di VITTORIO FELTRI su www.Libero-news.it di oggi
Presi singolarmente sono simpatici, talvolta.
Ma quando fanno politica, cioè il loro mestiere, li ammazzeresti (si tranquillizzi Veltroni, "ammazzeresti" è un'iperbole; il verbo non va inteso alla lettera). Non capisci se agiscano nel loro interesse o se, come affermano, siano convinti di lavorare per il Paese.
Pier Ferdinando Casini, ad esempio, a differenza di Gianfranco Fini, non è entrato nel Popolo della Libertà. Per capriccio, dicono in molti.
Per difendere l'identità dell'Udc, dice lui.
Sta di fatto che il PdL senza l'apporto di Casini può vincere lo stesso, ma a fatica, almeno in teoria. Specialmente in Senato dove il premio di maggioranza è su scala regionale.
E le regioni rosse, è noto, sono parecchie.
La domanda circolante nel centrodestra è: che senso ha rendere incerta un'affermazione altrimenti facile solo per tutelare il simbolo democristiano in un periodo nel quale, inoltre, si punta alla semplificazione? Secondo me nessuno.
Bene che vada, Casini avrà la soddisfazione di comandare in casa sua con un pacchetto di deputati e alcuni senatori. Un po' poco. A meno che per lui sia più importante fare un dispetto al Cavaliere che stare nella maggioranza e al governo. De gustibus.
In ogni caso è azzardato dire: l'Udc non ha guardato in faccia ad alcuno e ha pensato soltanto ai destini della Patria. Semmai il suo comportamento ricorda quello di un tale che, per dispiacere alla moglie, zac, si mutilò (spero che Veltroni non abbia equivocato).
A proposito di Veltroni, lui dichiara: ogni mia decisione è stata ispirata all'esigenza di rompere col passato, con le coalizioni litigiose, con gli estremismi, con l'ingovernabilità; sicché il Pd si presenta da solo.
Sembrava una buona idea.
Ma non è stata realizzata in pieno perché tra il dire e il fare c'è di mezzo l'aritmetica.
Fatti i conti, Walter si è accorto che non avrebbe colto l'obiettivo. E ha imbarcato Antonio Di Pietro e la sua équipe dei valori bollati dalle Procure. Un tre o quattro per cento in più fa sempre comodo, e merita il rischio di un matrimonio stravagante e dal futuro non esattamente sereno. Per completare l'opera, l'ex sindaco si è annesso i radicali che garantiscono una manciatella di voti e grandi scontri con i cattolici della ex Margherita. Perché non ha tenuto fede all'impegno iniziale di correre da solo?
Per il bene della Patria.
E questo non è stato l'unico sacrificio del Pd. Veltroni era partito con l'intento di rispettare il bon ton.
Per fortuna. A onor del vero non ha mai detto in tivù e nei comizi: «Berlusconi è un coglione pazzesco». Questo no.
Però ogni minuto ha ripetuto: «Vi pare possibile che il principale esponente dello schieramento a noi avverso, che ha 72 anni, cioè venti più di me, aspiri a guidare il Paese? Avete udito le sue affermazioni? L'Italia ha bisogno di persone serie».
Il concetto è annacquato, ma il significato è sempre lo stesso: se Berlusconi non è un coglione pazzesco è un buffone indegno di Palazzo Chigi. E questi sarebbero i toni pacati, rispettosi, civili? Veltroni ama presentarsi come il Nuovo.
Ma di nuovo non ha nulla, neanche il pullman, già adottato da Prodi.
È stato comunista finché è vissuto il Pci; e da buon trasformista - Fregoli della politica - si è via via adattato al copione del conformismo di sinistra, nel quale si rifugiano per sentirsi protetti tutti gli "animali" da branco. E il branco più compatto è quello degli ex comunisti. Tant'è che nel Pd quattro quinti dei ministri prodiani sono ancora lì, ai blocchi di partenza, pronti a partecipare alla spartizione delle poltrone nella remota eventualità d'un successo del pensionato Walter (ripeto: 5 mila euro e rotti al mese, netti, cioè 9 mila lordi).
Chi si aspetta una svolta italiana dai progressisti dell'ultima ora o è in malafede o è un ingenuo.
La campagna elettorale non ha riservato alcuna autentica sorpresa tranne la scoperta dell'Inno di Mameli da parte del Pd. Caspita che evoluzione.
Al Sud poi non si registra alcun cambiamento neanche nel panorama. Napoli era ed è una pattumiera a cielo aperto alla quale è di guardia indovinate chi? Bassolino. Incredibile.
Il nuovista Veltroni non ha osato rimuoverlo e ciò dimostra che il suo eloquio sciolto è fine a se stesso.
Le parole sono gratis. Il resto ha un prezzo che Walter non ha pagato e non pagherà.
Se uno non ha il coraggio di cacciare l'uomo della monnezza figuriamoci se sarà capace di governare.
Sull'Arcobaleno conviene sorvolare. Sotto l'iride si sono accucciati i Verdi del povero indagato Pecoraro Scanio, i Comunisti italiani e Rifondazione comunista. Ma tre miserie non fanno una ricchezza e sarà un miracolo se produrranno alcuni senatori, più che sufficienti tuttavia a disturbare il prossimo manovratore. D'altro canto, l'estrema sinistra ha una esigua rappresentanza in vari Paesi ed è normale beccarsela pure qui. Serve pazienza.
Identico discorso si potrebbe fare per la Destra. Ma occorre riconoscere che la candidatura a premier di Daniela Santanchè, piuttosto abile davanti alle telecamere e rapida di riflessi nelle schermaglie polemiche, ha suscitato curiosità intorno al partito fondato da Storace. I sondaggi attribuiscono alla Fiamma (che all'inizio era soltanto un lumino fascistardo) dal 2 al 3,5 per cento. Volendo fare una media, il dato finale sarà probabilmente 2,7. Sarebbe un trionfo per Daniela la quale però, al di là della gioia per la propria performance, non potrebbe utilizzarlo. Lo sbarramento al 4 per cento le impedirà di sedere alla Camera. E lo sbarramento all'8 per cento in Senato sembra impossibile da sfondare.
Il ruolo della Santanchè sarà quello di sottrarre suffragi al PdL, in particolare nel Lazio, importanti per Berlusconi allo scopo di assicurarsi una larga maggioranza a Palazzo Madama.
Già questo sarebbe un buon motivo per non votare la Destra, ma i kamikaze non mancano mai.
Né mancano quelli che godono a fare uno scherzetto al probabile vincitore, magari per antipatia o altro. La conclusione di questo rapido ragionamento è semplice. Non esistono voti inutili e voti utili. Ma per chi non sia un conformista di sinistra, la scelta più razionale per dare all'Italia un governo in grado di resistere alle temperie della crisi, e di attaccare i privilegi dei papponi di Stato, si riduce a due opzioni: il PdL e la Lega Nord. Non che i due partiti citati siano panacee; sono soltanto i più decenti. E lo abbiamo sperimentato tutti. Infine, piaccia o no, il Cavaliere non ha alternative. O si appoggia lui (e Fini ovviamente) o sarà il diluvio. E piove già.
P.S. Comunque io alla Camera voto per Giuliano Ferrara.
saluti