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  1. #71
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    GRANDI INTESE O GRANDI ELUSIONI FISCALI?

    di Tito Boeri e Pietro Garibaldi 20.05.2008 Si profila all'orizzonte un grande accordo sulla detassazione dello straordinario e delle componenti variabili del salario. Sarebbero d'accordo tutti: dalla maggioranza all'opposizione, da Confindustria al sindacato. Nelle migliori intenzioni dovrebbe servire a rafforzare il decentramento della contrattazione salariale e un più forte legame dei salari con la produttività. Ma vi sono grandi rischi di elusione fiscale. Non a caso il Governo sta predisponendo tanti paletti, complicando ulteriormente il sistema fiscale. E per decentrare la contrattazione non c'è alcun bisogno di sgravi fiscali. Meglio sarebbe tagliare le tasse sul lavoro per tutti e riformare davvero la contrattazione.

    Per un paese come l’Italia, che ha una pressione fiscale al 43 per cento, tagliare le tasse, specialmente quando i tagli sono finanziati con diminuzione di spesa, fa bene alla produttività. Questo semplice principio, tuttavia, non significa che qualunque riduzione fiscale sia appropriata.
    CONVERGENZE PERICOLOSE
    Nei prossimi giorni verrà approvata una riduzione del prelievo fiscale e contributivo sul lavoro straordinario e sulle cosiddette parti variabili del salario. L’operazione, caldeggiata dal neo-ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, sembra trovare l’accordo di tutti, dalla maggioranza all’opposizione, dal sindacato a Confindustria. È un bene che siano, per una volta, tutti d’accordo. Ma rischia di trasformarsi in un incentivo a una massiccia operazione di elusione fiscale, a favore soprattutto delle imprese del Nord, che verrebbe pagata da tutti gli altri contribuenti. Vediamo perché.
    Una volta introdotto un regime di favore (si parla di una cedolare secca del 10 per cento) per le componenti variabili del salario, i datori di lavoro e i dipendenti vorranno trasferire gran parte della propria contribuzione dalla parte fissa a quella variabile. Oggi per ogni 100 euro in più destinati al lavoratore medio, circa 30 vanno alle tasse e altri 30 ai contributi sociali. A questi lavoratori, e ai loro datori di lavoro, non sembrerà vero di poter accedere a un prelievo di soli 10 euro per ogni cento di retribuzione. Le asimmetrie nei due regimi sono troppo forti per non incentivare un massiccio trasferimento di base imponibile dall’uno all’altro.
    Non a caso il Governo sembra ora intenzionato a introdurre una serie di paletti legati al cumulo massimo di reddito, al limite per individuo e all’applicabilità del provvedimento al fine delle addizionali regionali. Si profila un provvedimento da azzeccarbugli, che complicherà ulteriormente uno dei sistemi fiscali più ingarbugliati del mondo. Ci piacerebbe sentire il parere del ministro per la semplificazione legislativa, Calderoli: ha in mente un termine efficace per definire questa legge?
    La giustificazione offerta per questo provvedimento è che dovrebbe servire a favorire il decentramento della contrattazione salariale e un più stretto legame fra salario e produttività. È un obiettivo condivisibile, ma lo strumento è sbagliato. Per rafforzare il legame fra salario e produttività, e fra salario e condizioni locali del mercato del lavoro, basta riformare davvero la contrattazione salariale. Non c’è bisogno di far pagare il contribuente. Dopo l’accordo raggiunto dai sindacati il Primo Maggio, è una riforma che può avvenire senza coinvolgere il governo. È giusto che sia così: gli assetti contrattuali sono materia di confronto fra le parti sociali. Bene che si tuteli la loro autonomia.
    IL DOCUMENTO DEL SINDACATO
    Dopo una gestazione quasi decennale è finalmente arrivata la proposta sindacale sulla riforma del sistema contrattuale. Vuole rimediare a patologie del nostro sistema contrattuale diventate ormai insostenibili. La parte più innovativa del documento è l’accordo sulla rappresentanza. Rafforzerà la democrazia nel sindacato e lo spingerà a radicarsi di più sui posti di lavoro anziché trasformarsi in organizzazione partitica e con grande burocrazia centrale. Nel documento vi sono anche importanti aperture al decentramento della contrattazione. Ma si invoca l’intervento di sgravi fiscali per legare il salario alla produttività e si propone di introdurre un nuovo livello di contrattazione – la contrattazione territoriale – in aggiunta agli attuali due livelli esistenti (nazionale e impresa per impresa), col rischio di appesantire ulteriormente assetti contrattuali che hanno ampiamente mostrato di funzionare con una insostenibile lentezza, lasciando milioni di lavoratori con contratti scaduti. Ma procediamo per gradi. Vediamo prima perché è importante decentrare la contrattazione e poi come farlo anche in assenza di sgravi fiscali e di un nuovo livello di contrattazione.
