Di Pietro o fa un passo in dietro o smette di ridere
E' probabile che l'inchiesta della Procura di Roma che vede l'ex ministro Di Pietro indagato per falso in atto pubblico e truffa aggravata ai danni dello Stato si riveli in tutto o in parte infondata. Non ci piace particolarmente rovistare tra le carte dei magistrati e il suono delle manette che tintinnano non è la nostra colonna sonora preferita. Per questo auguriamo a Di Pietro di poter dimostrare la sua innocenza.
Detto questo, siamo più o meno certi che se una inchiesta di questo tipo avesse sfiorato qualsiasi altro leader di partito, Di Pietro non avrebbe aspettato un attimo a chiedere al politico in questione "un passo in dietro". Avrebbe argomentato che la giustizia doveva fare il suo corso senza intralcio e che l'indagato avrebbe dovuto accucciarsi in un angolo in attesa di veder brillare la luce della verità giudiziaria.
Del caso che lo riguarda personalmente invece, Di Pietro ha detto che è una questione che lo fa sorridere. Buon per lui. A noi invece fa riflettere. Perchè tutta questa enfasi sulle "liste pulite" alla fine si traduce nel rischio che quelle liste invece di essere compilate dagli organi di partito vengano determinate dai gusti politici di questo o quel magistrato.
Avviare un procedimento giudiziario contro un qualsiasi candidato e farlo esplodere sui giornali in campagna elettorale è la cosa più facile del mondo. Tanto poi si può archiviare tutto dopo il voto. Se è questo che Di Pietro si augura e pretende anche dal Partito Democratico allora è bene che lui stesso si metta da parte fino a indagine conclusa. Ma se preferisce ridere dell'inchiesta nei suoi confronti lasci che su questa storia delle "liste pulite" ci facciamo tutti una bella risata.
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