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Discussione: La razza ariana

  1. #21
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    Citazione Originariamente Scritto da el Doge 91 Visualizza Messaggio
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  2. #22
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    bombacci ma tu sei razzista o no?

  3. #23
    Klearchos
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    I LATI OSCURI DEL TERZO REICH
    TRA OCCULTISMO ED ASTROLOGIA di STEFANIA MAFFEO Fenomeni complessi come il movimento nazista ed il Reich hitleriano sono stati analizzati da ogni angolatura, ma è interessante riprendere un aspetto forse meno approfondito del nazional-socialismo, che andò oltre quelli che erano gli interessi volti a creare un grande impero millenario e che assunse contorni occulti, macabri, circondati da un alone di mistero, tali da alimentare, ancora di più, i lati oscuri del già tetro mondo della svastica.

    Tragica raffigurazione di HitlerEsoterismo, occultismo, astrologia, mistica esoterica, alchimia (i colori ufficiali del vessillo nazista sono i colori sacri dell’alchimia: nero, rosso e bianco): queste voci che si intrecciano intorno all’ideologia nazista fanno parte di una filosofia che ha contribuito in misura rilevante alla formazione culturale di Hitler e dei suoi gerarchi; queste espressioni di modi di essere e di tentativi di approccio alla realtà avevano caratteristiche differenziate, ma, al contempo, erano unite dal comune denominatore dell’irrazionalità.
    In una Germania devastata dalla sconfitta nella Grande Guerra, una parte dell’élite nazista (Hess, Rosenberg, Himmler, Frank, Goebbels, Goring) si ritrovò a contatto con personaggi e sette di natura occulta, predicanti strane teorie ed illustranti convulsi presagi, che sconfinavano nel mondo del paranormale e che prevedevano l’avvento di una razza ariana superiore e dominatrice, trascinata da un suo illustre figlio e destinata a decidere i destini del mondo.
    Alcune radici ideologiche del partito nazional-socialista affondano profondamente in questi aspetti di cultura esoterica che erano stati sconfitti, ma non cancellati, dal pensiero scientifico del Cinquecento, Seicento e dell’Illuminismo. Questo non esclude che senza la frustrazione seguita alla sconfitta; senza la crisi economica del 1929, che interruppe un periodo di ripresa; senza le debolezze strutturali del liberalismo tedesco; senza la disoccupazione di massa; senza gli errori politici dei comunisti della III Internazionale con la teoria del social-fascismo e della socialdemocrazia, con la sottovalutazione dei propositi reazionari dei militari, il nazismo non sarebbe giunto al potere.

    In altre parole, nella Germania uscita sconfitta ed umiliata dal primo conflitto mondiale, si presentavano quelle condizioni culturali irrinunciabili allo sviluppo dell’occultismo di massa, ossia una grande incertezza e sfiducia nella vita. La mancanza di alternative spinge spesso un popolo verso credenze irrazionali. Un profondo alone di mistero circonda, quindi, il Terzo Reich ed il suo vate Hitler, ideatore di un nazismo i cui timori andavano oltre quel mostruoso apparato militare messo in piedi dalla Germania, oltre quei terrificanti crimini commessi dagli uomini con la svastica, fino a sconfinare in una dimensione proibita, che superava i limiti della realtà.
    Per capire esattamente - anche dal punto di vista storico - le radici esoteriche del nazismo, occorre inquadrare il clima tipico, la temperie culturale, che si erano andati sviluppando in quegli anni in Europa. Sin dalla fine dell’Ottocento si discuteva sulla possibile ubicazione della mitica Atlantide: l’intreccio tra la fantageografia di Platone e Scott Elliot (membro della Società Teosofica, fondata nel 1873 a New York da Madame Blavatskij, che predicava una “dottrina segreta”, una sorta di controstoria dell’umanità che comportava la trasmissione di messaggi e di qualità particolari ad una cerchia di iniziati e di grandi maestri del passato), che la situavano in Groenlandia, e l’antica convinzione che la culla dell’umanità fossero le catene montuose tra l’India ed il Tibet, fece collocare in quest’ultima regione Sham bha lah, città capitale del mitico regno di Agharti e sede di maghi buoni e dell’antica sapienza.

    Un esploratore serio ed apprezzato come lo svedese Sven Hedin si spinse, tra il 1899 ed il 1902, alla ricerca delle terre degli Arii e della leggendaria Sham bha lah e poi divenne sostenitore della guerra hitleriana. Per ampliare il campo e risalire alle origini della fantastoria non si può tralasciare l’esperienza francese, con le teorie razziste di Gobineau, autore del Saggio sull’ineguaglianza delle razze umane, considerato da Richard Wagner un vero e proprio Vangelo nei suoi cenacoli (Hitler fu un grande ammiratore di una sua opera minore: Rienzi, che narrava la storia di un tribuno del popolo che cade tragicamente vittima dell’incomprensione del mondo circostante; di Wagner apprezzava anche il suo vegetarianesimo, credendo che l’umanità dovesse redimersi mediante l’uso di alimenti esclusivamente vegetali).
    Il suo seguace Ludwig Schemann fondò in Germania la Società Gobineau per propagandarne le tesi, ancor di più sostenute dal genero inglese di Wagner, Houston Steward Chamberlain. Questo testimonia come, negli ultimi decenni del XIX secolo e fino al primo conflitto mondiale, sorsero in Germania ed in Austria associazioni e cenacoli che avevano analogie in Inghilterra e la cui caratteristica consisteva nel ritenersi depositari di un’antica sapienza primordiale che, in alcune sue manifestazioni, sfociava nell’esoterismo, nel magismo, nell’occultismo. Nel 1867 un gruppo di studenti liceali viennesi fondava la Die Telyn, associazione con il nome di un’arpa i cui suoni paramagici esprimevano la creatività delle popolazioni celtiche del Galles meridionale durante i periodici festival poetici.

    Pietra con caratteri runiciIn questo gruppo militavano i futuri fondatori della socialdemocrazia austriaca, ma anche giovani entusiasti, ammiratori di Nietzsche e di Wagner che, per qualche anno, collaborarono con Georg Ritter von Schonerer, il fondatore del movimento pangermanista al quale Hitler si richiamò nel Mein Kampf. Così scrive George Mosse: “Il più influente dei gruppi occultistici fu quello che si costituì a Vienna, nei due ultimi decenni del XIX secolo, avendo a mentore Guido von List, un erudito austriaco ossessionato dal desiderio di provare che Vienna era stata la città santa dell’antichità…
    Egli operava una commistione di natura e storia, ove la prima era intesa quale guida divina dalla quale promanava un’incessante forza vitale. Quanto più una cosa era vicina alla natura, tanto più era vera; il passato ariano tedesco era vicinissimo a tutto ciò che era vero….Ma questa comprensione del passato richiedeva una più profonda iniziazione: era necessario che l’individuo si accostasse all’elemento più genuino della forza vitale, all’antica sapienza germanica. Essa tuttora esisteva, pregna ancora di forza vitale, sia pure in stato di letargo e compito di storici e germanisti era farla rivivere. …List si vantava di aver ritrovato il kala, il linguaggio segreto degli antichi germani; poiché alcune delle parole kala ricorrevano nella Cabala; List affermava che esse erano il frutto della sapienza germanica. Come madame Blavatskij, List si affermava in possesso di una scienza segreta che, per mezzo della forza vitale, svelava il passato.
    Questa sua affinità con la teosofia era resa evidente dalla sua credenza che tutte le impressioni necessariamente provenissero da un mondo extrasensoriale e dalla sua fede nella possibilità di comunicare con gli spiriti di età passate…List condivideva con madame Blavatskij il concetto di karma, come è dimostrato dal resoconto del sogno circa il capo messianico da lui fatto pubblicare su Prana, una rivista teosofica tedesca. Le idee di List si diffusero in Germania tramite Alfred Schuler, il cui ambiente era Schwabing, il quartiere degli artisti di Monaco…”
    , ove Hitler trascorse gli anni prima della guerra.

    Dalle rune, i segni di scrittura nell’alfabeto degli antichi popoli nordici, il cui segreto List studiava, proviene la sigla delle SS. La reincarnazione, parte integrante del credo del karma, della rinascita era insita in quel tipo di cultura. È attendibile che Heinrich Himmler, lo spietato organizzatore delle SS, si ritenesse la reincarnazione di Enrico l’Uccellatore, il sovrano che, nel mito wagneriano, accoglie Lohengrin, figlio di Parsifal, sfortunato ricercatore del Graal, che è un’altra componente della cultura che porterà al nazismo. Ne è basilare espressione la rivista “Ostara”, di cui Hitler è assiduo lettore negli anni viennesi (ne richiedeva addirittura degli arretrati). La pubblicazione, fondata nel 1905, prendeva il nome da un’antica dea germanica della primavera ed era diretta da un seguace di List, un frate che aveva lasciato la tonaca, Jorg Lanz von Liebenfels, personalità nota per il suo marcato antisemitismo.
    Questo oscuro personaggio istituì un “castello dell’ordine”, una setta antisemita denominata “L’Ordine dei Nuovi Templari” a Werfenstein, in Austria meridionale, per l’organizzazione di un ordine maschile ario-eroico destinato a divenire l’avanguardia di signori biondi e dagli occhi azzurri nel sanguinoso scontro con le razze inferiori ed impure che adottava, come simbolo, quella stessa svastica (dal sanscrito svastika, da svasti, ossia felicità) che sarebbe divenuta l’emblema del partito nazionalsocialista. Egli predicava la teozoologia: gli dei sarebbero stati le forme di vita superiori, dotati di organi sensoriali che avrebbero loro conferito straordinari poteri, ormai perduti a causa della contaminazione degli uomini dei con gli uomini bestie.

    Ritratto di NostradamusErano una razza estinta, ma l’etnia ariana aveva la possibilità, essendo la più vicina discendente degli uomini dei, di recuperare quei poteri e quelle doti paranormali per dominare il mondo reale, dopo aver preservato, attraverso un processo di selezione genetica e leggi razziali, la purezza della razza, ed eliminato il Cristianesimo, distruttore dell’antico culto ariano, con la sua politica di tutela del debole, che, viceversa, andava soppresso, per impedire una pericolosa contaminazione nei confronti del più forte; Lanz proponeva anche concorsi di bellezza razziali. L’antisemitismo nazista, quindi, aveva una componente legata alla cultura esoterica. Da un lato gli Ebrei erano visti come una specie di non uomini o di sotto-uomini (frequenti le espressioni di Hitler in proposito); dall’altro essi erano temuti come concorrenti in quanto depositari, visti come “degenerati”, di una sapienza originaria, che, in qualche modo, avevano ereditato e distorto.
    Questo secondo aspetto è giunto alla cultura di massa attraverso il film di successo “I predatori dell’arca perduta”, che vede nazisti ed americani in concorrenza per recuperare antichi poteri di geni del male. Prima di proseguire il nostro percorso alla ricerca delle connessioni tra esoterismo e nazismo occorre rifocalizzare l’attenzione sui rapporti tra Germania, Francia ed Inghilterra. La svolta nella politica hitleriana che condusse alla seconda guerra mondiale partì dalla rimilitarizzazione della Renania (febbraio-marzo 1936) non consentita dal Trattato di Versaglia.

    Il mondo rimase stupito dalla mancanza di reazione della Francia (in grado di sconfiggere rapidamente la divisione tedesca mandata sul Reno), che Hitler aveva previsto, contro l’opposta valutazione dello stato maggiore tedesco. Questa previsione si basava sulla convinzione del Fuhrer (espressa nel Mein Kampf) che, diversamente dall’Inghilterra, la quale conservava uno spirito imperiale, la Francia era votata ad un’inarrestabile decadenza, perché dominata dalle influenze ebraiche oltre che massonico-democratiche. A questa valutazione - che apparteneva alla cultura politica tradizionale - Hitler aggiungeva, probabilmente, la convinzione di essere dotato di qualche forma di preveggenza e quella che in Francia esistessero dei gruppi ristretti di formazione culturale “ariana”- era il paese di Gobineau - che potevano appoggiare la sua politica di “restauratore” del ruolo della razza bianca nel mondo.
    Vi erano, inoltre, settori importanti dell’alta borghesia francese che stavano per adottare il motto “Meglio Hitler del fronte popolare” (che si era costituito e si preparava a vincere le elezioni dell’aprile-maggio 1936). Effettivamente, quando scoppiò la guerra, la Francia la combatté senza convinzione sino alla rapida sconfitta del giugno 1940 ed al suo interno si sviluppò un forte movimento per una aperta collaborazione con la Germania. Alla vigilia dell’attacco all’Urss (maggio-giugno 1941) Rudolf Hess si recò in Inghilterra in un’enigmatica missione di pace, ma Churchill non volle parlare con lui.

    Nei propositi del Fuhrer c’era la possibilità di associare al progetto della costruzione di uno spazio eurasiatico la “sorella ariana” Inghilterra. Churchill lo riteneva pura follia, dettata da una cultura occulta la cui presenza egli avvertiva e temeva anche in settori influenti (aristocratici, intellettuali) della società inglese. Riteneva di poter salvare l’Occidente da un pericolo “demoniaco” e sperava anche di salvare l’Impero inglese con l’aiuto degli Stati Uniti (ma, di fatto, non lo salvò). Va anche sottolineato che Churchill, all’inizio della sua carriera politica, avvertì la presenza di una “dottrina segreta”, che ritrovò poi, estremizzata, nel nazismo, ma che sapeva presente pure ai vertici della società inglese ancora nel 1941.
    Churchill era il più intransigente oppositore di ogni politica di intesa con la Germania nazista. La osteggiava con una determinazione che ne fece, agli occhi di Hitler, un nemico personale, che ingiuriava e disprezzava. Churchill divenne il campione della crociata anti-hitleriana perché non ebbe mai esitazioni nel bandirla e lo fece sia perché capiva che il dittatore tedesco aveva progetti non negoziabili (un uomo i cui mezzi erano razionali, ma i fini folli), sia perché riteneva che questi progetti si fondassero su una impostazione culturale non priva di punti di riferimento nella stessa Inghilterra (pur noto per il suo pragmatismo Churchill non esitò a servirsi di Aleister Crowley, il più grande satanista dell’epoca, definito la bestia 666 dell’Apocalisse, al fine di sconfiggere quelli che credeva i macabri ed occulti poteri del Fuhrer della grande Germania).

    Copertina del Leviatano di HobbesLo statista britannico aggiunge, quindi, un’altra tessera al mosaico di indizi sulla cultura esoterica nazista e sulla speranza hitleriana che essa gli potesse fornire interlocutori nel Regno Unito. “Golden Dawn” (alba dorata), “Apostoli di Cambridge”, “Conversation Society”, “Midnight Society”, “Fratellanza pre-Raffaellita”: questi ed altri erano i possibili interlocutori a cui pensava Hess nel maggio 1941. Se vi era veramente un ponte occulto tra Inghilterra e Germania, si possono capire la speranza di Hitler di una pace con la Gran Bretagna ed i presupposti sui quali si basava il viaggio di Hess in Scozia. Ma c’erano in Inghilterra questi interlocutori?
    Lo potevano essere gli eredi delle società segrete, della “Golden Dawn”, dei nuovi templari che i vertici nazisti conoscevano? Hitler forse lo sperava, se la tradizione ariosofista era ritenuta un ponte che univa le due nazioni, che avrebbe consentito ai nazisti di trovare nella patria del Leviatano di Hobbes interlocutori omologhi e diversi dalla classe politica tradizionale. Da qui le errate convinzioni nel 1939 che l’Inghilterra non sarebbe entrata in guerra con la Polonia e, nel 1941, che si sarebbe aperta una via all’intesa se fosse partito l’attacco all’Urss (era come costringere con la forza l’Inghilterra alla pace). Ma il timore dell’espansione comunista era tale da poter indurre la Gran Bretagna ad accettare un’Europa tedesca come baluardo contro l’Est? È da escludere che questa fosse la posizione dei laburisti e dei liberali.

    Poteva essere il punto di vista dei settori del partito conservatore ed anche dell’aristocrazia britannica, forse fino alla famiglia reale. Questi erano, notoriamente, i settori della società inglese su cui puntava Hitler. In realtà, condizionato da una ininterrotta serie di successi anche nelle situazioni meno favorevoli, egli sopravvalutò le sue doti di intuizione (consolidatesi nella cultura esoterica) ritenendosi infallibile. Accadde anche ad altri dittatori di successo, ma, nel nazismo esoterico, ciò poteva essere valutato in termini di maggiore o minore iniziazione, di come andasse gestita l’antica sapienza recuperata.
    Tornando al viaggio di Hess (rimase in Gran Bretagna fino al 10 giugno) per trattare una pace separata con il Duca di Hamilton (è discorde l’opinione degli storici nel ritenere la missione un’iniziativa volontaria o sotto gli ordini del Fuhrer e fu sottolineato ampiamente il suo squilibrio psichico per non attirare l’attenzione sulla sua missione fallita; in realtà si disse di tutto: dalla supposizione che in Inghilterra fosse giunto il sosia di Hess perché era stato ucciso per ordine di Himmler prima del viaggio all’ipotesi che Goring aveva dato l’ordine di abbattere il suo aereo mentre era in volo), esso rappresenta la certezza che Hitler puntava sull’influenza di settori della società inglese legati alla cultura esoterica, anche se tali contatti non ebbero l’esito da lui sperato. Hitler attaccò ugualmente all’Est; Stalin fu messo in guardia da Churchill, ma fu diffidente: anzi, proprio quanto stava accadendo in Inghilterra col viaggio di Hess, lo indusse a diffidare più degli Inglesi che dei Tedeschi.

    Hitler non avrebbe attaccato l’Urss senza essersi assicurato di non essere impegnato su due fronti. Stalin sapeva che il patto di non aggressione del 1939 era solo una tregua, ma non pensava che il Terzo Reich l’avrebbe rotta senza prima essersi assicurato una copertura ad occidente. Due errori paralleli – quello di Hitler e di Stalin – la cui origine è comune: in Inghilterra erano in corso colloqui: poiché non avevano portato a nulla di concreto, Stalin ritenne che Hitler non avrebbe attaccato. Ma poiché si erano svolti, Hitler li riteneva una premessa sufficiente per attaccare e creare un fatto compiuto suscettibile dello sviluppo futuro che auspicava da decenni: un’intesa con l’Inghilterra sulla base di una creazione di un’Eurasia germanica alleata dell’Impero britannico.
    Nella geopolitica (disciplina insegnata presso l’Università di Monaco da Haushofer, fondatore della rivista “Zeitschrift fur Geopolitik”, che ebbe un’influenza determinate per il giovane Hitler rinchiuso in carcere dopo il fallimento del putsch del novembre 1923) dello spazio vitale (Lebensraum) per la conquista della Russia europea, l’astrologia ebbe un ruolo dominante. Era diffusissima nel periodo tra le due guerre e fu studiata da uomini e donne di vara estrazione in Germania. La cultura astrologica era fatta propria anche da scienziati impegnati nella ricerca dell’energia atomica. Le conseguenze della disfatta, con tutti i suoi problemi e le sue incertezze, indussero molti a rivolgersi agli “astri” in cerca di informazioni e pronostici che annunciassero giorni migliori.

    La croce nazista sull’EuropaA Monaco ed a Lipsia si tennero i congressi delle associazioni astrologiche tedesche, rispettivamente nel 1921 e 1922. Anche Hitler (nato a Braunau, città vivaio di medium, argomento sul quale il dibattito era molto acceso negli anni della sua adolescenza) si interessò di astrologia: nei primi mesi del 1920 prese lezioni dall’astrologo ed indovino Hanussen, secondo la testimonianza del suo collega di partito Otto Strasser. Per il futuro Fuhrer (su cui erano celebri le profezie di Elsbeth Ebertin), dunque, l’astrologia (tenuta in grandissima considerazione per la scelta dei giorni in cui attuare operazioni belliche e politiche) era solo un pezzo del mosaico di fantastoria, fantacosmogonia, occultismo ed antiche culture sul quale si basava la sua formazione e quella dei suoi gerarchi (Hess riteneva che l’astrologia fosse una scienza riscoperta da combinare con la geopolitica haushoferiana).
    La stessa cellula embrionale del partito nazional –socialista, nell’agosto del 1918, fu, d’altronde, la misteriosa ed occulta Società di Thule (oltre al Vril, altra società segreta molto influente in Germania), raggruppamento antisemita di estrema destra, una setta che si ricollegava agli insegnamenti di Haushofer ed alle dottrine di Liebenfels. La Thule, fondata da Rudolf Glauer, che poi mutò il nome in Heinrich Von Sebottendorff, era, dunque, una società esoterica infarcita di nazionalismo, di esaltazione per una grande Germania, destinata a risollevarsi ed a conquistare la superiorità razziale del suo popolo.

    La Thule, uno dei cui simboli era il dio barbaro Wotan (infatti, Thule, nella mitologia nordica, è un “antico regno delle nevi”, forse lo stesso artico, ma probabilmente, l’origine è anche da raccordarsi alla località di Thale dove fu svolta il 2 maggio 1914 una grande adunanza dell’Ordine dei Germani, Germanenorden), deformò le idee del buddismo tibetano, di altre istituzioni esoterico-massoniche e di Madame Blavatskij; i suoi adepti miravano, attraverso la telepatia e mediante specifiche e macabre cerimonie, ad entrare in contatto con i rappresentanti della razza eletta. Glauer coltivò il suo grande interesse per il mondo islamico in generale, e per la Turchia in particolare, entrambi minacciati dal bolscevismo: la sua idea era quella di produrre una sorta di “Islam germanico” di stampo razzista con soldati/guerrieri che si opponessero all’Illuminismo tollerante ed umanista nato dalla Rivoluzione Francese.
    Hitler ed il suo movimento forgiarono il loro pensiero e cominciarono la loro scalata proprio all’ombra di questi oscuri personaggi come Glauer; un marchio indelebile che avrebbe avvolto, e tutt’ora avvolge, nel mistero, la storia del nazionalsocialismo, dall’inizio alla fine. Ma, per quanto idee come la magia delle rune di List fossero diffuse, le concezioni esoteriche non potevano essere proposte come programma politico di un partito che puntava ad essere di massa, tanto più quando erano a disposizione argomenti più facilmente popolarizzabili: la pugnalata alle spalle (opera soprattutto di Ebrei) come causa della sconfitta; l’ingiustizia di Versaglia per i territori tedeschi sottratti alla Germania e per le enormi riparazioni di guerra da pagare; le incertezze della classe politica di Weimar; il pericolo comunista.

    Il gruppo di intellettuali della Thule tenne per sé l’esoterismo e l’occultismo e mise in primo piano l’organizzazione politica, entrando in contrasto con il suo fondatore, con la formazione del Dap, il partito nazional –socialista, avente come simbolo la croce uncinata destrogira, scelta da Hitler, a testimonianza della sua influenza nonostante fosse appena giunto nel gruppo di intellettuali, che si erano formati nell’ambito di una cultura ben definita, la quale costituiva il maggior legame tra essi e la ragione per la quale scelsero Hitler come leader. In altre parole, fu la comune convinzione culturale del gruppo nel quale egli si dimostrò particolarmente fornito di caratteristiche che apparivano quasi medianiche che gli fecero assumere la leadership.
    La Thule organizzò Leghe di Combattimento in cui militarono Hess, Rosenberg, Himmler, Frank, Eckart, Bormann, Richter e tanti altri. È in questa cerchia ristretta e sulla base di questa cultura che dal 1933 vengono prese decisioni fatali per la Germania e per l’Europa. Rosenberg e Frank (nel suo diario, in data 10/02/1937, si legge: “Se Cristo apparisse oggi, sarebbe tedesco. Noi siamo strumenti di Dio per la distruzione del male”) ebbero ruoli decisivi nella marcia verso Est, il primo come responsabile nel 1941 dei territori russi occupati ed il secondo già dal 1939 come governatore della Polonia; Hess e gli Haushofer collaborarono a questa strategia con un intreccio di geopolitica ed astrologia; Goring (era un fervente sostenitore della teoria della terra cava di Neupert, secondo la quale la Terra conteneva, al suo interno, tre pianeti delle dimensioni approssimative di Venere, Mercurio e Marte.

    Manifesto delle SSPer verificare questa teoria fu effettuata una spedizione all’isola di Rugen con uno specialista in radiazioni e microonde ed infrarossi, Heinz Fischer, per localizzare la flotta inglese a Scapa Flow, ma, dopo pochi giorni, la spedizione venne smobilitata per gli infruttuosi tentativi e Neupert finì in un campo di concentramento) e Goebbels si interessavano di Nostradamus e di oroscopi (convocò al Ministero della Propaganda lo svizzero Karl Ernst Krafft, che aveva pubblicato un “Trattato sull’astrobiologia”, come interprete di Nostradamus e per analizzare oroscopi, almanacchi e profezie); Himmler adottava cure omeopatiche come Hess e coltivava l’erboristeria per seguire la tradizione wagneriana di un peccato originario che aveva sedotto gli Arii e dal quale occorreva riscattarsi; voleva trasformare le SS in un ordine nel quale l’iniziazione si intrecciava con la spietatezza: le sue idee sulla creazione biologica di una nuova razza derivavano direttamente da Lanz Von Liebenfels.
    In questo clima culturale si formò attorno ad Himmler una cerchia di personaggi famosi e spietati, a partire da Reinhard Heydrich, il numero due delle SS; Rudolph Rahn, autore di testi dell’esoterismo nazista come “Crociata contro il Graal” e “La corte di Lucifero in Europa”; Wolfram Sievers. I tratti culturali tracciati di sopracitati personaggi valgono a confermare la cultura comune di un gruppo passato dalle letture e dai piccoli gruppi esoterici sino all’esperienza della Thule (che si sciolse formalmente nel 1930, l’anno del primo grande successo elettorale del partito da essa derivato, con il 17% dei voti), alla costruzione del partito, alla conquista del potere ed alla gestione del Terzo Reich per la preparazione della grande guerra ariana.

