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    Predefinito L'Italia che vorrei (di Gino Salvi)

    L’Italia che vorrei … ma quale Italia vorrei? L’Italia che vorrei è come un diamante. Un diamante con molte facce. Tutte splendide e lucenti. Purtroppo questo diamante è ancora grezzo. Troppe facce sono ancora imperfette. E allora penso che è arrivata l’ora di rimboccarsi le maniche e di levigare e sagomare, con forza e con coraggio, con pazienza e con delicatezza. E qui la mia mente comincia a correre. Innanzitutto una nuova politica. Un cammino da percorrere. A testa alta. Rompendo gli schemi del politicamente corretto. Per ridare un futuro alla nostra comunità nazionale. Attualizzando idee, valori, principi, senza negarli per apparire più moderati agli occhi degli altri. Un progetto politico in cui “ci sia più destra”. In noi convivono un profondo radicamento con la storia e la tradizione del nostro popolo insieme con una volontà futurista di modernizzazione e di cambiamento. Affermare e attualizzare la nostra “visione del mondo”, riconciliando la Tradizione – come forma non statica ma bensì dinamica e che si sviluppa con il mutare delle civiltà – con la modernità, con il presente. Oggi proprio l’identità è il concetto vincente e necessario, a cui si legano la Libertà (concepita come concreto esercizio dei Diritti della persona, delle famiglie, delle comunità, dei popoli) e la Tecnica ( pensata in funzione della Vita e ponendo sempre al centro l’Uomo). Un progetto politico e culturale che governi e affronti la globalizzazione. Mettendo in grado il nostro sistema imprenditoriale e del lavoro di affrontare la globalzzazione senza venire meno alle tutele della salute e dell’ambiente come invece pretendono i dogmi neoliberisti. Capace di arginare il potere anonimo e senza volto delle grandi centrali finanziarie e multinazionali privi di legittimazione politica e democratica. Che metta al centro la sacralità della Vita e della Persona, da concepimento alla morte, con i suoi diritti e con la sua dignità. Che promuova la cultura della legalità e fornisca ai cittadini una giustizia rapida ed efficiente. Che rilanci la Famiglia, contrastando iniziative come i cosiddetti pacs o dico, introducendo un fisco a quoziente familiare, che riduca le tasse per i redditi medio bassi, che sono quotidianamente colpiti dalla perdita del potere d’acquisto, dall’incertezza del futuro, dall’instabilità permanente. Che contrasti l’idea materialista che vede il lavoro esclusivamente in ragione della sua funzione economica. Che riporti il lavoratore al centro dei processi economici e produttivi. Che incentivi tutte le forme di partecipazione del lavoratore al capitale d’impresa. Purtroppo in Italia abbiamo subito un processo d’involuzione riguardo ai Diritti principali dei cittadini e che tocca le fasce più deboli sempre più spinte verso il baratro della povertà ma anche quella classe media, che un tempo era benestante, ma che oggi si ritrova a combattere quotidianamente contro i rincari dei generi di prima necessità, contro l’usura bancaria (che colpisce i cittadini sotto forma di tassi d’interesse sempre crescenti) accompagnati dal congelamento dei salari e dallo scadimento del lavoro dalla flessibilità (che, nelle forme della Legge Biagi, alla quale sarebbe necessario affiancare proposte in tema di lavoro, casa, accesso al credito e tutele sociali, ha indubbiamente favorito l’accesso al lavoro per centinaia di migliaia di giovani) al precariato, che è fonte d’insicurezza e di frustrazione nella realizzazione delle proprie aspettative di vita se anziché caratterizzare soltanto una prima fase della vita lavorativa si trasforma in una regola per l’intera vita lavorativa. Che introduca il mutuo sociale (una proposta per il Diritto alla Casa, in base alla quale una residenza pubblica possa essere venduta ad un prezzo di costo, senza l’ausilio delle banche) e che abolisca l’ICI. Sì perché la casa significa Diritti, significa Famiglia, significa Indipendenza, significa Valori. Perché come afferma Ezra Pound “con Usura nessuno ha una solida casa di pietra”. Se il ministro Padoa Schioppa prendesse il metrò invece dell’auto blu vedrebbe i pensionati cercare qualcosa da mangiare tra i rifiuti dei mercati. Anziché offendere gratuitamente i giovani italiani chiamandolo con il termine spregiativo di “bamboccioni”. Con un ragionamento da tronista radical-chic. Forse il ministro vive su Marte, lontano anni luce