«Ho chiuso con la politica italiana», ha dettato domenica Romano Prodi, e la politica italiana non rimpiangerà questi trent'anni. L’idea che Prodi si ritiri dalla vita politica è patetica, ma significativa. Fallito per la seconda volta, rinnegato dai suoi, dimenticato da chi gli fu vice, con Prodi esce di scena l’interprete, a sinistra, della coalizione disomogenea, quella del “tutti contro gli altri”. Prodi è stato ministro nel 1978, da più di trent’anni calca la scena politica,si propone alla Seconda - e magari alla Terza - Repubblica, quando è figlio prediletto della degenerazione della Prima. Deve questa straordinaria resistenza, oltre alla buona stella che lo assiste, anche alla tenacia fuori dal comune, alla determinazione, oltre che ad un gran tempismo e, soprattutto, alle ambizioni. Eppure - sarà per quell’aria apparentemente bonaria, da curato di campagna, che spinge i suoi avversari a sottovalutarlo (Massimo Giannini ironizzò: «I suoi artigli grondano bontà») - è sempre riuscito a risorgere dai propri fallimenti. Meglio: è riuscito spesso a far passare l’idea che venisse “epurato” per la propria ostinazione a difendere gli interessi generali. Proprio lui che ha sempre flirtato con i poteri forti e con le aree politiche legate a questi ultimi. Così, da ogni fallimento ha preso nuovo slancio, potendo contare, a sostenerlo, prima sulla compatta falange della sinistra Dc, che poi risulterà, non a caso l’unica componente dell’ex Balena Bianca a salvare le penne nella bufera giudiziaria di Tangentopoli. Poi, subito dopo, i poteri forti italiani della finanza cattolica (Giovanni Bazoli) e laica (Carlo De Benedetti ma anche Gianni Agnelli) del Centrosinistra, con i conseguenti appoggi propagandistici, davvero indispensabili, nel mondo dei mass media. Infine, l'ombra lunga di Goldman Sachs, che ha guidato i governi del Centrosinistra. Negli anni dell'Iri, dal 1982 al 1989 e poi dal '93 al '94, fu svenduto lo svendibile, attraverso le privatizzazioni furono smantellati settori trainanti dell'economia italiana: quello agro-alimentare già dell’Iri (acquisito da gruppi inglesi, olandesi ed americani), il Nuovo Pignone dell’Eni, la siderurgia di Stato, l’Italtel, l’Imi. Sono state inoltre privatizzate Telecom e in parte anche Enel ed Eni, già enti di Stato che potrebbero presto finire nelle mani delle solite multinazionali estere. Iniziatore e protagonista di questo processo fu Prodi, prima come presidente dell’Iri, specie durante il suo secondo mandato (1993-94), poi come presidente del Consiglio (1996-99).Ovviamente, una operazione così complessa venne portata avanti da un forte gruppo di potere. Ve n’erano alcuni, internazionali, particolarmente potenti: Bilderberg, Rothschild, Goldman Sachs. Prendiamo allora quest’ultimo, una cosiddetta merchant bank (banca d’affari) già presente al famoso summit (avvenuto stranamente prima della speculazione sterlina/lira, da parte di George Soros, che causo la svalutazione di quest’ultima del 30%. Nel vano tentativo di arginare l’attacco, Carlo Azeglio Ciampi, che nel settembre 1992 dirigeva la Banca Centrale mentre Giuliano Amato era a capo del governo, prosciugò le riserve in valuta estera della Banca d’Italia: ben 48 miliardi di dollari. L a speculazione riuscì grazie anche all’agenzia di rating Moody’s che declassò, senza leggere e scrivere, i Bot. Chi pagò perciò caramente il crollo della lira fu il risparmiatore italiano) sul panfilo Britannia (sul “Britannia” si trasferì infatti in quell’occasione un pezzo della City di Londra. Nulla di strano né di pittoresco, tanto più che all’epoca i politici italiani di sinistra hanno cercato di accreditarsi nel “mondo che conta” recandosi in pellegrinaggio proprio alla City di Londra), dove si decise lo smantellamento dell’economia italiana. Ricoprì poi un ruolo essenziale nel processo di privatizzazione delle partecipazioni statali, favorendo l’intervento delle grandi multinazionali e potendo contare per questo su importanti uomini italiani, come Mario Draghi, che è stato fino all’altro ieri vicepresidente Goldman per l'Europa, e poi proprio Romano Prodi, a più riprese consulente di livello della banca (3,1 miliardi di lire di compensi, come scrissero il Daily Telegraph e l'Economist). Draghi, oltre che direttore generale del Tesoro tra il '96 e il 2003, presiedette nel '93 il