    PERCHÉ SERVE DECENTRARE LA CONTRATTAZIONE
    Molte fonti statistiche convergono nel dimostrare che c’è una crescente eterogeneità nella performance delle imprese in Italia. Alcune raggiungono livelli di efficienza molto forti, riuscendo a competere con successo in mercati altamente concorrenziali. Altre imprese, invece, faticano a raggiungere livelli di efficienza. Oggi la struttura salariale italiana è largamente basata su scatti automatici legati all’anzianità che, oltre a penalizzare i giovani e a incentivare il prepensionamento dei lavoratori più anziani, finiscono per “sottopagare” i lavoratori delle imprese più dinamiche e per spingere verso il lavoro sommerso quelle meno efficienti. Inoltre, la contrattazione centralizzata ha impedito in questi anni lo spostamento di forza lavoro da imprese a bassa produttività a imprese a più alta produttività e gli investimenti nel Mezzogiorno.
    I dati (finalmente!) resi pubblici dall’Istat sul costo della vita per macro aree ci permettono di valutare meglio i paradossi della contrattazione centralizzata in un paese eterogeneo come l’Italia. I salari più alti (a parità di potere d’acquisto) vengono oggi offerti in due regioni, la Campania e il Molise, che vantano il primato negativo dei tassi di occupazione più bassi della penisola: attorno al 35 per cento nel primo caso e di poco superiore al 40 per cento nel secondo. La Campania è anche la regione italiana, dopo la Sicilia, con il tasso di disoccupazione più elevato.
    COME COPRIRE LE PICCOLE IMPRESE
    Il decentramento della contrattazione dovrebbe favorire un adeguamento dei salari sia alla produttività che al costo della vita locale, rimediando ai paradossi della contrattazione centralizzata. Ma il problema è che il tessuto produttivo italiano è principalmente composto da piccole imprese, in cui oggi non è presente alcuna organizzazione sindacale e dove, dunque, è difficile che si possa svolgere alcuna contrattazione. Decentrando la contrattazione si rischia così di lasciare i lavoratori delle piccole imprese senza contratto.
    Per risolvere il problema, il documento approvato dai sindacati prevede il rilancio della contrattazione territoriale. Ma non c’è alcun bisogno di aggiungere un terzo livello negoziale per coprire i lavoratori delle piccole imprese e per legare il salario alla produttività. Basta stabilire a livello nazionale settore per settore, una regola che leghi il salario all’andamento della produttività aziendale, da applicare ex-post alle imprese in cui durante il periodo coperto dal contratto nazionale non sia stato possibile sottoscrivere un contratto di secondo livello. Ad esempio, nelle imprese industriali, la regola potrebbe consistere nell’aumentare i salari in proporzione del 50 per cento dell’incremento del reddito lordo operativo pro-capite (al netto dell’inflazione). Ovviamente l’aumento varierà da impresa a impresa e finirà per premiare i lavoratori in virtù degli incrementi di produttività aziendali.
    BENE TENERE DISTINTI I DUE RUOLI
    L’inciucio che si profila all’orizzonte sugli sgravi fiscali è un esempio di una concezione sbagliata del rapporto fra governo e parti sociali. Bene che le parti si accordino sulle regole fondamentali del modello di relazioni industriali. Queste regole, devono trovare fondamento e validità indipendentemente da eventuali incentivi fiscali. Se l’unica ragion d’essere del nuovo accordo fosse uno sgravio fiscale, significherebbe che in realtà di nuovo non vi è quasi nulla. Al contempo se il governo (magari col sostegno dell’opposizione) vuole ridurre il prelievo sul lavoro, bene che tenga conto di tutti i contribuenti, non solo di chi potrà beneficiare di quella che si annuncia come una gigantesca operazione di collusione fra Confindustria e sindacati nel far pagare le tasse agli altri contribuenti.