dalle esigenze dell’Italia reale? E tutto ciò non può essere succube di tassi bancari (che sono a tutti gli effetti “usura legalizzata”). E tutto ciò è stato invece purtroppo svenduto dai nostri governanti alle caste degli speculatori che, attraverso operazioni di mercato hanno fatto in modo che i prezzi delle case e degli affitti diventassero proibitivi. Tutto questo nell’interesse di quello lobby che oggi governano l’Italia e l’Europa intera (e che, negli anni precedenti, come nel caso delle quote latte, hanno penalizzato la nostra agricoltura, che avrebbe, invece, necessità di una politica molto più attenta). Quelle stesse lobby che hanno acquistato le singole banche centrali nazionali andando poi a costituire la banca centrale europea, non come un organo supremo e sovrano che stampa la moneta confederativa ma bensì un ente nelle mani di gruppi economici che corrispondono ai fautori del “signoraggio”. E, cioè, il debito pubblico creato in modo immotivato con l’emissione delle banconote. Già il professor Giacinto Auriti denunciò il meccanismo attuale dello scambio di banconote in euro contro debito di Stato per cui ad arricchirsi sono in pochi a danno della finanza pubblica. Nell’Italia che io vorrei i frutti del “signoraggio” dovrebbero essere restituiti ai cittadini. Che garantisca agli anziani ed ai pensionati il Diritto, conquistato con una vita di lavoro, ad un’esistenza più serena senza essere schiavi dei “redditi da fame” e dell’inflazione. Che garantisca il diritto alla salute dei cittadini e delle famiglie, mettendo sempre al centro di questa riforma il cittadino e avendo come stella polare il principio dell’inclusione sociale. Che introduca un Fisco davvero redistributivo nei confronti delle categorie e dei ceti meno ricchi. Che sia un Fisco coerente e non farraginoso, equo e non punitivo. Che incentivi la piccola e media impresa e riduca le tasse Non dovrà essere un Fisco oppressivo e vessatorio nei confronti di ogni categoria imprenditoriale e professionale. L’unico risultato della politica fiscale del governo di sinistra è stato quello di aver depresso i consumi, scoraggiato gli investimenti e lo spirito d’impresa. Che introduca una forma di federalismo fiscale non penalizzante in base alla quale da un lato una parte del gettito resti sul territorio e dall’altro rilanciando lo sviluppo del Mezzogiorno e delle aree a minor sviluppo economico. Che valorizzi il settore produttivo pubblico, da affiancarsi alle iniziative e dagli investimenti privati. Un settore pubblico che non sarebbe un freno né al libero mercato né alla concorrenza ma che anzi avrebbe un valore strategico nella competizione globale. Che salvaguardi, tuteli difenda e sostenga l’Ambiente. Nel quadro di una politica ambientale che coniuga in sinergia la tutela della natura e lo sviluppo economico sostenibile in funzione di una migliore qualità di vita dell’uomo. Che risponda alla necessità d’infrastrutture e che combatte la dipendenza d’energia (per es. investendo sulle energie rinnovabili e riducendo le emissioni inquinanti). Superando la paralisi e la totale incapacità della sinistra a integrare ecologia e crescita, nel rispetto dell’ambiente e delle comunità locali. Che ponga l’accento sulla carenza di sicurezza, sull’intasamento della giustizia, sull’emergenza causata dalla diffusione della droga, sulla necessità del recupero del patrimonio culturale e ambientale e sulla riforma presidenziale. E che difenda l’interesse nazionale in relazione al contesto geopolitica europeo e mediterraneo in cui l’Italia è inserita. Quindi identità italiana ed europea, ma con un sistema di valori che si richiami più all’Europa di Drieu La Rochelle che non a quella di Trichet. Lo stesso Tremonti ha sottolineato che i nostri valori “non sono quelli dei banchieri centrali, ma quelli dei nostri padri spirituali”. Fuggendo l’idea cha la Vita possa ridursi al mercato. Proprio quell’ideologia mercatista che rappresenta la sintesi aberrante del meccanicismo marxista con certo liberismo materialista.
    Ecco questa è l’Italia che vorrei. Questa è la politica che vorrei. Vorrei … è un condizionale, vorrei che fosse un “condizionale possibile”.
    Fonte: http://ginosalvi.blogspot.com/

  2. #2
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  3. #3
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    Caro Gino, l'Italia che vorresti NON e' quella di Berlusconi...

 

 

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