Comitato per le privatizzazioni; nello stessoperiodo Goldman Sachs, tramite il fondo Whitehall, acquisì nel 2000 l'ingente patrimonioimmobiliare dell'Eni di San Donato Milanese, oltre agli immobili della Fondazione Carialo e, assieme alla Morgan Stanley, quelli della Unim, Ras e Toro. Prodi era presidente dell’Iri quando decise la privatizzazione del Credito Italiano proprio tramite la Goldman Sachs, che fissò il valore delle azioni a 2.075 lire, meno di quello di Borsa , che era sulle 2.230 lire. Insomma fu venduto per 2.700 miliardi qualcosa che ne valeva almeno 8 mila.. Ma dobbiamo a Prodi anche la perdita di molti dei marchi storici del nostro comparto agroalimentare. Prodi concluse la cessione dell'Italgel (900 miliardi di fatturato) alla Nestlé per 703, così come l’assai discussa vendita della Cirio-Bertolli-De Rica (fatturato 110 miliardi, valutata 1.350), ad una finanziaria lucana (Fisvi, di Francesco Lamiranda, «appoggiato dalla sinistra democristiana della Campania» secondo Il Corriere) al prezzo di 310 miliardi, che ne garantì il pagamento con la futura alienazione di parte del gruppo stesso alla multinazionale Unilever. Pietro Larizza, allora capo della UIL, descrisse l'operazione così: «la FISVI acquista senza avere ancora i soldi per pagare; per formare il capitale necessario, vende una parte di ciò che ha comprato; per quel che rimane cerca ancora soci finanziatori per completare l'acquisto». Antonio Bassolino (questo merito gli va riconosciuto) denunciò quell'affare: «c'è il pericolo che privatizzazioni fatte in questo modo espongano pezzi del nostro apparato produttivo alle mire speculative e affaristiche». Il marchio di Goldman Sachs ritornò prepotentemente alla ribalta, perché il sottosegretario all’Economia Massimo Tononi, che lasciò Londra, per occuparsi della presenza del Tesoro in società, come Eni ed Enel, oggetto del desiderio della merchant bank. Così come uomo Goldman Sachs è quel Claudio Costamagna, giovane banchiere dalla carriera folgorante, il cui nome circolò come possibile nuovo presidente della Cassa depositi e prestiti che avrebbe dovuto rilevare la rete fissa della nostra maggiore compagnia telefonica, in base al piano elaborato dal fidato braccio destro di Prodi, il dimissionato Angelo Rovati. Tononi e Costamagna avevano lavorato per anni nello stesso team della Goldman Sachs. Ma vorremmo chiudere con l’episodio della vendita Alfa Romeo alla Fiat. Prodi, allora presidente Iri cui apparteneva il marchio del Biscione attraverso Finmeccanica, in tempi recenti aveva sostenuto: «Volevo vendere l’Alfa alla Ford, fecero di tutto per impedirmelo e ci riuscirono». È venne subito smentito da Fabiano Fabiani, ex ad di Finmeccanica e all’epoca dei fatti a capo della delegazione che trattava per conto dell’azionista pubblico la cessione della casa automobilistica di Arese: «Non ho percepito un’opposizione di Prodi all’acquisizione dell’Alfa Romeo da parte della Fiat». Le cose andarono così. L’Alfa perdeva centinaia di miliardi l’anno eppure la Ford, probabilmente ritenendo che si potesse usare un nome di grande tradizione e una casa con clienti affezionatissimi per sbarcare in Europa, avanzò un’offerta assai generosa: ben 3.300 miliardi (secondo alcune fonti 4.000) per acquisire gradualmente il pieno controllo entro otto anni, piano di investimento di 4.000 miliardi per il quadriennio successivo all’acquisto, ottime garanzie per coloro che risultavano impiegati nell’Alfa. L’offerta venne formalizzata il 30 settembre del 1986 e sarebbe restata valida fino al 7 novembre dello stesso anno. Tutti d’accordo? Non proprio. Un rilancio Fiat arrivò puntualmente il 24 ottobre. Ma era assai deludente: prevedeva un prezzo di acquisto di 1.050 miliardi, in cinque rate senza interessi, prima rata nel 1993 (alla fine Fiat sborsò in realtà tra i 300 e i 400 miliardi), poi 4.000 miliardi di investimenti entro il 1995 e molti posti di lavoro da tagliare per recuperare competitività. Bene : il 6 novembre l’Iri di Prodi cedette l’Alfa alla famiglia Agnelli, quella che dieci anni più tardi, con Prodi al governo, sarebbe stata tenuta artificialmente a galla con gli ecoincentivi per l’auto. «Per me in particolare sarebbe come sconfessare parte della mia storia professionale, visto che da presidente dell'Iri in quegli anni ho avviato uno dei più consistenti