    http://www.lavoce.info/articoli/pagina1000420.html

  2. #72
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    L'IRPEF SENZA GLI STRAORDINARI

    di Maria Cecilia Guerra 20.05.2008 La detassazione degli straordinari modifica in modo significativo la fisionomia del più importante tributo italiano. Perciò, non bisogna solo capire se gli obiettivi siano giusti, ma anche se lo strumento individuato sia il più corretto. L'agevolazione fiscale persegue finalità che si prestano a non poche obiezioni, dà risultati iniqui, contrasta con principi cardine del sistema d'imposizione personale del reddito, risponde solo parzialmente a un possibile effetto di inefficienza che riguarda una parte esigua dei soggetti coinvolti e favorisce fenomeni elusivi.

    Gli interventi sull’Irpef, preannunciati per il prossimo Consiglio dei ministri, modificano in modo significativo la fisionomia del più importante tributo del nostro ordinamento, mettendone a repentaglio il disegno e rischiando di rendere l’Irpef un’imposta incomprensibile.
    Per valutarli, quindi, non è solo importante capire se gli obiettivi perseguiti siano giusti, ma anche se lo strumento individuato, l’agevolazione fiscale, sia quello più corretto.
    Prima di tutto va chiarito che le detassazioni proposte non sono finalizzate a sostenere i salari in via generalizzata. Per questo fine lo strumento fiscale più adeguato sarebbe l’aumento della detrazione per lavoro dipendente, che avrebbe il pregio di riguardare anche i collaboratori a progetto, spesso i più giovani, i quali sono esclusi dalle misure in discussione.
    Si propone invece di detassare le componenti variabili della retribuzione, quelle cioè che si percepiscono solo a condizione di lavorare più ore (straordinari) o di riuscire a ottenere che l’impresa condivida con il lavoratore un risultato aziendale positivo (premi di risultato).
    COMPONENTI VARIABILI E ALIQUOTA MARGINALE EFFETTIVA
    Si dice che si interviene sulle parti variabili del salario perché, essendo l’imposta progressiva, le componenti aggiuntive sono tassate ad aliquote marginali più elevate. In particolare nei dibattiti televisivi si sente dire che in molti casi su queste quote retributive si paga il 38 per cento invece del 32 per cento.Èproprio vero?
    La misura sarà presumibilmente rivolta ai lavoratori dipendenti con reddito complessivo non superiore ai 35mila euro, che, secondo gli ultimi dati a disposizione relativi al 2005 (e senza contare eventuali esclusioni del pubblico impiego) sono circa 17,7 milioni.
    Va subito chiarito che 3,8 milioni di questi non sono interessati dalla agevolazione perché sono già esenti da tassazione, avendo un reddito inferiore agli 8mila euro. (1) La platea dei lavoratori potenzialmente interessati alla manovra si riduce quindi a 13,9 milioni di soggetti. Di questi, circa 12,2 milioni hanno un reddito al di sotto dei 27.500 euro. Per tutti questi, ogni euro in più guadagnato è sempre tassato allo stesso modo: il 30,34 per cento. Non vi è quindi nessuna necessità di intervenire sulla tassazione del reddito marginale (straordinari e premio di risultato) per compensare un brusco innalzamento del prelievo che gravi specificamente su queste componenti. Un brusco innalzamento si verifica solo per quei soggetti che, eventualmente anche perché aggiungono al proprio salario normale parti variabili, superano la soglia dei 28mila euro, e arrivano, quindi, a un’aliquota marginale effettiva decisamente più alta (superiore al 40 per cento). Si tratta di circa 1,7 milioni di lavoratori.
    Ma se il problema è questo non sarebbe meglio intervenire, secondo le linee tracciate anche nel libro bianco sull’Irpef, sulla scala delle aliquote, rendendo più morbido il passaggio fra il secondo e il terzo scaglione dell’Irpef per tutti, e non solo per chi fa gli straordinari?
    ALCUNE REGOLE DELLA TASSAZIONE SUI REDDITI
    Se il provvedimento verrà adottato la nostra Irpef violerà tre importanti regole della tassazione dei redditi.
    1) Due soggetti che hanno lo stesso reddito dovrebbero essere tassati nello stesso modo.
    E invece avverrà che se due soggetti hanno lo stesso reddito di lavoro dipendente, quello per il quale una componente deriva da straordinari o premi sarà tassato meno dell’altro.
    2) La tassazione non dovrebbe alterare la scala dei redditi. Se prima dell’imposta Aldo ha un reddito più alto di Giovanni, l’imposta può ridurre la distanza fra i due, ma non dovrebbe fare sì che dopo l’imposta Giovanni sia più ricco di Aldo. Ed è invece proprio quello che potrà avvenire con il nuovo sistema di tassazione, se Giovanni fa straordinari o gli viene riconosciuto un premio di risultato.
