Originariamente Scritto da
murachelli
Poiché l'articolo 57 della Costituzione prevede che la camera alta venga eletta su base regionale, si stabilì di assegnare un premio di maggioranza su base regionale. Un nonsense giuridico: come hanno dimostrato alcuni ricercatori simulando i risultati possibili, l'esito finale dell'elezione diventa completamente indipendente dai voti ottenuti dai partiti. Vale la pena di ricordare che mentre alla Camera, eletta da tutti i cittadini maggiorenni, nel 2006 vinse l'Unione per quasi 100mila voti (ai 25mila di cui spesso si parla vanno aggiunti gli italiani all'estero e gli elettori della Val d'Aosta che però non contano per l'attribuzione del premio), al Senato (eletto solo dagli elettori ultraventicinquenni) fu il centrodestra a prevalere, con circa 300mila voti di scarto. Se il premio di maggioranza fosse stato "razionalmente" assegnato su base nazionale, nel 2006 ci saremmo trovati in una fase di stallo politico.
Cosa che comunque probabilmente accadrà ad aprile: sebbene, a fortiori, anche al Senato Berlusconi conquisterà la maggioranza dei voti, il bislacco meccanismo elettorale che il centrodestra approvò nella scorsa legislatura lo penalizzerà irrimediabilmente. In ciascuna regione infatti la legge prevede che la coalizione che raccoglie il maggior numero di voti ottenga il 55% dei seggi, mentre il restante 45% viene distribuito fra gli altri, che però devono superare (su base regionale) la soglia dell'8% per essere ammessi al riparto. Naturalmente, se si supera il 55% dei voti, ci si accaparra il corrispondente numero di seggi.
L'altra volta Udc, Destra e vari spezzoni centristi (che oggi corrono da soli) contribuivano a rimpolpare le fila dei senatori di destra perché in alcune regioni, oltre al 55%, riuscivano a ottenere qualche seggio in più. Esempio pratico: in Lombardia (dove sono in palio 47 seggi), il premio di maggioranza assegna 26 seggi, e con quasi il 57% dei voti, il polo ne ottenne 27. Risultato che, senza l'Udc e gli altri, difficilmente il Pdl riuscirà ad eguagliare (anche se vincerà comunque il premio): quindi -1 seggio.
Un effetto ancora più interessante si osserverà nelle cosiddette "regioni rosse": lì la situazione è ribaltata, e pur senza la sinistra, sarà Veltroni ad accaparrarsi il premio (che per esempio in Emilia corrisponde a 12 seggi). Ma stavolta i 9 seggi rimanenti (che l'altra volta finirono a Berlusconi), andranno ripartiti con la Sinistra Arcobaleno che in quelle regioni verosimilmente supererà la soglia di sbarramento. Risultato: - 3 seggi per il Pdl. Sulla base dei risultati del 2006, e delle tendenze di voto, una cosa analoga potrebbe succedere anche in Toscana, Marche, Umbria, Abruzzo e Basilicata. Naturalmente lo stesso discorso vale a parti invertite per l'Udc, che, nelle regioni dove dovesse superare la soglia dell'8%, ruberebbe senatori al Pd.
Dati alla mano, Berlusconi potrebbe vincere in Campania (ottenendo +4 seggi) e forse in Liguria, Sardegna e Calabria, ottenendo al massimo un totale di altri 4 senatori in più. Per quanto riguarda i senatori all'estero, anche se è un po' azzardato fare previsioni, si potrebbe ipotizzare un 3 a 3 per ciascuno dei due partiti principali (questi senatori vengono eletti uno per collegio estero, dunque con un sistema maggioritario uninominale). Se questo fosse il risultato, sarebbe un +2 per Berlusconi. Nelle altre regioni "azzurre" rimarrà tutto invariato: Berlusconi anche senza Udc vincerà e si aggiudicherà il premio, né più né meno che nel 2006.
In Valle d'Aosta (un solo senatore) e il Trentino Alto Adige (6 seggi) il sistema è uninominale secco, mentre in Molise in palio ci sono soli 2 seggi: in pratica 1 a testa per il Pd e il Pdl. Neanche in questi casi Berlusconi può sperare di ribaltare la situazione.
La somma di tutti questi effetti fa sì che il Pdl ottiene, nell'ipotesi più probabile, 154 seggi, e in quella più ottimistica, cioè se vincesse in tutte le regioni in bilico, al massimo 159 seggi. Cioè 1 solo voto più della maggioranza, esattamente come il governo Prodi. Di sicuro, non un bel vivere.
La conclusione paradossale è quella di ribaltare il concetto di voto utile: tante più sono le regioni in cui la Sinistra Arcobaleno sfonda la soglia dell'8%, tanto più viene danneggiato il Pdl, a maggior ragione dove il Pd prende il premio di maggioranza. Lo stesso vale per l'Udc, rispetto al Pd: ma siccome ciò accadrà in meno regioni, il quadro per Berlusconi non è roseo. Proprio come la manciata di pensionati in Florida che ha contato molto più di tutti gli altri nelle elezioni americane del 2000, l'ultima parola sulla maggioranza al Senato della prossima legislatura sta al disoccupato di Soverato, al minatore di Iglesias o al montanaro di Pergine in Valsugana più che a un abitante di Milano o Roma.
Walter non lo dice, ma lo sa: le speranze che il Pd vinca al Senato sono ben poche. Ma neppure il baldanzoso Berlusconi ce la farà. Si apriranno le porte a un governo delle larghe intese, quello che Berlusconi ha respinto un mese fa? Forse. Con equilibri diversi, però.
E se Pierferdinando Casini e la Rosa Bianca, che sperano di ritagliarsi uno spazio per i futuri equilibri, si fossero sbagliati non riuscissero a ottenere neppure un senatore? Allora sì che le cose sarebbero interessanti: al Senato ci sarebbero sostanzialmente gli stessi numeri di oggi. Una (esigua) maggioranza Pd + Sinistra arcobaleno + senatori a vita. Senza Dini e Mastella però.
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