Il responsabile lavoro del Prc: il programma democratico racconta favole per preparare il terreno all'unità nazionale Zipponi: «Vecchie di trent'anni
le ricette economico-sociali del Pd»
Maurizio Zipponi Foto Fogarolo/Infophoto
Romina Velchi

«Con noi l'Italia rivivrà il boom degli anni '60». Veltroni, evidentemente, crede nei miracoli. Perché, al contrario, la situazione economica generale che si prospetta per i prossimi mesi-anni ha un nome ben poco rassicurante: recessione. E ben difficilmente l'Italia potrà sfuggirvi, altro che boom. Quindi Veltroni crede nei miracoli. O è in malafede. Ma le bugie che il programma elettorale del Pd racconta in materia di economia e lavoro saranno presto svelate. «Se c'è una cosa che l'esperienza con l'Unione ci ha insegnato - spiega, infatti, Maurizio Zipponi, responsabile economia e lavoro del Prc - è che un programma deve reggere non solo durante la campagna elettorale, ma soprattutto dopo. E' dopo che emerge ciò che è serio e ciò che, invece, è pura propaganda».
Senza aspettare il 14 aprile, però, già si può alzare il velo sulla «disonestà intellettuale» sulla quale sono costruite le proposte economiche del Partito democratico. Intanto, spiega Zipponi, «il programma del Pd è continuamente aggiornato sulla base delle candidature: prima Ichino, poi Colaninno, poi Calearo. Sono nomi che hanno un peso su quello che farà il Pd; che valgono più delle chiacchiere scritte sul programma». Ciò premesso, la critica del responsabile lavoro del Prc parte da una constatazione: la totale assenza di un'analisi dell'andamento reale dell'economia.
Sarebbe a dire?
Il Pd non si pone minimamente il problema del ruolo dello stato nell'assumere i grandi indirizzi economici, nel momento in cui l'economia globale sta correndo «verso il baratro». Si parla di crescita economica; si dice testualmente «miracolo». Ma basta leggere l'analisi di Nouriel Roubini, economista dell'università di New York, per capire che non ci sarà nessun miracolo. Roubini spiega molto bene che la crisi Usa dei mutui subprime è solo l'inizio e che «non è da escludere» la bancarotta di «alcune importanti banche», con un'«ondata di stretta creditizia» (che avrà per forza riflessi sull'economia) e un effetto a cascata sui mercati azionari globali. A ciò si devono aggiungere quotazioni oltre i cento dollari al barile del petrolio, dal quale l'economia italiana dipende per l'85%. Queste due circostanze combinate porteranno il nostro paese a vivere la più grave crisi economica dagli anni '70. Ebbene, di tutto ciò non c'è traccia nel programma del Pd.
Berlusconi, invece, sembra averlo ben presente se pensa ad un governo Draghi «per fare le riforme e affrontare l'emergenza economica».
Preferisco parlare di Tremonti, che ci capisce (non a caso sta facendo uscire adesso il suo libro contro la globalizzazione). L'ex ministro dice che il «carovita è solo l'inizio» della fine. Cito: «E' finita l'età dell'oro», «è finita la fiaba del progresso continuo e gratuito», «sta arrivando il tempo di ferro», dove «il superfluo costa assurdamente meno del necessario». Insomma, in qualsiasi seria politica contano i punti di partenza. Poi la destra darà una risposta, la sinistra un'altra. E il Pd? Nulla. Nel programma Veltroni si dà come obiettivo quello di ridurre il debito sul Pil dall'attuale 105% al 90%: qualcosa come 230 miliardi di euro. Sai cosa significa? Significa (e non è una battuta) vendere il Colosseo ai giapponesi, sennò quella cifra è irraggiungibile. Non per nulla lo stesso Tremonti e altri economisti propongono di stabilizzare il debito.
Che è quello che chiedevamo noi in occasione della prima finanziaria Prodi, che invece era tutta ansiosamente protesa a ridurre il debito.
E lo dicevamo in un anno di crescita! Figuriamoci ora che stiamo entrando in un periodo di stagnazione.
E allora?
Allora, il piano economico/sociale del Pd non ha in sé i presupposti di quello che sta accadendo. Anche perché si basa su testi scolastici di vent'anni fa, che propongono la vecchia ricetta delle privatizzazioni (e poi accusano noi di essere fermi al 1953!). Peccato che chi quelle ricette le ha messe in pratica vent'anni fa (la gran Bretagna, per esempio) oggi stia rinazionalizzando le banche, che è il massimo dello statalismo! E la Francia di Sarkozy sostiene tutte le sue multinazionali. Insomma, stanno mettendo in pratica una dimensione dell'intervento dello stato in economia all'altezza dei problemi che stanno arrivando. E il Pd parla di miracoli. Ora, non penso che siano imbecilli...
Dunque sono in malafede?
Beh, mettiamola così. Fanno finta di niente, così, quando arriverà lo choc economico, lo useranno come scusa per il governo di unità nazionale. Diranno: noi mai insieme con Berlusconi; però siamo costretti da un fattore esterno... La disonestà intelletuale sta nel fatto che la crisi economica è già in atto; non è qualcosa che capita "dopo" le elezioni.