    3) Se due redditi hanno uguale natura (per esempio, sono entrambi redditi di lavoro dipendente, come il salario normale e il reddito da straordinari) bisognerebbe tassarli secondo le stesse regole, se no si incentivano comportamenti elusivi, e cioè comportamenti con cui si trasforma fittiziamente l’uno nell’altro, senza cambiare il risultato economico pre-imposta, ma al solo scopo di ridurre l’imposta da pagare.
    PERCHÉ DETASSARE GLI STRAORDINARI?
    Non solo lo strumento utilizzato, ma anche gli obiettivi perseguiti sollevano alcune perplessità.
    Per spiegare perché si vuole riconoscere un trattamento di favore per gli straordinari bisognerebbe spiegare, prima di tutto, perché sia un bene, per la collettività che rinuncia a parte del gettito, che i lavoratori facciano degli straordinari.
    Gli straordinari contribuiscono a dare maggiore flessibilità all’impresa per rispondere a picchi temporanei di domanda.Ègiusto allora che non siano fiscalmente penalizzati e la penalizzazione contributiva, che esisteva fino a pochi mesi fa, è stata rimossa dalla legge attutiva del protocollo sul welfare. Ma perché agevolarli? Una motivazione potrebbe essere che se i lavoratori già occupati lavorano più ore si avrà un aumento del Pil che farà stare tutti meglio. Èuna visione molto riduttiva del benessere sociale, che dimentica, ad esempio, come a esso concorra anche il tempo dedicato agli investimenti nella propria crescita culturale (capitale umano) e alla partecipazione all’educazione dei figli e alla vita sociale (capitale sociale) a cui gli straordinari sottraggono tempo ed energia. Ma anche a prescindere da queste considerazioni, ci sono tanti altri esempi in cui un lavoratore lavora di più, e non si prevede di detassarlo: passa dal part time al lavoro a tempo pieno (come avviene per molte donne dopo la maternità); viene assunto per la prima volta (un giovane) o dopo un periodo di inattività (un disoccupato); lavora di più perché ha un contratto con orario flessibile che non qualifica come straordinario l’erogazione aggiuntiva di ore di lavoro in periodi di alta produzione. Per tutti questi lavoratori che incrementano le ore lavorate, in via temporanea o permanente, nessun premio è previsto. La logica del provvedimento sfugge.
    PERCHÉ DETASSARE I PREMI DI RISULTATO?
    Nel caso del premio di risultato, l’obiettivo non è quello di incentivare il maggior prodotto che richiede maggior lavoro, ma il maggior valore aggiunto che si ottiene lavorando lo stesso numero di ore (produttività). Un maggior valore aggiunto non è però necessariamente il risultato di uno sforzo volontario e meritevole del singolo lavoratore (che andrebbe comunque premiato non in sede fiscale ma in sede di contrattazione decentrata), dipende generalmente da processi innovativi, anche nella stessa organizzazione del lavoro, che non sono sotto il suo controllo. Potrebbe dipendere da una minore esposizione dell’impresa agli aumenti dei costi delle materie prime importate, o dall’andamento favorevole della domanda mondiale in un particolare settore. Ègiusto che i lavoratori siano fatti parte di questi migliori risultati aziendali, qualunque ne sia la causa, ma perché premiarli fiscalmente, rispetto a lavoratori che operano in aziende più esposte alla concorrenza estera, o più dipendenti dai prezzi all’importazione? Perché penalizzare i lavoratori che hanno minore forza contrattuale per ottenere riconoscimenti legati ai risultati?
    Se poi si pensa ai premi di produzione individuali, non decisi contrattualmente, perché dare al datore di lavoro la possibilità di “comporre” i salari dei propri dipendenti in modo tale da minimizzare il carico fiscale per alcuni e non per altri?
    In conclusione, l’agevolazione proposta non solo persegue obiettivi che si prestano a non poche obiezioni, ma dà anche risultati iniqui, contrasta con alcuni principi cardine del sistema d'imposizione personale del reddito, risponde solo parzialmente a un possibile effetto di inefficienza che riguarda una parte esigua dei soggetti coinvolti e favorisce fenomeni elusivi.
    (1) In realtà la stima è molto conservativa, perché per i lavoratori con carichi di famiglia la soglia di esenzione cresce rapidamente ed è ad esempio di quasi 13mila euro nel caso di un lavoratore con due figli a carico.