    La cultura esoterica va collegata anche alle vicende degli attentati a cui Hitler sfuggì. A Monaco, l’8 novembre 1939, il Fuhrer lasciò la Burgerbraukeller con qualche minuto di anticipo sull’orario previsto e la bomba scoppiò subito dopo, provocando sette morti e sessantatre feriti (l’astrologo Krafft, che morì nel lager di Buchenwald, aveva previsto il tentativo di assassinio). Questo attentato, che fu solo il primo di quelli preparati dopo la guerra, intensificatisi dopo l’inizio della campagna all’Est, fu opera di George Esler, arrestato pochi giorni dopo, e, secondo la storiografia ufficiale, agì da solo. Hitler scampò anche all’ “Operazione Walkiria”, ossia all’attentato di Rastenburg del 20 luglio 1944, ma morì come avrebbe preferito, non avendo vinto: il comunicato ufficiale lo disse caduto mentre difendeva l’ultimo baluardo della civiltà, ma, contemporaneamente, nasceva la leggenda che metteva in dubbio la morte del capo di una elite politica e culturale con radici esoteriche, che ha segnato il destino dell’Europa nella prima metà del Novecento.
    BIBLIOGRAFIA
    • Hitler e il nazismo magico, di Giorgio Galli - SuperBur Rizzoli, Milano,1989.
    • Di questo libro è stata usata tutta la successiva bibliografia.
    • Le origini culturali del Terzo Reich, di George L. Mosse - Il Saggiatore, Milano, 1984.
    • Hitler, di Joachim Fest - Rizzoli, Milano, 1974.
    • Il volto del Terzo Reich. Profili degli uomini chiave della Germania nazista, di Joachim Fest - Mursia, Milano, 1970.
    • Le tentazioni dell’occulto. Scienza ed esoterismo nell’età vittoriana, di Germana Pareti - Bollati-Boringheri, Torino.
    • La dittatura tedesca. Origini, strutture, conseguenze del nazionalsocialismo in Germania, di Karl D. Bracher - Il Mulino, Bologna, 1973.
    • Hitler mi ha detto, di Hermann Rausching - Rizzoli,Milano, 1945.
    • Prima che Hitler venisse. Storia della società Thule, di Rudolf Von Sebottendorff - Arktos, Torino, 1987.
    • Psicoanalisi di Hitler, di Walter Langer - Garzanti, Milano, 1973.
    • Il Terzo Reich, di Klaus Hildebrand - Laterza, Roma-Bari, 1983.
    • Il nazismo e l’Islam, di Claudio Mutti - Quaderni delle edizioni Barbarossa, Saluzzo, 1986.
    • La strategia militare di Hitler, di Andreas Hillgruber - Rizzoli, Milano, 1986.
    • I diari di Goebbels, a cura di Fred Taylor - Sperling & Kupfer, Milano, 1984.
    • Memorie del Terzo Reich, di Albert Speer - Mondadori, Milano, 1971.
    • Gli astrologi del nazismo, di Ellic Howe - Mondadori, Milano, 1986.
    • La storia del terzo Reich, di William Shirer - Einaudi, Torino, 1971.
    • Le origini occulte del nazismo, di R. Alleau - Edizioni Mediterranee, Roma, 1989.

    http://www.storiain.net/arret/num98/artic4.asp

  4. #24
    Klearchos
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    CAPITOLO SECONDO - LA DOTTRINA SEGRETA

