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Discussione: Sempre gli stessi

  1. #1
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    Predefinito Sempre gli stessi

    Pareggio? No, grazie. Lo so che nei salotti buoni, molto chic e radical chic, va di moda schierarsi per tutto quello che farà confusione: il voto disgiunto, il Parlamento in bilico, «nessun vinca» e via, con il conseguente bisogno di accordi e larghe intese.
    Il Corriere della Sera lo sta scrivendo chiaramente da qualche giorno, e persino alcuni geniali giornalisti, da sempre vicini al centrodestra, come Feltri e Rossella, si sono dichiarati per Giuliano Ferrara, almeno alla Camera. Rossella, nella sua «Alta società», sponsorizza addirittura il triplice voto disgiunto: Pdl, Ferrara e Rutelli sindaco di Roma.
    Peccato non ci sia un quarto voto, altrimenti si poteva scegliere la Santanché, la nuova fiamma, rivelazione della collezione primavera 2008.
    Scusateci: noi non avremo lo stesso genio e la stessa fantasia, che ci volete fare? Siamo ragazzi di paese, ma preferiremmo una cosa più semplice.
    Che ne so? Preferiremmo che queste elezioni ci regalassero cose meno fantasiose e più pratiche, magari un governo sicuro, in grado di risolvere qualcuno dei problemi che ci affliggono. Vi pare una richiesta eccessiva? L’altro giorno abbiamo sentito fra i sostenitori del pareggio anche il fuggitivo Pier Ferdinando: «Così poi governo io», diceva. Perfetto no?
    Abbiamo proprio bisogno di un altro po’ di Casini.
    Abbiate pazienza: ma siamo cresciuti a pane, nebbia e buon senso padano, e dunque fedeli alla tradizione lombardo-pragmatica di questo giornale, ci sentiamo di spazzare via con un soffio tutte le tentazioni trendy del momento:
    Ferrara? Voto sprecato.
    L’Udc? Pure.
    La Destra? È un aiuto alla sinistra.
    L’astensionismo? La pigrizia? La gita al mare?
    Un’occasione perduta per rilanciare questo Paese.
    Forse l’ultima.
    E poi al mare a fare che? Non le avete sentite le previsioni? Dicono che ci sarà tempesta. E mica solo sul loft di Veltroni.
    Il fondatore di questo Giornale un tempo invitava a turarsi il naso e votare Dc. Non so se occorre turarsi il naso per votare Pdl, magari un po’ sì perché qualcuno può ricordare gli errori del passato governo di centrodestra e altri possono non essere convinti fino in fondo della nuova alleanza.
    Se è necessario, allora, turatevi il naso.
    E turatevi anche gli occhi, la bocca e le orecchie.
    Ma cercate di lasciare aperto il cervello. E, andando al seggio, pensate che questo Paese non ha bisogno di svolazzi o griffe, trovate pubblicitarie o colpi di teatro. Questo Paese, semplicemente, ha bisogno di un governo stabile. Sarà banale, ma bisogna dirlo: non è più tempo di scherzare con il fuoco, anche se si tratta di un fuocherello molto chic.
    Anche perché se c’è una cosa che questa lunga e piuttosto noiosa campagna elettorale ci ha insegnato è che la sinistra non è cambiata.
    Sono sempre loro, sono sempre gli stessi.
    Sono quelli che scatenano la bufera giudiziaria all’ultimo minuto, che insultano, offendono, demonizzano l’avversario, si attaccano a una battuta calcistica per dare il via a una polemica mediatica senza capire che, parlando solo di centrocampisti e attaccanti, non fanno che dimostrare definitivamente di essere nel pallone.
    Sono quelli che fanno scendere in campo Nanni Moretti su Repubblica e 490 presunti uomini della cultura sull’Unità (cultura? Con Ambra Angioini e Max Pezzali?), forse cercando così di nascondere il loro vero volto.
    E sono così avidi di nomi celebri che fanno sottoscrivere i loro appelli anche ai morti.
    Sono quelli che dicono andremo soli e poi imbarcano Di Pietro, sono quelli che dicono staremo uniti e poi dopo due ore litigano con Pannella.
    Sono quelli che dimenticano il loro passato di orrori per sentirsi moralmente superiori. E attaccano Berlusconi non per divergenze politiche ma perché, come scrive Curzio Maltese su Repubblica, si è rifatto i capelli, porta i tacchi, vuole Ronaldinho e offende Totti.
    Ma sicuro: e una volta da bambino si è anche messo le dita nel naso. E poi? Se questo è il nuovo che avanza, scusateci, preferivamo il vecchio. Almeno era autentico.
    Veltroni, in effetti, è solo l’ultimo travestimento di quella sinistra che da sempre ha fatto il male di questo Paese, a cominciare da quegli anni Settanta in cui Walter il Nuovo già faceva politica nelle file del Pci, inneggiando a Lenin e al Pcus.
    Una sinistra che nel ’96 (con vicepremier Walter il Nuovo) ha fatto perdere all’Italia il treno dello sviluppo, annegando la possibile crescita fra tasse e eurotasse, e che negli ultimi due anni ha ripetuto il drammatico esperimento, con l’aggiunta di una serie di catastrofi che nemmeno Nostradamus col mal di pancia sarebbe riuscito a prevedere.
    Non sono cambiati, non è cambiato nulla.
    Le immagini che abbiamo pubblicato oggi in prima pagina non sono un gioco fotografico: sono il disvelamento di una realtà che gli italiani conoscono bene. E che ci impone di scegliere se continuare sulla stessa strada con mi-manda-Romano-Veltroni in regia e Visco inviato speciale dentro le nostre tasche, o se provare a cambiare.
    Ma c’è un’altra scelta che dobbiamo fare al seggio.
    Dobbiamo decidere se dare al Paese un governo forte o se invece affidarsi a una maggioranza un po’ griffata, ma molto instabile, in balia degli umori di qualche senatore a vita e magari di qualche potere forte.
    Naturalmente chi vince si prende un impegno gravoso: gli italiani non perdoneranno leggerezze ed errori. E noi del Giornale neppure. Ma queste sono le questioni di domani.
    Oggi prima di tutto bisogna sapere chi vince e poi anche di quanto vince, perché vincere potrebbe non essere sufficiente. Per questo non ci piacciono quelli che inneggiano alla confusione, che disperdono i voti e cantano chi vuol esser disgiunto sia, del doman non v’è certezza.
    Non saremo alla moda, ma vorremmo un domani con più certezze.
    E magari non troppo disgiunto dalla realtà.