    http://www.lavoce.info/articoli/pagina1000419.html

  3. #73
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    Citazione Originariamente Scritto da Mat Kava Visualizza Messaggio
    Buono il fatto che gli straordinari sian detassati entro certi limiti.
    Sensato il fatto che non abbian ancora detassato quelli per la PA (dal loro punto di vista almeno, ovvio che se vai verso una riforma completa del sistema PA non fai interventi marginali prima che tanto poi cancelli).

    Rimane il problema della loro reale efficacia e il rischio di effetto boomerang in caso di ripresa della domanda, ovvero che agiscano come freno alla creazione di nuova occupazione.
    Alla fine una riforma che a vista mi pare abbastanza nè carne nè pesce, per venire incontro ad una confindustria che necessitava di una boccata di ossigeno. Sarebbe interessante anche capire quanto va al lavoratore e quanto alla azienda esattamente.
    mica mi e' chiaro cosa ci abbia guadagnato confindustria...

  4. #74
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    Citazione Originariamente Scritto da MetaPapero Visualizza Messaggio
    mica mi e' chiaro cosa ci abbia guadagnato confindustria...
    Breve Periodo : nulla se non l'avere scongiurato interventi sui redditi che rischiavan d'essere anche a loro spese.
    Lungo Periodo : contenimento salariale e riduzione del costo reale del lavoro per l'impresa.

  5. #75
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    Veltroni: 'Detassare straordinari
    anche per statali e forze dell'ordine'



    http://www.repubblica.it/2008/05/sez...aordinari.html

    ROMA - "Correggere il decreto sulla detassazione degli straordinari includendo anche il pubblico impiego e in particolare le forze dell'ordine". Il segretario del Partito democratico, Walter Veltroni, torna ad attaccare l'esecutivo, chiedendo di estendere gli sgravi fiscali anche alle categorie escluse dal provvedimento.

    "Un intervento legislativo che discrimina i lavoratori del pubblico impiego- sottolinea Veltroni- e' a forte rischio di incostituzionalita'". C'e' poi "una ragione di merito: per quale motivo non bisogna risconoscere i diritti di infermieri, insegnanti, e forze dell'ordine e di polizia, equiparandoli a quelli dei lavoratori del settore privato?".

    Veltroni precisa che in ogni caso, il Pd "ritiene che invece della detassazione degli straordinari sarebbe stato meglio incidere sulla contrattazione di secondo livello, senza escludere quindi donne, precari, pubblico impiego".

    Il segretario del Pd, infine, sottolinea che "a piu' di una settimana dall'approvazione, ancora non si conosce il testo del decreto sulla detassazione. Un particolare in aperta contraddizione con i requisiti di necessita' e urgenza che motivano lo strumento del decreto".