    Lo stesso intreccio di mistificazione e di autoconvinzione che abbiamo incontrato in situazioni e personaggi tedeschi del capitolo precedente si esprime con particolare evidenza in un fenomeno che ebbe rilievo a cavallo tra Ottocento e Novecento. Si tratta della vicenda della già citata madame Blavatskij e del suo movimento teosofico, che come si è visto appassionava von List.
    Sebbene risultasse sufficientemente dimostrato che le manifestazioni psichiche grazie alle quali la signora Blavatskij (Helena Petrovna Han, nata in Russia nel 1831) affermava di entrare in contatto con antichi maestri indiani e tibetani, fossero il frutto di abili trucchi, il movimento da essa fondato continuò ad avere qualche credibilità, tanto che per la sua successione entrarono in competizione Rudolf Steiner e Annie Besant. Il primo, con la sua scuola antroposofica e i suoi metodi educativi, gode tuttora fama di illuminato e di progressista. La seconda, prima di sconfiggerlo nel controllo della società teosofica, era socialista e femminista militante. Questo punto di contatto tra personalità di formazione progressista e una esperienza che poi avrebbe influenzato la destra più radicale sino al nazismo, è rilevante per capire la temperie culturale, anteriore al primo conflitto mondiale, nella quale si formò Hitler.
    L'aspetto essenziale della predicazione di madame Blavatskij è la pretesa rivelazione di una " dottrina segreta ", di una sorta di controstoria dell'umanità che comporta la trasmissione di messaggi e di qualità particolari a una cerchia di iniziati da parte di grandi maestri del passato. La signora è a Londra nel 1851, in India negli anni successivi; si sa poco di lei fino al 1873, quando giunge a New York ove due anni dopo fonda la Società teosofica (insieme al colonnello Henry Steel Olcott) e pubblica nel 1877 i due volumi di Isis Unueiled (Iside Svelata). Considerato dalla stampa " spazzatura da buttare",' questo testo ebbe però fortuna. La tesi di fondo è che l'universo è permeato da un etere psichico definito Akasa (termine indù che significa spazio), che registra gli eventi, per cui quelli del passato possono essere letti da persone con doti particolari, potenziate dal contatto con quelli che vengono chiamati istruttori occulti. Attraverso queste "registrazioni akasiche " e la lettura del misterioso testo Le stame di Dzyan scoperto nel Tibet, viene ricostruita una fantastoria dell'umanità.
    Essa avrebbe avuto origine da esseri extraterrestri (definiti costruttori e formatori), i quali compirono diversi esperimenti di " razze prova ", la prima di esseri invisibili, la seconda stanziata nel nord dell'Asia, la terza su un continente nell'oceano Indiano ora scomparso (Mu o Lemuria), la quarta ad Atlantide, la quinta quella attuale.
    Per quanto stravagante, questa ricostruzione (che, a parte gli extraterrestri, presenta analogie con la cosmogonia esiodea) ha dato luogo a una letteratura assai diffusa e a molti imitatori. Anche dopo che nel 1884 un rapporto di Richard Hodgson (incaricato dalla Società di ricerche psichi-che, che mirava a dare veste scientifica a fenomeni paranor-mali) ebbe dimostrato che madame Blavatskij ricorreva a trucchi di vario genere per simulare rapporti con " istruttori occulti ", la " veggente " non fu completamente screditata. Da Wurzburg si trasferì a Londra (altro ponte tra Germania e Inghilterra), dove riprese le sue tesi ne La dottrina segreta che ebbe ampia diffusione dopo la sua morte avvenuta nel 1891. I suoi seguaci continuarono a ritenere questa fantastoria del tutto attendibile e un membro della società teosofica, Scott Elliot, pubblicò due libri {La storia di Atlantide, 1895 e La perduta Lemuria, 1904) nei quali raccontò quanto sosteneva di avere appreso a sua volta dalle " registrazioni akasiche".
    Queste furono alla base di una fantageografia che si sviluppò insieme alla fantastoria. Già madame Blavatskij aveva descritto la fine di Atlantide come conseguenza anche di uno scontro tra i suoi sapienti (che usavano poteri occulti a fini malefici) e i saggi maghi di una città chiamata Sham bha lah. Scott Elliot continuò il racconto nel testo del 1895, affermando che i potenti maghi di Atlantide insistendo nell'uso dei loro poteri a fini malefici ruppero il legame con gli "istruttori occulti" trasformando la positiva magia bianca in una negativa magia nera. Essa sconvolse l'equilibrio naturale, provocando grandi cataclismi. I maghi malvagi non desistettero, comunque, dai loro propositi. Gli istruttori occulti, definiti dallo scrittore "iniziati", si trasferirono allora in Egitto poco prima che Atlantide fosse definitivamente sommersa.
    Si cominciò allora a discutere sulla possibile ubicazione della mitica Atlantide, di cui già aveva parlato Platone e che Scott Elliot collocava almeno in parte nell'emisfero boreale a partire dall'attuale Groenlandia. L'intreccio tra questa fantageografia e l'antica convinzione che la culla dell'umanità fossero le catene montuose tra l'India e il Tibet, fece collocare in quest'ultima regione Sham bha lah, sede dei maghi buoni e dell'antica sapienza. E il celebre esploratore svedese Sven Hedin, scopritore delle sorgenti del Brahmaputra, si mise tra il 1899 e il 1902 alla ricerca di Sham bha lah. Non la trovò, ma raccontò i suoi viaggi tra la Mongolia e il Tibet nel secondo volume de Im Herzen vom Asien (Nelle nebbie dell'Asia), pubblicato a Lipsia nel 1905. In questa città nel 1912 venne fondata una Germanen-Thule-Sekte che anticipa il Germanen Orden del 1913 e la Thulegesellschaft del 1918, dalla quale deriva direttamente il partito nazista. Sven Hedin sarà poi un sostenitore e un propagandista della Germania nazista durante il conflitto 1939-1945.
    Bracher ha colto una parte della realtà quando definisce quegli Orden e Sekte "banditori di teorie germanomani e an-tisemite con infiltrazioni occultiste, i cui scritti probabilmente suggestionarono a Vienna anche il giovane Hitler".2 Quelle occultiste non erano semplici infiltrazioni, ma una cultura intessuta di fantastoria e fantageografia (Thule era la mitica Atlantide, patria degli iperborei), al centro della quale stava un potere occulto trasmesso da iniziati. Hitler poteva ritenersi erede di questo potere e non già dei maghi cattivi apportatori di rovina, ma di quelli benefici costruttori di una nuova umanità.
    Si possono così spiegare le sue affermazioni a Rausch-ning, sulle quali si tornerà; e si può anche capire come abbia equivocato la storiografia di destra volta a negare le influenze occulte nel nazismo, criticando come senza fondamento le tesi de // mattino dei maghi. Quest'opera effettivamente utilizza Rauschning e altre fonti per presentare Hitler come erede più o meno cosciente dei maghi cattivi ed espressione del " demoniaco ", così come demoniaci sarebbero i " superiori sconosciuti " ai quali egli accenna. Ma Hitler riteneva positivo il suo contatto con l'occulto, i superiori sconosciuti erano i saggi " iniziati " del passato. Si può capire come Rauschning abbia ritenuto di essersi imbattuto nelle aberrazioni di un " posseduto ": è l'immagine che egli ha trasmesso e che Pauwels e Bergier hanno raccolto.
    Si riprenderà questo tema nel quarto capitolo e in parte nel settimo. Ora è necessario ampliare la riflessione sull'origine di una fantastoria che avrebbe indotto un esploratore serio e apprezzato come Sven Hedin prima a ricercare le terre degli Arii e la leggendaria Sham bha lah e poi a farsi sostenitore della guerra hitleriana. E per ampliare il campo e risalire alle origini della fantastoria e ritrovare Sham bha lah come capitale del mitico regno di Agharti, sede della saggezza primigenia, è necessario ricordare l'esperienza francese, circa la quale già si è accennato a Schuré, autore de I grandi iniziati e a contatto coi circoli wagneriani nei quali si diffondono le teorie del razzismo e del primato ariano.
    Schuré esalta continuamente come suo maestro Fabre d'Olivet, che viene considerato " il primo dei grandi occultisti del XIX secolo".3 Dapprima membro del club dei giacobini, studioso di ipnotismo e della lingua ebraica, si afferma, nei primi tré decenni dell'Ottocento, fondatore di una scienza che definisce " psicurgia " volta a utilizzare appieno l'energia mentale, usando la quale si possono cogliere verità del passato simili alle citate " registrazioni akasiche ". Egli elabora così una straordinaria epopea, volta a dimostrare la prevalenza dei celti su tutti gli altri popoli e il valore esemplare dell'impero teocratico fondato dal druido Ram seimila anni prima di Cristo. Ram diviene Rama in India, Osiride in Egitto, Dioniso in Grecia.4
    Il continuatore di Fabre, Saint-Yves, dapprima modesto insegnante in Inghilterra e poi a Parigi, divenuto marchese d'Alveydre (1880), dopo un fortunato matrimonio, completa la fantastoria con la fantageografia. È importante rilevare che egli vive in Inghilterra (esule durante l'impero di Napoleone III) negli anni nei quali sorgono le già citate associazioni "occulte". È probabile un suo contatto con quegli ambienti e col loro interesse per la politica, tanto che in Francia elaborerà una teoria di governo opposta, così afferma, all'anarchia e che definisce sinarchia, espressione che sarà adottata da un movimento di estrema destra (collegato coi cagoulards che uccidono nel 1937 i fratelli Rosselli), il quale propugna per la Francia una soluzione politica di tipo fascista.
    Se questi aspetti vanno tenuti presenti, il contributo specifico di Saint-Yves alla presente ricostruzione è comunque il libro Mission de l'Inde en Europe, scritto dopo un incontro con l'indiano Hardji Schariff nel 1887, distrutto prima della diffusione per il timore che risultasse inattendibile, pubblicato nel 1910. Saint-Yves afferma di aver visitato per sdoppiamento il territorio di Agharti, paese di venti milioni di abitanti del quale Sham bha lah potrebbe essere la capitale. È questa la sede dell'antica sapienza dei maghi saggi.
    Saint-Yves era stato preceduto nella "scoperta" di Agharti dal viaggiatore e scrittore Louis Jacolliot, console di Francia a Calcutta. Questi non pretendeva di esserci stato. Dopo aver scritto Bible dans l'Inde, Vie de J'ezeus Christna (1868), aveva pubblicato nel 1875 Histoire des Vierges, racconto di viaggi in paesi inesplorati nel quale citava la tradizione indiana che parlava della leggendaria terra. Jacolliot è citato nel fondamentale studio di Leon Poliakov tra i protagonisti antisemiti della costruzione della teoria ariana:
    È un poligrafo la cui popolarità al suo tempo è attestata dal posto che egli conserva nelle bibliografie e nei cataloghi. Dopo aver salutato "l'India, luogo d'origine del genere umano, vecchia nutrice dalle mammelle prosperose ", proponeva un'altra versione della religione indoaria universale. Mosè era Manu (Manu-Manes-Mi-nos-Mosè), Gesù era Zeus (Zeus-Jezeus-Isis-Gesù); queste etimologie intrepide, sostenute dalle apocrife " leggi di Manu " che egli pretendeva di aver ritrovato, permettevano a Jacolliot " di fare risalire all'alta Asia le origini della Bibbia e di provare che, poiché l'influenza e i ricordi del luogo di origine continuano ad arrivare attraverso le epoche, Gesù Cristo è giunto a rigenerare il mondo nuovo seguendo l'esempio di Jezeus Christna, che aveva rigenerato il mondo antico". Infatti l'Antico testamento non era per Jacolliot che un'accozzaglia di supertizioni, gli Ebrei un popolo " avvilito e stupido " e Mosè "uno schiavo fanatico, educato per carità alla corte dei Faraoni ". La Bible dans l'Inde conobbe in alcuni anni otto edizioni e almeno un seguace prestigioso nella persona di William Gladstone.5
    È presumibile che oltre a un " seguace prestigioso " come il primo ministro inglese, Jacolliot ne abbia avuti in Inghilterra altri, meno prestigiosi, ma non poco influenti: gli aderenti ai gruppi rosacrociani e alla Golden Dawn, alla ricerca delle origini della sapienza primordiale.
    Questa apertura di riflessione sui rapporti tra l'occultismo inglese e quello francese — già riscontrato nella vicenda di Eliphas Levi e Crowley — ci permette di cogliere due aspetti dei precedenti culturali che influirono sui processi decisionali di Hitler e della élite nazista: il virulento antisemitismo e la valutazione della Francia.
    L'antisemitismo nazista ha infatti una componente legata alla cultura esoterica. Da un lato gli ebrei sono visti come una specie di non uomini o di sotto-uomini (frequenti le espressioni di Hitler in proposito), un giudizio negativo anticipato da quello sprezzante di Jacolliot. Dall'altro essi sono temuti come concorrenti in quanto depositar!, visti come " degenerati ", di una sapienza originaria, che in qualche modo avevano ereditato e distorto, come i malvagi maghi di Sham bha lah. Questo secondo aspetto ha i suoi precedenti negli studi sui poteri occulti garantiti dalla Cabala ebraica ed è giunto alla cultura di massa attraverso il film di successo I predatori dell'arca perduta, che vede nazisti e americani in concorrenza per recuperare antichi poteri di geni del male.
    Il secondo aspetto — la valutazione hitleriana della Francia in rapporto all'Inghilterra — è di rilevante importanza sul piano del processo decisionale. Si vedrà nel settimo capitolo che la svolta nella politica hitleriana che porterà alla guerra mondiale parte dalla rimilitarizzazione della Renania (febbraio-marzo 1936) non consentita dal trattato di Versaglia. Il mondo rimase stupito dalla mancanza di reazione da parte della Francia (in grado di sconfiggere rapidamente la divisione tedesca mandata sul Reno), che Hitler aveva previsto, contro l'opposta valutazione dello stato maggiore tedesco.
    Questa previsione si basava sulla convinzione del Führer (espressa nel Mein Kampf) che, diversamente dall'Inghilterra, la quale conservava uno spirito imperiale, la Francia era votata a una inarrestabile decadenza, perché dominata dalle influenze ebraiche oltre che massonico-democratiche.
    A questa valutazione — che apparteneva alla cultura politica tradizionale — Hitler aggiungeva probabilmente la convinzione di essere dotato di qualche forma di preveggenza e quella che in Francia esistessero gruppi ristretti di formazione culturale " ariana " — era il paese di Gobineau — che potevano appoggiare la sua politica di "restauratore" del ruolo della razza bianca nel mondo. Vi erano inoltre settori importanti dell'alta borghesia francese che'stavano per adottare il motto " meglio Hitler del fronte popolare " (che si era costituito e si preparava a vincere le elezioni dell'aprile-maggio 1936).
    Effettivamente quando scoppiò la guerra la Francia la combattè senza convinzione sino alla rapida sconfitta del giugno 1940 e si sviluppò un forte movimento per una aperta collaborazione con la Germania. In questo movimento confluirono (e spesso si scontrarono) posizioni diverse, dal populismo originato dalla sinistra già marxista (Doriot, Déat), a una destra nella quale era forte una tradizione con componenti esoteriche (torneremo sulla valutazione, errata ma significativa, secondo la quale il nazismo sarebbe stato una combinazione tra Rene Guénon e le panzerdivisionen).
    Questo precedente può spiegare la politica hitleriana verso l'Inghilterra sino al viaggio di Hess del maggio '41. Questo paese era più solido della Francia. Era un naturale alleato della Germania nel conflitto secolare per il rilancio della " razza bianca " e per la sconfitta del bolscevismo come estrema manifestazione della " congiura ebraica " (con tutta la letteratura in proposito che il Mein Kampf riprende, sino ai famosi Protocolli dei savi di Sion). Hitler rimase convinto sino allo scoppio della guerra che vi fosse in Inghilterra una forte tendenza politica disposta a patteggiare con la Germania la sua egemonia nell'Europa continentale in cambio della continuità dell'impero britannico (oltre che della lotta al comunismo). Questa tendenza era fronteggiata dall'influenza ebraico-democratica, che Hitler vedeva simboleggiata in Churchill, oggetto della sua personale animosità (una questione sulla quale si tornerà).
    La tradizione "occultista" che aveva stabilito un ponte tra Germania e Inghilterra, le società " esoteriche " che, come si è visto, comprendevano settori influenti delle " classi alte ", da sempre ritenute ostili alla liberal-democrazia, furono alla base del tentativo di cercare interlocutori alla vigilia dell'attacco all'Urss: se ne erano trovati in Francia, perché non cercarli in Inghilterra? Vi fu quasi certamente un dibattito e forse uno scontro nel vertice nazista del quale Hess fu uno dei protagonisti.
    Jacolliot è appunto uno dei predecessori francesi della evoluzione politico-culturale sulla quale Hitler contava per presentarsi come campione dell'Europa ariana. L'idea che Cristo abbia avuto esperienze in India nei lunghi anni vuoti che intercorrono tra l'infanzia e la predicazione narrata dai Vangeli, ha dato luogo a una vasta letteratura. Questa idea si collocava nel quadro di una fantastoria e di una fantageografia delle quali madame Blavatskij era stata precorritrice e che all'inizio del secolo avrebbe avuto un ulteriore sviluppo proprio con uno studioso indiano, Lokamanya Bai Gangadhar Tilak.
    Prima di trattarne e sempre per capire quanto influente fosse questa corrente culturale che intrecciava occultismo e fantastoria, è opportuno riprendere la riflessione sul fatto che Rudolf Steiner entrò in contatto col movimento teosofico e aspirava ad avervi un ruolo di guida, che poi fu assunto (nel 1908) precisamente da un giovane indù, Jiddu Krishnamurti (che rinunciò al ruolo nel 1929).
    Steiner, studioso di Schiller e di Goethe, autore di una Filosofia della libertà che aveva avuto buona accoglienza anche in ambito accademico, era un intellettuale di prestigio quando nel 1900 accettò di tenere una serie di conferenze alla società teosofica di Berlino e continuò a collaborare con la società negli anni successivi. Nonostante la parziale diversità delle posizioni vi acquistò un notevole prestigio, tanto da poter aspirare a dirigerla fino a che il gruppo guidato da Annie Besant non riuscì a imporre il giovane indù. Anche per questo motivo, oltre che per la crescente divergenza di posizioni, Steiner ruppe con la società nel 1912.
    Ma i suoi legami con la cultura occultistica continuarono. Nel 1909 aveva raccolto una serie di conferenze tenute a Budapest (egli era nato in Ungheria nel 1861) sotto il titolo " L'esoterismo rosacrociano ". Nel libro Memoria cosmica riprendeva la fantastoria di origine blavatskijana. Già nel 1909 si era aperto un conflitto nell'ambito della società teosofica, perché Steiner insisteva affinchè essa fornisse il suo appoggio alla rappresentazione di opere di Schuré (già incontrato come ammiratore di Wagner e del suo circolo occultisti-co-razzista). Ne era protagonista l'attrice Marie von Sievers (che sposò lo stesso Steiner). Nel 1907 era stata rappresentata una ricostruzione dei misteri eleusini. Nel 1909 un secondo esperimento teatrale avrebbe dovuto aver luogo a Monaco, durante il congresso che Steiner aveva promosso all'insegna di una concezione che stava elaborando e che definiva antroposofia in collegamento con la teosofia della società, i cui dirigenti non condivisero l'opportunità dell'iniziativa. Da qui i contrasti sino alla rottura del 1912.
    Questi eventi sono significativi, perché dimostrano l'influenza della cultura occultistica nei primi anni del secolo e in particolare nelle stesse zone (come Monaco) nelle quali queste tendenze si sarebbero in parte coagulate nel nazismo. E Steiner diede comunque il suo apporto — oltre che a una teoria educativa per la quale è tuttora apprezzato — a una fantastoria che troviamo anche alle origini della Thule Gesellschaft. Un riassunto di Memoria cosmica è a questo proposito illuminante, tanto più che Steiner come Scott Elliot e madame Blavatskij si basava sulle " registrazioni akasiche ", che egli definisce " le cronache di Akasa ", per cui " colui che ha acquistato la capacità di vedere nel mondo spirituale arriva a conoscere gli eventi passati nel loro carattere eterno. Essi non si pongono di fronte a lui come testimonianze morte della storia, ma nella loro completa vita. In un certo senso quello che è accaduto avviene davanti a lui. Oggi sono ancora obbligato a tacere l'origine delle informazioni a me date. Anche chi non sa nulla a proposito di queste fonti capirà perché non può essere diversamente. Ma potrà succedere qualcosa che mi permetterà di rompere questo silenzio e forse molto presto ".6
    Colin Wilson, autorevole nell'ambito dei tentativi di analizzare scientificamente i fenomeni parapsichici; rileva ironicamente: " Pare che Steiner non abbia mai mantenuto la sua promessa".7 Si può comunque osservare che una cesura anche nel comportamento dei gruppi occultistici fu rappresentata dal primo conflitto mondiale. È dopo di esso che questi operano in Germania per un intervento politico diretto, in senso sempre più autoritario, mentre Steiner rimane fondamentalmente un liberal-democratico. Egli abbandona quindi il campo dell'esoterismo per quello della pedagogia, entrando in aperto conflitto coi precursori del nazismo.
    Dobbiamo comunque a Wilson un efficace riassunto della tesi di Steiner: "L'essere umano è formato da quattro "corpi". Quello fisico è animato dal corpo etereo, visibile ai chiaroveggenti che lo chiamano "aura", Bergson invece lo chiamava "slancio vitale", mentre Shaw "forza vitale". Vi è poi il "corpo astrale", il quale, secondo gli occultisti, può uscire dal corpo fisico in talune condizioni. Al di sopra di tutto questo vi è l'ego, il principio dell'individuo. L'uomo ha sviluppato lentamente questi corpi, uno per uno, in lunghi periodi di tempo. È la sola creatura sulla terra che possiede l'ego col quale coordina gli altri tré corpi. Lavorando su questi corpi inferiori può creare tré corpi superiori: una coscienza spirituale, un corpo spirituale, un'anima estrema che gli indù chiamano "atman", la cui natura è identica a quella di Dio".8
    In questa sintesi dei principi dell'antroposofia troviamo citati socialisti gradualisti come Shaw e filosofi come Bergson, apprezzato da Gramsci, ma che aveva, come si vedrà, rapporti indiretti con la Golden Dawn. Sono indici dell'influenza culturale dell'occultismo all'inizio del secolo e la possibilità di conseguire poteri superiori sarà alla base del nazismo " magico " di Hitler. I principi ora esposti si collegano a una fantastoria di lungo periodo, nel quale si sarebbero sviluppati questi diversi " corpi ".
    L'uomo cominciò ad evolversi attorno a una specie di "primitiva nebulosa". Mentre i corpi aumentavano gradualmente di densità, gli uomini persero il loro potere di plasmarsi e cominciarono a divenire schiavi della materia. Con l'evoluzione degli uomini in lemuriani si svilupparono le passioni violente, perché la materia condizionava l'uomo più velocemente di quanto gli occorresse per imparare a controllarla. I suoi desideri malvagi crearono violente forze naturali, le quali distrussero Lemuria. Atlantide esisteva già. Gli atlantidi sono stati i nostri antenati. Poiché la nostra razza — la quinta razza fondamentale — aveva perso i suoi poteri naturali di chiaroveggenza, abbiamo dovuto sviluppare alcune qualità alternative. Abbiamo quindi sviluppato la forza della ragione. La prima sottorazza (della quinta razza), gli indiani, erano essenzialmente "spirituali ". La seconda, i persiani, accettavano la materia e per loro la vita era una battaglia tra la materia e lo spirito, nella quale lo spirito era il bene e la materia il male. La successiva sottorazza, gli egiziani-caldei-babilonesi, si avvicinò di un passo nell'" accettare " la materia. Poi arrivò la sottorazza greco-romana, la quale si spinse persino troppo lontano nell'accettare il mondo della materia. Il compito dell'uomo moderno dovrebbe essere quello di riequilibrare gli opposti punti di vista fra gli indiani e i romani: trattare la materia come un alleato, senza tuttavia arrendersi ad essa.9
    Questa l'impostazione di Steiner alla vigilia del conflitto mondiale, allorché gli venne offerto di proseguire l'attività del suo teatro sperimentale a Dornach, in Isvizzera. Qui creò il Goetheanum. Tornò in Germania dopo la guerra per fondare a Stoccarda, nel 1920, la sua scuola a Waldorf, per una educazione basata sullo sviluppo della persona e non sulla disciplina. Fondò anche una cllnica e una fattoria per la sperimentazione del metodo biodinamico in agricoltura. Svolse un'azione pionieristica per l'educazione di piccoli handicappati. Fu probabilmente questa una delle ragioni dell'ostilità dell'estrema destra tedesca, che col nazismo avrebbe teorizzato l'emarginazione e la sterilizzazione dei colpiti da tare ritenute ereditarie. Osteggiato, minacciato, distrutto il Goetheanum da un incendio forse provocato da nazisti penetrati in Isvizzera, Steiner ne avviò la ricostruzione, ma stanco e malato si spense nel 1925, affidando ai successori la continuazione della sua attività, che nel campo della educazione continua col " metodo steineriano ".
    Questa vicenda illumina la frattura che si verificò nella tradizione dell'occultismo dopo la guerra, tra alcuni suoi precedenti legati a una tradizione liberale e quelli che avrebbero ispirato scelte autoritarie. L'epicentro della fantastoria di cui abbiamo visto le premesse ebbe comunque uno sviluppo importante nel decennio antecedente il conflitto attraverso l'opera di Tilak.
    Propugnatore dell'indipendenza dell'India, per la quale lottò nel partito del Congresso, detenuto per sei anni in carcere in Birmania, aveva quasi cinquant'anni (era nato nel 1856) quando pubblicò nel 1903 a Poona La dimora artica dei Veda (ora ne esiste una traduzione italiana, edizioni Ecig, Genova). Il testo giunse in Europa con l'autore, che nel 1904 a Parigi incontrò probabilmente Rene Guénon, influenzandone l'orientamento verso gli studi induistici. Attraverso lo studio dei testi e dei miti vedici, Tilak (al cui nome sarebbe stato aggiunto l'attributo Lokamanya, Onorato dal mondo intero) giunse alla convinzione che l'Urvolk, gli iperborei che avrebbero dato origine agli Arii, provenivano dal polo artico.
    Una sua descrizione delle età geologiche e delle glaciazioni induce Tilak a ritenere che prima di una supposta inclinazione dell'asse terrestre il polo nord godesse di un clima molto favorevole all'insediamento umano. Sarebbe stata questa inclinazione, col conseguente mutamento del clima in gelido, che avrebbe indotto l'Urvolk a scendere verso l'Eurasia, in un processo migratorio che si colloca tra gli otto e i diecimila anni fa. Dai primi insediamenti in India si giunge agli ultimi in Grecia e a Roma, attraverso i Celti e i Germani.
    Buon conoscitore della cultura anche scientifica dell'Occidente, Tilak diede un contributo rilevante, nel decennio che precede la prima guerra mondiale, al rinverdimento della tradizione culturale che fa degli Arii e degli indo-germani i detentori di una antica sapienza e i costruttori di civiltà, che è una tradizione fondamentale per capire i precedenti del nazismo, come documenta il citato testo di Poliakov.10
    Tilak morì nel 1920. Ma la sua fantastoria basata su mutamenti cosmici avrebbe trovato presto un continuatore parti colarmente influente in Austria e Germania: l'ingegnere austriaco Hans Horbiger. Contemporaneamente un'altra avventurosa fantastoria rinverdiva il mito di Agharti, la " inafferrabile ", secondo la traduzione dell'espressione che ne aveva dato Jacolliot.
    Nel 1924 veniva pubblicato a Parigi il libro Bestie, uomini e dei di Ferdinand Ossendowski. Ingegnere, ministro delle finanze del governo "bianco" dell'ammiraglio Kolchak, egli aveva combattuto contro i bolscevichi nella Divisione asiatica di cavalleria del barone Roman Fiodorovic von Ungern-Sternberg, l'ultimo residuo degli eserciti controrivoluzionari che tentavano di difendere una Mongolia e una Siberia sottratte al controllo del governo sovietico. Sconfitti e fucilati sia Kolchak che von Ungern-Sternberg (quest'ultimo nel settembre '21: un anno dopo l'armata rossa sarebbe giunta a Vladivostok), Ossendowski riusciva invece a giungere in Occidente dopo quella che egli presentava come una rocambolesca fuga nel corso della quale avrebbe anche attraversato (senza lo "sdoppiamento" di Saint-Yves) la terra di Agharti. Nel libro esaltava l'epopea della Divisione asiatica e del "barone pazzo" (come affettuosamente lo chiamavano anche gli amici) che la guidava.
    Egli era affiliato a una setta che praticava il tantrismo (al quale dedicherà la sua attenzione Julius Evola), parlava dell'Agharti e di Sham bha lah (definita terra degli iniziati), vedeva nella rivoluzione russa la vittoriosa congiura delle forze del male analoghe a quelle che avevano sommerso le antiche terre della saggezza e cui andava contrapposto il principio solare, simboleggiato dalla svastica che campeggiava sulle sue insegne. Nell'ultimo rapporto ai suoi ufficiali tenuto ai primi d'agosto del '21, li informava che invece di ripiegare verso Est (e una possibile salvezza) intendeva dirigersi a Ovest e poi a Sud per raggiungere una fortezza spirituale tibetana dove mantenere viva la fiaccola della liberazione del mondo dalle forze del male.
    Verso Ovest andò invece incontro alla morte, piccolo episodio di una decisione presa per ragioni inerenti alla cultura "occulta", che anticipa decisioni di ben più ampia portata sulle quali influì la stessa cultura e prese da un altro leader sulle cui insegne campeggiava la svastica: Hitler, come si vedrà nei capitoli successivi.
    Seconido il suo racconto, toccò invece ad Ossendowski raggiungere Agharti e viverne le esperienze. Il libro venne criticato da Sven Hedin, che trovava inattendibile la descrizione degli itinerari tra gli Aitai e la Zugaria. Trovò invece un difensore in Rene Guénon, che presentò il libro a Parigi e in seguito nella sua pubblicazione // Re del Mondo. Guénon aveva già scritto Introduzione generale allo studio delle dottrine indù (1921), non era ancora come sarebbe poi diventato, la maggiore autorità del pensiero tradizionale, ma il suo avallo a Bestie, uomini e dei fu di grande importanza, anche perché lo studioso francese era un critico risoluto delle componenti spiritistiche fortemente intrecciate con la fantastoria e la fantageografìa (ispirate dalle rivelazioni di anime trapassate).
    L'influenza e la voga dello spiritismo erano dilagate in Europa dopo la genesi negli Stati Uniti, in quello stesso marzo 1848 che aveva visto nel nostro continente le rivoluzioni e nella cittadina di Arcadia, presso New York, l'inizio della celebre storia delle medium sorelle Fox." La teosofia di madame Blavatskij si era diffusa quando l'ondata spiritista (o spiritualista) era giunta al culmine, nonostante le molte delusioni e mistificazioni tra i suoi adepti, tra i quali scoppiavano periodicamente contese feroci.
    Guénon imposta il problema rilevando che "sarebbe un grave errore confondere occultismo e spiritismo. Non esiste infatti tra i due movimenti alcuna analogia, ma al contrario un chiaro antagonismo che si rivela in termini più accesi e violenti negli spiritisti e con maggior discrezione negli occultisti ".12 In realtà possiamo constatare talvolta una confluenza e talvolta una contrapposizione tra i due movimenti e aspetti occultisti e componenti medianiche sono stati in seguito rilevati negli studi sulla personalità di Hitler.
    Lo studioso francese scrive comunque nel 1921 La teosofia, storia di una pseudo-religione (nello stesso anno della Introduzione) e L'erreur spirite (nel 1923), nei 'quali critica tanto il blavatskijsmo quanto il Circolo di studi esoterici, che sviluppava le tesi medianiche proposte dal 1890 dal direttore del laboratorio di ipnoterapia dell'Ospedale della Carità di Parigi, Gerard Encausse, divenuto celebre come Papus. Si può ritenere che Guénon " si senta più vicino a Eliphas Levi ",13 ma nel complesso egli si qualifica per lo sforzo di precisare la dottrina esoterica tradizionale in contrapposizione alle frequenti mistificazioni spiritistiche.
    È quindi sulla base di questo suo prestigio che acquista rilevanza l'avallo a Ossendowski, nei termini che ribadisce nel 1927 ne // Re del Mondo, del quale è utile citare l'inizio, un passaggio fondamentale e la conclusione.
    Dopo aver ricordato il testo di Saint-Yves "prima del quale non era stata fatta menzione in Europa nè dell'Agharti nè del suo capo, il Brahmatma, se non da uno scrittore di scarsa serietà, Louis Jacolliot",14 Guénon continua così:
    Ossendowski [scrive] racconti quasi identici a quelli di Saint-Yves; e i molti commenti che hanno accompagnato questo libro ci offrono l'occasione di rompere il silenzio sulla questione dell'Agharti. Spiriti scettici o malevoli non hanno mancato di accusare Ossendowski di aver semplicemente plagiato Saint-Yves, [ma] le concordanze non ci convincono affatto della realtà del plagio; è nostra intenzione del resto non addentrarci in questa sede in una discussione che, in fondo, ci interessa ben poco. D'altra parte, se Ossendowski avesse parzialmente copiato la Mission de l'Inde non vediamo perché avrebbe omesso certi passi di grande effetto, nè perché avrebbe cambiato la forma di certe parole, scrivendo per esempio " Agharti " invece di " Agarttha ", il che invece si spiega molto bene qualora egli abbia ottenuto da fonte mongola le informazioni (gli avversar! di Ossendowski hanno voluto spiegare questo fatto sostenendo che egli aveva avuto tra le mani una traduzione russa de Mission de l'Inde, la cui esistenza è molto problematica, dato che gli eredi stessi di Saint-Yves lo ignorano. E stato anche rimproverato a Ossendowski di scrivere " Om " mentre Saint-Yves scrive " Aum "; ma se "Aum" è la rappresentazione del monosillabo sacro scomposto nei suoi elementi costitutivi, è pur sempre " Om " la trascrizione corretta che corrisponde alla pronuncia reale, sia in India, sia in Tibet e Mongolia)... Ma intendiamo rimanere assolutamente estranei a qualsiasi polemica e questione personale; se citiamo Ossendowski e Saint-Yves è solo perché quello che hanno detto può servire come punto di partenza per considerazioni che nulla hanno a che vedere con quanto si potrà pensare dell'uno e dell'altro.15
    Guénon definisce " di scarsa serietà " Jacolliot, che si era limitato a riportare quanto aveva sentito; non riserva lo stesso giudizio per Saint-Yves e per Ossendowski, che ad Agharti sostenevano di essere stati, o " sdoppiati " o di persona. E scende in dissertazioni quasi filologiche sull'uso dei termini o resistenza di traduzioni. Questo non ci dovrebbe stupire, se considerassimo i dibattiti che si svilupparono nel periodo in esame in ambito esoterico con lo stesso criterio col quale giudichiamo polemiche politiche o controversie scientifiche. Anche in questi campi personaggi di prestigio e studiosi autorevoli dibattono con asprezza, per esempio, attorno all'interpretazione di una frase di Marx o di Engels o sulla teoria dei quanti. Gli scontri tra persone, gruppi e correnti della cultura esoterica, a parte l'ambito specifico, non hanno una portata o un significato diverso.
    Un brano centrale de // Re del Mondo stabilisce una relazione tra Agharti e le concezioni sui diversi "corpi" (alla Steiner) e tra macrocosmo e microcosmo (secondo l'astrologia e l'alchimia rinascimentali). Scrive Guénon riprendendo i due autori citati:
    II capo supremo dell'Agallili porta il titolo di Brahatma [sarebbe più corretto scrivere Brahmatma], supporto delle anime nello spirito di Dio; i suoi due coadiutori sono il Mahatma, rappresentante dell'anima universale, e il Mahanga, simbolo di tutta l'organizzazione materiale del Cosmo: questa è la divisione gerarchica che le dottrine occidentali rappresentano mediante il ternario spirito, anima, corpo e che è qui applicato secondo l'analogia costitutiva del Macrocosmo e del Microcosmo. L'espressione "Re del Mondo" intesa in senso stretto in rapporto col mondo terrestre sarebbe assai inadeguata; ben più esatto sarebbe attribuire al Brahatma quella di "Signore dei tre mondi"... Dice Ossendowski: "il Re del Mondo è raggiante di luce divina". La Bibbia ebraica dice esattamente lo stesso di Mosè quando scese dal Sinai... La funzione di legislatore che è propria di Mosè presuppone necessariamente una delega del potere che il nome di Manu designa; " II Re del Mondo" disse un lama a Ossendowski "è in rapporto con tutti i pensieri di tutti coloro che dirigono il destino dell'umanità. Conosce le loro intenzioni e le loro idee. Se esse piacciono a Dio, il Re del Mondo le favorirà col suo aiuto invisibile; se dispiacciono a Dio, il Re provocherà il loro fallimento. Tale è il potere dato all'Agharti mediante la scienza misteriosa di Om".16
    È facile constatare come le etimologie sono analoghe a quelle di Jacolliot: Mosè, Manu; vi è il riferimento a una scienza misteriosa che, essendo Sham bha lah il centro di Agharti, è analoga a quella dei buoni maghi dei teosofi. Vi è un fondo comune in questa sorta di "filosofia occulta" tra Guénon e coloro coi quali egli polemizza. E quando si ricordino le discussioni storiografiche attorno al rapporto tra Hitler e la religione, al problema di quale fosse il dio al quale faceva appello alla fine dei suoi proclami con i quali annunciava sempre nuove invasioni, il "Gott mit uns" [dio con noi] che orna anche la fibbia dei cinturoni dei corpi scelti Ss, il riferimento possibile è al dio di questa cultura che mette la misteriosa scienza di Om al servizio delle imprese che egli approva.
    Poco prima del brano ora citato, Guénon precisava: "La confusione tra l'aspetto luminoso e l'aspetto tenebroso costituisce propriamente il satanismo; e appunto in tale confusione cadono, involontariamente e certo per ignoranza (il che è una scusa, ma non una giustificazione), coloro che credono di scoprire un significato infernale nella designazione di Re del Mondo".17
    Guénon, che avrebbe poi scritto Considerazioni sulla vita iniziatica (1946) e altri scritti sulla pseudoinitiation, tocca qui il punto centrale del dibattito in ambito esoterico: il massimo della prassi negativa (quello che i marxisti "ortodossi" imputano ai "revisionisti", per fare una comprensibile analogia col pensiero politico) è trasformare ciò che è divino in ciò che è demoniaco, sostituendo all'"iniziazione" che porta alla luce una "contro-iniziazione" che porta alle tenebre. È la massima accusa che gli esoterici possono scambiarsi e che interessa la presente riflessione sia in rapporto a personaggi come Aleister Crowley, sia in rapporto allo stesso Hitler, che si ritiene in relazione col dio della luce e che, anche in ambito esoterico, potrebbe essere invece considerato legato alla confusione con l'aspetto tenebroso che costituisce il satanismo. Diviene in questo modo più comprensibile la posizione degli studiosi della destra esoterica che contestano le analisi in questo campo supponendo che chi indaga sulle origini "occulte" del nazismo voglia fare di Hitler un demone e quindi "demonizzare" (espressione di moda) i maestri dell'esoterismo compreso Guénon, il quale, per venire alla conclusione, spiega perché ora e non prima si possa parlare dell'Agharti.
    Nelle circostanze in mezzo alle quali viviamo attualmente, gli avvenimenti si svolgono con una tale rapidità che molte cose le cui ragioni non appaiono nell'immediato potrebbero trovare, prima di quanto si creda, applicazioni molto impreviste, se non del tutto imprevedibili. Vogliamo astenerci da ciò che, in qualche modo, possa assomigliare a una " profezia ", teniamo tuttavia a citare, per concludere, una frase di Joseph de Maistre, che è ancor più vera oggi di un secolo fa: " Bisogna tenerci pronti per un avvenimento immenso dell'ordine divino, verso il quale procediamo a una velocità accelerata che deve colpire tutti gli osservatori. Temibili oracoli annunciano già che i tempi sono giunti ".18
    De Maistre, come Guénon, era passato attraverso la Massoneria, ritenuta una possibile forma di iniziazione. Entrambi vi avevano poi visto una degenerazione. La frase ora citata è simile a quella di Steiner alla vigilia della prima guerra mondiale: stanno verificandosi eventi che rendono possibili rivelazioni, concernano esse "cronache akasiche" o "Agharti". Guénon evoca "temibili oracoli" in quel 1927 nel quale Hitler bacia le mani a Houston Stewart Chamberlain morente (aveva assunto la cittadinanza tedesca), raccogliendone l'eredità per la fondazione di un Reich millenario degli ariani europei in termini che Mosse così rievoca:
    Chamberlain era un devoto ammiratore di Hitler, il quale, nel corso di una drammatica messa in scena, si recò a visitare il morente e ormai paralizzato apostolo del germanesimo, chinandosi a baciargli le mani. Aveva scritto per il futuro, tenace nelle proprie idee e nell'annunciare che il futuro sarebbe stato luminoso.19
    Hitler guidava allora un piccolo partito col 3% dei voti. Ma se poteva contare sull'appoggio di " superiori sconosciuti ", gli " oracoli " stavano annunciando il giungere dei tempi, anche se il grande evento atteso sarebbe poi stato giudicato più "demoniaco" che divino. Ma Hitler era conscio dell'occulta grandezza del suo destino, cui in quegli stessi anni lo chiamava anche un altro cultore della fantastoria, Hans Horbiger, il cui giovane collaboratore Horst Wessel, ucciso in uno scontro coi comunisti, sarebbe divenuto con l'Horst Wessel Lied e con la biografia scritta da Hans Heinz Ewers l'eroe delle Ss.
    La cosmogonia glaciale di Horbiger era stata pubblicata nel 1913 da Philip Fauth e le sue tesi vennero rilanciate nel dopoguerra. Vi si sostiene che la dinamica cosmica deriva dallo scontro tra la forza di attrazione del fuoco e quella di repulsione del ghiaccio. Il sistema solare nasce dalla collisione tra un enorme corpo celeste ad altissima temperatura e un pianeta gigante formato dall'accumularsi del ghiaccio cosmico. La forza iniziale dell'esplosione li allontana, la gravitazione li attira verso la più vicina delle masse maggiori. Cosi la luna cade sulla terra, provocando immani cataclismi. Nel corso di milioni d'anni nuove lune captate dalla terra si formano. Horbiger sostiene che quella attuale è la quarta. Ogni luna ha determinato un'epoca geologica, perché sono la sua dimensione e la sua forza di gravita a determinare le forme di vita sulla terra. Nel momento in cui il satellite è più vicino e dimensione e forza di gravita maggiori, si hanno sulla terra forme di vita gigantesche, perché maggiore è il peso che debbono sopportare.
    Gli uomini risalgono alla seconda epoca geologica; quindici milioni di anni fa, nasce una civiltà di giganti telepati dotati di enorme energia psichica, distrutta dalla caduta della seconda luna. I giganti superstiti si adattano al periodo della terza luna, più piccola e lontana. Ne rimane il ricordo nella mitologia, mentre nascono i nostri avi, più piccoli e meno dotati, ma che si evolvono sino a costruire la civiltà mondiale di Atlantide, sotto la guida dei re giganti superstiti che sono ben consci che anche la terza luna cadrà: il che avviene centocinquantamila anni fa. L'umanità decade allo stadio animale. Nascono razze nane sotto un cielo senza luce. Per centotrentamila anni, si ha una nuova evoluzione concentrata nelle zone del pianeta che si trovano vicino-al polo artico, ove sorge la nuova e più modesta Atlantide che cresce sino a che, dodicimila anni fa, si forma la quarta luna. La sua influenza determina nuovi cataclismi, rimasti nel ricordo nei miti della genesi e del diluvio.
    I giganti degenerano, le civiltà decadono, ma in alcuni luoghi, dalla Cina all'Egitto, lentamente si ricostruiscono, nel ricordo di doti e di sapienze antiche, embrioni di nuove strutture sociali. Ma gli uomini di quest'epoca hanno dimenticato grandezze e apocalissi del passato e l'origine del rapporto tra l'uomo e gli eventi cosmici, ai quali si può risalire soltanto conoscendo le grandi leggi dell'universo, che non sono quelle di Newton e di Einstein. La loro scoperta a opera di Horbiger segna la fine di un'epoca e il preannunzio di una nuova. I seguaci della nuova dottrina ritroveranno l'antica sapienza e gli antichi poteri.
    Le idee di questa cosmogonia circolavano soprattutto a Vienna e a Monaco alla vigilia della guerra e il venticinquenne Hitler con ogni probabilità le conobbe. Nel dopoguerra Horbiger rilanciò le sue idee con una vera e propria macchina propagandistica e attraverso la rivista mensile " La chiave degli avvenimenti mondiali" che volgarizzava la "Wel" ("Welteislehre", teoria del ghiaccio cosmico). In questo periodo, tra il putsch del novembre '23 e la successiva detenzione, Hitler è già una figura nazionale. Incontra Horbiger, anche se la descrizione dei loro rapporti a opera di Pauwels e Bergier è solo in parte accettabile:
    II capo nazista ascoltava con deferenza questo scienziato visionario. Horbiger non ammetteva di essere interrotto mentre parlava e rispondeva fermamente a Hitler: " Maul zu! ", Zitto! Egli portò all'estremo la convinzione di Hitler: il popolo tedesco, nel suo messianismo, era avvelenato dalla scienza occidentale. La dottrina del ghiaccio cosmico avrebbe fornito il contravveleno necessario. Conferenze riunirono i teorici del nazionalsocialismo e quelli del ghiaccio cosmico: Rosenberg e Horbiger, circondati dai migliori discepoli. Le affinità del pensiero di Horbiger con i temi orientali delle epoche antidiluviane appassionarono Himmler. La dottrina di Horbiger si associava strettamente al pensiero del socialismo magico.20
    Questo Hitler che si fa imporre il silenzio da Horbiger è poco attendibile. Ma l'influenza dell'ingegnere austriaco su una parte dell'elite nazista è sicura. Essa converge con le altre impostazioni fantastoriche che sono state descritte nel periodo in cui Chamberlain trasmette la sua eredità e Guénon predica ne // Re del mondo imminenti svolte della storia nel nero periodo del Kali-Yuga:
    L'Agharti, si dice, non fu sempre sotterranea, nè lo rimarrà per sempre. Ossendowski precisa che il centro è divenuto sotterraneo più di seimila anni fa, data che corrisponde con sufficiente approssimazione all'inizio del Kali-Yuga, o età nera, l'età del ferro degli antichi occidentali; la sua ricomparsa deve coincidere con la fine di tale periodo,21 [per cui] nel periodo attuale del nostro ciclo terrestre, il Kali-Yuga, questa " terra santa " difesa da "guardiani" che la nascondono agli sguardi profani garantendone tuttavia certe relazioni esterne, è di fatto invisibile, inaccessibile, ma soltanto per coloro che non possiedono le qualità richieste per penetrarvi. Ora, la sua localizzazione in una determinata regione deve essere considerata come letteralmente effettiva, oppure soltanto simbolica, o l'una e l'altra cosa insieme? A tale domanda risponderemo semplicemente che, per noi, i fatti geografici e quelli storici hanno, come tutti gli altri, un valore simbolico che, del resto, nulla toglie della loro realtà propria in quanto fatti, anzi, conferisce loro, oltre quella reale immediata, un significato superiore.22
    Guénon sanziona questa identità tra il reale e il simbolico nel 1927. L'anno dopo gli muore la moglie. Nel 1929 pubblica La crisi del mondo moderno dove insiste sul periodo del Kali-Yuga. Nel 1930 si stabilisce definitivamente al Cairo, dove si risposerà con una donna islamica. Horbiger muore settantenne nel 1931. Intanto un tradizionalista italiano rivisita la tradizione della macrostoria da Esiodo a Tilak a Guénon; è Julius Evola, che quando Hitler è già da un anno cancelliere del Reich pubblica la sua opera Rivolta contro il mondo moderno (che anche nel titolo riecheggia quella di Guénon di cinque anni prima). In essa ricompare la mitica Sham bha lah di Agharti, a oltre mezzo secolo di distanza da quando Elena Blavatskij ne aveva fatto la città dei buoni maghi."
    Continua così una tradizione culturale (o, se si vuole, una mitografia) che accompagna due generazioni di intellettuali (" visionar! ", secondo Pauwels e Bergier) che, tra i primi annunci di una " dottrina segreta " e l'arrivo di Hitler alla cancelleria di Berlino, saldano un passato di catastrofi e di sapienza, di apocalissi e di particolari rapporti tra l'uomo, il cosmo e " superiori " con doti paranormali, a un futuro che sta per iniziare e nel quale antichi valori riprenderanno vigore nel corso di conflitti cosmici.
    Nel Mattino dei maghi questa tradizione mitografica viene sintetizzata in termini approssimativi, probabilmente attraverso una versione di Gurdjieff del quale Pauwels fu per qualche tempo allievo:
    Secondo una leggenda tibetana, trenta o quaranta secoli fa esisteva nel Gobi un'altra civiltà. In seguito a una catastrofe, forse atomica, il Gobi fu trasformato in un deserto e gli scampati emigrarono, alcuni verso la punta Nord dell'Europa, altri verso il Caucaso. Il dio Thor delle leggende nordiche sarebbe stato uno degli eroi di questa migrazione [che] componevano la razza fondamentale dell'umanità, il ceppo ariano. Dopo il cataclisma, i maestri dell'alta civiltà, i detentori della conoscenza, si installarono in un immenso sistema di caverne sotto la catena dell'Himalaya. Nel cuore di queste caverne si scissero in due gruppi, seguendo l'uno "la via della mano destra", l'altro "la via della mano sinistra". La prima via avrebbe avuto il suo centro ad Agharti, città nascosta del bene, tempio della non partecipazione al mondo. La seconda sarebbe passata per Shambahlah, città della violenza e della potenza, le cui forze comandano agli elementi, alle masse umane e affrettano l'arrivo dell'umanità alla cerniera dei tempi. Ai maghi condottieri di popoli sarebbe stato possibile fare un patto con Shambahlah.24
    Come la mitologia greca dalla quale sono deducibili fasi della storia anteriore a quella conosciuta,25 questa fantastoria contiene immagini e simboli talvolta bivalenti. Sham bha lah può identificarsi con Agharti o essere il suo opposto. La saggezza contemplativa o la guida dei popoli possono essere in contrapposizione o due aspetti compatibili. Il reale e il simbolico, come afferma Guénon, possono coesistere. Una parte della concezione di Hitler (e di altri leader nazisti) e influenzata da questa tradizione culturale, che si diffondeva negli anni della loro giovinezza e della loro formazione.