Ma unità nazionale per fare cosa?
E' l'unico strumento possibile per Confindustria per: abrogare i contratti nazionali; abolire l'articolo 18 e parti fondamentali dello statuto dei lavoratori; attaccare l'idea del sindacato generale per riportarlo ad un mero ruolo corporativo/aziendale. E spiace che le confederazioni non se ne accorgano. Quando si parla di contrattazione aziendale, è disonesto non ricordare che essa riguarda meno del 30% dei lavoratori e il 10% delle aziende. Premiando questi, non fai che penalizzare ulteriormente gli altri, introducendo elementi neocorporativi che colpiscono il cuore del sindacato.
Però, il Pd fa una proposta concreta per combattere la precarietà.
Anche lì: il programma sociale si basa sul patto tra produttori, che è un'idea vecchia di 30 anni, anzi per la precisione 34 (qualcuno si ricorda della "politica dell'Eur", "dei sacrifi", lo choc energetico?), pensa che novità! Ma restiamo al concreto. Si dice: daremo mille euro ai precari. Io sono puntiglioso, e allora domando: a chi li danno questi soldi? Quanto costa? Chi paga?
E qual è la risposta?
La figura indicata nel programma è il «collaboratore economicamente dipendente». Peccato che, nonostante i 42 tipi di contratto vigenti nel nostro paese, questa figura non esista! Quindi dopo le elezioni, a ricevere questi soldi saranno: uno, nessuno, centomila. Per non dire che si prevede di precarizzare ulteriormente l'ingresso nel mondo del lavoro allungando il periodo di prova (quello nel quale il lavoratore non ha alcun diritto) e incentivando il periodo di apprendistato. La Sinistra Arcobaleno più concretamente dice, invece, che dopo 36 mesi (anche non continuativi) presso lo stesso datore di lavoro scatta l'assunzione a tempo indeterminato e stabilisce un minimo orario di 8 euro l'ora, che netti, in base ai contratti attuali, fanno circa mille euro al mese. Altro che favole! Inoltre, noi proponiamo il reddito sociale di 8.500 euro l'anno per coloro che hanno una situazione lavorativa instabile (circa 4 milioni di persone), più un bonus di 2.500 euro annui per accedere a servizi di mobilità e conoscenza (trasporti, acquisto di libri, ecc). La differenza tra noi e il Pd è che noi diciamo dove prendiamo i soldi (tra l'altro: rendite al 20%, penalità monetarie alle aziende che violano i contratti nazionali), loro no. Tanto è vero che entro questa settimana presenteremo una proposta di legge. E le chiacchiere stanno a zero.
A proposito di chiacchiere, il Pd esulta per la vittoria di Zapatero. Non c'è una contraddizione?
La contraddizione c'è ed è vistosa. Basta pensare che Zapatero ha vinto le elezioni rivendicando la propria autonomia dai poteri ecclesiastici in tema di diritti e dai poteri economici in tema di precarietà. Il leader spagnolo dice che dopo 36 mesi di precariato, il lavoratore deve essere stabilizzato, sia nel pubblico che nel privato. Esattamente quello che proponiamo noi, mentre Veltroni propone di allungare il periodo di prova e quello di apprendistato: cioè l'esatto contrario.
Insomma, il programma economico/sociale del Pd è vago e vecchio. Ma a chi fa gioco, a Confindustria?
Parliamo di lobby confindustriale, perché Confindustria non rappresenta tutto il mondo delle imprese, ma 4 o 5 grandi famiglie, che hanno lanciato un'Opa sul Pd. Il decalogo di Montezemolo, in realtà, si può riassumere in un punto solo: difendere la Casta, quella vera, che permette al presidente della Fiat di guadagnare 500 volte più di un suo operaio. Con il che le grandi novità di Veltroni si rovescano nel loro contrario: conservazione. Conservazione di privilegi e di ricchezze. Noi, invece, che abbiamo mantenuto una grande autonomia dalle imprese, ai signori Montezemolo e Calearo chiediamo: quali sono i successi imprenditoriali che avete raggiunto? Cosa avete fatto con Telecom, Cirio, Parmalat, Alitalia? Quanti brevetti internazionali avete conquistato? Quante aziende estere avete acquistato (e quante aziende italiane sono state acquistate all'estero?). In 10 anni un miliardo di persone è passato dall'economia rurale a quella industriale: è il più grande processo di industrializzazione. Per controllare questa enorme massa di operai, gli imprenditori hanno bisogno di attaccare lo statuto dei lavoratori, di abolire i contratti, di controllare la conoscenza, le fonti energetiche, le reti di comunicazione. Guarda caso, nel programma del Pd è strategica la privatizzazione della rete gas, una cosa che Francia e Germania hanno detto che non faranno mai, perché le grandi reti di comunicazione e di energia sono un punto di competizione del sistema solo se non sono luogo di speculazione dei privati. Insomma, gli imprenditori si muovono con una logica ben precisa. Occorre capire questo, sennò restano solo le categorie morali. E con queste non si va molto lontano.
Marx insegna...
Zipponi sorride.


11/03/2008


www.liberazione.it , pagina 6

bell'intervista, non c'è che dire.