Le problematiche della Queen / Euro 2000

continuano a passare nel silenzio più assoluto.


Nel lacerato sistema economico della Sardigna, degli svariati piani di rinascita e rilancio occupazionale che continuano a fallire continuamente, fra le tante promesse dei vari governi sardi e italiani che si sono alternati negli ultimi trent’anni, esistono alcune realtà in cui, con la complicità dei sindacati confederati, è stata instaurata una “finta crisi produttiva”, tanto da giustificare la “mobilità”, la “cassa integrazione” e il licenziamento di centinaia di operai. In questo spazio vogliamo evidenziare i problemi dei lavoratori del calzificio Queen S.p.A. di Macomer,

La Queen nasce nel 1994 nella Zona Industriale di Toxilo e, come le tante altre fabbriche installate in Sardigna, ha usufruito di finanziamenti pubblici a favore di imprenditori del nord-Italia, che come tali non sono certo interessati a risolvere i problemi occupazionali della nostra terra, ma sono bene lieti di sfruttare, con l’avallo di sindacalisti, politici vari e governanti di turno, la possibilità di incrementare i propri profitti con contributi a fondo perduto e finanziamenti a tasso super agevolato.

La Queen assume inizialmente circa 250 operai, provenienti da Macomer e dai paesi del circondario, Borore, Bortigali, Silanus, Sindia etc. L’azienda fa capo al Calzificio REAL, con sede a Castel Goffredo (Mantova), (definito polo mondiale della calzetteria), dove attualmente rimangono solo gli uffici amministrativi, mentre la produzione è stata trasferita negli impianti periferici e inizialmente soprattutto in Sardigna (sarà a causa dei contributi di cui parlavamo prima??).

La Queen dimostra sin da subito di essere competitiva nella giungla del mercato mondiale della produzione di collant e altro abbigliamento intimo, per conto di terzi, forte del fatto che possiede macchinari modernissimi, oltre le tante commesse importanti (Private – Label) derivanti dall’esperienza produttiva mantovana.

Dall’avvio della produzione e fino alla fine degli anni ‘90 sia la linea produttiva che i rapporti con le maestranze sembrava andassero nel migliore dei modi. Nel 1999, nasce da una costola della Queen S.p.A., la Soc. Euro 2000 S.r.l. con sede legale e impianti di produzione sempre nella Zona Industriale di Toxilo. Quest’ultima assume operai specializzati per ottenere contributi a fondo perduto. Questi operai sono gli stessi dimissionari della Queen che vengono riassunti dalla Euro 2000. Chiaramente gli operai venuti meno alla prima azienda non vengono rimpiazzati con nuove assunzioni. E’ il periodo in cui si manifestano i primi sintomi di malessere tra i lavoratori, fra chi accetta e chi non condivide la politica aziendale. Vengono interpellati i sindacati che “chiaramente” chiedono di avallare le richieste dell’azienda per consentire la continuità lavorativa. Negli stessi anni il Calzificio REAL impianta un grosso stabilimento in Brasile destinato a coprire una area di 20.000 mq. e l’occupazione di circa 400 operai. La REAL fa il suo ingresso nel mercato globale con l’intento di concentrare la produzione in paesi con un basso costo di mano d’opera. Arriviamo al 2005, sono passati oltre cinque anni dalla nascita della Euro 2000 e oltre dieci dalla nascita della Queen, gli impegni assunti con la regione sarda per i contributi ricevuti sono scaduti. Si manifesta la prima crisi. All’interno della Queen, viene smantellato il reparto “boodyficio”, gli operai vengono smistati in altri reparti e gli vengono assegnati compiti diversi da quelli svolti fino al giorno prima.

In maniera subdola all’inizio, in modo più evidente poi, inizia a manifestarsi il caporalato all’interno dei reparti. Viene sollevato il livello delle quote di produzione che gli operai devono raggiungere quotidianamente, si lavora al gelo d’inverno e con temperature di +40° d’estate. Le ferie, per molti lavoratori, cominciano ad essere assegnate a discrezione dell’azienda. Vengono controllati i tempi di permanenza nei bagni e cronometrate le soste per bere dell’acqua. Con un accordo tra sindacato e azienda, senza il preventivo consenso dei lavoratori, viene instaurato il lavoro obbligatorio il Sabato. I turni sono di otto ore con mezz’ora di sosta. Lo stipendio medio si aggira intorno agli 880 euro mensili per 40 ore lavorative la settimana e negli ultimi tempi è diventata prassi che venga depositato con una media di due settimane di ritardo.