    NOTE
    1. Cfr. su questa vicenda: Colin Wilson, Detective dell'impossibile, Sugarco, Milano 1987, pagg. 116 e segg.
    2. Karl D. Bracher, La dittatura tedesca, cit., pag. 108.
    3. Alexandrian, Storia della filosofia occulta, Mondadori, Milano 1984, pag. 437.
    4. Ibidem, pag. 441.
    5. Leon Poliakov, II mito ariano - Storia di una antropologia negativa, Rizzoli, Milano 1976, pag. 226.
    6. Colin Wilson, op. cit., pag. 128.
    7. Ibidem.
    8. Ibidem, pag. 127.
    9. Ibidem, pagg. 128-130.
    10. Cfr. Leon Poliakov, op. cit., in particolare Seconda pane, cap. III, " Alla ricerca del Nuovo Adamo - Magie dell'India ", pagg. 199 e segg.
    11. Cfr. in proposito Colin Wilson, op. cit., pagg. 36 e segg.
    12. Da L'erreur spirite, citato da Alexandrian, op. cit., pag. 457.
    13. Ibidem, pag. 458.
    14. Rene Guénon, // Re del Mondo, Adelphi, Milano 1982, pag. 11.
    15. Ibidem, pagg. 12-15.
    16. Ibidem, pagg. 37-39.
    17. Ibidem, pag. 36.
    18. Ibidem, pagg. 111-112.
    19. George L. Mosse, Le origini culturali del Terzo Reich, cit., page. 138-139.
    20. Louis Pauwels e Jacques Bergier, // mattino dei maghi, cit. pag. 300.
    21. Rene Guénon, op. cit., pag. 79.
    22. Ibidem, pag. 110. Guénon aggiunge in nota: "Del resto i diversi mondi sono propriamente degli Stati e non dei luoghi, anche se possono essere simbolicamente designati come tali: la parola sanscrita "loka", che serve a designarli, e che è identica al latino "locus", racchiude in sé l'indicazione di questo simbolismo spaziale " (ibidem).
    23. Ripubblicando il libro dopo la sconfitta nazista, Evola aggiungerà:
    " Nel "Vishna Purana" si accenna a elementi della razza primordiale, o di "Manu", rimasti quaggiù nella stessa età oscura per esser la semente di nuove generazioni; e riappare l'idea di una nuova finale manifestazione dall'alto. La stirpe in cui nascerà questo "principio divino" è una stirpe di Shambahlah: ma Shambahlah —lo si è visto a suo tempo — rimanda alla metafisica del Centro e del Polo, al mistero iperboreo e alle forze della tradizione primordiale". (Rivolta contro il mondo moderno. Edizioni Mediterranee, Roma 1969, pag. 447).
    24. Louis Pauwels e Jacques Bergier, op. cit; pagg. 359-360.25. Per questa interpretazione rimando al mio Occidente misterioso -Baccanti, gnostici, streghe - I vinti della storia e la loro eredità, Rizzoli, Milano 1987. Ivi le fonti di riferimento.
    http://www.geocities.com/palingenesi...azimagi/02.htm

