Paganesimo, cristianesimo e i diritti del bambino
Il mondo pagano in generale, non riuscì a comprendere l'identità umana e la dignità del fanciullo, e non poteva comprenderla, perché partiva dal presupposto che il fanciullo non fosse persona e non godesse di conseguenza, dei relativi diritti. Una concezione questa che condusse al disprezzo e ad ogni forma di abuso verso i minori. Oggi è diffusa la convinzione che l'ordine ed il progresso morale di un popolo, la pratica fedele e costante della giustizia, la rettitudine e l'onestà nelle vicendevoli relazioni sociali, dipendono in gran parte dal giusto concetto della persona umana e dal riconoscimento dei suoi diritti. (27) È quasi fisiologico che il disprezzo della persona umana e gli attentati ai suoi valori, producano squilibri e sconvolgimenti nella compagine sociale. Di questo atteggiamento furono vittime nel mondo pagano soprattutto la donna, lo schiavo e il fanciullo. Scrive Baudrillart:

Non vi è forse materia, in cui tra la società antica e pagana e la società cristiana e moderna, l'opposizione sia più accentuata che i loro modi rispettivi di considerare il fanciullo. (28)

L'opposizione si riduce in sostanza al fatto che il mondo pagano non tutelò sufficientemente i diritti del fanciullo, mentre la tutela piena di questi diritti è stata uno dei cardini della restaurazione morale operata dal Cristianesimo. La filosofia pagana, con i suoi sofismi e con i suoi errori, consacrava spietate tradizioni e teorie giuridiche innaturali, così che, ad esempio per il sommo Aristotele l'aborto è un obbligo sociale: ciò che importa è troncare la vita del nascituro prima che questi abbia la sensibilità; solo da ciò può dipendere se l'atto sia onesto o delittuoso.

Platone teme quanto Aristotele la sovrappopolazione ed è pronto ad ammettere l'aborto, cioè il mezzo per evitarla (l'aborto era largamente diffuso e praticato con cinismo nell'antichità pagana). (29) Alle teorie dei filosofi e dei legislatori della società pagana, vengono contrapposte le dottrine della società cristiana, i principi della nuova religione. I Padri e gli scrittori ecclesiastici dei primi secoli sono unanimi nel condannare l'infanticidio, l'esposizione, la vendita dei fanciulli. (30) Agli dei, maestri crudeli di infanticidio e agli uomini imitatori di questi dei, Tertulliano oppone la condotta dei cristiani e scrive:

A noi cristiani l'omicidio è espressamente vietato, e quindi non ci è permesso neppure di sopprimere il feto nell'utero materno. Impedire la nascita è un omicidio anticipato. Nulla importa che si sopprima una vita già nata o la si stronchi sul nascere: è già essere umano quello che sta per nascere. Ogni frutto è già nel suo seme. (31)

L'argomento dei diritti del fanciullo come "persona", soggetto di diritto, è trattato da Sant'Agostino con notevole ampiezza: il suo pensiero riassume al parte migliore e più sicura delle fonti patristiche (32).La dottrina dei Padri, forma dunque una barriera impenetrabile posta a difesa e protezione della vita del fanciullo. La Chiesa ve ne aggiunge una seconda. Per mettere sempre più al sicuro la vita e l'innocenza del fanciullo, stabilisce gravissime pene contro coloro che abusano della debolezza della giovane età.

Quella che è vissuta come l'eccessiva severità della Chiesa, sembra spiegarsi con il tempo e le circostante. I primi periodi del Cristianesimo, quando i neofiti uscirono dal paganesimo (dove ogni giorno erano stati testimoni dell'infanticidio), l'esposizione e l'abuso sessuale dei bambini dovevano essere considerate condotte da reprimere e perseguire penalmente con forza e decisione. Le innovazioni del Cristianesimo, pur rimanendo apparentemente entro la cerchia etica e religiosa, esercitarono una decisa influenza sull'ordine giuridico, animando a poco a poco di uno spirito evangelico le leggi civili, specialmente quando il Cristianesimo ottenne il riconoscimento ufficiale dallo Stato. Declina così lentamente l'assolutismo della patria potestas, che diviene paterna pietas. (33) Già alcuni imperatori romani, ancor prima di Costantino, avevano mitigato la precedente tradizione e normativa sui minori, apportando delle modifiche (34) che taluni attribuiscono in parte all'influsso del pensiero cristiano, anche se la religione di Cristo andava ancora sviluppandosi nelle catacombe.

