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Rapporto Spesa Statale 2003 (19 luglio 2005)
Semaforo rosso ai conti dello Stato nel Mezzogiorno
Per le pensioni il Sud riceve molto più di quanto eroga. Pollice verso anche sul fronte delle entrate fiscali
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ROMA. Semaforo rosso ai conti dello Stato nel Sud:
il Mezzogiorno ha il maggior peso all’interno del debito pubblico, registra il più alto disavanzo Inps e offre un basso contributo sul fronte delle entrate. Nel 2003 il saldo fra entrate e uscite per la spesa pensionistica ha registrato un disavanzo di 37,2 miliardi di euro, contro i 33,3 dell’anno prima.
La spesa per le pensioni si concentra al Nord, ma il Sud riceve molto più di quanto versa. Solo Lombardia e Trentino Alto Adige versano più di quanto ricevono. Lo segnala la quinta edizione del rapporto “La regionalizzazione del bilancio statale”, presentato questa mattina a Roma nella sede Abi da Alberto Brambilla, sottosegretario al Welfare e autore del rapporto. Lo scopo dichiarato è quello di fornire ai decisori politici informazioni per la programmazione economica e l’intervento statale in un Paese immobile, che ha difficoltà a coprire con i contributi la spesa del welfare.
Squilibri nei conti previdenziali di molte Regioni che, soprattutto al Sud, assumono dati preoccupanti. «Se il Sud non si sviluppa - è l’assunto del rapporto - tutto il Paese andrà incontro a pesanti difficoltà, poiché né Nord né Unione europea potranno più fornire le risorse necessarie per garantire a quelle zone del Paese livelli accettabili di sviluppo».
La spiegazione va cercata nel tipo di prestazioni erogate. Al Nord, infatti, si concentrano le pensioni di vecchiaia, al Sud la maggior parte di quelle assistenziali.
Previdenza e pensioni
Nella spesa previdenziale le uscite per il Sud sono circa il doppio rispetto alle entrate. Mentre al Nord e al Centro il rapporto fra entrate e uscite è abbastanza equilibrato,
il Sud versa ben il 62% in meno di quanto riceve in termini di prestazioni. Il 70,3% delle entrate contributive è incassato dall’Inps, il 26,2% da altri enti pubblici (Inpdap, Ipost, Enpals) e il restante 3,5% dalla casse privatizzate e dai fondi integrativi.
Il 64,7% proviene da regioni del Nord, il 21,1% dal Centro e il 14,2% dalle regioni del Mezzogiorno. Il 72,9% delle uscite è erogato dall’Inps, un ulteriore 25% dagli altri enti previdenziali e il 2% da casse professionali privatizzate e fondi integrativi. Nella distribuzione territoriale delle uscite il peso del Nord è pari a 53,8% del totale, mentre quello del Centro pesa il 19,2% e il Sud il 27 per cento.
«Un paese immobile – spiega Alberto Brambilla, autore della ricerca – che perde capacità contributiva e accelera sulle spese per Welfare soprattutto di tipo assistenziale».
Quasi tutte le regioni hanno saldi negativi e in peggioramento. Positivi la Lombardia e il Trentino Alto Adige, che però riducono l’attivo rispetto al 2002, seguite dal Veneto che passa da un saldo 2002 positivo a un disavanzo di lieve entità. «L’auspicio – sottolinea Brambilla – è che vengano varate anche in modi bypartisan, politiche economiche che mirino, nell’arco di un decennio, a far sì che tutte le Regioni italiane siano autosufficienti almeno al 75%, lasciando il finanziamento dell’altro quarto di spesa a un Fondo di solidarietà nazionale». La situazione di disavanzo è molto peggiorata negli ultimi vent’anni.
Il livello più basso di copertura si registra in Calabria, mentre il peggioramento più marcato è segnato dalla Campania, seguita da Sicilia e Puglia. Solo tre regioni nel Sud migliorano: Molise, Basilicata e Sardegna. Nel Centro i tassi di copertura scendono dappertutto, tranne nelle Marche. Il Piemonte evidenza la crisi del tessuto produttivo, registrando un calo del tasso di copertura, la Liguria sconta l’invecchiamento più elevato della popolazione in Italia.
Il disavanzo complessivo accumulato dal sistema Inps è pari al 45% dello stock di debito pubblico 2003. Se si aggiunge anche il disavanzo degli altri enti previdenziali pubblici, si raggiunge una quota patrimoniale pari al 60 per cento. Esaminando la spesa sociale sul debito pubblico
il Mezzogiorno produce il 67,8% del deficit totale, il Centro assorbe il 12,4%, mentre il Nord concorre per il 19,8 per cento.
Entrate fiscali
Il maggiore contribuente italiano è il Nord, che nel 2001 ha versato il 57,2% dei tributi arrivati nelle casse dello Stato, contro un 22,5% del Mezzogiorno e un 20,3% di quello del Centro. Su un totale di 333,784 miliardi di euro di entrate tributarie l’84% rappresenta, secondo lo studio, il gettito complessivo regionalizzato, che è pari a 281,844 miliardi di euro. La distribuzione tra le tre aree del Paese segnala che il Nord contribuisce per 161,2 miliardi di euro, il Centro per 57,2 e il Sud per 63,36.
Calcolando i saldi al lordo degli interessi, il Nord versa oltre 29,3 miliardi di euro in più di quanto riceve, mentre il Sud consuma 77,7 miliardi di euro in più di quanto versa; il Centro è in passivo per 16,8 miliardi di euro.
Considerando, invece, il saldo al netto degli interessi, il Nord evidenzia un saldo di circa 58,8 miliardi di euro contro un deficit di Centro e Sud rispettivamente pari a 4,2 e 54,2 miliardi di euro.
Sul totale Irpef di 123,36 miliardi di euro, 71,83 provengono dalle regioni del Nord, 25,53 dal Centro e 25,99 dal Mezzogiorno. Le maggiori entrate arrivano da Lombardia, Lazio, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte. Per l’Irpeg, che vale 32,61 miliardi di euro si collocano ai primi due posti sempre Lombardia e Lazio, l’Iva vede invece in testa la Lombardia seguita da Veneto ed Emilia Romagna. Ogni cittadino del Nord Italia contribuisce in media con 6.305 euro, uno del Centro con 5.182 euro, mentre un abitante del Sud solo con 3.057 euro.
La Lombardia è quella che paga più imposte per abitante (6.999 euro), seguita da Emilia Romagna (6.614 euro) e Valle d’Aosta (6.303 euro). Il maggior gettito pro capite è, dunque, prodotto dalle regioni del Nord, che presentano tutte valori superiori ai 5mila euro, mentre al Sud fanalino di coda è la Calabria che versa 2.616 euro pro capite, seguita da Campania, Sicilia, Basilicata e Puglia che si attestano intorno ai 3mila euro. Nel complesso i cittadini del Nord pagano 3.623 euro in più di quanto ricevono dallo Stato, quelli del Centro 1.115 euro, mentre al Sud si pagano 907 euro pro capite in meno di quanto si riceve. «Ignorare i dati contabili di ciascuna regione – conclude Brambilla - e non mettere in cantiere un vero decentramento, anche se ovviamente progressivo, in termini di federalismo fiscale e attribuzione di responsabilità a ogni singola realtà territoriale ricomprendendo anche il contrasto al lavoro sommerso, non crea certamente le condizioni per un miglioramento dello sviluppo e della competitività».