  5. #25
    Klearchos
    Ospite

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    CAPITOLO PRIMO - TRA GERMANIA E INGHILTERRA

    Negli ultimi decenni del XIX secolo e fino al primo conflitto mondiale, sorsero in Germania e in Austria associazioni e cenacoli che avevano analogie in Inghilterra e la cui caratteristica consisteva nel ritenersi depositari di una antica sapienza primordiale che in alcune sue manifestazioni sfociava nell'esoterismo, nell'occultismo, nel magismo.
    Nel 1867 un gruppo di studenti liceali viennesi fondava una associazione che assumeva la denominazione di Die Te-lyn, un'arpa i cui suoni paramagici esprimevano la creatività delle popolazioni celtiche del Galles meridionale, che era suonata dai bardi durante i periodici festival poetici. In questa associazione militavano i futuri fondatori della socialdemocrazia austriaca, ma anche giovani entusiasti, ammiratori di Nietzsche e di Wagner che per qualche anno collaborarono con Georg Ritter von Schonerer, il fondatore del movimento pangermanista al quale Hitler si richiamerà esplicitamente nel Mein Kampf.1
    Il cenacolo di Wagner a Bayreuth, centro di propagazione delle teorie razziste di Gobineau e Chamberlain, viene descritto al suo sorgere da un esaltatore dei " grandi iniziati " e della sapienza primordiale quale Edouard Schuré. Entusiasta di Monaco mentre Berlino gli " fece un'impressione ripugnante"2 (il legame con Monaco e l'iniziale disprezzo per Berlino saranno propri di Hitler),3 Schuré scrive che il libro di Gobineau Saggio sull'ineguaglianza delle razze umane "divenne per Wagner una specie di Vangelo. Negli ultimi anni di vita Wagner ai suoi discepoli predicava Gobineau".4 Il più affezionato di questi discepoli, Ludwig Schemann, autore di Ricordi su Richard Wagner, fonda in Germania la Società Gobineau per propagandarne le tesi. L'opera di Gobineau viene continuata da un gentiluomo inglese, Houston Stewart Chamberlain, genero di Wagner, autore de I fondamenti del secolo XIX.(1899),5 al quale si richiama anche nel titolo (// mito del XX secolo) l'uomo forse più rappresentativo della cultura nazista e stretto collaboratore di Hitler, Alfred Rosenberg.
    Nel 1865, l'architetto Semper, spronato da Wagner, elaborava il primo progetto di quello che sarebbe stato il Teatro di Bayreuth. Nello stesso anno Robert Wentworth Little fonda la Società rosacrociana inglese dalla quale deriverà nel 1887 la Golden Dawn, a sua volta collegata con associazioni tedesche legate alla "dottrina segreta" di madame Blavatskij e all'antroposofia di Rudolph Steiner.
    Il ponte rosacrociano tra Germania e Inghilterra risale al XVII secolo nel quadro di una cultura occultistica non estranea all'inizio della guerra dei Trent'anni che devastò la Germania. Frances Yates ha narrato, in una sua interpretazione de L'Illuminismo dei Rosa croce, come le speranze di un sostegno inglese ai protestanti tedeschi, dopo il matrimonio della figlia di Giacomo I con l'elettore del Palatinato, siano state all'origine delle vicende del 1618-1620 con la vittoria dei cattolici a Praga. Esso segnò la sconfitta non solo dei riformati, ma anche di una corrente di pensiero "magico" che aveva trovato il suo centro nella capitale boema, sede della corte di Rodolfo II d'Asburgo.6
    Qui aveva avuto un ruolo di primo piano l'inglese John Dee e dopo i disastri della guerra dei Trent'anni i continuatori di questa cultura alchemica e rosacrociana — la cui nascita data dal 1616, anno della pubblicazione a Kassel del celebre Le nozze chimiche sulle avventure di Christian Rosenkreutz — emigrarono in Inghilterra. Secondo Frances Yates, alla cui ampia documentazione rimando, il movimento "tornò" in Inghilterra perché, come ho tentato di dimostrare, fu all'Inghilterra, credo sotto forma di influenza della missione di Dee in Boemia, che lo strano mito rosacrociano deve in gran parte la sua origine ".7
    Secondo questa storica, i rosacrociani erano illuministi in potenza e Robert Evans interpreta la loro emarginazione come dipendente dal non aver saputo adottare il principio di causalità, base dell'illuminismo: " furono condannati all'oscurità [perché] la loro cosmologia era fondamentalmente una cosmologia magica".8 Questi storici e la storiografia inglese recente hanno dato un importante contributo alla comprensione di come nel Cinque-Seicento magia e scienza fossero più intrecciate di quanto non abbia ritenuto la storiografia tradizionale fino alla metà di questo secolo. Ma se i " maghi " rinascimentali furono condannati all'oscurità, è possibile che la loro tradizione culturale si sia trasmessa attraverso piccoli gruppi lungo i due secoli che vanno dalla seconda metà del Seicento alla seconda metà dell'Ottocento. La società rosa-crociana di Wentworth Little è probabilmente la condensazione di questi gruppi. Occorre tener presente questo ponte tra Germania e Inghilterra, i cui piloni sono piccole società esoteriche, quando verrà affrontata la questione dell'enigmatico viaggio di Rudolf Hess nel maggio 1941.
    L'esoterismo rosacrociano convergerà con il magismo delle rune (l'interpretazione è di origine austriaca) nella versione germanica di questi gruppi "occultistici" (la società del Vril, la Loggia luminosa, la società Thule) del Novecento. Le premesse sono poste negli ultimi due decenni dell'Ottocento (nel periodo di sviluppo della Golden Dawn), secondo l'accurata ricostruzione di George Mosse:
    II più influente dei gruppi occultistici fu quello che si costituì a Vienna, nei due ultimi decenni del XIX secolo, avendo a mentore Guido von List, un erudito austriaco ossessionato dal desiderio di provare che Vienna era stata la città santa dell'antichità. È significativo che le idee di List siano nate in una regione di confine del mondo germanico soggetta a continui scambi con i viciniori paesi slavi. List operava una commistione di natura e storia, ove la prima era intesa quale guida divina dalla quale promanava un'incessante forza vitale. Quanto più una cosa era vicina alla natura, tanto più era vicina alla verità; il passato ariano tedesco era vici-nissimo a tutto ciò che era vero; in esso materialismo e razionalismo non avevano avuto posto; si trattava di calamità affatto moderne. Ma come avrebbe potuto l'uomo contemporaneo ritrovare il passato? " Dobbiamo decifrare con le nostre anime il paesaggio che l'archeologia riconquista con la vanga. Chi voglia sollevare il velo del mistero deve rifugiarsi nella solitudine della natura. " Ma questa comprensione del passato richiedeva una più profonda iniziazione: era necessario che l'individuo si accostasse al passato storico del Volk, che si impregnasse dell'elemento più genuino della forza vitale, l'antica sapienza germanica. Essa tuttora esisteva, pregna ancora di forza vitale, sia pure in stato di letargo e compito di storici e germanisti era farla rivivere... List si vantava di aver ritrovato il kala, il linguaggio segreto degli antichi germani; poiché alcune delle parole kala ricorrevano anche nella Cabala, List affermava che esse erano il frutto della sapienza germanica. Come madame Blavatskij, List si affermava in possesso di una " scienza segreta " che per mezzo della forza vitale svelava il passato. Questa sua affinità con la teosofia era resa evidente dalla sua credenza che tutte le impressioni necessariamente provenissero da un mondo extrasensoriale e dalla sua fede nella possibilità di comunicare con gli spiriti di età passate. A volte i due movimenti, il nazionalpatriottico e il teosofico, confluivano anche dal punto di vista associativo; così Johannes Baltzli fondatore e animatore della società Guido von List, pubblicava i suoi scritti su numerose riviste teosofiche. List faceva parte del gruppo di germanisti antisemiti capeggiato da Schónerer [con] una visione il perno della quale era costituito dalla figura di un capo, un " uomo forte giunto dall'alto " il cui avvento era inevitabile. List condivideva con madame Blavatskij il concetto di karma, come è dimostrato dal resoconto del sogno circa il capo messianico da lui fatto pubblicare su " Frana ", una rivista teosofica tedesca. Le idee di List si diffusero in Germania tramite Alfred Schuler, il cui ambiente era Schwabing, il quartiere degli artisti di Monaco, dove sullo scorcio del secolo si era venuta costituendo una vasta comunità di gente che la pensava allo stesso modo.
    [Vi] faceva spicco il poeta Stefan George e con lui il giovane Ludwig Klages, destinato a divenire uno dei capi della filosofia tedesca.9
    È noto che Schwabing era il quartiere ove Hitler trascorse i suoi anni di Monaco prima della guerra. Probabilmente già allora assorbiva idee che avrebbe reincontrato — come si vedrà — nel 1920; e Mosse così sintetizza:
    La cerchia in cui Schuler si muoveva ha avuto il proprio agiografo in Franziska von Reventlow, che le dedicò un romanzo autobiografico (Gli appunti del signor Dame, 1902) in cui descrive i mèmbri di questo gruppo esoterico, noti come " I Cosmici ". Costoro attribuivano grande valore all'originaria sostanza comune a tutti gli appartenenti alla stessa razza. Tale caratteristica era equiparata sul piano filosofico a un principio cosmico creatore della vita e necessariamente presente in ogni personalità creatrice. L'importanza attribuita al sangue discendeva direttamente dall'antico culto druidico, che i mèmbri del gruppo tentavano di far rinascere. George, alla fine, scelse una strada diversa, ma Schuler e Klages rimasero fedeli alle loro convinzioni ed esperienze giovanili. Il secondo, anzi, provvide ad elaborare una complessa filosofia cosmica.10
    Dalle rune, il cui segreto List studiava, proviene la sigla delle Ss. Ritroveremo l'idea di un magico patto tra l'uomo e il cosmo mediato da una personalità creatrice, il capo giunto dall'alto, nelle conversazioni di Hitler che stupivano Rauschning. E poiché sappiamo che Claus von Stauffenberg e suo fratello erano ammiratori di George, mentre l'attentatore del 20 luglio 1944 portava quando fu arrestato un anello con l'iscrizione " Finis initium " (il celebre poema dello stesso George)," possiamo supporre che la decisione di eliminare Hitler che stava portando la Germania al disastro, nacque in quegli stessi gruppi iniziatici che erano stati una delle componenti della formazione culturale e della strategia di ascesa al potere del Führer. È una chiave nella quale si può leggere — come vedremo — il romanzo Sulle scogliere di marmo di Jünger, di impostazione esoterica. Continua Mosse:
    Un altro intermediario tra List e la Germania fu quello strano personaggio noto col nome di Ternhari [che] con tutta probabilità non era che un imbroglione e un opportunista, che si presentò a List spacciandosi per il rinato capo dell'antica tribù germanica dei velsunghi. Diede alle stampe a Lipsia una Lettera sulla svastica la cui copertina era ornata da una figura astrale reggente una svastica fiammeggiante. Tentò nei primi anni del Novecento di costituire una setta; e anche questa, come le altre, finì con l'andare in frantumi perché Ternhari si smarrì in ripicche con gli altri mèmbri. Anch'egli come Schuler aveva i suoi ammiratori e portavoce, il più influente dei quali era quel Dietrich Eckart, che fu il mentore di Hitler agli inizi del movimento nazionalsocialista. Ed effettivamente la Weltanschauung di cui Hitler si fece portatore recava evidenti tracce del pensiero di Schuler e Ternhari. Si continua ad affermare che queste credenze sfociavano nel magico, nell'irrazionale, nel folle; ma ciò che conta è che, all'epoca, esse trovavano un largo seguito perché erano a sfondo magico. Schuler stesso ammetteva che l'esplicazione delle forze cosmiche originarie in un individuo poteva conferire a questi poteri tali da farlo ritenere un mago.12
    Come vedremo, Hitler, abile organizzatore politico, criticherà poi le piccole sette che si logorano nel contrasto tra i mèmbri. Lavorò per fare del piccolo partito nazista una grande organizzazione di massa. Ma dall'atmosfera culturale ora descritta derivò una delle componenti fondamentali del suo pensiero. Credeva in un rapporto particolare, magico, tra forze cosmiche e individui parti colarmente dotati. Si noti l'affermazione di Mosse, critico di questo irrazionalismo che prepara il nazismo, secondo cui Ternhari " con tutta probabilità non era che un imbroglione ". Perché " con tutta probabilità" e non con assoluta certezza? Perché il personaggio, se non dotato della "buona fede"13 che Mosse riconosce a Schuler, era in parte autoconvinto di reincarnare in sé un capo di altri tempi. La reincarnazione, parte integrante del credo del kanna, della rinascita era insita in quel tipo di cultura. È attendibile che Heinrich Himmler, lo spieiato organizzatore delle Ss sul quale si tornerà, si ritenesse la reincarnazione del re di Germania Enrico l'Uccellatore, il personaggio dell'epoca delle leggende di Parsifal e Lohengrin, del mito del Graal, che è un'altra componente della cultura che porterà al nazismo.
    Ne è basilare espressione la rivista "Ostara", di cui Hitler è assiduo lettore negli anni viennesi. La pubblicazione, fondata nel 1905, prende nome da un'antica dea germanica della primavera ed è diretta da un seguace di List, già frate e che aveva lasciato la tonaca: Jorg Lanz von Liebenfels, anch'egli un " imbroglione " se, secondo il più accreditato biografo di Hitler, Joachim Fest, si attribuiva "un titolo nobiliare inventato di sana pianta".14 Bracher si limita a dire che "Adolf Lanz si denominava Lanz von Liebenfels".15 Queste definizioni, come quelle usate dagli storici per Sebottendorff, fondatore della società Thule sul quale si tornerà ampiamente, meritano di essere ricordate, perché personalità sull'incerto confine tra mistificazione e convinzione di essere degli iniziati sono all'origine dei gruppi occultisti che sono una delle matrici del nazismo.
    Essi sono giustamente ricordati per il loro marcato antisemitismo. Lo sono meno o non lo sono affatto per la loro sottolineatura dell'esistenza di doti paranormali e della possibilità di acquisirle.
    Lanz istituì un "castello dell'ordine"16 a Werfenstein, nell'Austria meridionale. Sovvenzioni di industriali gli permisero di acquistare " la sua fortezza dalla quale patrocinava la fondazione e l'organizzazione di un ordine maschile ario-eroico destinato a divenire l'avanguardia di signori biondi e dagli occhi azzurri nel sanguinoso scontro con le razze inferiori e impure".17
    La sua cosmostoria è esposta nel libro Teozoologia ovvero studio sui scimmieschi abitanti di Sodoma e l'electron degli dei. Introduzione alla più antica e alla più nuova concezione del mondo e giustificazione della sovranità e della nobiltà. Gli eroi ariani sarebbero stati dotati di speciali organi elettronici, erano una razza estinta, ma le cui doti paranormali avrebbero potuto esser recuperate attraverso un processo di selezione genetica. Fest commenta:
    II sentimento di angoscia dell'epoca, la tendenza a costituire associazioni e gruppi elitari, l'idolatria dilettantesca che nutriva per le scienze naturali, atteggiamenti cementati da una componente che sul piano intellettuale come personale appare in larga misura truffaldina:
    tutto questo si ritrova nella dottrina di Lanz.18
    Vedremo più avanti il rapporto di Hitler con queste concezioni e in particolare con quella di Lanz. Qui importa notare il " quasi truffaldina " di Fest come il " con tutta probabilità " di Mosse: questi storici in qualche misura attenuano il perentorio giudizio su questi precursori della componente occultistica del nazismo. Va inoltre rilevato — a conferma dell'aspirazione al paranormale — che le doti attribuite da Lanz ai suoi eroi sono molto simili a quelle di personaggi di odierni serial televisivi, tra cui la celebre "donna bionica" (che è bionda e con occhi azzurri, ma che Lanz non avrebbe mai proposta come eroina proprio perché di sesso femminile).
    Gli storici non hanno approfondito le attività di Lanz (cui Bracher attribuisce il nome Adolf anziché Jörg). Il castello di Werfenstein non poteva essere solo la redazione di una rivista a diffusione limitata. La definizione di fortezza dell'ordine lascia supporre altre iniziative. Quali? Forse solo cerimonie e discorsi di un gruppo che "lì, già dal 1907 aveva assunto la croce uncinata come simbolo della lotta ariana".19 O forse qualcosa di più, cerimonie di un tipo particolare, iniziatico, tentativi di creare le premesse per la vantata possibile riconquista di doti paranormali di tempi antichi.
    Ci si può porre il problema se Hitler abbia mai frequentato il castello. Lanz è morto ottantenne, nel 1954, ma ha lasciato poco dietro di sé. Ha sostenuto di aver incontrato a Werfenstein lord Kitchener, il futuro ministro della guerra inglese. Gli storici ritengono l'affermazione inattendibile,20 ma forse si può essere più cauti se si tiene presente il ponte tra Inghilterra e Germania di cui si è detto. Il rapporto col futuro Führer è invece ritenuto fondato in questo quadro:
    Lanz proponeva concorsi di bellezza razziali. Hitler si recò da lui per chiedergli alcuni numeri arretrati della rivista, che gli mancavano e ai cui insegnamenti evidentemente si abbeverava con vivissimo interesse; lasciò a Lanz von Liebenfels l'impressione di un giovane pallido e modesto.21
    La definizione di " concorsi di bellezza " lascia perplessi. È di comune sottolineatura nella storiografia il fatto che erano pochi i componenti della élite nazista ad avere i connotati somatici degli eroi alti e biondi con occhi azzurri e certamente non ne disponeva Hitler. È possibile ipotizzare che il primo stadio del processo di formazione della "nuova razza" (concetto tipico di Hitler) non fosse tanto un insieme di caratteristiche fisiche, quanto la possibilità di un addestramento per l'auspicata riconquista di doti paranormali, "bioniche". Il clima culturale descritto da Fest e da Mosse lascia capire come convinzioni di questo genere — per quanto infondate — potessero allignare nelle associazioni che sono una delle premesse del processo magmatico che porta al nazismo.
    Se si può ipotizzare che Hitler abbia partecipato alle attività svoltesi nel castello di Werfenstein, quello che è certo è che nello stesso periodo matura un'altra componente di quel processo che porterà Hermann Rauschning a definire quello di Hitler, come vedremo, " socialismo magico ":22 magico, ma socialismo, per quel che poteva intendere come socialismo un conservatore prussiano quale il presidente del Senato di Danzica città libera nel primo dopoguerra e occasione dello scoppio del secondo conflitto mondiale.
    Il socialismo magico di Hitler ha le sue origini nel socialismo nazionale che alla fine dell'Ottocento si sviluppa, come l'arianesimo occultista di von List, a contatto e in contrasto con l'elemento slavo ai confini delle etnie germanicheParadossalmente il primo partito che prende il nome di nazionalsocialista non è tedesco, ma ceco e viene fondato nel 1898 a seguito di una scissione nel sindacato tra i lavoratori di nazionalità boema e quelli di nazionalità tedesca. Questi costituiscono a loro volta nel 1904 a Trautenau, in Boemia, la Deutsche Arbeiterpartei (Dap, partito dei lavoratori tedeschi) che " si appoggiava fortemente alle leghe tedesche di lavoratori di ispirazione nazionalista, il cui centro era Linz, la città in cui in quegli anni il giovane Hitler compiva con scarso successo i suoi studi scolastici... Ben presto gli aderenti al partito si chiamarono semplicemente nazionalsocialisti ".23
    Uno dei fondatori era il ventiduenne apprendista tessitore Hans Knirsch, che troveremo dopo il 1918 alla guida del partito nazionalsocialista nei Sudeti annessi alla Cecoslovacchia, il partito che sotto la guida di Konrad Henlein (successore di Knirsch) ebbe un ruolo decisivo nella crisi che portò allo smembramento del paese e al trionfale ingresso di Hitler a Praga nel 1939, preludio della seconda guerra mondiale.
    Tra gli aderenti alla Dap numerosi erano i ferrovieri, il cui leader era Rudolf Jung. Un giovane ferroviere di Monaco, Anton Drexler, era a contatto coi ferrovieri della Boemia; divenuto poi fabbro ferraio nelle officine ferroviarie della capitale bavarese, membro della società Thule, fondò il 5 gennaio 1919, con venticinque operai di queste officine, la Deutsche Arbeiterpartei, partito dei lavoratori tedeschi. Già nell'estate del 1918 il Dap in Boemia prese ufficialmente la denominazione di "Deutsche Nationalsozialistische Arbeiterpartei" (partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori, Dnsap) e il 24 febbraio 1920 anche il partito fondato da Drexler assunse la denominazione di Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei (Nsdap), il partito che col nome sintetico di nazista avrebbe preso il potere in Germania e tentato di instaurare il " nuovo ordine " in Europa.
    I venticinque punti del programma del partito ricalcavano quelli di Jung e di Drexler, tanto più che Hitler, che presentò ufficialmente il programma, era probabilmente a contatto col piccolo Dap tedesco di Boemia "nel suo periodo viennese, se non già a Linz".24 Per i cultori delle analogie storiche, si può ricordare un altro periodo nel quale ponte, questa volta tra Inghilterra e Boemia, fu la premessa a un grande conflitto.
    Sin dal 1388 Oxford era frequentata da studenti cechi riuniti in un centro, e i figli degli attendenti di Anna di Boemia, sposa di Riccardo II d'Inghilterra, ingrossavano le file di questa colonia mantenendo tuttavia con i loro viaggi rapporti intensi con la patria. Furono essi a introdurre in Boemia gli scritti di Wyclif. Hus stesso ci informa (nel 1411) che egli "e molti membri dell'Università hanno posseduto e letto già da venti anni e continuano a leggere i libri del maestro inglese Wyclif"; e d'altra parte ne abbiamo una prova nei suoi entusiastici commenti, scritti in lingua ceca, in margine a un'opera filosofica (sugli universali) del maestro inglese. Il De Ecclesia che costituisce l'ossatura dell'omonima opera di Hus e ne contiene la tesi, fu copiata da uno studente ceco e da uno boemo (di cui conosciamo persino il nome, Nicola Faulfiss). Questi non sono che alcuni esempi dell'influenza, pacifica e sicura almeno fino al Concilio di Costanza, del pensiero del riformatore inglese su Hus. Lutero nel 1519 a Lipsia difese "le tesi condannate di Wyclif e Hus " ma l'enfasi è posta su quest'ultimo, e anche Melantone, col quale Lutero poi discuterà di Hus, non sembra aver capito la matrice wycliffita del praghese e la sua opera su Wyclif si risolve in una condanna. Del 1529 è poi una lettera di Lutero che contiene un passo prezioso: " Mi accorgo di aver insegnato e sostenuto sin qui tutte le tesi di Hus senza saperlo. Tutti noi siamo ussiti senza saperlo.25
    Anche se Melantone lo ignora, è un ponte che dall'Inghilterra porta alla Riforma, che dalla Germania " torna " in Inghilterra come il magismo rinascimentale. Wyclif e Hus appaiono campioni della lotta contro il papato romano; e nella cattolicissima Austria dell'inizio del Novecento (continua-trice di quella che schiaccia la Praga riformata e magista del 1618) la lotta contro Roma intesa nel senso che gli inglesi definiscono col termine " papismo " è nel programma del movimento pangermanista di Schönerer. Uno dei suoi slogan è " Contro Giuda, contro Roma - Si costruisce il duomo della Germania " (in tedesco l'assonanza tra Rom e Dom rende lo slogan più ritmato).26
    Hitler, il cui disprezzo personale per il cattolicesimo è ben noto (anche se controllato inizialmente durante il conseguimento del consenso e fino all'alleanza con von Papen), raccogliendo in parte l'eredità di Schònerer dal lui ammirato, contrappose alla religione della Roma " papista " non già la critica di Wyclif, di Hus, di Lutero (propugnatori di un diverso cristianesimo), ma una concezione che Pio XI e i suoi collaboratori considereranno neopagana, e che contiene elementi dell'occultismo magico coltivato nei circoli di Lanz e di von List.
    Un altro elemento, più inquietante, del rapporto fra tradizione e gruppi occultisti in Inghilterra e in Germania è costituito dalla cosiddetta "magia sessuale", cioè di poteri " speciali " derivanti da pratiche sessuali. È un tema oggetto di recenti studi anche in riferimento a Giordano Bruno, di cui sono noti gli echi del soggiorno inglese e dei viaggi in Germania prima del processo e del tragico rogo del 1600. Queste pratiche possono fare del "mago" un "manipolatore totale",27 secondo l'espressione di Joan Couliano, allievo e continuatore di Eliade, come lui di origine romena, impegnato a ridurre al minimo i rapporti, invece diretti e intensi, tra il suo maestro e la Legione dell'Arcangelo Michele di Cornelio Codreanu, uno dei più caratteristici movimenti del radicalismo di destra tra le due guerre.
    La cultura della magia sessuale, forse rimasta sotterranea in Inghilterra come quella rosacrociana e della quale vi sono comunque indizi nella figura e nell'opera di George Byron, riemerge alla metà del XIX secolo con l'incontro tra l'occultista francese Eliphas Levi che giunge a Londra per vederlo ed Edward Bulwer Lytton, che ha un ruolo cruciale nell'evolversi dalla società rosacrociana nella ermetica Gol-den Dawn (pur fondata dopo la sua morte).
    Eliphas Levi è il nome d'arte di Alphonse-Louis Constant, prima seminarista sedicenne e poi rivoluzionario quarantenne nella Parigi del 1848, nella quale fonda "La Tribune du Peuple" e il Circolo della Montagna, con una moglie femminista, Claude Vignon, che appartiene al gruppo delle Vesuviennes, col cui sostegno tenta invano di farsi eleggere deputato. Passato dal socialismo all'occultismo, sceglie il nuovo nome col quale diverrà famoso in quest'ultimo campo e che è al tempo stesso la traduzione in ebraico di Alphonse-Louis, la denominazione di Elifaz, uno dei tré amici che secondo la Bibbia consolano l'afflitto Giobbe.
    Giunto a Londra dopo l'avvento del Secondo Impero, Eliphas Levi entra in rapporto di amicizia con Bulwer Lytton, nobile inglese che pratica con grande successo sia la politica che l'occultismo: nel 1831, a soli ventotto anni, è deputato liberale. Nel 1834 pubblica un romanzo di grande successo, Gli ultimi giorni di Pompei. L'anno dopo scrive Riemi, personaggio, questo, che affascinerà Hitler attraverso l'omonima opera di Wagner. Si dimette dal parlamento nel 1841, per tornarvi nel 1852 come deputato conservatore. Nel 1866 diviene Lord Lytton di Knebworth e quindi Pari d'Inghilterra. Nel frattempo ha scritto le opere ispirate dalla tradizione occulta: Zanoni (1849), Una strana storia (1862), Maghi e Magia (1865), cui seguirà La razza ventura, nella quale è ipotizzata la forma di energia (Vril) che darà il nome alla società che col fondatore dell'istituto di geopolitica, Haushofer, contribuirà all'elaborazione dell'ideologia nazista.
    La carriera politica di Bulwer Lytton culmina con la carica di segretario di Stato per le colonie e promotore della costituzione del Queensland e della Columbia britannica in colonie separate. Alla morte, nel 1873, viene sepolto nell'abbazia di Westminster.
    È dunque un inglese dell'aristocrazia e un uomo politico di prestigio quello che si impegna con Eliphas Levi nello studio della magia sessuale nel 1854 e che con lui compie esperimenti nel castello di Knebworth nel 1861. È questo un dato da tenere presente sia per quando verrà fondato Thè Herme-tic Order of thè Golden Dawn (abbreviato in Golden Dawn, l'alba dorata), sia per capire il ruolo di Aleister Crowley, le successive scissioni in quella società occulta, i rapporti con le analoghe società tedesche negli anni Venti (il Vril, la Loggia luminosa), i possibili interlocutori ai quali pensava Hess nel maggio 1941.
    Nell'anno successivo alla fondazione della Golden Dawn Londra è sconvolta da una serie di crimini sessuali, quelli di Jack lo squartatore, che uccide cinque prostitute londinesi senza essere scoperto. Il mistero su di lui dura tuttora. E sono note le ipotesi secondo le quali il mistero sarebbe dovuto al fatto che in qualche modo quei delitti sessuali avrebbero coinvolto mèmbri dell'alta società. Vi si è vista inoltre la connessione con pratiche esoteriche.
    Un recente testo ha avanzato l'ipotesi che the Ripper, lo squartatore, fosse un dottore, Roslyn D'Onston Stephenson, che all'epoca scrisse una serie di articoli su giornali popolari, collegando gli assassini!, tutti accaduti nel quartiere di Whitechapel, a cerimonie di magia nera.28
    Un altro testo riprende la tesi che l'assassino fosse John Druitt Montague: è la tesi tradizionale, poiché dopo la scoperta del suo cadavere gli assassini! cessarono. Ma si aggiunge che in realtà egli non si suicidò gettandosi nel Tamigi, come affermato a suo tempo, bensì fu assassinato. Il suo corpo con le tasche piene di pietre era stato ripescato nel fiume a pochi metri da Osiers, una dimora privata di Cheswick che veniva utilizzata per le riunioni di un club detto degli Apostoli, una società dai fini oscuri alla quale Druitt apparteneva e della quale erano mèmbri molti aristocratici e anche un possibile erede al trono d'Inghilterra, Albert Victor (Eddy) duca di Clarence, nipote della regina Vittoria, a sua volta sospettato di essere the Ripper.
    Nel libro si sostiene che il fratello di John Montague, William, sarebbe stato in possesso di prove che dimostrerebbero l'innocenza del duca, i sospetti nei confronti del quale vengono comunque sottolineati.29 Colin Wilson, uno studioso dell'occulto che verrà citato anche in seguito, sostiene invece, in un libro pure recente, l'innocenza di John Montague Druitt e la colpevolezza del duca di Clarence. Il medico della regine, William Gull, avrebbe attirato sospetti su di sé per stornarli dal duca.30 Una variante vede inoltre Jack nell'amante dell'omosessuale Eddy, James Kenneth Stephen.
    In un testo pure recente di uno scrittore italiano documentato ed equilibrato, Silvio Bertoldi, l'episodio è rievocato in relazione a un possibile matrimonio tra il duca e Elena d'Orleans, futura sposa di Emanuele Filiberto di Savoia.
    Prima di conoscere Emanuele Filiberto, tutto aveva lasciato credere che dovesse sposare il duca Alberto di Clarence, primogenito di Edoardo VII e pertanto destinato a regnare un giorno sull'Inghilterra, [che] ebbe anche un'altra notorietà, più equivoca e torbida, a voler dar credito a certe voci care ai cultori di romanzi polizieschi. Secondo una versione uscita dagli archivi di Scotland Yard, comprovata da referti medici e naturalmente contraddetta con sdegno dalle autorità (alcune delle quali, però, per essersi dimostrate dubbiose, furono poi emarginate), sarebbe stato lui il misterioso mostro di Londra. Cioè il famigerato Jack lo Squartatore, l'assassino mai identificato nè catturato di prostitute inglesi. Il mostro colpiva le donne alla gola con un coltello e, volendo credere a simili storiacce, beveva il sangue delle vittime. Dunque un vampiro?31
    Personalmente ho altre volte utilizzato nei miei studi di politica temi e tesi che sembravano cari ai cultori di romanzi polizieschi. In genere mi sono stati utili per avvicinarmi alla realtà. L'accostamento delle date (il duca di Clarence si ammalò nel corso del 1890 e morì nel 1891 o secondo altri nel 1892) permette un'ipotesi: vi è una tradizione di magia sessuale e di magia nera, che provoca discussioni e divisioni nei circoli occultistici, che si rinverdisce con l'incontro tra Eliphas Levi e Bulwer Lytton, che in parte è presente nella fondazione della "Golden Dawn" (1887), che può essere connessa con gli assassini! quasi rituali del 1888, come tali presentati in una storia ritenuta fantastica negli anni Quaranta,32 ai quali segue una sorta di epurazione nelle società occultistiche.
    Queste vicende coinvolgono settori dell'aristocrazia inglese sino a far cadere sospetti sui mèmbri della famiglia reale. In seguito la tradizione della magia sessuale riappare nella Golden Dawn alla quale aderirà Aleister Crowley, anch'egli a contatto con l'alta società, che sostiene di essere la reincarnazione di Eliphas Levi, perché nasce nello stesso anno in cui questi muore (1875).
    Se vi è un ponte occulto tra Inghilterra e Germania che cela una storia segreta, si possono capire la speranza di Hitler di una pace con l'Inghilterra che punti anche sulla famiglia reale (la vicenda del duca di Wìndsor sulla quale si tornerà) e i presupposti sui quali si basava il viaggio di Hess in Iscozia. Si può ritenere che le voci concernenti il coinvolgimento di mèmbri dell'aristocrazia e forse della famiglia reale nei riti di società esoteriche inglesi, si siano trasmessi da queste sin dalla fine del secolo a quelle analoghe tedesche che poi sfociarono nel nazismo, ai cui leader tali voci pervennero. Ma per completare il quadro è necessario tornare alla Golden Dawn di fine secolo.
    Ne fanno parte Bram Stoker (inventore del personaggio di Dracula, barone vampiro: che fa ricordare il vampirismo di the Ripper e che scrive La vergine di Norimberga dopo un viaggio in Germania nel 1885), narratori fantastici come Arthur Machen, ma anche due tra i più grandi poeti del nostro secolo, William Yeats (che già aveva fondato nel 1885 una Hermetic Society a Dublino) e Thomas Eliot. Yeats unirà la persistente convinzione della validità dell'esoterismo a un preciso impegno politico, divenendo nel 1922 senatore dell'Ulster e contribuendo al mantenimento dell'unione delle contee del Nord con l'Inghilterra. La sua grande amicizia con Ezra Pound lo rafforzerà nella convinzione delle buone ragioni della Germania e del fascismo europeo.
    Va dunque tenuto presente che la candidatura, sia pure senza successo, di Eliphas Levi e gli incarichi politici coscientemente assunti da Bulwer Lytton e da Yeats sono la prova che occultismo e anche magia sessuale non implicano soltanto comportamenti stravaganti o pericolosi di personaggi eccentrici, ma scelte politiche coerenti con una visione della realtà nella quale il ruolo dell'impero inglese coesiste con la critica al " papismo " romano e con l'apprezzamento di regimi autoritari in Europa. E poiché quasi ogni storico e ogni biografo di Hitler ha sollevato questioni sulle sue abitudini sessuali, senza entrare nel merito di fatti per i quali manca una sufficiente documentazione, si può supporre che alla cultura "occulta" del futuro Führer non fossero estranei elementi di pratiche aventi una connessione col rapporto tra il sesso e la potenza.
    Yeats divenne "gran maestro" della Golden Dawn succedendo a Wynn Westcott e a Mc Gregor Mathers, col quale era in stretti rapporti, così come lo era con madame Blavatskij, da lui molto ammirata. Il matrimonio tra Mathers (comunemente definito mago) e la sorella di Henri Bergson stabilì un legame indiretto tra la tradizione occultista e la filosofia intuizionista dello slancio vitale, che aveva qualche analogia con la misteriosa energia del Vril e che influenzò la cultura europea in modo rilevante. Yeats scelse come nome iniziatico Demon est Deus inversus. La stretta connessione tra magia in genere (e presenza della magia sessuale) e politica è tanto più evidente quanto più viene negata, come in una recente presentazione dell'opea di Yeats che è opportuno citare come esempio della posizione del poeta ancora alla fine della sua vita:
    Completò il suo nuovo dramma, tra il licenzioso e il mistico, L'uovo dell'airone... Nell'idea di Yeats, un piccolo ordine aristocratico doveva attuare l'unificazione dello Stato, evitando che le famiglie e gli individui spiritualmente parassitari potessero prevalere su quelli creativi; i paesi fascisti, forse più ancora che le democrazie, gli sembravano anteporre la quantità alla qualità.33
    Ciò che viene definito " tra licenzioso e mistico " è in realtà l'eco della magia sessuale e il " piccolo ordine aristocratico" che restaura lo Stato è il progetto politico che getta un ponte alla fine dell'Ottocento tra la Golden Dawn di cui Yeats è gran maestro e le società occultiste tedesche che preparano la cultura del nazismo e di Hitler. In seguito questi ultimi possono avere accentuato tratti populistici, che .suscitano critiche del pensiero tradizionalista, che Yeats riecheggia e che possono aver provocato parziali differenziazioni politiche. È un dato politico che emerge per esempio dagli scritti di Evola. E Guénon scriverà al Cairo // Regno della quantità e il segno dei tempi nel 1945, anno della sconfitta nazista. Ma ciò nulla toglie al tipo di cultura politica che matura negli ultimi decenni dell'Ottocento, con le sue componenti esoteriche. E Yeats rimase ostile alla liberal-democrazia fino alla fine della sua vita come lo era stato all'inizio.
    A questo punto si è molto ampliato il quadro che Louis Pauwels e Jacques Bergier hanno avuto il merito di proporre nel 1960, anche se la genericità di talune affermazioni, la mancanza di documentazione per altre e qualche connessione stabilita in modo affrettato hanno facilitato il silenzio della storiografia ufficiale e la critica talora sprezzante di quella tradizionalista e di destra. Scrivono i due autori:
    Verso il 1880 in Francia, in Inghilterra e in Germania, alcune società iniziatiche e ordini ermetici si fondono e riuniscono potenti personalità. La storia di questa crisi mistica e post-romantica non è stata ancora scritta e meriterebbe di esserlo. Vi si troverebbe l'origine di molte importanti correnti di pensiero, che hanno anche determinato correnti politiche... Alla Golden Dawn era affiliata anche una donna, Florence Farr, direttrice di teatro e intima amica di Bernard Shaw. Ne facevano parte anche Peck, astronomo reale di Scozia, il celebre ingegnere Allan Bennett e sir Gerard Kelly, presidente della Royal Academy. Sembra che questi uomini di prim'ordine siano stati influenzati in modo incancellabile dalla Golden Dawn. Secondo le loro stesse ammissioni, la loro visione del mondo fu cambiata e le pratiche a cui si diedero non cessarono di apparire loro efficaci ed esaltanti... Noi non proponiamo di studiare una filiazione Rosa-Croce-Bulwer Lytton-Little-Mathers-Crowley-Hitler, o un'altra filiazione dello stesso genere in cui si incontrerebbero anche la signora Blavatskij e Gurdjiev. Naturalmente ci sono molte interferenze, passaggi clandestini o palesi da un gruppo a un altro. È una cosa appassionante come tutta la storia minuta. Ma il nostro scopo è la grande storia. Noi pensiamo che queste società sono le manifestazioni di un mondo diverso da quello in cui viviamo. Diciamo che è il mondo del Male nel senso in cui lo intendeva Machen.34
    Lo scrittore Arthur Machen era affiliato alla Golden Dawn. Non poteva ovviamente identificarla con l'essenza del male. Pauwels è stato allievo di Gurdjiev, il "mago" giunto dall'Oriente dopo la prima guerra mondiale, e da lui ha appreso elementi di occultismo e di fantastoria. L'aspirazione a scrivere una grande storia fondata sul conflitto manicheo tra bene e male ha compromesso il contributo arrecato dal Mattino dei maghi alla storia minuta di società segrete che hanno influito su un evento importante quale la formazione culturale di Hitler e di parte della élite nazista. Buona parte della storiografia tradizionale e di destra ha ritenuto che Pauwels (che negli anni Settanta come responsabile del " Figaro Magazine" ha contribuito al rilancio culturale in Francia proprio di una destra che avrebbe nel decennio successivo trovato espressione politica nel Fronte nazionale di Le Pen) insieme a Bergier volesse vedere in Hitler e nel nazismo la " filiazione " dell'occultismo satanico delle sette segrete.
    Non si sono fatti quindi progressi nell'approfondire la storia minuta di queste sette, le divergenze e le lotte per la supremazia che, come in tutti i gruppi, hanno portato a scissioni e all'alternarsi di leader. Il dato rilevante rimane comunque quello dei rapporti tra gruppi occultisti dell'Inghilterra e della Germania. Essi maturarono negli ultimi decenni del XIX secolo. Stabiliscono legami tra persone influenti — anche sulla base di una concezione " magica " della realtà —, che si trasmettono per un paio di generazioni. Il retroterra culturale di questi gruppi è frastagliato, ma da luogo a una concezione comune secondo la quale: 1) la storia che conosciamo è solo una parte della storia dell'umanità; 2) alcune élites di iniziati conoscono "tutta" la storia; 3) essi si sono trasmessi questo sapere e conoscenze che conferiscono particolari poteri; 4) coloro che ne dispongono e li trasmettono debbono svolgere anche un ruolo politico per gestire il futuro di una umanità decaduta alla quale occorre restituire doti e caratteristiche andate perdute.
    Mancano più di vent'anni alla nascita di Hitler quando vengono fondate Die Telyn e la società rosacrociana inglese; quando Bulwer Lytton ipotizza il potere del Vril e sperimenta la magia sessuale; due soli quando sorge la Golden Dawn, lo stesso anno nel quale Arthur Conan Doyle inventa Sherlock Holmes (che usa stupefacenti), mentre si interessa di fenomeni metapsichici (di cui scriverà una storia: Storia dello spiritualismo, alia vigilia della guerra mondiale) e mentre l'interesse per il mystery poliziesco è implementato dalle imprese di Jack lo squartatore. Il riferimento a Sherlock Holmes non è privo di interesse se si pensa che II mastino dei Baskerville è una lettura particolarmente amata da Hitler.
    Hitler è quindicenne quando sorge il primo nazionalsocialismo boemo; è ventenne quando Liebenfels diffonde Ostara e von List // segreto delle rune e mentre Steiner35 dirige la società teosofica tedesca che diffonde le teorie di madame Blavatskij che verranno illustrate nel prossimo capitolo. In questo periodo la Golden Dawn ha superato la crisi provocata dai possibili eccessi della magia sessuale ed è diretta da uomini di grande prestigio.
    Il futuro Führer vive a Vienna e a Monaco in ambienti permeati dalla cultura che è stata descritta; ha ventitré anni quando sorge il primo gruppo che prende il nome della mitica Thule, la stessa denominazione della società dalla quale deriverà direttamente il partito nazista.
    È in questo contesto che vanno collocate le esperienze e la formazione culturale di Hitler, che egli narrerà in modo selettivo (e forse in parte deformato) nel Mein. Kampf e sulla quale sorgeranno non poche controversie di interpretazione, come si vedrà nel quarto capitolo.

    NOTE
    1. Sulla vicenda di Die Telyn, cfr. William J. McGrath, Arte dionisiaca e politica, Einaudi, Torino 1986, cap. I. Sulle vicende successive e sui rapporti con Nietzsche e con Wagner cfr. i capitoli II "Nietzsche come educatore" e III " Esteti e attivisti ".
    2. Il giudizio di Schuré su Berlino è in // sogno della mia vita, Laterza, Bari 1929,pag. 52.
    3. Per il parere di Hitler su Berlino cfr. la tipica risposta al suggerimento di Mussolini del giugno '31 di trasferire nella capitale la direzione del partito: " Mi ha precisato di ritenere pjsr il momento inopportuno il trasferimento. Berlino non è Roma. È una città per metà americanizzata, per metà kultural e senza tradizione" (Lettera a Mussolini di Giuseppe Renzetti, direttore della Camera di commercio italiana a Berlino e di fatto rappresentante del duce presso il futuro Fùhrer, ora ne " L'ambasciatore ombra ", in " Storia illustrata ", dicembre 1987).
    4. Edouard Schuré, Donne inspiratrici, Laterza, Bari 1930, pagg. 86-87. Questo testo come quello citato alla nota 2 fa parte di una collana dal titolo " Studi religiosi, iniziatici ed esoterici ".
    5. Nel suo ormai classico La dittatura tedesca - Origini, strutture, conseguenze del nazionalsocialismo in Germania (II Mulino, Bologna 1973) Karl D. Bracher ricorda che "lo scambio epistolare tra Chamberlain e la vedova di Wagner [Cosima Liszt, N.d.R.] si ispirò ai principi dell'antisemitismo e di una congiura ebraica internazionale e della loro distruzione su scala mondiale" (pag. 20).
    6. Cfr. Robert J.W. Evans, Rodolfo II d'Absburgo - L'enigma di un imperatore, II Mulino, Bologna 1984.
    7. Frances Yates, L'Illuminismo dei Rosa croce - Uno stile di pensiero nell'Europa del Seicento, Einaudi, Torino 1976, pag. 186.
    8. Robert J.W. Evans, op. cit., pag. 396.
    9. George L. Mosse, Le origini culturali del Terzo Reich, II Saggiatore, Milano 1984, pagg. 108-111. La citazione di List è nella sua biografia scritta da Baltzli (Guido von List, Wien 1917, pag. 26). L'opera fondamentale di List è // segreto delle rune, edito nel 1908.
    10. George L. Mosse, op. cit., pagg. 111-112.
    11. Cfr. Walter Laqueur, Youth Germany - A History of thè German Youth Movement, New York 1962, pag. 136.
    12. George L. Mosse, op. cit., pagg. 113-114.
    13. Ibidem, pag. 113.
    14. Joachim Fest, Hitler, Rizzoli, Milano 1974, pag. 41.
    15. Karl D. Bracher, op. cit., pag. 82.
    16. Ibidem.
    17. Joachim Fest, op. cit., pag. 41.
    18. Ibidem, pag. 99.
    19. Karl D. Bracher, op. cit., pag. 82.
    20. Cfr. Joachim Fest, op. cit., pag. 99. La fonte di Fest è il libro di Wilfried Daim Der Mann, der Hitler die Idee gab.
    21. Joachim Fest, op. cit., pag. 42, stessa fonte.
    22. Hermann Rauschning, Hitler mi ha detto, Rizzoli, Milano 1945, pag.247.
    23. Karl D. Bracher, op. cit., pag. 71.
    24. Ibidem, pag. 75.
    25. Maria Teresa Beonio Brocchieri Fumagalli, Wyclif - il comunismo dei predestinati. Sansoni, Firenze 1975, pagg. 2-3.
    26. Cfr. Joachim Fest, op. cit., pag. 45.
    27. Joan Couliano, Eros e magia nel Rinascimento, II Saggiatore, Milano 1987, pag. 164. Ivi sulla magia sessuale bruniana v. il cap. 4, "Eros e magia", pagg. 141-165.
    28. Cfr. Marvin Harris, Jack thè Ripper, thè bloody truth, London 1987.
    29. Cfr. Martin Howells e Keith Skinner, Thè Ripper Legacy, London 1987.
    30. Colin Wilson e Robin Odell, Jack thè Ripper: summing up and verdict, London 1987.
    31. Silvio Bertoldi, Aosta gli altri Samia, Rizzoli, Milano 1987, pagg. 92-93.
    32. La storia è raccontata da Stephan Knight nel libro che ha un titolo che rievoca il nazismo: Jack thè Ripper, thè final solution, London 1976. (Per coincidenza la soluzione finale concerne lo sterminio degli ebrei.) Il pittore William Sickert, che avrebbe occupato la stanza già affittata da Jack, avrebbe raccontato al figlio Joseph che il duca di Clarence avrebbe sposato segretamente nel 1884 Mary Kelly, l'ultima delle vittime dello squartatore. Lord Salisbury e William Gull, confratelli in una loggia massonica, avrebbero coinvolto l'altro confratello sir Robert Anderson, capo della polizia metropolitana (Cid), nella decisione di uccidere secondo un rituale massonico Mary e le altre prostitute sue amiche, intenzionate a ricattare il duca. Sickert ammise in seguito di aver inventato tutto. Ma i sospetti di un coinvolgimento ad alto livello perdurano. Uno dei più energici confutatori di questa tesi e sostenitore della colpevolezza-di Montagne John Druitt è Daniel Farson, autore di Jack thè Ripper (Londra 1964) e di storie dell'orrore, il cui prozio era Bram Stoker, inventore di Dracula e autorevole membro della "Golden Dawn", del quale Farson ha scritto una biografia {Thè Man Who Write Dracula, Londra 1975). Come si vede le coincidenze sono numerose. Se si pensa a crimini connessi alla magia sessuale, Montagne John Druitt può essere davvero il colpevole o uno dei colpevoli. Ma rimane il mistero del perché la polizia non giunse ad alcun risultato e del perché i delitti cessarono. La vicenda è inoltre ricca di documenti e di reperti scomparsi. Che tutti questi misteri celino una verità da occultare è quindi tesi verosimile. Va aggiunto che la denominazione di club degli Apostoli fu riesumata dal gruppo di Blunt e Philby che negli anni Trenta arruolò i suoi mèmbri nei servizi segreti inglesi perché servissero l'Urss in nome dei loro ideali comunisti. Il termine Apostoli ha una tale tradizione in Occidente, che la scelta del nome può essere un'altra coincidenza. Del gruppo faceva presumibilmente parte Roger Hollis, che — come si vedrà — sarebbe stato incaricato di indagare sulle relazioni del duca di Windsor nel periodo in cui era noto il suo apprezzamento per Hitler. Non si può escludere che le voci sui rapporti tra alta società e associazioni occultiste a fine secolo siano giunte all'orecchio dei brillanti intellettuali che scelsero ironicamente un nome compromesso per il loro gruppo, che riteneva di lottare contro la corruzione di classi sociali inglesi disponibili, a loro giudizio, a una intesa con Hitler per combattere il comunismo.
    33. Anthony Johnson, " Una vita di Yeats ", premessa a La Torre, Rizzoli, Milano 1984, pag. 44.
    34. Louis Pauwels e Jacques Bergier, // mattino dei maghi, Mondadori, Milano 1963, pagg. 278-294.
    35. Tra l'ottobre 1917 e l'aprile 1918, mentre maturano eventi storici, Steiner pubblica un commento a Le nozze chimiche su una rivista dal titolo " Das Reich ", lo stesso della celebre rivista diretta da Goebbels durante il Terzo Reich. Un'altra coincidenza (il testo di Steiner è ora in appendice a Johann Valentin Andreae, Le nozze chimiche di Christian Rosenkreutz, SE, Milano 1987).

