BERLINO
Sarebbe dovuto essere un esperimento breve. Un solo giorno. Il tempo necessario per aiutare gli studenti a trovare la risposta a quella domanda così opprimente: come hanno fatto tanti tedeschi, dopo il 1945, a dichiarare di non sapere nulla dei campi di concentramento, dei forni crematori, dell'Olocausto? Una domanda che Ron Jones si sentì rivolgere un lunedì d'aprile del 1967 da un alunno della Cubberley High School di Palo Alto, in California. Jones era al suo primo anno di insegnamento. Non aveva idea di cosa ribattere. E così decise di mettere in piedi un test: trasformare la sua classe in un movimento basato su ordine e disciplina. Una sorta di Germania nazista tra le pareti di un'aula scolastica.
Partì da un semplice comando: gli studenti dovevano assumere una nuova posizione, seduti, le braccia incrociate dietro la schiena, i piedi perfettamente paralleli, la testa in avanti. Poi ne diede altri due: non chiamarlo più Ron ma «Mister Jones» e non dare risposte più lunghe di tre parole. La reazione fu sorprendente: i ragazzi obbedivano. Così il docente andò avanti. Tracciò alla lavagna i nuovi slogan del movimento: «Forza attraverso la disciplina», «Forza attraverso la comunità», «Forza attraverso l'azione». Decise poi che era necessario trovare un nome e un simbolo. Scelse «The Third Wave», «La terza onda», chiara allusione al Terzo Reich. Creò delle tessere d'iscrizione e incaricò tre ragazzi a caso di denunciare chi si sottraeva alle regole. Infine invitò gli studenti a indossare una sorta di uniforme, jeans e camicia bianca, e a salutarsi mimando un'onda col braccio destro. Il tutto senza mai ricevere una sola obiezione. Anzi.
All'inizio del terzo giorno, in classe, Mister Jones trovò 43 persone, 13 più del normale. A fine giornata gli aderenti erano diventati 200 in tutta la scuola. Persino il preside iniziò a salutare il docente mimando un'onda. Era la prova che l'esperimento iniziava a sfuggirgli di mano: i delatori si moltiplicavano, i pochi che avanzavano dubbi venivano emarginati e intimoriti. Al quinto giorno, un venerdì, Mister Jones decise che era tempo di porre fine al test. «Siete stati manipolati: non siete migliori o peggiori dei nazisti tedeschi che abbiamo studiato», gridò in un’aula magna stracolma e come pendente dalle sue labbra.
Quella vicenda, alla base di un fortunato romanzo scritto nel 1981 da Morton Rhue, arriva oggi sul grande schermo in Germania. «Die Welle», un film girato da Dennis Gansel, riprende la storia vera di Palo Alto e la attualizza, trasferendola in un liceo di una grande città tedesca. Mister Jones diventa Rainer Wenger, un ex anarchico che in passato aveva occupato una casa nel quartiere di Kreuzberg a Berlino. A interpretarlo è Jürgen Vogel, vincitore nel 2006 alla Berlinale dell'Orso d'argento per il miglior contributo artistico con «Der freie Wille» (Il libero arbitrio). Ai tempi di internet, gli studenti aprono un sito e un blog su MySpace. Al cinema, però, la conclusione della storia reale si rivela poco spettacolare e così il discorso nell'aula magna lascia il posto a un crudele massacro finale.
Resta, invece, la domanda di fondo: «Siete sicuri che una dittatura oggi non sarebbe possibile?». La stessa con cui si apre il film, che è riuscito già a ritagliarsi ampio spazio sulla stampa tedesca. La pellicola giunge in un momento particolare: da pochi giorni è uscita in Germania la traduzione di «Le benevole» di Jonathan Littell. Sebbene accolto freddamente dalla critica, il romanzo, che racconta la storia di un carnefice nazista, ha riaperto il dibattito sulle responsabilità nell'ascesa del nazionalsocialismo e nella Soluzione Finale. « Spiegel» di questa settimana ha dedicato la copertina e un lungo servizio interno alla questione del perché tanti tedeschi si trasformarono in assassini. «Die Welle» prova, a modo suo, a svelare quei meccanismi di manipolazione collettiva.
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