ha preparato le valigie". Era questo il titolo della TV slovena che ha dato la notizia del rientro dalla Slovenia dell'ambasciatore serbo Predrag Filipov. Prima di lasciare la Slovenia, l'ambasciatore ha consegnato il documento di protesta del Governo della Repubblica della Serbia, nei confronti della decisione di riconoscere la secessione del Kosovo. Ora restano, tra l'opinione pubblica slovena, dubbi e timori che si racchiudono in una semplice domanda: "Come agiranno i serbi nei confronti delle nostre imprese?". Secondo molti una "minima azione diplomatica" da parte del governo Serbo non farà alcun danno ai forti interessi sloveni in Serbia.

    Dinanzi ai media sloveni questo evento è stato così ridicolizzato, al punto che l'atto del Ministro degli Esteri Vuk Jeremic per ritirare l'ambasciatore dall'Slovenia, è stato descritto come un elemento di "folkrore balcanico, un piccolo protesto, più che un vero pericolo". Il pubblico sloveno penserà che i serbi "non avranno la forza di sputare nel piatto in cui mangiano", nell'illusione che la Serbia dipenda dagli investimenti sloveni. Tuttavia, è subito giunta la risposta serba, con l'attentato dinanzi ad un supermercato che ha inscenato un pericolo di piccola entità per protestare contro i prodotti sloveni. D'altronde, non sarà certo la prima volta che la Serbia protesta contro i prodotti sloveni. Dobbiamo ricordare infatti che quando la Jugoslavia è crollata, quando la Slovenia è riuscita ad avere con pochi soldi le risorse naturali dalla serbia, lì si è avvertito il vero impatto, perché un prodotto "non-Jugoslavo" è diventato un prodotto tipico Sloveno. Così per la prima volta tutto il mondo ha conosciuto il "buon vino sloveno" dalle vigne delle coline di Sumadija, e i formaggi delle montagne della Serbia e Bosnia. Ma c'è altro. Tutti i semilavorati e i pezzi di ricambio delle fabbriche della ex jugoslavia, sono diventati prodotti finali e da esportazione a vantaggio solo sloveno. Poi la storia è cambiata, il popolo sloveno ha cominciato a lamentarsi che l'altra parte della Jugoslavia li voleva "sfruttare" e hanno chiesto la secessione. Ora l'integrita dello Stato sloveno è in primo piano, ma alla luce di quanto accaduto nel loro passato, continueranno a dare supporto alle secessioni, com'è accaduto ultimamente in Kosovo.

    Il Presidente del Partito Nazionale sloveno Zmago Jelicinc, è forse uno dei pochi politici sloveni che si è opposto a questa decisione. Lui ha avvertito il Ministro Rupel che "il riconoscimento di questo Stato del Kosovo mai esistito sarà uno dei più grandi errori che farà il governo sloveno e la politica in Slovenia". Zmago Jelicinc ha definito così il Ministro come un "ignorante", perchè la sua decisione e`stata presa sulla base dell'Atto Costitutivo della ex Jugoslavia del 1974, secondo il quale solo le Repubbliche della Jugoslavia avevano diritto ad ottenere l'autonomia, ma non le autonome regioni al loro interno, come il Kosovo e la Vojvodina. Jelicinc ha così chiesto se "esiste un interesse strategico riconoscere fra poco anche la Vojvodina come Stato indipendente". Non ha così perso occasione di accusare il Ministro Dimitrij Rupel, che in quel momento avrebbero dovuto incontrare Condoleeza Rice, affermando che la Slovenia agisce in questo modo data l'esistenze delle pressioni degli Stati Uniti d'America di riconoscere il Kosovo come uno dei primi Stati. E così, dinanzi a tutti i giornalisti, Jelicinc chiedeva "cosa avesse avuto la Slovenia in Kosovo?" , e mentre Rupel ha dato la sua risposta - "niente per niente" - continua affermando che "il Kosovo è stato sempre un buco profondo dove tutti gli Stati della ex Jugoslavia hanno buttato soldi, finanziando solo le cose stupide senza neanche sapere neanche dove sono finiti i soldi. E`rimasta solo la bibblioteca, l'università e le centrali termoelettriche". Secondo Jelicinc, una delle ragioni del malcontento della Slovenia derivano proprio da una causa in comune dove tutti dovevano pagare per "i non sviluppati". Ridendo ha ridicolizzato le parole del Ministro Rupel che ha dichiarato che "la decisione di riconoscere lo Stato del Kosovo non è stata presa contro la Serbia". "Io credo che è stato fatto proprio contro la Serbia - dichiara Jelicinc - e questa è una dimostrazione che non viene rispettata la risoluzione 1244 dell'Onu, non è giusto nei confronti della Serbia ed è un'estrema stupidaggine per la stessa Slovenia. L'impatto sulla produzione spaventa tutti, dato che in Serbia si potrebbe perdere un grandissimo mercato e il Ministro Rupel conferma che la Slovenia avrà dei vantaggi per il riconoscimento di Kosovo. La Slovenia ha degli utili con la Serbia che equivalgono a quattro volte quelli ottenuti con il Kosovo. Nel Kosovo tutti gli investimenti si sono sempre profondati. La Slovenia come Stato dell'UE dovrà pagare anche per il Kosovo, ma molto di più di quanto pagava come provincia della Jugoslavia". Il discorso di Jelicinc è stato di ampio respiro e ha mostrato una vera rabbia dinanzi alla politica slovena e al ministro Rupel. "Perché la Slovenia sta correndo per tuffarsi in una piscina dove non sa neanche se esiste acqua o no? Con la dichiarazione di riconoscere lo Stato del Kosovo noi abbiamo gettato una coltellata alla schiena della Serbia, ossia lo Stato che nella seconda guerra mondiale ci ha accolti come profughi senza pane. Così si dice grazie? Ovviamente noi sloveni - non tutti ma una grande maggioranza, siamo di nuovo schiavi, non degli austroungarici, ma questa volta degli USA", ha concluso Jelicinc sottolineando "gli Stati Uniti vogliono creare in Kosovo vuole una nuova Guantanamo". "Tradiamo l`amicizia serba per metterci nelle mani di America e EU", ha affermato con toni forti Zmago Jelicinc.

    Biljana Vukicevic
    Fonte: Rinascita

 

 

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