  6. #26
    Klearchos
    Ospite

    Predefinito

    INDIA ANTICA - GLI ARII

    IL PAESE - I POPOLI - STORIA - LINGUE - LETTERATURA -
    LA RELIGIONE - LE LEGGI - LE ARTI

    IL PAESE.
    - Uno dei nomi che hanno indubbiamente avuto, nel corso dei secoli, maggior copia di accezioni, è senza dubbio quello di India. Dato dapprima alla regione bagnata dall'Indo, fu esteso più tardi a tutte le regioni d'Oriente di cui parlano gli scrittori dell'antichità. Al bacino dell'Indo s'aggiunse il bacino del Gange, la penisola del Dekan vi fu poi annessa, come pure le terre orientali di là del fiume sacro. Dall'India furono chiamate le isole al sud dell'Asia ed anche, poi, quelle della Malesia; il medio evo comprese in quel nome l'Arabia e l'Etiopia; i paesi del sole d'oriente di mezzodì. Non chiamò forse Colombo Indie Nuove le Antille, quando dall'occidente mosse alla ricerca dell'Asia?

    Delle due immense penisole, della superficie di 5 milioni di kmq. che gli antichi conoscevano sotto il nome di India - (India cis Gangem, India anteriore, India trans Gangem, India posteriore, Cocincina) - quella che nella storia della civiltà ha maggior gloria è senza dubbio la più vasta, che s'addentra nel mare a forma di triangolo, con la base nei monti del Pamir e dell'Himalaia e il vertice nel capo Comorin.
    Per diversità di condizioni naturali e di sviluppo storico, tutta questa regione si divide a sua volta in due parti press'a poco d'uguale estensione e di egual forma triangolare : l'Aryavarta - (l'Indostan, la parte continentale dell'India, pianura contenuta fra la catena dell'Himalaia, l'Indo, il Bramaputra e i Vindhia); il Dakslhinapatha - (il Dekan, che sarebbe la vera parte peninsulare : altopiano chiuso tra i Gathi orientali e occidentali, l'aspra catena del Vindhia e i monti Nilgeri).

    È l'India il paese dove gli spettacoli di natura sono più grandiosi e il contrasto fra le varie condizioni fisiche è più saliente. AI nord delle feconde pianure del Gange e dell'Indo s'innalzano le montagne più alte del globo, dalle cime eternamente bianche di neve e lucenti di ghiacciai, dai fianchi ornati della vegetazione più rigogliosa e gigantesca. Di là dal versante settentrionale, sull'altopiano del Tibet, solcato solo da squarciature profonde, dove precipitano impetuosi i torrenti, dove pochi uomini elessero dimora, si estendono solitudini immense senz'acqua, dove langue una flora anemica; verso mezzogiorno invece le pianure più fertili e più feconde d'organismi viventi, e, nella regione stessa delle montagne, le vallate, dove la fantasia popolare intravide i paradisi abitati dagli uomini nell'età aurea - (il Kaschmir); - senza pari per mitezza di clima, per fertilità di suolo, per splendore di paesaggio. I fenomeni atmosferici vi hanno una violenza senza pari. Dal rigido Tibet alle ardenti rive della penisola transgangetica, dall'Oceano Indiano al mare Eritreo, gli sbalzi di temperatura, d'umidità, di pressione, di tensione elettrica; sono ingeriti ed il succedersi rapido dei venti non consente la costanza dell'equilibrio atmosferico: uragani formidabili passano sulle regioni più ricche e popolose, lasciando il deserto e la rovina dovunque.

    Non infrequenti nei tempi più remoti le rivoluzioni geologiche: sconvolgimenti di vasti territori, ammassi di lave - nel Dekan - attestano della prodigiosa attività che in altri tempi avevano i focolai sotterranei della penisola.
    Piante di varie specie la ricoprono; degli animali, tutte le razze, dalla più utile alla più avversa all'uomo, la popolano; tesori inesauribili di metalli e di pietre preziose racchiudono in seno le montagne, che l'immaginazione dei popoli ravvivò di fate e di maghi; perle meravigliose nei mari finitimi. Di tutti questi incanti partecipa Taprobana - l'isola di Ceylan - "la corona dell'India", che suscitò un entusiasmo tanto grande in quanti degli antichi Greci e dei Romani ebbero la ventura di approdarvi.
    Da ciò appare che ben a ragione gli antichi consideravano l'India come il paese delle meraviglie e delle prodigiose ricchezze.

    Ma indubbiamente la regione più impegnata e più pronta ad accogliere e far prosperare una civiltà dovette essere quella del bacino del sacro Gange e dell'Indo. Questi fiumi resero possibile - come il Nilo per gli Egizi, come l'Eufrate e il Tigri per i Caldei e gli Assiri - il divenire degli Arii, e intorno ad essi appunto sorsero le metropoli della cultura, della religione, del commercio indiano, Indraprasta, Matura, Hastinapura, Kangiacugba, Pratishtana, Kapilavusta, Pataliputra.
    Dell' Aryavàrta noi diremo appunto in particolar modo.

    I POPOLI.
    - Primi abitatori dell'India pare fossero popoli di razza negra, di quel gruppo detto negrito, dai capelli lisci, e simili ai negri d'Australia, dei quali restano esempi negli Andaman, nella penisola di Malacca e nelle Filippine, ricacciati: dal succedersi insistente di torme turaniche più evolute e più forti: i Dravidi. Quando vennero gli Arya, « i nobili », questi bianchi si trovarono di fronte popolazioni negre, dal naso schiacciato, dai piccoli occhi, che essi chiamarono mlettchasete. Da mescolanze di questi negri con tribù protodravidiche, derivavano i Daisya, dominatori di civiltà superiore a quella dei loro schiavi di razza negra.
    Gli Arya erravano nell'ampia contrada solcata dall'Oxus e dal Jaxartes (Amu-Daria e Sir-Daria) quando, cresciuti a dismisura, molte loro tribù dovettero emigrare in cerca di nuovi pascoli. Portavano seco le faville della civiltà : una lingua giunta alla flessione, la organizzazione salda della famiglia, l'uso comune del bronzo. Alcuni, girando il Caspio, si rovesciarono nell'Europa ancora barbara; altri abbiamo visto scendere verso sud-ovest nell'altipiano-iranico; altri ancora in età posteriore s'avanzeranno verso l'Oriente.

    Fertilissima la valle che agli Arii apparve, varcati ipassi del Pamir e la estesa pianura solcata da grandi corsi d'acqua. Sapta-Sindhu "dei sette fiumi" e anche Pancianada, "dai cinque corsi d'acqua", dissero il paese. Sindhu (fiume) per antonomasia chiamarono il più abbondante d'acque fra essi, l'Indo, donde il nome agli occupatori e al territorio che si andò allargando.
    La conquista dovette essere molto lenta dei vinti, parte fu distrutta, parte asservita e parte fu assimilata.
    Quantunque manchino dati cronologici di certezza indiscutibile, si può ritenere che nel secolo XV a. Cr. gli Arii fossero padroni del Pancianada. Da allora lo sviluppo della razza aria, stabilita nell'India comincia a seguir altra via da quella dei fratelli iranici: mentre questi s'addestravano, nel conflitto perpetuo contro i turanici e contro i semiti, ai futuri trionfi e adottavano pronti nuovi costumi e nuove idee religiose più concrete, quelli asservivano le popolazioni inferiori, conservavano le tradizioni e i costumi primitivi, il sereno panteismo, i pacifici riti e si organizzavano per rendere più salda la dominazione, in caste immutabili.

    STORIA.
    - Solo nelle linee più generali sono note le vicende dell'Aryavàrta e d'altronde presentano ben scarso interesse. La storia del rivolgimento religioso, poichè la religione è il perno intorno al quale si mosse la vita di quei popoli, merita ben più attenta osservazione.
    La discesa, verso la fine del XV secolo, di nuove tribù del nord spinse gli Arii ancor più verso oriente; poichè l'asprezza del Vindhia vietava l'avanzata nel sud, passarono il Sarasvati e si trovarono nel bacino del Gange opimo.
    Primi a stabilirsi nell'Aryavàrta, come chiamarono quella regione i conquistatori, fra il Sarasvati e il Yamuna, furono i Tritsu, al seguito dei quali vennero i Bhàrata e molte altre genti. Dopo una serie di contrasti adombrati nella leggenda della "guerra dei dieci re", l'aspetto politico del paese è modificato molto : i Tritsu che, fusi con popolazioni kuscite, assumono il nome di Kosala, si trovano ricacciati verso oriente, presso i Magadha, gli Anga, i Videha, e i Matsya si trovano ad aver occupate le loro sedi; i Bhàrata si sono avanzati fino nell'alta valle del Gange, i Yadava tengono la regione solcata dal corso inferiore dello Yamuma; i Panciata, quella fra questo fiume e il Gange.
    Adodhya fu la capitale del regno dei Kosala, dove regnò la "dinastia solare"; Hastinapura fu la metropoli dei Bhàratha ed ebbe prima la ("dinastia lunare" e poi quella dei Kuru.

    Un nuovo sconvolgimento mise sottosopra il Aryavàrta verso il XII secolo : una emigrazione di tribù ariane, quelle dei Pandava che nella "gran guerra" abbatterono i Kuru e si spinsero più a est e più a sud nell'india dravidica, che dissero Dakscinapata, mutò ancora una volta la distribuzione politica della regione. Predominanti, nella zona dell'Himalaia, i regni di Kashmira e di Kekaya, quelli dei Paurava, dei Takciasila, dei Khattia nel Pancianada, nel bacino del Gange i Kosala e i Pandava che da Hastinapura e da Ayodhya avevano trasportato le capitali a Kashambi e Sravasti, e il regno di Magadha con Ragiagriha capitale. Qui la dinastia dei Barhadratha, imparentata con i Kuru, fu rovesciata, nell' 803, da Sumaka, che stabilì sul trono il figlio Prasiota, la cui dinastia fu spodestata dai Saisunaya. Nel Dakshinapata perdurarono sempre, accanto alle tribù arie, le dravidiche; Lanka fu invasa per la prima volta degli arii Vigiaya verso il Vi secolo.

    Verso questo secolo i re di Magadha, fattisi con Agiatacatru (551-519) e Udayabhadra (519-603) campioni del buddismo, diffondendo sempre più la nuova fede, allargano i confini del loro regno.
    Appaiono nei Pancianada le milizie di Dario, che dopo breve conquista, organizzata a satrapie, dalle minacce scitiche sono costrette a ritornare in Europa. Senza riuscire a una vera e propria unificazione dell'India, continuando nella loro politica fortunata di diffonditori del nuovo verbo, i re di Magadha riuscirono a imporre la loro supremazia sul Pancianada e sull'Aryavàrta; conquistarono il regno dei Kosala fiorente, il regno dei Sakia, di Kapilavastu - la patria del buddismo - e verso la fine del V secolo, con Sisunaga II (471-453) e con Kalasoka (453-425), la potenza loro toccò l'apogeo, avendo assoggettato tutto il paese del Gange e fino alla gente dei Kekaya, dei Paurava, dei Takciashila. Con Kalasoka, il fondatore di Pataliputra (Palibothra dei Greci), cessa la dinastia dei Saisunaya e succede quella dei Nandi, la storia della quale è oscurissima : sappiamo soltanto che diede nove re e che durante l'avanzata d'Alessandro viveva ancora.

    Fu un sogno grandioso quello di Alessandro. L'abitudine al facile successo e l'ignoranza della estensione immensa dell'Asia determinò il Macedone alla conquista dell'India. Nel 327 partito con più di 90 mila fanti e 16 mila cavalli, arrivò all'Indo nella primavera del 326, solo perchè - discordi tra loro tutti gli Stati del Sapta-Sindhu - ebbe la ventura di trovare un alleato nel re dei Takciashila. Abbattè con un esiguo corpo d'esercito, grazie a un'abile mossa strategica, la potenza dei Paurava (Poro). Avanzatosi fin nel paese dei Khattia, quando seppe del gran regno di Magadha, l'esercito si perse d'animo oltre essere affaticato e stanco; Alessandro dovette accontentarsi di assoggettare il Pancianada e mosse verso l'Europa.

    Erano allora gli Arii ancora i dominatori dell'India. Solo virtualmente, pare, perchè dopo Alessandro sale appunto sul trono non un Ario, ma un Sudra.
    Morto il Macedone, il territorio ch'egli aveva occupato fu - da un Sudra, Ciandragupta (Sandrakotros), l'iniziatore turanico della dinastia Maurya sostituita violentemente alla Nanda - tolto a Seleuco I, che se n'era fatto re.
    Ma ai Greci e poi ai Romani la fama di quei paesi era ormai giunta, e la via dell'India meravigliosa di ricchezze e di frutti era aperta.

    LINGUE - LETTERATURA.
    - Ai nostri giorni, secondo il Cust, nella moltitudine dei milioni e milioni d'Indiani, si parlano 97 lingue e 234 dialetti, senza tener conto delle lingue e dei dialetti parlati dagli stranieri. Delle cinque famiglie nelle quali quei linguaggi sono divisi - l'indo-europea, la dravidica, la kolariana, la tibetana, la khassi - quella che ha maggiore importanza è l'indo-europea, diffusa in più della metà della popolazione, nell'India del nord e nell'altopiano centrale.
    La glottologia è riuscita a ricostruire la lingua primitiva (il proto-ario) dalla quale mutuarono tutte le altre ariane. Se sia esistita davvero, se sulle labbra si sia atteggiata così come è nella sua forma sublimata, è discutibile, ma non può essere discusso il fatto che tutte le radici delle lingue indo-europee hanno tali legami da mostrare una parentela remota con una favella madre, che dovette al proto-ariano (trovato dal filologo per via di induzioni, di deduzioni, di analogie) rassomigliare molto.

    La lingua della quale rimangono documenti che più cristallini rifrangono l'idioma ario è la sanscrita. Il nome che la designa vale, "polita, perfetta" è chiamata inoltre deva-nagari, "lingua degli dèi". La linguistica può affermare che il sanscrito non è mai stato la lingua generale dell'India, nè nella forma vedica, nè in quella meno rude e più progredita che si trova nei Brahmana, negli Upanichad, nelle epopee. Il sanscrito nei drammi e riservato esclusivamente alle persone delle classi alte, ai Brahmana, ai Kehatrya, mentre le classi inferiori usano il prakrita, un linguaggio meno perfetto, meno pulito, meno puro, al livello delle classi che lo impiegano. Anche il prakrita non rimase a lungo fisso, che anzi, mentre la lingua degli dèi passava definitivamente allo stato di lingua dotta, da esso si svolgeva il bracha, linguaggio popolare (come il nostro "volgare"), comune a tutte le caste.
    La scrittura devanagarica consta di una cinquantina di segni alfabetici (si scrive da sinistra a destra) e di circa quaranta nessi, gruppi di due o più lettere. Ha affinità lontana con la semitica e ha generato tra le altre la scrittura tibetana e la giavanese.
    Le più antiche iscrizioni risalgono al III secolo dell'età nostra: sono i famosi -editti di Aroka.

    Poche sono, le lingue europee che possano comparare la loro letteratura a quella dell'India antica, non solo per la ricchezza, ma anche per l'eccellenza della maggior parte delle opere.
    L'antichissima e costituita dai Veda: i libri del Rigveda, del Samaveda, dei due Yagiurveda e del più recente Atharvanaveda, che non si nomina nemmeno come raccolta a sè nel Dharmasastra. Canti, inni religiosi e guerreschi, formule propiziatorie costituiscono il fondo di tutti questi libri, dai quali però emerge, attraverso i veli delle leggende eroiche e mitiche, la tradizione dell''Ario invasore del paese dei Sette Fiumi e della lotta contro i Dravidi autoctoni.

    Poema che non ha riscontro in nessun'altra epopea è il Mahabaratha, gigantesca raccolta delle tradizioni che il genio del popolo avvolse intorno alla grande lotta secolare tra i Pandava e i Paurava, magnifico nella parte leggendaria, profondo in quella didascalica. Nella sua ultima redazione consta di 100 mila sloka (distici o doppi distici di otto sillabe) mentre in origine era di soli 50 mila versi. Si può dire che e un complesso di epopee: ogni eroe vi ha l'esaltazione delle sue vicende, ogni dio quella della sua potenza.
    Le bellezze straordinarie del Mahabaratha seno esaltate da tutti i cultori del sanscrito. Questa epopea presenta una serie di episodi staccati, nei quali ogni dio e ogni eroe dell'India ariana trova il suo posto nel canto inteso a tramandarne le gesta alla posterità. Nella elaborazione del poema abbondarono non solo le interpretazioni, ma anche le alterazioni del testo primitivo.

    Il Ramayana è l'altro dei grandi poemi indiani canta le guerre del Dakshinapata e di Lanka (Ceylan). È d'età molto posteriore ed è scritto con intenti religiosi e di casta : più che dall'anima nazionale, s'è svolto dalla riflessione dell'ingegno bramanico, che v'ha esaltato l'opera propria. Ma tuttavia una grandiosità epica vi è trasfusa, i mille episodi s'intrecciano con abile coordinazione, e la magnificenza delle descrizioni è insuperabile. Nella pittura dei sentimenti umani il poeta - un favoloso Valmiki - s'eleva a una altezza che non sarà mai pareggiata, nel suo « immenso poema, vasto come il mare delle Indie, libro di divina armonia, dove niente fa dissonanza ».

    II libro delle Leggi di Manu - (Manava-Dharma Sastra) - è uno dei più importanti documenti del pensiero umano e dello sviluppo sociale dell'antica Aryavàrta.
    Manu è nella letteratura vedica una figura complessa, che partecipa dell'essenza d'uomo e di Dio; talvolta viene persino a essere identificato con Brahma. Egli è l'altissimo saggio, l'introduttore del rito sacrificale propiziatorio; è il progenitore dei re.
    Come i Veda, come i due poemi, anche questa opera è frutto, più che di una elaborazione individuale, d'un movimento d'idee collettive è in buona parte l'espressione del compromesso tra gli Kchatria dominatori e i Brahmana, che stanno per affermare la loro superiorità, forti dell'ascendente morale che esercitano sulle turbe.
    Ma pur tuttavia la morale che vi è predicata è profonda, quantunque sancisca la divisione delle caste: è un modello di saggezza politica la distinzione dei doveri delle diverse classi e degli individui in esse eminenti.
    Il codice di Manu ha subito uno sviluppo di redazione inverso a quello degli altri libri sacri: in origine di un centinaio di migliaia di versi, lo possediamo in un testo di soli 2181 sloka, tanto che è parso ad alcuni un manualetto fatto per uso delle scuole brahmaniche.
    La lettura di tutti i libri sacri era solo permessa ai Brahmana: essendo necessaria alle altre classi la conoscenza delle massime in essi predicate, ne furono fatti dei riassunti illustrativi, i Purana.

    Ai maggiori capolavori si riallaccia tutta una letteratura epica, religiosa, filosofica, didascalica, drammatica, lirica, voluttuosa e lasciva. Dei ciclici il più illustre è Kalidasa; dei lirici, squisitissimo Giagamatha; della drammatica, un altro Kalidasa, l'autore della Sakuntala. Delle opere filosofiche e didascaliche sono i Sutra - filiazione dei Veda - le più importanti, per non contare un grande numero di trattati di metrica, di pittura, di scultura, d'architettura, d'astronomia, di medicina, d'alchimia.

    LA RELIGIONE - LE LEGGI.
    - Mite e pacifica, derivata dalla contemplazione entusiastica della natura, la religione degli Arii non perdette mai il suo carattere di politeismo naturalistico per quanto nell'avanzata dal Pancianada verso l'oriente e il mezzodì dell'India, nell'urto insistente e sanguinoso, si sia accentuato un carattere bellicoso in ogni concezione divina.
    Indra, il supremo dio vedico, il dio delle battaglie, e insieme il cielo purissimo, l'etere che dà vita all'universo, nel quale s'adunano e si disciolgono le nubi e scorrono i fulmini : la sua lotta con Kritra, « il nemico », con Ahi, « il serpente », simboleggia ancora il disciogliersi della pioggia che si riversa dalle nubi e beneficiando la Terra. È necessario che Indra scenda contro l'avversario, il quale con l'aiuto di compagni forti e potenti tien prigioniere le "vacche lattifere", le nubi, e lo colpisca con il fulmine perchè sull'arida terra indiana cada benefico e fecondo il « latte », la pioggia ristoratrice.
    Intorno a lui, Agni, il fuoco terrestre; Surya, il fuoco del cielo; Vayu, il vento soave; Vamna, l'impetuoso vento della notte; Vishnu, il firmamento profondo e misterioso e altri mille Deva « i risplendenti », fingenti l'aurora, il tramonto, le stelle.

    Semplicissime le cerimonie propiziatrici : abluzioni, offerte di burro chiarito, di soma (sarcostemma brevistígma secondo alcuni, secondo altri asclepias acida) e inni e scongiuri che i Veda ricordano.
    Purissima la morale : l'onestà, il lavoro, le opere buone, doveri sanciti dalla fede; salda la credenza nell'immortalità dell'anima e nella vita futura.
    Quando l'evoluzione della civiltà fu più matura e accanto al diritto della forza si affermò quello dell'intelligenza, il sacerdote, compagno al guerriero e sacrificatore, si drizzò, potente per sapienza. per virtù, di contro al dominatore.
    Accanto a Indra, il battagliero, nell'Olimpo vedico s'assise Brihaspata, Brahmanaspati, Brahma, il supplice divino, il sommo sacerdote degli dèi, personificazione delle forze dello spirito.
    Per questa concezione, e con essa, l'importanza dei Brahmana aumentò. Ma non senza resistenza da parte degli Kchatria, che alfine dovettero, per mantenere il loro grado, addivenire a un compromesso per il quale rimase loro il potere regio, mentre abilmente, i Brahmana affermarono la loro supremazia morale su i re e i popoli.
    Si sanzionarono così di diritto le differenze di fatto che esistevano fin da prima tra i vincitori e
    la plebe al loro seguito, tra quelli venuti spontaneamente in soggezione e i vinti colla forza e i servi delle popolazioni un tempo preminenti. Si organizzarono le caste: suprema la sacerdotale, brahmana, poi la militare (kchatrya), la popolare, d'agricoltori, di commercianti (Vaisya), e infine la servile (sudra).