processi di privatizzazione intrapresi in Europa»: Prodi aveva voluto ripetere nove volte questa frase in Parlamento. Ma siamo davvero sicuri che sia un passato del quale vantarsi? Venne svenduto il patrimonio del Paese (facendo, però, felice i potentissimi colossi dell’alta finanza internazionale che hanno tutte le intenzioni di privatizzare l’intera Italia, espropriando il popolo italiano di qualsivoglia sovranità, e di controllarne il sistema monetario. Facendo lievitare il debito pubblico, costituito dal signoraggio, e mettendolo nelle mani della grande finanza, così da poter imporre, con la scusa del “risanamento”, sacrifici ininterrotti, che non avranno mai fine, al popolo italiano. Sacrifici che ridurranno, come è già successo, gli italiani in assoluta povertà e li renderanno schiavi dell’usura), le privatizzazioni hanno fruttato pochi soldi alle casse pubbliche: renderanno allo stato solo 26 mila miliardi. E’ così che la finanza internazionale ha scelto i gioielli di stato, con calma, soppesandoli come la massaia che compra i peperoni al mercato. Perché costavano poco: E chi lo definisce come un risanamento dimentica che lo Stato in sette anni versò all'istituto di via Veneto la bellezza di 41mila miliardi di lire. Fu un tracollo, un disastro senza precedenti, capace di trasformare l’Italia in una sorta di repubblica centrafricana. Quando l’Italia e la sua classe politica persero l’ultimo brandello di dignità. Ecco dov'è il miele che Goldman Sachs cerca. L'ape cerca i fiori, i fiori si volgono all'ape. E' una storia d'amore. Non amano noi, però. Ci vogliono spogliare: li teniamo d’occhio. Perché le loro passate azioni non ci lasciano tranquilli. Siamo noi, il popolo italiano. Teniamoli d’occhio, i signori del Centrosinistra che vorrebbero tornare al comando dell’Italia Questi vogliono ancora svendere qualcosa. Che cosa? Alcune fonti ci dicono: l’Enel, ma soprattutto l’Eni. S’intende, i due nostri relativi colossi sono già stati privatizzati. Ma, soprattutto l’Eni, non fa ancora del tutto gli interessi dei potentati forti anglo-americani che nel settore dell’energia mirano ad accaparrarsi la disponibilità diretta delle fonti petrolifere, e mettere sotto controllo unico gli attori secondari nel gran mercato del greggio e del gas. L’hanno provato a fare con il petrolio russo: crollo organizzato del rublo, deficit alle stelle, un Boris Eltsin ben felice di vendere le vecchie imprese sovietiche a qualunque prezzo. Fu così che i Rotschild prestarono a un certo Khodorkovski, i soldi per comprare a prezzi da usato la Yukos. Ora che Vladimir Putin si è ripreso la Yukos e fa una “propria” politica nazionale energetica con la sua Gazprom, l’alta finanza anglo-americana cerca in tutti i modi di isolare la Russia. La presenza di aziende relativamente autonome come l’Eni ostacola questo processo di soffocamento.
Prodi, insediatosi nel '96 a Palazzo Chigi, fece capire subito quale sarebbe stata la parola d'ordine: spremere. Nella prima legge finanziaria varò l'eurotassa, un prelievo che doveva raddrizzare i conti pubblici per entrare nella moneta unica. Riguardo proprio alla moneta unica ci hanno tentato di farci credere qualunque panzana pur di imporcelo. Ci dissero che ai rincari avrebbero dovuto seguire dei cali di prezzo. Che non ci sono MAI stati. Ci dissero, di nuovo, che, in caso di crack, l’euro avrebbe creato un “effetto paracadute”. Peccato che la seta dell’euro-paracadute stia strangolando gli italiani. Lentamente e inesorabilmente. E ci parlavano di “vantaggi”. Ma quali “vantaggi”? Quali vantaggi hanno ricevuto dall’euro i lavoratori dipendenti, le giovani coppie, gli anziani? NESSUNO!. Fu il Centrosinistra ad accettare il trattato – capestro (e il dissennato cambio euro – lira) che pose le fondamenta dell’indebitamento e della povertà degli italiani. Lo sa il Centrosinistra che tutto questo ha causato danni al popolo italiano che rischiano d’essere insanabili? Si rendono conto che le uniche economie (parliamo del benessere diffuso della gente, beninteso) dell’Unione europea che sono andate bene (visto che il Centrosinistra sostiene d’aver salvato l’Italia grazie all’euro) in questi anni sono quelle dei tre Paesi che si sono rifiutati di prendere l’euro come loro moneta, e cioè Gran Bretagna, Danimarca e Svezia? Dal destino dell’Argentina ora sappiamo