La storia ci ha più volte dato riprova del fatto che non solo le rivoluzioni, ma anche i movimenti/periodi di critica e di protesta non sono "puri" e "lineari" al loro interno, bensì vedono la partecipazione e la presenza, durante lo svolgimento storico dei fatti, di correnti, tendenze di pensiero ed ideologie (non nel senso marxista del termine) diverse se non addirittura opposte e conflittuali. Alle due rivoluzioni inglesi del Seicento, rivoluzioni che potremmo definire "liberali", presero parte anche gruppi socialisteggianti quali i Levellers ed i Taboriti; nella rivoluzinoe francese si rintracciano similmente sia i liberali moderati che gruppi radicali come i Sans-Culottes e gli Arrabbiati. Nella rivoluzione russa (nell'interpretazione che la fa corrispondere alle due successive tappe 1905 e 1917), agirono sia i costituzional-democratici, che bolscevichi, anarchici ed altri ancora. Quando D'Annunzio istituì l'effimera Repubblica del Carnaro, ricevette una lettera di solidarietà e di stima da Malatesta; all'interno del "reducismo" della seconda guerra mondiale si sviluppò non solo il fascismo, ma anche gli Arditi del popolo (stendiamo un velo pietoso sulle dirigenze di PSI e PCd'I).
Il Sessantotto fu estremamente eterogeno al suo interno, andando dagli anarchici fino ai gruppi più ortodossi come l'UCI(m-l) di Brandirali. La seconda pantera fu essenzialmente un movimento disilluso e con l'obiettivo di risolvere i problemi "concreti" ed "immediati" della scuola,con pochi slanci utopici, ma oltre alla "Pantera rosa" vi erano elementi ben più radicali.
Oggi, se escludiamo chiaramente le posizioni aberranti su immigrazione e giustizialismo, il fenomeno di Grillo e del grillismo ha a mio avviso, nonostante se stesso, il pregio di dare una piuttosto vasta eco alla critica di molte situazioni concrete. Pensiamo, ad esempio, alla critica del "sistema di produzione" (così la definisce Grillo) per cui nei mercati globalizzati i prodotti fanno giri assurdi (l'altro ieri, parlava della patatina chip e delle mozzarelle, da dove sono prodotte, a dove vengono imballate, a dove vengono rimballate, fino al ritorno).
Mi chiedo (e chiedo a voi), in considerazione di quanto detto sopra, se esista una possibilità concreta (oltre che una giustezza etica) di prendere parte non certo al grillismo in quanto tale, ma ad un plausibile processo storico che esso sottende. Se insomma il Movimento non dovrebbe costituire un'affluente della fiumana umana che con mille contraddizioni punta il dito contro una classe dirigente (leggi politica) finalmente individuata come "casta" distante dai problemi quotidiani della gente, e che perciò si manda "affanculo"; che, pur sempre confusamente, inizia a vedere le contraddizioni che sottendono il sistema produttivo; che a breve si impegnerà anche per un'informazione più giusta.
Il ruolo non sarebbe chiaramente quello di "portatori d'acqua" (ma non dovrebbe neanche essere quello di "eremiti" che dicono "tanto di anticapitalismo non vi è traccia. Punto."), bensì quello di "virus" in questa fiumana umana che immettendosi nel corso di essa hanno maggiori opportunità di parlare con le altre persone meno "politicizzate" e "meno attente". Così, anche distruggendo l'egemonia culturale del “grillismo” si potrebbe portare le masse a riflettere su come la critica della “casta”, giusta ma incompleta, vada estesa oltre il mondo della politica, anche a quello dell'economia, tanto per fare un esempio. E fare in modo che la protesta contro la Casta si trasformi in proposta: pensiamo, tra i vari modelli, alla democrazia diretta ed al comunalismo libertario. Si potrebbe portar a riflettere come il modello di produzione che viene confusamente criticato si chiami “Capitale”, e come in risposta ad esso non vada sostituito un “Capitalismo buono” di cui parla Grillo, bensì la risposta possa trovarsi in un altro sistema di produzione, quello socialista.