    Mario Giordano www.ilGiornale.it del 13 04 08

    saluti

  2. #2
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    Predefinito Veltroni non buca lo schermo. Il Pd….

    …. se la prende con gli spot

    Il risultato delle urne è ancora tutto da vedere, di qui a lunedì sera.
    Ma intanto è il risultato degli share a tenere banco, e ieri mattina l’annuncio dei dati Auditel sugli ascolti di Matrix non ha portato il buon umore nello stato maggiore del leader Pd.
    E d’altra parte Walter Veltroni è l’unico vero «homo televisivus» del centrosinistra, e come scrive Edmondo Berselli in quanto tale «non è affatto inferiore a Berlusconi, anzi forse lo batte», dunque per lui i punti di share contano quasi quanto i voti.
    E scoprire che venerdì sera il Cavaliere ne ha avuti sei più di lui lo ha fatto irritare non poco. Tanto più che solo due giorni prima il Pd aveva fatto fuoco e fiamme contro l’ipotesi che ad esordire a Matrix fosse Berlusconi.
    Un comunicato ufficiale dettato dallo staff veltroniano aveva lamentato che il leader del Pdl «abbia annunciato che aprirà la doppia intervista nella fascia di migliore ascolto».
    Mentana aveva replicato che l’ordine sarebbe stato stabilito per sorteggio, con tanto di notai e telecamere. Così è stato, e la fascia «migliore» se la è aggiudicata Veltroni.
    La trasmissione condotta da Enrico Mentana ha fatto un botto negli ascolti, con le interviste parallele ai due principali sfidanti. Ma nella prima metà di Matrix, quella conquistata da Veltroni, lo share è stato del 21,2%, nella seconda con Berlusconi ha raggiunto il 27,6%. Circa 600mila spettatori (e potenziali elettori) di differenza.
    Dal loft, ieri mattina, sono stati mobilitati gli uomini-comunicazione del partito, e il capogruppo Pd in Commissione di vigilanza Fabrizio Morri ha annunciato alle agenzie un esposto all’Authority per le comunicazioni «affinché l’Autorità medesima verifichi se, nella trasmissione Matrix andata in onda ieri su Canale 5 ci siano state violazioni dell’obbligo di parità di trattamento e del rispetto della legge sulla par condicio».
    A muovere i dubbi del Partito democratico è la considerazione, cronometro alla mano, che «nel corso delle interviste ai due ospiti si è verificata una interruzione pubblicitaria di circa quattro minuti durante lo spazio riservato a Veltroni, e di circa un minuto e mezzo durante lo spazio riservato a Berlusconi». E secondo Morri «non sfugge a nessuno che questo evento ha comportato sicuramente un danno per Veltroni e un vantaggio per Berlusconi in relazione agli ascolti».
    «Non so se sia stata una scelta compiuta dall’azienda Mediaset o un caso - spiega Morri - né peraltro credo che sposti dei voti. Ma obiettivamente è un po’ sospetto che ci sia stata una tale differenza di tempi pubblicitari, e spetta ora all’AgCom fare le necessarie verifiche».
    Dal centrodestra si irrita Francesco Giro: «L’amico e collega Morri - dice l’esponente pdl - usa la pessima legge della par condicio per infrangere il silenzio elettorale e sollevare una polemica priva di senso e di interesse, che ha l’unico merito di dimostrare che la par condicio impone norme e vincoli imbecilli».
    La polemica, nel sabato di pausa pre-voto, si arena qua.
    Ma dimostra quanto il leader del Pd sia attento ai movimenti dell’audience e alle possibili ripercussioni elettorali. Solo il giorno prima, sugli ascolti di Porta a Porta si era svolta una guerra dei numeri molto simile, con gli esponenti del Pd a sostenere che era stata la «controprogrammazione di Mediaset» a far abbassare l’audience di Veltroni, che «per 30 minuti ha avuto Amici su Canale 5, mentre Berlusconi ha avuto solo per 9 minuti lo show dei record», spiegava il vice responsabile Informazione del Pd, Roberto Cuillo.
    Ma quale controprogrammazione, ribattevano da Mediaset: quella sera «non è stata organizzata alcuna variazione di palinsesto, Amici è sempre andato in onda il giovedì sera».

    www.ilGiornale.it di domenica 13 04 08

    saluti

  3. #3
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    Predefinito Il governo? Ultima corsa...