che l’adozione di una moneta straniera (per l’Argentina fu il dollaro) è l’anticamera della rovina del popolo. Grazie alla globalizzazione, una dea crudele della quale la Banca Centrale Europea è implacabile sacerdotessa, che ci impone stipendi sempre più bassi e prezzi sempre più alti. E’ proprio di oggi (13/03/2008) la notizia che la Bce teme “indicizzazioni delle retribuzioni ai prezzi al consumo, che comporterebbero il rischio di shock al rialzo sull'inflazione”. Nel suo bollettino mensile, Francoforte, infatti, invita a “evitare” di ancorare i salari all'inflazione. Capita l’antifona: ci vogliono sempre più poveri e sempre più indebitati. Perché, come affermava Ezra Pound, “un popolo che non s’indebita fa rabbia agli usurai”. Questa Europa dei banchieri NON è nei cuori della gente. Forse qualche Solone del Centrosinistra ci dirà che “i giovani devono imparare a risparmiare”. Bene. Cominciamo allora a tagliare le “pensioni d’oro” di chi cumula la pensione di banchiere con lo stipendio di Ministro. Che risparmino loro! Il Centrosinistra ha dato agli italiani un futuro sempre più oscuro, con stipendi sempre più bassi mentre i tassi dei mutui schizzano sempre più in alto, con aumenti di stipendio che ,se ci stanno, sono minimi, però in compenso i prezzi dei beni di prima necessità aumentano sempre più, e, non basta, anche con tasse sempre più alte e numerose. E i lavoratori, che hanno una famiglia a carico, devono sopravvivere con 1200 euro al mese di stipendio, in città come Roma, Milano, Torino, Firenze, Bologna. Mentre l’usura uccide lentamente le famiglie. E il nostro amato governo di Centrosinistra, che risposte ci dà ? Non ci dà nessuna risposta perché si comporta come Ponzio Pilato. Tra gli italiani e il mercato sceglie sempre il secondo. Ma gli italiani non ne possono davvero più d’essere dissanguati. Gli italiani ESIGONO che si metta fine a questi sacrifici sempre più gravosi. Arrivarono oltre cinquemila miliardi di cui il governo Prodi aveva promesso la restituzione integrale dopo il risanamento; in realtà nel 1999 ai contribuenti fu rimborsato il 60 per cento, una quota di fatto annullata dall'introduzione dell'addizionale Irpef regionale. Più che governare, le torchiature del governo Prodi hanno messo in ginocchio il Paese. È di pochi giorni fa la nota dell'Istat che la pressione fiscale ha toccato il 43,3 per cento del prodotto interno lordo, un record assoluto. Il tetto precedente risaliva al 1997. Guarda caso, al governo c'erano sempre loro. Una tragedia anche i cinque anni alla guida della Commissione Ue a Bruxelles. I guai con i giornalisti e i portavoce, la bufera dello scandalo Eurostat, le porte aperte all'invasione commerciale cinese, la Caporetto dell'allargamento a 25 voluto affrettatamente a ogni costo, fino all'affondamento della Costituzione, mal digerita da molti Stati, clamorosamente bocciata dai referendum in Francia e Olanda e sconfessata dal Vaticano perché il «cattolico adulto» Prodi si è ben guardato dall'inserirvi riferimenti alle radici cristiane. Le parole di domenica suonerebbero come un auto-epitaffio. Ma non è detto. Intanto non lascerà la presidenza del Pd Parola del portavoce Siriana e confermata da Veltroni. Circolano anche incredibili voci di un ministero in un eventuale governo guidato dal suo ex vice. E poi si fantastica sugli incarichi internazionali ai quali il Professore si prepara («il mondo è pieno di occasioni e di doveri»). Anche a Bruxelles si preparano: sabato lo spettacolo di cabaret organizzato ogni anno dai corrispondenti esteri nella capitale belga è culminato in uno sketch sul suo ritorno. Uno scienziato che vuol clonare il futuro presidente Ue si ritrova davanti un omino in tuta e monopattino. «Il peggiore degli incubi! Il ciclista riciclato». Sipario e risate. A denti stretti.

Fonti:
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=247200&PRINT=S
http://www.lapadania.com/PadaniaOnLine/Articolo.aspx?pDesc=66899,1,1
http://www.movisol.org/draghi2.htm
http://www.movisol.org/soros2.htm#Anker6
http://www.movisol.org/prodi.htm
http://www.disinformazione.it/mariodraghi.htm
http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=837&parametro=economia
http://www.fattisentire.net:80/modules.php?name=News&file=article&sid=1913
http://www.lisistrata.com:80/2005Saglimbenipolitica/046leuropadelleuro.htm