  6. #76
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    Donne e precari non sono esclusi ex-lege. Ed i precari ne fanno anche un discreto tot. di straordinari che io sappia (però non so qui dirvi se sian fuori busta o meno).

    Sull'esclusione della Pubblico Impiego, Veltroni a mio dire toppa. C'è una seria motivazione politica: si apprestano a riformare l'intero comparto delle PA ed effettivamente è plausibile che cambiamenti al salario delle PA arriveranno con tale riforma.
    Sull'incostituzionalità Veltroni sbaglia mi sa.

  7. #77
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    Citazione Originariamente Scritto da Mat Kava Visualizza Messaggio
    Donne e precari non sono esclusi ex-lege. Ed i precari ne fanno anche un discreto tot. di straordinari che io sappia (però non so qui dirvi se sian fuori busta o meno).

    Sull'esclusione della Pubblico Impiego, Veltroni a mio dire toppa. C'è una seria motivazione politica: si apprestano a riformare l'intero comparto delle PA ed effettivamente è plausibile che cambiamenti al salario delle PA arriveranno con tale riforma.
    Sull'incostituzionalità Veltroni sbaglia mi sa.
    non so dove hai preso la news che vogliono cambiare il comparto PA e comunque non mi sembra valida come scusa visto che i contratti privati quelli si sono in via di ristrutturazione e loro detassano gli straordinari.

    Detto questo capisco che per chi lavora in ufficio non ha molto senso la detassazione degli straordinari ma penso che per insegnanti, infermieri e poliziotti la cosa di senso ne ha parecchio, anche perche', per come e' strutturata la detassazione questa non comporta alcun aumento di produttivita'/riduzione costo del lavoro. Per cui: se io infermiere mi faccio il culo in ospedale, perche' il mio lavoro deve essere valutato meno di quello di un programmatore java?

    Sulla costituzionalita' non so', pero', per come e' strutturato non e' un atto legislativo particolarmente razionale, anzi....

    Alla fin fine si limita a dare un po' di soldi ai lavoratori (per 6 mesi). Non che sia male, ma e' estemporaneo come quello dell'ICI

  8. #78
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    Citazione Originariamente Scritto da MetaPapero Visualizza Messaggio
    non so dove hai preso la news che vogliono cambiare il comparto PA e comunque non mi sembra valida come scusa visto che i contratti privati quelli si sono in via di ristrutturazione e loro detassano gli straordinari.
    http://www.adnkronos.com/IGN/Economi...1.0.2200261618

    Ha chiamato i sindacati per discutere di come riformare il sistema.

    E la Lanzillotta s'è pure arrabbiata oggi al riguardo: http://notizie.alice.it/notizie/poli...,14950324.html



    Detto questo capisco che per chi lavora in ufficio non ha molto senso la detassazione degli straordinari ma penso che per insegnanti, infermieri e poliziotti la cosa di senso ne ha parecchio, anche perche', per come e' strutturata la detassazione questa non comporta alcun aumento di produttivita'/riduzione costo del lavoro. Per cui: se io infermiere mi faccio il culo in ospedale, perche' il mio lavoro deve essere valutato meno di quello di un programmatore java?
    Lo sappiamo io e te che non comporta aumento della produttività. Confindustria e Governo ritengono invece che la produttività aumenterà. Insomma, come sperimentazione è abbastanza coerente con ciò che loro voglion testare. Che non è: più soldi ai lavoratori, ma più produttività tramite l'uso della flessibilità oraria.
    Il che si rivelerà un flop. Però lo si dovrebbe incalzare su questo, non sul: "date i soldi anche ai dipendenti pubblici", con tra parentesi: che son l'ultima categoria sociale che c'è rimasta a votarci.

    Sulla costituzionalita' non so', pero', per come e' strutturato non e' un atto legislativo particolarmente razionale, anzi....
    Se non è ancora uscito il testo è difficile discuterne la razionalità.


    Alla fin fine si limita a dare un po' di soldi ai lavoratori (per 6 mesi). Non che sia male, ma e' estemporaneo come quello dell'ICI
    Beh, è una scelta sperimentale. La montagna ha partorito il topolino.

 

 
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