    Sotto a tutte una lunga serie di genti - sorta dal miscuglio delle classi - destinata alle professioni più umili e abiette, l'ultima delle quali è la paria. Il libro sacro dice che Brahma trasse dalla sua bocca la parte più pura il sacerdote, dalle braccia i guerrieri, dalle cosce i vaisya, dai piedi i sudra : degli uomini vili (i paria) non è fatto cenno nella dottrina della creazione, perché dal divin creatore, in virtù del suo pensiero, non potevano essere generati quelli ch'egli ha a disdegno.

    Nelle leggi di Manu è l'espressione più completa di questo sviluppo d'idee.
    Il privilegio della nascita determina il privilegio delle cariche, della cultura e persino della trasmigrazioni successive nell'altra vita : intorno agli kchatrya, prodi in guerra e in pace potenti, ai saggi che soverchiano con l'intelligenza loro re e popoli, vi è la folla inorganica che non può nemmeno tentare di sollevarsi dall'inferiorità alla quale è costretta.
    Ma certo l'anima collettiva sentì agitarsi, oscuramente, il pensiero della ribellione contro questa inflessibile legge divina: il pensatore, nel deserto, disse prima legge della vita è il dolore, e la sètta dei nigantha e quella degli jaina - filiazione diretta di quella per via di Nataputta - asserirono che per sottrarsi al male non c'era altra via che quella di distruggerne il seme, lo spirito; un'altra predicò la dottrina opposta, potersi cioè per mezzo dello spirito, della sapienza, giungere all'annichilimento del corporeo, il cattivo terreno dove allignano le radici del dolore.

    Apostolo della nuova dottrina fu Siddharta o Gautama Buddha. Figlio probabilmente del re di Kapolavasta, soggetto al regno di Magadha, ebbe agio nella corte paterna (dove più frequenti che altrove erano i convegni di saggi e di sacerdoti per discutere di teogonia e di morale) di assimilarsi
    tutto il sapere del tempo e insieme potè constatare, dall'altezza della sua condizione, gli abusi e le ingiustizie della classe militare e bramanica, la mostruosità del privilegio, base della religione.
    Abbandonato il fasto della città, la moglie, i figli, si ritirò nel deserto a meditare e là il Sakiamuni,
    il solitario Sakia - nome della famiglia alla quale appartenne - gettò le basi della dottrina che diffuse nell'animo degli umili l'idea dell'eguaglianza.

    I discepoli di Buddha « il sapiente » (è il nome che gli fu dato dopo il periodo della meditazione contemplativa), propagarono pel mondo la buona novella con ardore insolito di proselitismo: i re di Magadha ne fecero strumento di diffusione del loro potere nel bacino del Gange.
    Non più favoriti o reietti: unica meta agli uomini tutti il Nirvana, la « cessazione » dell'esistenza individuale.
    " Bisogna - disse - sopprimere il desiderio la fine del desiderio e la fine dell'egoismo".
    " La via della salute si raggiunge col dominare se stessi; la via della salute è il Nirvana".
    "La massima virtù è la sapienza e la sapienza procura la massima felicità, e la massima felicità è il Nirvana".
    Come vi si giunge? Reprimendo le passioni, soffrendo nella propria volontà.
    Conviene notare che, se può parere esagerata questa concezione dell'esistenza umana, non lo è meno della opprimente idea bramanica. D'altronde, Buddha vantava la carità, le opere buone, l'amor del prossimo. Alla sua morte - nel 543 - nella capitale del regno di Magadha, a Ragiagriha, cinquecento discepoli si adunarono a concilio e affermarono il contenuto etico della dottrina buddstica e ne fissarono gli insegnamenti principali.

    Naturalmente, non poteva mancare l'opposizione dei Brahmani e della scuola vedantica : all'accusa d'ateismo un secolo dopo, nel 433, settecento saggi riuniti per otto mesi in assemblea nel monastero di Mahàvana rispondono contrapponendo alla trimurti bramanica la trisatna, composta di Buddha, Dharma e Samgha - il fondatore, la dottrina, l'assemblea dei fedeli - e stabiliscono i primi dogmi condannando l'eresia pullulante.

    Certo i Brahmani avevano da troppo tempo il dominio della società indiana per doversi rassegnare alla nuova religione demolitrice dei loro privilegi: il buddismo fu respinto oltre il Gange e l'Himalaia. Ma è oggi la religione che conta il maggior numero di seguaci.

    LE ARTI.
    - La marcia storica dello sviluppo dell'arte indiana sembra cominciare con l'introduzione del buddismo e con la sua estensione sotto il re Aroka (250 a. C. I più' antichi monumenti sono i tope . Questo nome che significa in indostano poggio, cumulo, mucchio, è stato dato ad antichi edifici. È provato che i tope sono monumenti religiosi elevati dai buddisti e consacrati a Buddha. Questi templi sono alte ed enormi piramidi costruite in pietre o in mattoni sopra una base che qualche volta è formata d'un muro regolare e quadrangolare e a volte consiste anche in grandi pietre grezze ammonticchiate senza ordine. Queste masse terminano in una cupola schiacciata. Si compongono da cinque a dieci piani, ciascuno, dei quali e di qualche piede più stretto di quello di sotto. Questi edifici sono oscuri all'interno come le pagode sotterranee. I tope più notevoli sono quelli di Sanchi, uno dei quali ha 120 piedi di diametro e 56 d'altezza. I tope dell'isola di Ceylon sono ancora più imponenti, per esempio quello di Ruanwelli Dagop, che in origine aveva una altezza di 270 piedi, e quello di Colombo.

    Il Thuparamaia-Dagop nel recinto dell'antica residenza d'Anurajapura, ricorda la graziosa rotonda latina del tempio di Vesta. Una piramide più importante è quella di Tanjaur, considerata come il più bel modello d'edificio piramidale che vi sia nell'India. Vi sono poi i templigrotte, caverne che servirono prima d'abitazione ai seguaci di Buddha : più tardi esse furono convertite in templi. Tali furono i templi d'Ellora, di Ravana, di Dumar Leyna, di Kailasa. Due o più file di pilastri li dividevano in diverse navate di eguale altezza. Nelle grotte di Buddha, la divisione era più regolare, la forma dei pilastri più semplice, l'ornamentazione meglio fissata. Al contrario in quelle di Brahma, il piano comportava numerose divisioni e tutte le parti erano sovraccariche d'una prodigiosa quantità di sculture.
    Il tempio sotterraneo d'Elefanta si trova nell'interno di un'alta montagna. Ci si arriva per mezzo di una scala di 300 a 400 scalini. Le montagne orientali di Gath, come le isole che si trovano in faccia, contengono trenta grotte di questa specie. Sulla costa dei Coromandel, non lungi da Madras, si vedono i templi-grotte di Mahamalaipur. Sono i resti di un'antica residenza reale.
    Le pagode sono -edifici costruiti sul suolo e consacrati al culto della divinità. Esse sono circondate da molti muri di cinta e le parti principali si elevano spesso, a forma di torri, ma in forme esagerate. Il tempio propriamente detto si compone di un atrio, d'una sorta di vestibolo e di un santuario, al disopra del quale si eleva a grande altezza una torre.
    Lo Jaggernat possiede una facciata notevolissima, posante sopra quattro pilastri enormi, sostenuti da elefanti, mentre i capitelli sono sorretti da leoni. Citeremo ancora la grande pagoda di Tiruvalur.
    Accenneremo infine a castelli e fortezze enormi, costruiti sopra cime isolate. Tutti monumenti, in cui manca, è vero, l'armonia delle parti e la bellezza delle forme, ma che sono pur sempre maravigliosi per la grandiosità : mostruosi monumenti, che (come dice il Weber) "non poterono essere eseguiti, se non in uno spazio di tempo incalcolabile, da molte migliaia di braccia, con pazienza infinita".

    Una civiltà potente come quella dell'india doveva necessariamente avere una grande influenza sulle contrade limitrofe. Per questo motivo l'architettura degli Indi si estese coi loro sistemi religiosi a isole. I principali monumenti che si conservarono sono: nel Casmir, il tempio di Payach: al nord e al sud, sui continenti e sui più importanti nel Nepal, il grande tempio della città capitale di Kathmandu; a Giava, il tempio di Boro-Budor a Pegu, quello di Rangun; a Nankin, la torre di porcellana.
    La scultura nell'India raggiunse grande sviluppo per il bisogno di decorare convenientemente i templi. Dal punto di vista anatomico essa rimase imperfetta, ma ne è notevole la grandiosità. Così in una delle Grotte di Dambulla-Gallé si trova un Buddha coricato che raggiunge la lunghezza di nove metri: sono ammirevoli la calma e la maestà che spirano dalla fisionomia di questa statua colossale, che è circondata da altre statue di divinità della lunghezza di tre metri ciascuna. La scultura non andò però immune da un gravissimo difetto: quello del grottesco, compiacendosi di dare alle divinità le forme più strane e mostruose, foggiando degli dèi metà uomini e metà bestie.
    Si trovano così delle dee dalla testa di elefante, degli dèi a parecchie teste, dei bassorilievi di un'oscenità o di una barbarie ripugnanti. Questo basso livello della scultura è dovuto alla tutela religiosa, da cui le belle arti in India non riuscirono a emanciparsi, e specialmente alla dottrina della metempsicosi, che sanzionava la trasmigrazione delle anime dei defunti, attraverso trentatrè purgatori, nei quali assumevano le forme degli animali più diversi.

    Anche la pittura raggiunse grande importanza nell'india. Gl'Indiani, come gli Egiziani, i Fenici, i Greci, avevano l'abitudine di colorire le loro opere architettoniche e le loro sculture. Molte belle pitture si sono ritrovate nell'interno del tempio di Ayanti. Le pitture di Panch-Pandu presentano un disegno assai elegante e una savia distribuzione di colori. Sono state pure trovate molte figure dipinte all'uso etrusco, in rosso indiano sopra fondo di altro colore. Esistono pure molti quadri su tela, alcuni dei quali ricoperti da veli. I soggetti più comuni di questi quadri sono rappresentazioni di cacce, di battaglie; riproduzioni di fatti della vita di Buddha e dei suoi discepoli; episodi riguardanti altre divinità; processioni e altri riti; guerrieri, cavalli, elefanti, bestie fantastiche. Non mancano neppure quadri osceni.



    I REGNI

    sul BUDDHISMO vedi > >
    inoltre vedi il Buddhismo in CINA > >

    http://cronologia.leonardo.it/geogr/india.htm

  7. #27
    Klearchos
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    Gli Arii nell’Oceano Pacifico

    1 January 2000 (10:00) | Autore: Alfonso De Filippi
    Chi avrà letto Il mito del sangue di Julius Evola (se ne veda l’edizione del 1942 riproposta nel 1995 dalle edizioni SeaR di Borzano) ricorderà certamente l’esposizione fatta dall’Autore delle affascinanti (e troppo spesso eccessivamente fantasiose) teorie di Herman Wirth. Lo studioso olandese, dopo aver evocato la famosa “Patria Artica” e l’Atlantide di Platone aveva supposto che numerose migrazioni avessero portato gli Arii fin nelle regioni più remote se non nell’Australia (Evola, op. cit., p. 177). Senza risalire, almeno per ora, a tempi così remoti (e “favolosi”), possiamo dire che gli esploratori europei ebbero spesso modo di notare tra gli isolani del Pacifico, specie tra i ceti più elevati, elementi assai simili agli Europoidi. Nel suo Viaggio attorno al mondo (1772) il francese Louis Antoine Comte de Bouganville scriveva che “gli abitanti di Thaiti consistono in due razze di uomini molto diverse tra loro… la prima produce uomini di grande taglia, ed è molto comune vederli misurare dal metro e 80 di altezza in su. Non ho mai visto uomini fatti meglio. La seconda razza è di taglia media, con capelli crespi e non differiscono molto, per il colore della pelle, dai mulatti” (cit. da A. Salza, Atlante delle popolazioni, ed. Garzanti, Milano 1997, p. 259). Più recentemente l’antropologo francese Luois Figuier (Le razze umane, fratelli Treves, Milano 1874) scriveva a proposito degli abitanti della Micronesia: “I capi… sono più bianchi e meglio fatti degli altri isolani” (p. 244), e intorno alle donne di Thaiti (p. 240): “Il colore della loro pelle ordinariamente color rame chiaro. Alcune tuttavia sono rimarchevoli per la bianchezza e specialmente le spose dei capi”.

    L’italiano M. Canella nel suo Razze umane estinte e viventi (Sansoni, Firenze 1942, p. 248) scriveva: “…il biondismo dei Polinesiani, frequente pare in passato e del quale si è conservato il ricordo nelle tradizioni e nei miti, ha fatto supporre l’esistenza di un elemento nordico e protonordico nei loro antenati”. Altri dati li forniva Alain de Benoist nel suo Visto da Destra (Akropolis, Napoli 1981, p. 91): “In un resoconto di Pedro Fernandez de Quiros, che fu pilota di Alvaro Mendana de Neira all’epoca in cui questi scoprì le Isole Salomone, si può leggere che “Gli indigeni dell’Isola della Maddalena sono quasi bianchi. Hanno i lineamenti regolari e gradevoli, dei begli occhi, lo sguardo dolce, i denti bianchi e ben sistemati. La maggioranza ha capelli biondi…”. Esistono decine di testimonianze di questo genere che riguardano le isole Sandwich, le Molucche, le Marchesi… ancora nel 1902 Paul Huguenon osservava che le famiglie dei grandi capi di Nouka Hiva (una delle Isole Marchesi) si chiamano Arri, il loro colorito è più chiaro, gli occhi sono bluastri, i capelli tendono verso il rosso”.

    Abbiamo ripreso questi vecchi appunti dopo la lettura di R. Thorsten, Lords of the Soil. The Story of Turehv. The White Tangata Whenua, edito dalla neozelandese Spectrum Press e ottenibile dalla Renaissance Press (P.O. box 1627 Papaparaumu Beach, New Zealand - di quest’ultima segnaliamo il catalogo assai interessante). L’autore inizia prendendo in esame alcune leggende dei Maori della Nuova Zelanda in cui si fa cenno, talvolta in toni fiabeschi, a genti che avrebbero preceduto i Maori stessi nell’occupazione di tali isole così da poter essere considerati gli autentici “Signori della Terra” o “Tangata Whenua”. Costoro, talvolta, verrebbero descritti di carnagione chiara, capelli biondi o rossi e occhi azzurri. Trasparirebbe perciò il ricordo di abitatori precedenti detti anche “Turehu” o “Patapairehe”, i cui caratteri “caucasoidi” riapparirebbero saltuariamente, ancor oggi, tra i Maori anche dove questi sarebbero, ancora, immuni da incrocî coi i successivi colonizzatori europei. Le leggende narrerebbero anche di una sanguinosa battaglia detta “dei 5 forti” nella quale i Maori travolsero le difese dei loro predecessori bianchi. Per tentare una spiegazione l’autore tratta delle ardite ipotesi del famoso Thor Heyerdal che credeva di poter collegare i “Bianchi” delle isole del Pacifico con quegli individui assai simili agli europei che gli invasori spagnoli avrebbero notato tra l’aristocrazia dell’Impero Inca. Scriveva l’Heyerdal (Aku-Aku, ed. Martello, Milano 1958, pp. 413-414): “Quando gli Spagnoli scoprirono il Regno degli Incas, Pedro Pizarro scrisse che, sebbene gli Indiani della Ande fossero scuri e di piccola statura i componenti della famiglia regnante degli Incas erano alti e di pelle più chiara degli stessi Spagnoli”.

    Lo studioso norvegese ipotizzava infatti un preistorico impero marittimo nordeuropeo esteso a gran parte del mondo. Se è discutibile l’ipotesi di migrazioni dal Sud America al Pacifico, sono senz’altro interessanti le pagine che l’Heyerdal dedicò all’Isola di Pasqua (Rapa Nui). La cultura di quest’isola sarebbe crollata anche a causa della lotta che avrebbe opposto una casta dirigente di aspetto simile a quella degli Europei (le “orecchie lunghe”) a una popolazione più scura (le “orecchie corte”). Ma le vicende di Rapa Nui meritano, senz’altro, che vi si ritorni in futuro. Il Thorsten chiedendosi a quanto remota antichità possa risalire la presenza di bianchi nelle isole del Pacifico giunge a ipotizzare che essa possa, in primo luogo, ricollegarsi all’espansione della “cultura megalitica” alla quale potrebbero attribuirsi varî siti archeologici, in realtà alquanto misteriosi, presenti in alcune isole del Pacifico. A proposito egli cita un significativo brano dal volume del prof. J. Mc Millan Brown, Maori and Polinesian: “… questa abilità nel trasportare enormi lastre di pietra nei tempi antichi deve essere stata… possesso di un determinato tipo di uomini. Non si tratta di uno stadio nell’evoluzione di tutte le razze. Le uniche zone abitate da mongolodii in ui se ne ritrovano tracce sono le steppe dell’Asia, la Siberia meridionale, la Mongolia, la Manciuria, la Corea, il Giappone e la Malesia, l’America Centrale e il Perù. E l’esistenza di genti dal cranio allungato, capelli ondulati e carnagione chiara in parti isolate di queste regioni indica che lo strato mongoloide è posteriore rispetto a un caucasoide precedente. Dovunque… la traccia della Civiltà Megalitica appare, si può dedurre che ivi sia stata presente la parte caucasica dell’Umanità. In breve si può dire che si tratti di una traccia caucasica attraverso il pianeta”. Lasciando da parte il fatto che il termine “caucasico” è ormai del tutto superato, si può dire che tutto ciò sia assai suggestivo anche se necessitante di ulteriori prove.

    Proseguendo, il Nostro ipotizza che la stessa Nuova Zelanda sia stata raggiunta, nell’antichità, da navigatori fenici ed egizî. Più che di Egizî, secondo l’Autore, si dovrebbe parlare di Egitto-libici. Sarebbero stati discendenti di quei “Popoli del Mare” che avevano tentato di invadere il Delta del Nilo verso il 1200 a.C. e che, a quanto pare, sarebbero stati, almeno in parte, indoeuropei. Scriveva J. Vercoutter ne L’Antico Egitto (Garzanti, Milano 1960, p. 84): “Tribù ariane si erano sparse in tutta l’Europa meridionale e traversando il mare erano venute a occupare la Libia. Subito cominciarono a cercare di infiltrarsi in Egitto”. Dei “Popoli del Mare” scriveva Gerard Herm (Il mistero dei Celti, Garzanti, Milano 1975): “A contingenti (dei “Popoli del Mare”, N.d.A.) riuscì di fondare la Lega delle Città Filistee… mentre altri si unirono nel Libano ai Cananei aiutandoli all’edificazione del loro Impero commerciale, quello fenicio… erano infatti in grado di costruire navi necessarie per una simile impresa, molto meglio di qualsiasi altro popolo indigeno del Mediterraneo”. È anche da pensare a influssi dell’India, è infatti possibile che l’espansione indù che fu all’origine della civiltà Khmer nell’attuale Cambogia ed ebbe grande influenza sulle culture indonesiane, sia giunta anche a toccare l’Oceania. E, infine, non si vede perché non si possa ipotizzare che i Vichinghi siano giunti molto più lontano di quanto comunemente si pensi.

    Ipotesi affascinanti sulle quali potremo ritornare più dettagliatamente in futuro. Quello che ci pare l’aspetto più significativo è il fatto che le testimonianze degli esploratori europei sulla presenza di elementi più o meno simili agli Europei riguardino soprattutto le famiglie dei capi e le “aristocrazie” in genere. Fenomeni simili si riscontrano anche nel sistema indiano delle caste, tra le varie popolazioni africane e, mutatis mutandis, tra gli Afro-americani degli USA. È un fatto sul quale invitiamo i lettori a riflettere.

    * * *


    Tratto da Algiza 14, pp. 8-9.

    http://www.centrostudilaruna.it/ariipacifico.html

  8. #28
    Klearchos
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    Arii

    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

    (Reindirizzamento da Indoariani)
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    Secondo l'Ipotesi Kurgan, il focolare primitivo degli Indoeuropei sarebbe da identificare con il complesso di culture Kurgan a nord del Mar Nero


    Gli Indoariani o Indoari o Arii o Ariani o Arya o Aila sono un antico popolo nomade appartenente al gruppo degli indoeuropei. Il loro luogo di origine furono le steppe dell'Asia centrale dove vivevano principalmente di pastorizia e dell'allevamento dei cavalli. La struttura della loro società era ripartita nelle tre caste dei sacerdoti, dei guerrieri e dei mercanti, a cui si aggiungevano i servi dei popoli sottomessi.
    Indice

    [nascondi] Le origini [modifica]

    Per approfondire, vedi la voce Indoeuropei.
    Distribuzione degli Indoeuropei nel III millennio a.C.



    Distribuzione degli Indoeuropei nel II millennio a.C.



    Gli Indoeuropei nel 250 a.C., si evidenzia l'avvenuta separazione tra Arii e Iranici



    La progressiva penetrazione degli Arii in India



    Storia [modifica]

    La tecnica di combattimento era su carri da guerra trainati da cavalli, con sopra un auriga e un principe guerriero armato con armi di bronzo. L'armamento limitava il combattimento in regioni pianeggianti e le azioni belliche furono sempre indirizzate verso la razzia dei centri delle popolazioni agricole. Nella prima metà del II millennio a.C. invasero l'altipiano iranico da dove cominciarono ad invadere l'India dal 1700 a.C., razziando e distruggendo tutte le città della antica Civiltà della valle dell'Indo. Dopo aver ridotto l'Iran e l'India nordoccidentale in deserto, cominciarono a colonizare la foresta vergine del Gange dal 1500 a.C. La natura indipendente dei principi guerrieri impedì la formazione di grandi imperi.
    La loro lingua originale fu il sanscrito, da cui derivano molte lingue parlate sull'altipiano iranico e nell'India settentrionale.
    La loro cultura fu alla base per le successive civiltà dell'India e dell'Iran. Secondo alcuni studiosi gli Indoariani si spinsero nel 1700 a.C. fino in Mesopotamia dove divennero l'aristocrazia dei Mitanni.

    La religione Vedica [modifica]

    Per approfondire, vedi la voce Veda. Le divinità da loro adorate sono gli dei descritti nei testi sacri dei veda, le stesse divinità formavano la religione dello zoroastrismo seguita in Iran. Le divinità principali sono Indra (il fulmine), i Marut (eroi compagni di Indra), Soma (la droga rituale), Mitra (l'onestà), Varuna (il cielo), Rama (la sovranità), Yama (la morte), Surya (il sole), Durga (la dea femminile), Agni (il fuoco).