    Gli ultimi giorni del governo Prodi sono la corsa più pazza del mondo. Obiettivo: occupare più caselle possibili prima di andarsene. Primi verso il traguardo galoppano Giuseppe Fioroni e Antonio Di Pietro, agilissimi con qualcosa come una nomina al giorno. Seguono gli altri ministri, premier Romano Prodi compreso, in una gara a non restare indietro che nei giorni scorsi ha visto un affannato Alfonso Pecoraro Scanio recuperare posizioni con il colpaccio di Giuliano Tallone all’Ente parco nazionale del Circeo. Chi perde la gara sulla quantità non è detto che debba rinunciare al premio qualità, Alessandro Bianchi docet. Il ministro dei Trasporti è riuscito a promuovere in due semplici mosse un suo ex compagno di scuola e il cugino di un dirigente. Se poi ci fosse un premio faccia tosta, sarebbe ancora Bianchi ad aggiudicarselo: il suo ultimo avviso per l’ultima infornata di nuovi dirigenti scade il 14 aprile, il giorno del voto.
    La classifica
    Fra gennaio e febbraio c’è stato il boom. In due mesi il governo ha promosso o confermato due dirigenti al giorno, per un totale di 120. Penne più veloci del West Fioroni e Di Pietro, che hanno firmato fra le 25 e le 30 nomine a testa. S’è dato da fare anche il ministro delle Politiche agricole Paolo De Castro, che di decreti ne ha siglati dodici. E poi Prodi, a quota sette come il ministro del Lavoro Cesare Damiano, Emma Bonino con cinque al Commercio internazionale, Livia Turco con quattro alla Salute.
    Amici e parenti
    Il più disinvolto è stato Bianchi. Che con due decreti, il 26 marzo e il primo aprile, su 16 nuovi dirigenti generali, ha nominato nell’ordine: il capo della segreteria tecnica del viceministro Cesare De Piccoli, Enrico Maria Pujia, mai ricoperto un incarico di rilievo in vita sua. Enrico Finocchi, cugino di un altro dirigente, Amedeo Fumero. Virginio Di Giambattista, amico e vice di un altro direttore generale, Amedeo Gargiulo. Giampaolo Basoli, ex compagno di scuola del ministro, oltre che suo vicecapo di Gabinetto, mai superato il concorso per diventare dirigente. Ma anche gli altri si son dati da fare. Fioroni ha nominato dirigente generale Roberto Uboldi, ex assessore della Margherita a Verona, non rieletto nel 2006. E ha creato una sovrintendenza ad hoc per il suo vicecapo di Gabinetto, Antonio Coccimiglio. Dal canto suo, Di Pietro ha promosso il suo collaboratore Gaetano Fontana e il compaesano Mario Mautone, ex provveditore alle opere pubbliche del Molise.
    In corner
    L’ultima nomina porta la data dell’8 aprile e l’ha firmata Pecoraro Scanio: a cinque giorni dal voto, il ministro dell’Ambiente ha messo alla guida del Parco del Circeo Giuliano Tallone, presidente Lipu, attuale dirigente dell’agenzia regionale parchi del Lazio. A proposito di tempismo, all’Ambiente c’è da segnalare anche una consulenza: era il 21 febbraio, il governo era caduto da un mese e Pecoraro Scanio assegnava un incarico di «supporto uffici di Gabinetto sulle tematiche ambientali con particolare riferimento alla rivisitazione del quadro normativo esistente...» a tal Gaetano Benedetto: 25mila euro lordi per tre mesi, fino al 15 maggio. Ma il meglio lo ha dato ancora Bianchi: i dirigenti di seconda fascia che fossero interessati a diventare dirigenti generali, dovranno comunicarlo entro il 14 aprile, il giorno del voto.
    Il danno e la beffa
    Càpita che i nuovi salti di carriera siano stati decisi quale atto finale della scissione, voluta dal governo Prodi, dei vecchi ministeri, Istruzione e Università, Trasporti e Infrastrutture, per citare due esempi. Solo che, sempre su indicazione del governo Prodi che lo ha scritto nella Finanziaria 2007, con la prossima legislatura le deleghe verranno riunificate. Dicono che la corsa alle nomine è scattata proprio per questo, per non perdere poltrone in vista del riaccorpamento. E dire che la Finanziaria i dirigenti li vuol tagliare del 10 per cento.

    Paola Setti su www.ilGiornale.it

    saluti

 

 

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