In questo contesto i proprietari della fabbrica lamentano ai sindacati un elevato tasso di assenteismo. La politica del Sig. CASELLA, proprietario, e del Sig. TORRI, direttore, è chiara! Pretendono la riduzione del personale nonostante ci siano le commesse e nonostante queste ultime vengano puntualmente onorate. Si viene a sapere infatti che, dopo lo smantellamento del reparto boodyficio, è intenzione del Calzificio REAL esportare i macchinari in Serbia, dove nel contempo e stato installato un grosso stabilimento (altri contributi, mano d’opera a bassissimo costo, lo stipendio medio di un operaio si aggira intorno ai 150 euro, più profitti per la proprietà).

I sindacati non muovono un dito nonostante le richieste di intervento fatte da una parte degli operai. La Sig.ra RAU, assessore regionale all’Industria, da parte sua avalla in pieno le menzogne dell’azienda accusando una “finta crisi” dovuta all’elevato tasso di assenteismo. Ad Aprile del 2006 vengono mandati in cassa integrazione circa 70 operai, scelti fra “assenteisti” con problemi di salute, madri con figli piccoli e chi, dall’inizio della manovra ha chiesto chiarimenti sul perché?? E per cosa??

Solo a Gennaio 2007 è stata convocata una assemblea tra lavoratori e sindacati, estendendo l’invito ai sindaci del territorio (presentatisi solo in 3), per ottenere risposte concrete dall’azienda che ha annunciato di volere dimezzare il personale entro Ottobre 2007.

Queste le parole di un lavoratore riguardo ai criteri utilizzati dai vertici aziendali nella “scelta” di coloro da mettere in mobilità: “sono uno dei 100 messi in mobilità, sono padre di *** figli e a nessuno è interessato niente. La Ditta con i sindacati hanno fatto come hanno voluto eliminando le persone a loro non care. L'industria in generale ma soprattutto il tessile in Sardegna sta andando a rotoli per vari motivi. Ma nel calzificio Queen di Macomer i suoi amministratori fanno ricadere le problematiche sui lavoratori accusandoli di assenteismo.Da circa un anno e mezzo 150 lavoratori su 300 vanno in cassa integrazione. In tutto questo tempo la direzione della Queen ha usato la cassa a suo piacimento malgrado ci sia un accordo firmato dall'assessorato del lavoro che prevede la rotazione reparto per reparto, non hanno mai fornito gli elenchi dei lavoratori in cassa poichè sostengono di possedere la fantomatica lettera dell'Authority sulla Privacy che lo vieta.
Succede che hanno sempre mandato in cassa i presunti assenteisti nonché quei lavoratori che non accettavano le imposizioni, chi chiede un giorno di ferie e chi chiede permessi per assistere i propri figli o i propri parenti invalidi.
L'azienda ha avuto un programma ben stabilito e soprattutto mirato a tenere le persone a lei gradite e sopratutto senza figli che gli creerebbero disaggi. Con questo metodo di operare ha creato un clima di paura e oggi i dipendenti accettano qualsiasi proposta della direzione.
Accettano tutto: lavoro domenicale, straordinario in maniera smisurata (anche con la gente in cassa integrazione). Chi si rifiuta viene tassativamente mandato in cassa integrazione. Sembrerebbe che siamo in Cina ..... no siamo in Italia ma sopratutto in Sardegna.
L'assenteismo ventilato dalla direzione non corrisponde a verità, infatti la stragrande maggioranza delle donne presenti ha una età da 25 a 35 anni, assumendole 15 anni fà quando avevano 20 anni era presumibile che ora si creino una famiglia con dei figli e che capiti quindi che chiedano la maternità/allattamento-ferie e permessi vari,comunque diritti. Ora la cassa integrazione è finita e l'Azienda ha mandato in mobilità 100 operai..... indovinate chi potrebbero essere .
Tutti padri e madri di famiglia senza ritegno e infischiandosene della legge. Addirittura gente in Maternità, invalidi ecc.ecc. Per questo chiediamo AIUTO..... non sappiamo più a chi chiederlo.....Abbiamo mandato email ai vari assessorati che non ci hanno degnato neanche di una risposta. Il livello di sopportazione ormai è alto.
Purtroppo 100 persone dovranno andare in mobilità ma noi che abbiamo figli dobbiamo essere un po' tutelati ma non ci aiuta nessuno.
MA I FIGLI NON DOVEVANO ESSERE IL NOSTRO FUTURO??? PER ORA CE LO STANNO TOGLIENDO.

Ad ottobre del 2007, così come “promesso” dall’azienda, 100 lavoratori sono stati collocati in mobilità per due anni, dopodichè per loro si prospeterà lo spettro del licenziamento. Nei due anni di mobilità la retribuzione mensile prevista sarà ridotta del 30% rispetto allo sitpendio normale per il 1° anno, quindi parliamo di circa 615 euro, del 50% per il 2° anno, ovvero circa 440 euro. Somme che non permettono assoluttamente di mantenere un nucleo familiare.

