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L’Italia non esiste
7 aprile 2010 (08:17) | Autore: Michele Fabbri
“L’Italia è un’illusione, anzi un miraggio”.
A pronunciare queste parole non è stato qualche pericoloso secessionista, ma nientemeno che il poeta Mario Luzi che, soprattutto nei suoi ultimi anni di vita, è stato un intellettuale di riferimento dell’establishment patriottardo.
Che l’Italia come concetto politico sia un’idea del tutto inconsistente non è certo una novità. Pochi, però, hanno il coraggio di gridare al mondo che “il re è nudo”. Uno di questi è il Prof. Sergio Salvi, studioso di consolidata fama accademica specializzato nello studio di movimenti autonomisti e di “nazioni senza stato”.
Nel saggio L’Italia non esiste, Salvi analizza l’artificiosa concezione di stato che si è concretizzata nella penisola e che oggi compatta la classe dirigente in un feticistico culto della patria che unisce destra e sinistra, liberali e comunisti, preti e massoni…
Nessuno ha mai pensato seriamente all’esistenza di uno stato italiano fino al XIX secolo e tutta la storia della penisola si svolge dalla più remota antichità fino alla fine dell’Ancien Régime sul Leitmotiv del particolarismo. Con la Rivoluzione francese si diffonde il mito della patria “una e indivisibile” attorno al quale si costruisce una nuova entità territoriale.
La nascita dell’Italia come stato unitario avviene quasi per caso, senza nemmeno una strategia organica: i monarchici di Cavour e i repubblicani di Mazzini arrivano al traguardo seguendo strade diverse e la classe dirigente risorgimentale si trova a dover gestire situazioni del tutto impreviste. Il nuovo stato nasce quindi come un mostro di Frankenstein, composto dai cadaveri degli stati preunitari cuciti fra di loro.
L’Italia unita è la tipica espressione dell’internazionalismo massonico; quanto di più lontano si possa immaginare dalle teorie tedesche del “sangue e suolo” che in quegli stessi anni si sviluppavano in Germania. All’epoca dell’unificazione gli Italiani non avevano nemmeno una lingua comune, poiché il volgare fiorentino era solo lingua letteraria. Del resto ancora oggi nel Sud della penisola la lingua italiana è poco praticata e la popolazione si esprime abitualmente in dialetto.
Inoltre la divisione regionale del nuovo stato viene effettuata sulla base di considerazioni erudite ispirate alle antiche regioni romane, che spesso non riflettono più la realtà.
I regimi politici che si sono succeduti in Italia hanno cercato, ognuno a modo suo, di dar vita a un culto della patria, ma sembra che non siano stati molto convincenti: Salvi analizza vari movimenti autonomisti che hanno operato nella seconda metà del XX secolo: Sicilia, Sardegna, Sud Tirolo, Val d’Aosta, fino ad arrivare alle teorizzazioni macroregionali di Gianfranco Miglio.
L’ultima parte del libro è dedicata al movimento indipendentista della Lega Nord, che ha rappresentato il più importante tentativo di contestazione dell’assetto statuale italiano e che, pur in un contesto culturale ostile a ogni idea identitaria, ha avuto il merito di far entrare nel dibattito politico parole come “federalismo”, “autonomia”, “indipendenza”…
Il risveglio civile della Padania rappresenta la reazione della società sana del Nord che non vuole farsi risucchiare da un sistema di potere mafioso che è espressione delle connotazioni psicorazziali della popolazione meridionale, nonché del carattere criminogeno della democrazia di mercato.
Il volume, infine, è corredato da un’interessante cartografia che espone le varie ipotesi di suddivisione territoriale della penisola.
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Sergio Salvi, L’Italia non esiste, Leonardo Facco Editore, Treviglio (BG) 2003, pp.244.
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