Credo che le restrizioni all’immigrazione siano un errore.
Si dovrebbe prendere esempio dalla politica tendenzialmente priva di limitazioni attuata negli USA fino alla metà degli anni ’20, è stato un esempio di lotta alla povertà unico nella storia.
Credo che una proposta del genere andrebbe accompagnata dalla modifica, o dall’abolizione delle leggi sul salario minimo in modo da non doverla applicare ai nuovi immigrati. Si potrebbe tendere in questo modo alla piena occupazione della nuova forza lavoro che si recherebbe nel nostro paese.
Molti dei nuovi immigrati sarebbero ovviamente poveri, porterebbero con loro un livello di istruzione, nutrizione e salute che scioccherebbe i nostri assistenti sociali, per lo standard a cui siamo abituati, vivrebbero nonostante tutto in condizioni che per loro rappresenterebbero già un miglioramento, per questa ragione sono disposti a lasciare il loro paese d’origine.
Un immigrazione senza restrizioni ci renderebbe tutti più ricchi.
Una donna che lavora ci guadagnerebbe molto a prendere una colf indiana pagata 200 dollari all’anno in India e dargliene diciamo 2000 all’anno,inoltre se contemporaneamente questa donna grazie alla colf potrebbe anche lavorare contribuendo insieme al marito, il guadagno per le famiglie sarebbe ancora maggiore.
A patto che gli immigrati paghino per ciò che usano non rendono il resto della società più povera.
Certo, i nuovi immigrati farebbero scendere il salario per i lavori non specializzati, andando a colpire alcune delle classi attualmente più povere, ma nello stesso tempo, la presenza di molti stranieri renderebbe anche il più elementare livello di cultura, come ad esempio la capacità ad esprimersi in italiano una competenza commerciabile.
Alcuni degli attuali lavoratori non specializzati potrebbero trovare impiego a capo di lavoratori stranieri o come rappresentanti di imprese composte da stranieri.
Oltre gli effetti economici possiamo notare effetti psicologici positivi che avrebbero gli immigrati sulle classi attualmente più povere, che non sarebbero più le ultime della lista.
Si darebbe in questo modo anche una spinta alla mobilità sociale.
Una volta che i nuovi cittadini avranno preso familiarità con la lingua e la cultura della loro nazione adottiva si introdurranno all’interno della classe media come fecero i loro predecessori di alcuni decenni fa negli USA.
La base della statua della libertà riporta questi versi:
Venite a me, voi stanchi, voi poveri,
voi miseri rifiuti delle vostre coste affollate,
Mandate a me i senza tetto, trascinati dalla tempesta;
Io sollevo la mia lampada accanto alla porta d’oro.

Ad essere onesti bisognerebbe rispedire in Francia la Statua della Libertà, o rimpiazzare i vecchi versi con nuove righe:
“America, questa riserva chiusa/Che gli sporchi stranieri non meritano”.
Oppure si possono aprire di nuovo le frontiere.

Benvenuto, benvenuto emigrante
Nel mio paese, benvenuto a casa tua.


Tratto da: David Fridman, L’ingranaggio della libertà, guida ad un capitalismo radicale. Liberilibri.