Fu soprattutto Costantino Magno che pervase le sue leggi sull'infanzia di un sentimento di carità cristiana sconosciuto ai suoi predecessori. Per riabilitare il fanciullo, egli pone nel numero dei delitti sociali ogni attentato alla vita o alla libertà dei minori ed estese il castigo del parricida, al padre che uccide il proprio figlio. Ma l'imperatore andò oltre: per togliere ogni pretesto di vendere i figli, ordinò che i parenti poveri ricevessero alimenti dal tesoro pubblico:

Tutte le città d'Italia abbiano conoscenza di questa legge, che ha per oggetto di distogliere la mano dei genitori dal parricidio e di ispirare loro migliori sentimenti. Se dunque un padre e una madre hanno figli e per l'estrema indigenza non possono nutrire e vestire, il tesoro dell'impero ed il mio particolare vi provvedano senza ritardo, perchè i bisogni di un neonato sono troppo urgenti. (35)

La legislazione di Costantino in alcuni punti è ancora incerta e fluttuante, specialmente per quanto riguarda l'usanza di vendere e di esporre i fanciulli. (36)

Ma verrà compiuta e perfezionata dai suoi successori e il tempo man mano svilupperà le conseguenze pratiche dei suoi principi. (37) A questo sviluppo coopererà sempre la Chiesa invocando, spronando, suggerendo, diffondendo un'adeguata cultura di difesa e basandosi su nuovi principi giuridici che andavano modificando l'indirizzo di potere, presente nel diritto romano e barbaro. Se poi, nonostante le leggi divine e umane, genitori snaturati continuano ad abbandonare i propri figli, la Chiesa viene prontamente in loro soccorso allestendo asili, orfanotrofi che sorgono all'ombra dei suoi templi e dei monasteri. (38)


(27) P. Monni, L'Arcipelago della Vergogna. Turismo sessuale e pedofilia, Edizioni Universitarie Romane, 2001, p.101.

(28) A. Baudrillart, Moeurs paiennes et moeurs chretiennes, Cap. V, L'enfant paien, Librairie Bloud, Paris 1929, p. 259.

(29) M. Roberto, Cristianesimo e Diritto Romano, pag. 74, Università Cattolica S. Cuore, Milano, 1935.

(30) Barnaba Pseudo, Epistola, cap. XIX.

(31) Tertulliano, Apologetico, cap. IX, p. 63.

(32) Possidio, Vita di S. Agostino 439 d.C. in ed. critica A. Wilmart in Miscellanea Agost. 2, 161-208 (Agostino, nato nel 354, ricevette la consacrazione episcopale nel 395 e nel 397 divenne vescovo. Morì a Ippona nel 430 e fu presumibilmente sepolto nella Basilica pacis - la cattedrale - le sue ossa, in data incerta, furono trasportate in Sardegna e da qui, verso il 725, a Pavia nella Basilica di s. Pietro in Ciel d'Oro, dove riposano).

(33) In che cosa consistesse questa patria potestas, possiamo conoscerlo da Dionigi d'Alicarnasso, che visse in Roma attorno all'anno 30 a.C., e che ne dà una definizione assai interessante, mostrando che alla vigilia dell'Impero essa si manteneva quasi nella sua pienezza. La legislazione romana, dice egli in sostanza, ha concesso al padre ogni potere sul figlio, e questo per l'intera vita. Egli può, se vuole, metterlo in carcere, batterlo con le verghe, tenerlo incatenato ai lavori dei campi. Il diritto del padre di famiglia ha inizio con la nascita del bimbo. De Martino F., Famiglia (diritto romano), in: Nuovo Digesto Italiano, Vol. V. pag. 890.

(34) Traiano, Settimio Severo, Caracalla, stabiliscono leggi a tutela dell'infanzia. Il celebre giureconsulto Giulo Paolo, nel sec. III, assimila l'esposizione all'uccisione dei fanciulli. (Cfr. A. Baudrillart, Moeurs paiennes, pag. 151; Troplong, De l'influence du Christianisme sur le droi civil de Romains, Lacbette, Paris 1868.)

(35) Codex Theodosianus: De alimentis quae inopes parentes de publico petere debent, lib. XI, tit. XXVIII, p. 123. Questa legge del 315 fu poi estesa all'Africa nel 322.

(36) Gaume, op. cit, Vol. I, p. 291.

(37) Gaume, op. cit., Vol. II, p. 169; Cfr. Legge di Giustiniano del 553.