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  1. #21
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    Citazione Originariamente Scritto da Pieffebi Visualizza Messaggio
    Il "Centro" vuole fare da "ago della bilancia" e godere della "rendita di posizione" che un tempo fu, ad esempio, di Craxi. Costui era di sinistra, ma di una sinistra riformista che si poneva "al centro" dell'arco di forze politiche fra DC e PCI. Il PSI faceva l'alleato scomodo dei democristiani nel governo nazionale e in quelli locali.......si metteva all'asta, alleandosi ora con la DC, ora con il PCI, ma avendo quasi sempre il sindaco, l'assessorato ai Lavori Pubblici e la presidenza degli enti.....che contano.

    Saluti liberali

    Guarda che Craxi si e' sempre alleato con la DC

  2. #22
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    Baccini e Tabacci sono usciti dall'Udc perchè erano sicuri che Casini sarebbe tornato con Berlusconi, adesso che le cose non sono andate come credevano provano un certo imbarazzo a doversi rimettere con il buon pier... questo centro non mi sembra tanto credibile..

  3. #23
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    I loro seguaci non capirebbero il motivo della rottura

  4. #24
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    Citazione Originariamente Scritto da SPYCAM Visualizza Messaggio
    Guarda che Craxi si e' sempre alleato con la DC

    Bravo, a livello di governo nazionale, centrale. In Emilia Romagna, Umbria, Toscana, ma anche in Liguria, Marche (dove era sempre l'ago della bilancia), in centinaia di municipi piccoli e grandi, nelle province e nelle comunità montane, nelle vecchie USSL a direzione politica, il PSI craxiano si è alleato molto spesso con il PCI. Ad Alessandria il sindaco del PSI era sempre affiancato dal vicesindaco comunista. A volte era della corrente di sinistra del partito, a volte no, ma sempre con la benedizione (da quando ha preso la guida socialista con la rivoluzione dei quarantenni ) di papà Bettino. Non per niente con meno del dieci per cento dei voti aveva un numero di sindaci e assessori molto grande.

    Shalom

  5. #25
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    Per me l'UDC prima di creare un grande centro vuole vedere come andranno le elezioni. Se prendesse fra il 6 e l'8% potrebbe mandare avanti il progetto se no magari cercherebbe di fare accordi col PDL.

  6. #26
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    E' un voto perso e ci sono più possibilità che collaborino con Veltroni (per ripicca) che con il PdL...oramai non hanno più scuse e non sono minimamente credibili anche perchè oltre che parlare di Berlusconi e di "Centro" non parlano di niente...

  7. #27
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    Citazione Originariamente Scritto da Mantide Visualizza Messaggio
    E' un voto perso e ci sono più possibilità che collaborino con Veltroni (per ripicca) che con il PdL...oramai non hanno più scuse e non sono minimamente credibili anche perchè oltre che parlare di Berlusconi e di "Centro" non parlano di niente...
    Ragionamento che non fa una piega.

    Mantide ottimo,come sempre.

  8. #28
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    Casini per distinguersi da Veltroni e Berlusconi ha annunciato che proporrà, nel suo programma elettorale, l'introduzione di una nuova tassa.............di scopo.
    Secondo lui questo sarebbe un segno di "moderazione" e di "serietà".
    Più che altro i sedicenti centristi dovrebbero spiegare perchè fanno anche tanta fatica ad unirsi fra di loro. Che cosa li distingue se non i rispettivi interessi di bottega, in senso clientelare deteriore? Sul piano della linea politica che cosa separa seriamente, ormai, Casini da Mastella, e perchè Tabacci e Baccini sono dovuti uscire da un partito per rientrare in una lista comune con i CASINIsti....dalla finestra?
    Insomma, se questi sono politici seri.....


    Shalom

  9. #29
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    A proposito del centro
    Il Paese ha bisogno di riforme liberali, non di una palude

    Che cosa è, in politica, il centro? Casini lo rivendica per se stesso ed accusa Berlusconi di essersi spostato a destra in seguito all'accordo con Alleanza Nazionale; ma fino a poche settimane fa proprio Fini era l'interlocutore privilegiato dell'Udc. Berlusconi e Veltroni, in concorrenza tra di loro, rivendicano la stessa collocazione geopolitica, contendendosi - come è proprio dei sistemi bipartitici o bipolari - l'elettorato che si suole definire, appunto, di centro.