Trentacinque dei cento lavoratori collocati in mobilità sono stati assunti dalla società tessile francese ALSAFIL, che ha acquistato dalla QUEEN i reparti di torcitura e spiralatura. A questi 35 lavoratori è stato offerto un contratto a tempo determinato della durata di un anno a fronte del precedente contratto a tempo indeterminato che avevano con la precedente proprietà.

Queste le dichiarazioni dell’assessore regionale all’Industria, Concetta Rau, riguardo le “intenzioni” della Regione verso i nuovi proprietari: “Quello delle industrie della Sardegna centrale è uno dei maggiori problemi per la regione e ha la massima priorità. Per ciò che riguarda il tessile c’è una tradizione e va mantenuta: l’azienda deve presentare un piano industriale credibile e la regione offrirà tutto il supporto possibile. Nel frattempo - ha concluso - per il rilancio dell’area abbiamo aperti i progetti integrati e i Pia. Per i progetti integrati per le imprese la regione sta mettendo più di 200 milioni di euro e se le cose vanno bene potrebbe far convergere anche le risorse del Por 2007-2013”. Tradotto in soldoni significa: per evitare ulteriore disoccupazione siamo disposti a concedere copiosi contributi (milioni di euro!) a quelle aziende che si accolano per un certo periodo (non definito, naturalmente) la sorte degli operai in mobilità. Su tutta questa vicenda c’è poi da registrare la voce circolante tra gli operai, che non siamo in grado purtroppo di dimostrare, circa i reali titolari dell’azienda ALSAFIL (i vecchi soci di CASELLA??)

Per quanto riguarda la QUEEN rimangono al lavoro circa 180 operai tessili (mentre in Serbia sono attualmente occupati circa 350 operai).

A febbraio 2008 l’azienda ha richiesto per circa 150 operai, quindi per la quasi totalità, la cassa integrazione a rotazione per una settimana al mese per sei mesi. L’azienda continua a giustificare questa richiesta con la “favola” del calo di commesse ma la realtà è che ormai la maggior parte delle lavorazioni, cucitura e confezione soprattutto, è stata trasferita in Serbia. Come se ciò non bastasse, qualche settimana fa, un’intera fila di macchinari del reparto tessitura è stata impacchettata e trasferita nello stabilimento REAL di Mantova (che ci si stia preparando per un’altra spedizione di macchinari verso la Serbia?). A questo si deve aggiungere il clima tesissimo che si respira all’interno della fabbrica con le continue minacce di ulteriori 50 richieste di mobilità che si aggiungono alle tradizionali angherie: autorizzazione per poter andare in bagno; bagni dotati di un segnalatore luminoso a tempo che segnala quanto il dipendente si “trattiene” e che si spegne dopo tre minuti; lavoratori che, successivamente ad un periodo di malattia o di assenza per assistenza familiari (madri che si assentano per malattie dei propri bambini, così come previsto dalla legge), vengono, al loro ritorno, convocati nell’ufficio del direttore, sig. Celso Torri, e “velatamente” minacciati; etc.

Negli ultimi giorni il clima è ulteriormente peggiorato, l’azienda ha unilateralmente aumentato le quote di produttività di circa 1000 pezzi al giorno per operaio, indipendentemente dal tipo e dalla difficoltà di ogni singolo articolo lavorato. Inoltre da lunedì 10 marzo l’intero reparto confezione verrà collocato in cassa integrazione per due settimane, mentre parte del reparto cucitura per una settimana.

Nonostante questa situazione di perenne crisi i sindacati presenti in azienda (CGIL, CISL e UIL) continuano nel loro atteggiamento supino nei confronti dei vertici aziendali. La cosa sicuramente più clamorosa e indicativa dell’assoluta inefficienza dell’azione sindacale è che durante il periodo di crisi per l’annunciata mobilità per 100 operai (l’azienda ne ha cominciato a parlare a partire da settembre 2006) fino a ottobre 2007, data del collocamento in mobilità NON UN’ORA DI SCIOPERO È STATA DICHIARATA DAI SINDACATI!!!

I LAVORATORI HANNO CONTINUATO A SENTIRE LA SOLITA, VERGOGNOSA, CANTILENA: “OCCORRE SALVARE IL SALVABILE!”

Anche in questo caso tralasciamo, in quanto difficilmente dimostrabili, l’approffondimento circa le voci interne su frequenti cene tra vertici aziendali e rappresentanti sindacali.

Le problematiche della Queen / Euro 2000

continuano a passare nel silenzio più assoluto.


LA REGIONE SARDA (OLTRE A ELARGIRE DENARO, FRUTTO DELLE TASSE PAGATE DAI SARDI, SENZA RICHIEDERE IN CAMBIO GARANZIE VINCOLANTI DA PARTE DELLA PROPRIETÀ), I RAPPRESENTANTI ISTITUZIONALI DEL TERRITORIO (SINDACI E PROVINCIA) MA SOPRATTUTTO IL SINDACATO COSA FANNO PER TUTELARE I LAVORATORI?