Gabbo, il colpo di coda: lo spettro della “fatalità”.



25 settembre. Questa è la data in cui è slittata l’udienza preliminare a carico di Luigi Spaccarotella, l’agente della Polizia stradale che ha ucciso con un colpo di pistola il giovane dj e tifoso laziale Gabriele Sandri l’11 novembre scorso all’autogrill di Badia al Pino, sull’autostrada A1.

A distanza di cinque mesi dalla morte di Gabbo, con notizie di tutti i tipi che si rincorrevano, alla fine si è arrivati ad una data certa. L’udienza si terrà davanti al gup Simone Salcerini che deciderà se rinviare a giudizio il poliziotto davanti alla corte d’assise o avviare il rito abbreviato. I cinque mesi di tempo saranno utilizzati dal collegio di difesa del poliziotto per decidere quale strada percorrere: il rito abbreviato oppure la corte di assise. I legali del poliziotto stanno valutando anche una terza via da percorrere, ma in questo caso sarebbe decisivo il parere del Gip: rito abbreviato condizionato all’audizione di alcuni testi. Una via di mezzo per tentare di confutare le tesi dell’accusa con testimoni a favore che dovrebbero mettere in dubbio le dichiarazioni raccolte dal pm Ledda e alcune deduzioni delle perizie, in cui si parla di proiettile leggermente deviato dalla rete, ma esploso comunque “dritto per dritto, ad altezza d’uomo”. D’altra parte, bisogna aspettarselo che anche nel caso di Gabriele Sandri arrivasse la solita storia del proiettile deviato. Infatti, quando a sparare e uccidere sono le forze dell’ordine come prima cosa esce sempre fuori il “colpo sparato per sbaglio”, la “fatalità” o, appunto, la “deviazione” frutto di sassi che volano o di reti metalliche.
Fa discutere però la scelta del perito balistico, il catanese Domenico Compagnini. Fa discutere, perché questo signore è lo stesso che si trova in tutte queste storie controverse come l’uccisione di Carlo Giuliani e Marta Russo. O ancora, ha seguito i casi della morte di Nicola Calipari e di recente lo troviamo anche nel processo alla brigatista Nadia Lioce. E purtroppo ogni volta che in Italia ci troviamo davanti alle “coincidenze” viene subito da pensare che ci sia qualcosa di strano sotto. Basta digitare il suo nome su un qualsiasi motore di ricerca per scoprire il suo curriculum.
Come si legge sul sito comedonchisciotte.org, Compagnini risulta uno fra i soli cinque periti balistici italiani che possono fregiarsi del diploma rilasciato dalla Forensic Science Society, l’unica certificazione di questo tipo a livello europeo. A rilasciare il titolo è la Strathclyde University, socia a sua volta dell’European network of forensic science institutes, che riunisce gli istituti forensi di 18 Paesi europei. Fra i suoi soci italiani, il Servizio Polizia Scientifica ed il Racis, da cui dipendono i reparti Ris dei carabinieri che troviamo regolarmente sulla scena del crimine.
Fin qui sembrerebbe un importante luminare del suo campo. E la sua fama non è stata appannata neanche da una storia, anche in questo caso, molto dubbia. Lasciamo parlare le dichiarazioni del superpentito Antonino Calderone, verbalizzate dalla Commissione parlamentare antimafia, presieduta all’epoca da Luciano Violante. “Una sera – ha raccontato Calderone - mi trovavo in una saletta d’aspetto dell’impresa Costanzo per parlare con uno dei nipoti (doveva affidare del lavoro alla mia impresa di movimento-terra). E’ venuto il dottor Domenico Compagnini che si occupa di balistica, tanto che aveva libero accesso ai documenti dei carabinieri, almeno allora, ora non lo so. (…) Mi ha detto: “Lei non sa niente?”. Ho risposto di no e lui ha aggiunto che erano stati emessi i mandati di cattura per mio cugino, Ferrera Giuseppe e tanti altri. Non gli ho detto che ce ne eravamo occupati ma mi sono chiesto come mai, dato che ci avevano assicurato di aver depennato i nomi. Di Ferrera Giuseppe non ne sapevo nulla. Ho informato De Luca di quanto mi aveva riferito il dottor Compagnini (con il quale ero in buoni rapporti, andavamo a caccia insieme e gli avevo regalato una pistola)”.
Ovviamente le dichiarazioni frutto del pentitismo non possono essere considerate la verità assoluta. Quello che stupisce, però, è che su questi ed altri dettagli forniti agli inquirenti da Calderone in merito al rapporto con Domenico Compagnini, l’inchiesta della magistratura non ha poi prodotto, nei confronti dell’esperto di balistica, nessuna imputazione. La storia, poi, non finisce qui. Sempre sul sito che prende il nome dal cavaliere di Cervantes, viene riportata un’Ansa del 2 novembre 1999: “La procura di Catania, a metà degli anni Novanta, chiese e ottenne l’archiviazione del fascicolo del perito balistico Domenico Compagnini, indagato nell’ambito dell’inchiesta sulla cosca Santapaola. A conclusione delle indagini Compagnini ha continuato ad essere nominato come perito d’ufficio in delicati processi come quello per l’uccisione dell’avvocato Serafino Famà, per il delitto del giudice Livatino e per l’omicidio del sindaco di Firenze Lando Conti, ucciso dalle Br nel 1986”. “Della sua abilità – si legge ancora - si servì anche il boss Benedetto Santapaola che lo nominò perito di parte nel processo per la strage in cui morì Carlo Alberto Dalla Chiesa”.
Ribadiamo, tutto questo può non significare nulla. Come i sassi che volavano in piazza Alimonda o la rete che guarda caso è stata colpita da Spaccarotella. Ma non si poteva forse nominare un perito, come dire, meno chiacchierato?

Articolo di Tommaso Della Longa, tratto da Rinascita.