    Ma noi vogliamo riproporre la domanda iniziale. Che cosa è, appunto, il centro? Se con questa espressione si intende far riferimento ad una platea elettorale non ideologica, non dogmatica, e quindi disponibile a votare - di volta in volta e senza pregiudizi - chi meglio interpreta le esigenze profonde di un paese, la contesa per il centro assume una connotazione positiva. Se il centro rappresenta invece la palude, il luogo politico in cui vengono affossati tutti i tentativi di modificare in meglio l'esistente, di adottare riforme necessarie allo sviluppo, allora il centro assume - evidentemente - una connotazione negativa.

    E la assume, in particolare e nelle condizioni date, per l'Italia e per la cultura liberaldemocratica. Perché il paese ha bisogno di innovarsi, di spezzare i lacci corporativi che per troppo tempo lo hanno imprigionato, di premiare il merito e infrangere il mito dell'egualitarismo praticato a spese del bilancio pubblico e della crescita produttiva. In una parola, ha bisogno di riforme liberali. Di cambiare, non di conservare. Di guardare al futuro, non di rimanere fermo su se stesso.

    Il problema, allora, non è quello di conquistare astrattamente un centro che può anche essere - e a volte lo è - multiforme nelle sue aspirazioni e contraddittorio nelle sue scelte. E neppure quello di aggregare i moderati. E', semmai, quello di raccogliere intorno a poche proposte e a qualche idea-forza i voti di quella parte dell'elettorato fluttuante che in quelle proposte e in quelle idee-forza si riconosce. E se dovesse essere vero allora che proprio l'Udc rallentava il processo di trasformazione del paese - come Berlusconi sostiene - allora c'è da attendersi, in caso di vittoria del centrodestra, una spinta innovatrice sicuramente maggiore di quella sperimentata durante il precedente governo.

    D'altro canto, un ragionamento analogo vale anche per lo schieramento opposto. Se il governo Prodi ha fallito lo si deve non tanto e non solo alla esiguità della sua maggioranza o alle sue contraddizioni interne. Lo si deve in primo luogo al fatto che una parte significativa di quello schieramento rappresentava il primo e vero pilastro della conservazione politica; il baluardo di uno "status quo" non più sostenibile di fronte ai processi globali di trasformazione economico-sociale. Lo ha compreso, in parte almeno, Walter Veltroni. Che poi è entrato in contraddizione con se stesso caricando sul suo autobus quell'Antonio Di Pietro che su temi decisivi (come quello della giustizia ma non solo) rappresenta un esempio significativo dell'Italia che va lasciata ai margini.

    Nell'interesse del paese, che ha bisogno dei liberali, non di giustizialisti. Di competitività, non di espropri proletari.

    Roma, 25 febbraio 2008

    tratto da http://www.nuvolarossa.org/modules/n...p?storyid=4753

  10. #30
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    Casini: si' a grande coalizione se per interesse Paese

    "Se grande coalizione significa fare gli interessi degli italiani e finalmente sciogliere i nodi è un fatto positivo. Se è una grande spartizione, un inciucio non solo non è una cosa nobile ma è pessima per il Paese e noi vigileremo": Pier Ferdinando Casini, leader dell'Udc, nello studio di 'Unomattina', afferma la linea del suo partito rispetto all'ipotesi di una grande coalizione dopo il voto del 13 aprile. A suo avviso "é chiaro che Berlusconi e Veltroni la vogliono fare. Questo è chiaro a tutti gli italiani, è un'idea che c'é". Per il leader dell'Udc la discriminante è rappresentata dal programma del suo partito "basato sulla difesa di alcuni valori e su un progetto di modernizzazione del Paese. Se su queste linee c'é un'intesa in Parlamento concorreremo". Casini chiarisce la differenza tra lui e gli altri candidati premier Berlusconi e Veltroni: "Io non faccio promesse che non si possono mantenere. Propongo un percorso di impegno e doveri. Non farò alcuna promessa che varrà lo spazio di un mattino".

    http://www.ansa.it/opencms/export/si..._16167982.html

    Si ma anche no...non si capisce niente...

 

 
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