    Voci correlate [modifica]
    Note [modifica]

    Estratto da "http://it.wikipedia.org/wiki/Arii"
    Categorie: Popoli antichi | Storia dell'India

  9. #29
    Klearchos
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    La cultura dei villaggi

    La grande civiltà urbana dell’Indo è stata probabilmente preceduta da un periodo di cultura di villaggio. Il primo di questi villaggi, Amri, venne scoperto nel 1929 nel Sind (ora Pakistan). È impossibile dire quanto tempo sia occorso affinché la cultura dei villaggi raggiungesse il livello di civiltà urbana, sviluppando in modo adeguato l’approvvigionamento di grano ed orzo delle città nonché sviluppando quelle capacità necessarie per un salto, in quei tempi prodigioso, nel giro di un breve periodo, forse cinquecento anni, forse di più.
    La cultura dell’Indo

    I monumentali lavori di scavo di Mohenjodaro (tumulo della morte), di Harappa (Pakistan)e quelli di Lothal (Gujurat) sono stati una fonte importante per la ricostruzione della storia del subcontinente.
    I ritrovamenti effettuati hanno permesso di comprendere che i dasa, o schiavi prearii, la cui pelle più scura costituiva il segno distintivo rispetto al «colore» degli Arii, erano più progrediti, raffinati e tecnologicamente avanzati delle orde semibarbare degli Arii invasori la cui «civiltà» sembra ridursi solo ad un miglior armamento ed all’utilizzo di cavalli imbrigliati.
    La civiltà dell’Indo, di cui è stata trovata traccia in almeno settanta località, si estendeva sopra un milione e trecentomila chilometri quadrati (quattro volte l’Italia) nel Punjab e nel Sind, dalle zone di confine del Baluchistan agli attuali deserti del Rajasthan (India), dalle colline ai piedi dell’Himàlaya alle montagne del Gujurat (India). È in questo stesso periodo, oltre quattromila anni fa, che nella valle dell’Indo si iniziò a filare il cotone ed a tesserlo per farne stoffe che venivano anche tinte. Fu l’inizio di un’attività industriale e commerciale che tuttora caratterizza il mercato del subcontinente ed è anche uno dei maggiori contributi che questa civiltà diede al mondo intero.
    Durante il periodo della cultura dell’Indo scomparvero sia l’economia di sussistenza basata su caccia e raccolta di cibo, sia quella dei piccoli villaggi: vennero sostituite da un’economia basata su più raffinate tecniche agricole di irrigazione ed inondazione, e su commerci in larga scala da poter sopperire alla numerosa popolazione urbana. V’erano raccolti di frumento, ma anche di riso, piselli, datteri, semi di senape e sesamo. Iniziò l’allevamento di alcuni animali e la convivenza con altri: cani, gatti, cammelli, pecore, maiali, capre, bufali d’acqua, zebù ed elefanti.
    L’arrivo degli Arii

    Intorno al 2000 a.C. le tribù seminomadi, che vivevano fra il Mar Nero ed il Mar Caspio, vennero sospinte via dalle loro terre forse da un disastro naturale. Antenati dei popoli che avrebbero parlato i linguaggi italici, greci, germanici, celti, iranici, indoarii, essi erano organizzati in piccole tribù, comunità chiuse che si spostavano con il loro bestiame di armenti e mandrie: la loro migrazione aprì un capitolo nuovo nella storia dell’Europa e dell’India. Fra le tribù che si spinsero ad oriente, alcune raggiunsero la zona dell’attuale Iran (nome da collegarsi agli Arii che vi portarono la lingua indoiranica fra il 1800 ed il 1500 a.C.). Successivamente alcune tribù, quelle che oggi indichiamo come indoarie, si spinsero ancora più ad est, valicando i monti dell’Hindu Kush e raggiungendo le pianure dell’Indo. La società vedica, le sue credenze religiose ed il sistema delle classi delle popolazioni arie si compenetrò con le distinzioni fra le classi delle popolazioni preesistenti. Il pantheon di divinità legate alla natura (una trentina di dei fra i quali Indra, Varuna, Agni, Soma) si arricchì di nuove divinità superiori le cui caratteristiche di omnicomprensione sono più simili al dio monoteistico che ad uno panteistico. Sotto la spinta di una classe sacerdotale sempre più potente e libera di dedicarsi ad attività speculative e filosofiche la cultura degli Arii iniziò a porsi domande ed a trovare soluzioni ai problemi destinati a rimanere impenetrabili in sincretismo con le preesistenti ed antiche forme locali di religione.
    La società vedica

    Non vi sono ritrovamenti che illustrino la cultura materiale di queste popolazioni nel periodo fra il 1500 ed il 1000 a.C. ma in aiuto dell’archeologo vengono i Veda, i Libri della conoscenza della religione aria che vennero tramandati oralmente dai cantastorie e poi per iscritto fino a che non vennero redatti definitivamente attorno al 600 a.C. Il più antico di questi testi è il Rig-Veda (lett.: Veda degli inni), mille e cinquecento inni in sanscrito, la più antica letteratura indoeuropea, nel quale si supplicano doni dagli dei arii.
    Dai Veda sappiamo che gli Arii vivevano con le loro greggi migranti in villaggi tribali. Le case, costruite con bambù o legno leggero non sono sopravvissute al tempo, gli Arii non usavano mattoni, né di fango, né cotti, e non avevano quell’organizzazione cittadina caratteristica delle popolazioni prearie. Riuscirono veramente a sopraffare gli abitanti delle città o fu una lenta assimilazione? Certamente erano più forti fisicamente, induriti dalla vita nomade, capaci di superare a piedi nudi i valichi di montagna, avvantaggiati dall’uso del carro e dei metalli come il bronzo con il quale forgiavano asce. I Veda parlano delle loro vittorie sulle «città fortificate» (pur) dal cui interno la gente di «pelle scura» (dasa), cerca invano di difendersi dagli Arii dalla pelle «color del grano».
    Il termine arya significava all’origine nobile o avente alta nascita, mentre la gente comune era indicata come vis ed era suddivisa in tribù jana. Le tribù, unite nell’assalto alle città, erano spesso in guerra fra loro e venivano governate da rajà. Le lotte fra rajà cugini della tribù più famosa, quella dei Bharata, sono al centro del poema epico Mahabharata (Grande poema dei Bharata) scritto in epoca successiva. Come ogni tribù era governata da un rajà di sesso maschile, così anche la famiglia veniva controllata dal padre, il cui ruolo di dominio su moglie e figli sarebbe diventato il modello normale dei rapporti di parentela di ogni famiglia indiana, dove la supremazia dell’uomo sulla donna e la gerarchia basata sull’anzianità sarebbero rimaste la regola.
    Il territorio abitato dagli Arii, al momento della stesura del Rig-veda, era conosciuto come Saptasindhava (terra dei sette fiumi), ne facevano parte i cinque fiumi dell’attuale Punjab e l’Indo che allora riceveva anche un altro affluente, la Sarasvati, oggi ridotto ad un torrente nel deserto del Rajastan. Sembra che gli Arii pare non conoscessero il Gange. Impiegarono ben cinque secoli ad occupare i territori fra il passo Kyber e la piana di Delhi. Il processo di lotta, cooperazione ed assimilazione fra genti arie e prearie determinò i caratteri fondamentali di quella che sarebbe stata la cultura di tutto il subcontinente. La società aria si modificò: i villaggi si ingrandirono, la struttura tribale divenne più complessa, nacquero le prime forme di istituzioni politiche, si passò a strutture stanziali con agricoltura.
    Un millennio di mutamenti

    Più di mille anni furono necessari per compiere il processo d’assimilazione e di mutamento storico. In questo periodo il centro del potere nel settentrione del subcontinente era slittato verso oriente, fino alla regione dell’odierna Patna. Questo processo di disboscamento di enormi foreste riuscì grazie soprattutto alle nuove tecnologie portate dagli Arii che permisero la costruzione di grossi e pesanti aratri, trainati da buoi e con il puntale di ferro. La metallurgia del ferro giunse dall’altipiano iranico dove le popolazioni indeuropeo ne avevano sviluppato le tecniche di lavorazione. I testi religiosi sono le uniche fonti della storia di questo periodo: ai Veda si accompagnano i Brahamana, commentari, e le Upanishad, testi scientifici, ed inoltre il Mahabarata con il Ramayana.
    La civiltà era in marcia, agli inizi del 6° secolo a.C. vi erano sedici reami maggiori, più o meno forti, ed oligarchie tribali nell’India settentrionale, dal Khabhoja in Afghanistan fino all’Anga in Bengala. In questi regni la crescita di grandi centri e città, lo sviluppo di comunicazioni e vie commerciali nell’India settentrionale, come pure la fondazione di nuove scuole di filosofia religiosa non ortodossa, costituirono il risultato dell’impatto della tarda arianizzazione sulle tribù e sulle abitudini indigene delle pianure fra l’Indo ed il Gange. Il tempo e la distanza non solo indebolirono la resistente fibra originaria degli Arii ma ne trasformarono il modello socio-economico di insediamento culturale. Il brahamanesimo si era saldamente radicato sulle credenze popolari, i villaggi di tronchi erano stati sostituiti da potenti città circondate da mura, simili ai grandi insediamenti urbani della civiltà dell’Indo. In una di queste potenti mahajanapada (grandi regioni tribali), nacque nel 540 a.C. Buddha Sakyamuni ed i frutti della sua predicazione segnarono alcuni caratteri dei grandi imperi che stavano per sorgere.
    I grandi imperi

    Nel 4° secolo a.C. le tribù ed i bellicosi reami dell’India settentrionale vennero unificati in un unico e potente impero assai più grande di quanto che potesse esser stato quello di Harappa. Ma prima che ciò si compisse una meteora doveva passare sulle pianure dell’Indo. Alessandro Magno, frantumato il potere persiano, nel 326 a.C.superò il fiume Indo ed il Jhelum (Hydaspes). Quando Alessandro raggiunse il quinto grande fiume, il Beas (Hyphasis), gli arrivò certamente notizia delle grandi ricchezze del lontano regno di Magadha e sicuramente progettò di avventurarsi verso il «mare orientale», che probabilment era il Gange. Alessandro lasciò alle sue spalle diverse migliaia di coloni che però finirono per disperdersi. Proprio quando la marea del potere macedone si ritirò, si elevò ad occidente il primo grande impero del’India settentrionale.
    Il monarca che riuscì nell’impresa di unificazione fu Chandragupta Maurya (dal pali: motia=pavone), che regnò dal 324 al 301 a.C.. Il giovane sovrano era guidato dal brahamano Kautilya che descrisse i metodi del buon governo nell’Arthasastra (lett.: scienza del guadagno materiale), un testo che ricorda la politica del Principe di Machiavelli e le cui regole furono spesso applicate da sovrani ed imperatori dei successivi due millenni. Chandragupta consolidò l’impero raggiungendo le zone ad ovest dell’Indo e fissò i confini all’Hindu Kush in un trattato con Seleuco Nicatore, sovrano greco erede di Alessandro in Asia. In cambio di cinquecento elefanti da guerra Seleuco ritirò le ultime truppe greche dal Punjab. Bindusara, successore di Chandragupta è ricordato per la strana richiesta che inviò ad Antioco I, successore di Seleuco: vino greco, fichi e... un sofista. Antioco mandò vino e fichi ma gentilmente spiegò che da loro non c’era mercato di sofisti.
    Con Ashoka (senza dolore, 269-232 a.C.) l’impero raggiunge il suo apogeo. I suoi editti furono scolpiti su rocce e pilastri lungo tutti i confini dell’immenso impero. Grazie ad essi conosciamo su Ashoka molto più che su tutti gli altri imperatori. Un’amministrazione accurata, ministri ed ispettori efficienti ed ottime vie di comunicazione raggiunsero i confini fino oltre le piane dell’Indo. La religione buddhista influenzò tutto il suo operato (suo stemma erano i leoni sormontati dalla ruota della legge, simboli della supremazia della legge divina sul potere temporale). Protettore del Buddhismo si dice che abbia fatto erigere più di ottantamila stupa in tutta l’India.
    La civiltà Ghandara

    Nei cinque secoli che seguirono alla caduta dell’ultimo Maurya (circa 184 a.C.) le regioni occidentali subirono l’influenza di imperi posti ad occidente. Nel 250 a.C. la regione nord-occidentale della Bactriana aveva dichiarato la sua indipendenza dai Seleucidi e nel 190 a.C. invasori greco-bactriani conquistarono Peshawar. In una decina di anni estesero la loro supremazia all’intero Punjab. Questi eredi di Alessandro coniarono stupende monete raffiguranti Ercole, Giove, Apollo. Le forze greche si spinsero fino all’attuale Patna che controllarono per circa dieci anni.
    La classica e caratteristica arte buddhista, che prese il nome dalla regione, rappresenta la più durevole eredità del processo di sincretismo indo-greco della civiltà di Gandhara, dove molte altre correnti di pensiero indiano ed occidentale confluirono al seguito dei notevoli traffici commerciali.
    Agli inizi della nostra era i Kushana, la più forte tribù degli Yueh-chih, giunsero nel Gandhara. Sotto il re kushanide Kaniska I, il vittorioso, l’impero si estende dall’Asia centrale al golfo del Bengala. Con la sua conversione il Gandhara comincia ad essere considerato una sorta di terra santa del Buddhismo e si definiscono i lineamenti ed i caratteri peculiari dell’arte gandharica. A questo speldore seguì il periodo, forse meno interessante degli Hindu Shai, i re indiani.
    L’impatto con l’Islam

    La nascita dell’Islam, avvenuta fra le sabbie dell’Arabia saudita nel 622, era destinata a cambiare radicalmente il corso della storia del subcontinente. Nessuna delle molteplici invasioni che fecero seguito alla diffusione degli Arii più di duemila anni prima, incise così profondamente sull’Asia meridionale quanto quelle che portarono in India la religione del profeta Muhammad. L’eredità storica di quello scontro si coglie fra i settanta milioni di Musulmani nei vari stati dell’Unione Indiana.
    L’India rimase beatamente ignara dell’esistenza dell’Islam nei primi due decenni della vigorosa crescita della nuova fede. I mercanti arabi portavano comunque dall’Asia meridionale ricchezze sufficienti a stimolare gli appetiti dei guerrieri musulmani, ma una prima spedizione del 644 riportò al Califfo informazioni e valutazioni pessimistiche. Un attacco piratesco ad una nave da carico musulmana nel 711 infuriò a tal punto il governatore ommayade dell’Iraq da armare, contro i rajà del Sind, una spedizione forte di seimila cavalli siriani ed altrettanti cammelli iracheni. Mohammed Bin Qasim, governatore di Bassora, aveva allora diciannove anni, e si rivelò un ottimo condottiero. Successivamente agli Hindù, venne concesso la condizione di dhimmi, cioè di stato protetto. Questa condizioni era già stata estesa in Iran agli Zoarastriani (i Parsi) ed ora il tributo venne pagato anche dai popoli del Sind che volevano conservare la propria fede. Dalla regione dell’attuale Pakistan, l’Islam si mosse lentamente verso oriente, fino a raggiungere le lontane isole degli arcipelaghi fra Oceano Indiano e Pacifico.
    Nel 10° secolo l’Islam si era modificato: un unico Califfo non riusciva più a controllare gli immensi territori, molti schiavi turchi (mamelucchi, mamluk) erano divenuti liberi ed avevano raggiunto i vertici politici e militari. Il primo regno islamico turco fu fondato nella fortezza afghana di Ghazni e la dinastia durò due secoli. Dal 997 Mahmud di Ghazni (971-1030) guidò quasi una ventina di incursioni in terra indiana promovendo jihad (guerre sante) con la promessa di un paradiso (ed anche di un ricco bottino...). Lasciata la fortezza in Afghanistan Mahmud scendeva in Punjab e poi in India distruggendo templi e saccheggiando città.
    Centocinquantanni dopo la morte di Mahmud, la stessa Ghazni venne conquistata dai turchi Ghuridi, un’altra feroce popolazione nomade dell’Asia centrale. Il sultano Muhamad di Ghur e lo schiavo luogotenente Qutb-ad-Din Aibak compirono la prima razzia nel 1175, distruggendo il presidio ghaznavide di Peshawar nel 1179 e proseguendo alla conquista di Lahore nel 1186 e di Delhi nel 1193. Qutb-al-Din si autoproclamò sultano di Delhi nel 1206 e fondò la dinastia amluk, (schiava). L’India si trasformò da Dar-al-Harb (casa della guerra) in Dar-al-Islam (casa della sottomissione). Il sultanato di Delhi durò trecentoventi anni sotto il governo di cinque successive dinastie turco-afgane e fu definitivamente abbattuto dall’invasione delle armate asiatiche di Timur-i-Leng (Tamerlano, Timor lo zoppo) nel 1398.
    L’impero Moghul e la sua caduta

    Babur, re di Kabul (1483-1530) si impadronì di Delhi nel 1526 fondando la dinastia Mogul. Humayun, Akbar (lett.: il grande), Jeangjir (lett.: conquistatore del mondo), Shaha Jahan, Aurangzeb, sono nomi eternati nei monumenti da loro eretti (vedi scheda: Lo splendore Moghul a pag.: 000>).
    Dopo la morte di Aurangzeb, l’impero iniziò un rapido declino. Sebbene i Moghul conservassero nominalmente il controllo di parte dell’India fino alla metà del 19° secolo, i vari imperatori non riacquistarono mai la dignità e l’autorità di un tempo ed il loro declino consentì lo sviluppo di nuovi influssi sul subcontinente.
    Nel 1739 Nadir Shah riuscì a saccheggiare Delhi impossessandosi del «trono del pavone» che divenne vanto degli shah di Persia. Altra invasione avvenne nel 1756 da parte del re afghano di Kabul, Ahmed Shah Abdali. Nella seconda metà del 18° secolo, i Sikh divennero una considerevole potenza nel Punjab da dove cercarono di controllare anche le regioni del Sind fino al confine afghano.
    1857: con la grande rivolta inizia la lotta per la libertà

    All’inizio dell’800 la Compagnia britannica dell’Asia orientale era saldamente installata sulle coste indiane con centro a Calcutta. Approfittando delle difficoltà francesi durante il periodo rivoluzionario e napoleonico, essa aveva eliminato quella pericolosa concorrente. La Compagnia realizzava ottimi affari controllando il commercio di esportazione delle preziose merci indiane ma l’immenso subcontinente promette molto di più. L’India era frammentata in una pluralità di stati formalmente sottomessi all’impero del gran Moghul ma di fatto indipendenti. Economicamente ricchi, essi erano debolissimi sul piano militare e politico, lottavano per il loro controllo dinastie di principi musulmani ed hindu, vi regnava la corruzione, continue invasioni di popolazioni bellicose provenienti dalle frontiere dell’Afghanistan, della Birmania, del Tibet, vi spargevano il terrore ed il disordine.
    Di fronte a questa situazione la Compagnia decise di cambiare la sua politica, fino ad allora esclusivamente commerciale: oltre a sviluppare il commercio di importazione verso l’India si potevano sfruttare le ricchezze di quell’immenso paese, sia mettendo tutta la sua attività economica al servizio degli interessi della Compagnia stessa, sia raccogliendo direttamente tasse e tributi. Un’impresa gigantesca: conquistare un paese di più di cento milioni di abitanti.
    In pochi decenni tutto il paese cadde così sotto il controllo diretto od indiretto degli amministratori inglesi che gli fecero subire profonde trasformazioni, in certi casi catastrofiche. Poiché l’industria tessile inglese aveva bisogno di cotone e di juta, si crearono enormi piantagioni di queste piante al posto della tradizionale agricoltura di piante alimentari che aveva permesso nei secoli la sopravvivenza dei villaggi indiani, ne seguirono tremende carestie che causarono in pochi anni la morte per fame di milioni di contadini. Per agevolare l’importazione dei prodotti tessili dall’Inghilterra venne distrutto il tradizionale artigianato indiano che aveva assicurato la prosperità di intere regioni. Furono spediti in Inghilterra milioni di sterline in metalli e pietre preziose, ottenuti saccheggiando i tesori delle corti principesche ed imponendo pesanti tasse alle popolazioni sottomesse.
    Nel 1857 scoppiò la grande rivolta promossa inizialmente dai sepoy, le truppe indiane al servizio della Compagnia. La rivolta ebbe motivazioni religiose: le cartucce per i fucili che gli Inglesi distribuivano erano unte con grasso di vacca e il grasso per le canne era di maiale, suscitando in tal modo lo sdegno sia di Hindù che di Musulmani. Si intendeva così protestare contro la violazione delle tradizioni locali operata sistematicamente dai conquistatori. Ai sepoy si unirono presto masse esasperate di contadini ed artigiani ridotti in miseria, la rivolta fu repressa dopo un anno di duri combattimenti, massacri ed atroci rappresaglie, e richiese l’intervento di ingenti forze inglesi. Essa segnò comunque la fine del dominio della Compagnia: nel 1858 l’India passò sotto l’amministrazione diretta del governo inglese e fu governata da un viceré che rispondeva direttamente al governo di Londra.
    Colonia ed impero

    È in questo secolo che iniziò ad estendersi l’influenza degli Inglesi, dapprima in maniera strisciante, ma ben presto l’opera della Compagnia delle Indie portò ad un controllo totale su quasi tutti i regni fra l’Himalàya e Ceylon. Lo sfruttamento da parte della Compagnia e la rivolta del 1857, indussero il governo di Londra ad assumere direttamente il controllo dell’India come colonia. Non cessò per questo lo sfruttamento dell’India, tuttavia esso fu condotto in modo più razionale e si tentò di compensare il peso fatto gravare sulle masse indiane con alcuni vantaggi propri della civiltà europea. Si creò un’efficiente amministrazione accettando nei livelli inferiori della burocrazia anche personale indiano, che venne istruito in scuole inglesi per farne un valido alleato del regime coloniale, si costruirono grandi ferrovie e le prime industrie, si pose fine alle invasioni ed ai disordini che avevano a lungo devastato il paese. Il governo inglese si presentava quindi agli Indiani come garante dell’ordine e della pace interna, come promotore dello sviluppo economico e culturale. Grazie a tutto questo l’India restò per quasi cento anni un suddito fedele, oltre che la colonia più ricca dell’Inghilterra.
    Libertà a mezzanotte

    La guerra del 1857 segnò l’inizio della lotta per l’Indipendenza. Il sub-continente era ormai in subbuglio, non si trattava più di sporadici episodi locali o della solita resistenza delle tribù delle province di frontiera. Sotto la guida di intellettuali, ricchi commercianti e nobili, i giovani indiani si stavano organizzando per liberare la «Grande Madre» dal giogo Inglese.
    Le spinte indipendentistiche si coagularono nel Congresso Nazionale Indiano (1885) dove la componente indù era chiaramente in maggioranza. Il tentativo Inglese di indebolire il movimento nazionale portò ad un primo tentativo di boicottaggio delle merci inglesi in tutto il territorio. Per questo, nel 1905, venne fondata la Lega Musulmana di tutta l’India, un’organizzazione a carattere politico intesa a sostenere e portare avanti i punti di vista musulmani, e questo indebolì il movimento di indipendenza. Appianare le differenze fra Congresso e Lega Musulmana, fu uno dei compiti che si assunse il Mahatma Ghandi, il quale prefigurava un’unica India dove Musulmani, Hindu, Sikh, vivessero assieme liberi dagli Inglesi ma anche liberi dal bisogno. Mohandas Kaaaramchand Ghandi tornò dal Sud Africa nel 1915 e con lui la lotta entrò in una nuova fase. Il 26 gennaio 1930, presidente il giovane Jawahaarlal Nerhu, il Congresso dichiarò l’appoggio al dominio britannico «un crimine contro Dio e contro l’uomo» (la frase riecheggia la definizione di Gladstone sul regno di Napoli: «La negazione in terra ...»). Nello stesso anno Gandhi lanciò un secondo movimento di disobbedienza civile, rafforzato dall’attrazione esercitata dalla sua marcia del sale: una protesta contro il monopolio inglese sulla produzione del sale, che toccava ogni famiglia indiana. Dopo la Conferenza della Tavola rotonda di Londra ed altri episodi di disobbedienza civile, nel 1935 venne approvato il Goverment of India Act che dava il diritto di voto per eleggere i propri rappresentanti a circa il 14% degli Indiani. L’agitazione continuò anche durante la guerra e raggiunse il culmine nel 1942, quando il Congresso chiede che gli Inglesi lasciassero l’India al termine del conflitto. La Lega Musulmana chiedeva intanto la formazione di uno stato separato ed indipendente. Nel dopoguerra il governo laburista di Attlee mise n discussione la convinzione di Churchill sulla necessità di conservare il dominion sull’India. Congresso e Lega ebbero contatti ed esercitarono pressioni sul governo britannico e sul viceré lord Mountbatten.
    D’altro canto, su come dividere l’India in modo ottimale, c’erano almeno sei proposte. Ma la situazione precipitò e lord Mountbatten fu costretto a concedere l’indipendenza un anno prima di quanto fosse stato previsto e senza neppure avere il tempo di compiere progressivamente la spartizione sotto il controllo delle truppe inglesi. A mezzanotte del 14 agosto 1947 avvenne il passaggio formale del potere a Nerhu in India ed a Jinnah in Pakistan. Il 30 gennaio 1948 Gandhi muore assassinato da un fanatico hindu.
    I primi decenni

    La Costituzione entra in vigore il 26 gennaio 50 (trent’anni dopo la dichiarazione del Congresso). Essa prevede una democrazia con un Presidente, capo di stato, ed un primo ministro, potentissimo capo del governo. Il parlamento bicamerale è eletto a suffragio universale: Lok Sabha (Camera del popolo, 544 membri) e Rajya Sabha (Camera degli Stati, 244 membri). L’Unione Indiana, repubblica federale, assorbì tutti i precedenti principati, ed è oggi suddivisa in 27 stati, 7 Territori ed Aree Speciali. La popolazione, di 300 milioni nel 47, ha raggiunto il miliardo nel 2000 (il 40% dei quali sotto i 15 anni). Il tasso d’analfabetismo si aggira oggi sul 65%.
    Il compito di Nerhu e della nuova classe dirigente è enorme ma la buona volontà anima tutti: amministratori, funzionari e cittadini. La scelta del Congresso è quella di costruire uno stato di modello socialista, con un fortissimo controllo da parte del Governo Federale. Si cerca di avviare la riforma agraria mentre l’industria, in mano al Governo e ad alcune grandi famiglie di industriali, si sviluppa senza interventi di capitali stranieri in un regime protezionista. Anche se formalmente Gandhi rimane il padre della patria, i suoi principi vengono pian piano abbandonati, e Nerhu punta ad uno sviluppo industriale massiccio cercando di recuperare i quasi duecento anni di colonialismo inglese che avevano impedito la formazione e la crescita di un apparato produttivo indiano. In campo internazionale l’India è fra i promotori della conferenza di Bandung e diverrà il più importante degli stati non allineati.
    L’impero dei Gandhi

    Due anni dopo la morte di Nerhu, nel 1964, divenne primo ministro sua figlia Indira Gandhi (nessuna parentela con il Mahatma). Quando il Partito del Congresso si divise, nel 1969, ella divenne capo del Congresso-I. Rimase al potere sino a che i suoi metodi autoritari portarono all’«emergenza» del 1975 ed alla sua destituzione nel 1977. Ritornò al potere nel 1980. La saga dei Gandhi è troppo recente per formulare un giudizio obiettivo, ma occorre sempre tener presente la complessità della cultura India, l’estensione del territorio ed il costante aumento della popolazione che ne fanno un impero difficilissimo da governare). Nel 1984 fu giustiziata dalle guardie del corpo sikh[1]. Venne immediatamente eletto Primo Ministro il figlio Rajiv Gandhi e nelle successive elezioni generali il popolo lo riconfermò a schiacciante maggioranza.
    Scomparsa Indira Gandhi, governante dal pugno di ferro che aveva cercato in tutti i modi di soffocare ogni spinta autonomista e particolarista, sembrano esplodere in India tutte le contraddizioni fino allora ben controllare dalla politica accentratrice del Governo Federale. Anche Rajiv Gandhi muore assassinato nel 1991 nel corso di una campagna elettorale.
    Quale futuro per l’Unione indiana?

    L’Unione Indiana inizia il 2000 con una serie di problemi all’apparenza irrisolvibili, anche perché non è finora emerso un leader politico che sappia coagulare attorno a sé le varie forze politiche[2]. Il Congresso ha perso la sua forza e non riesce da solo ad esprimere una maggioranza; gli altri partiti laici non sono così forti da porsi come governo di alternativa; l’integralismo hindu risorge in formazioni come il Shiv Senaa cui fanno da contraltare i fondamentalisti islamici. Da anni orami l’India è governata da formazioni politiche conservatrici e spesso razziste. Il caso della moschea di Adyoda, i disordini e i massacri ad essa seguiti, la perdita di controllo da parte della polizia su città grandi come Bombay, mostrano una incapacità del governo a gestire questi problemi. Ed inoltre: conflitti razziali fra le caste e vertenze fra stato e stato per il controllo dei grandi canali di irrigazione; guerra civile in Kashmir, Punjab ed Assam.
    I conflitti sociali rimangono irrisolti e sicuramente aumenteranno con l’industrializzazione e con la nuova fase di privatizzazioni che vede la fine del protezionismo ed un cauto aprirsi verso il libero mercato dopo 50 anni di assoluto monopolio dello stato e dei grandi industriali. [1] Forse volevano vendicare la profanazione del Tempio d’oro di Amritsar dove le truppe erano entrate, se pur a piedi nudi, ed ingaggiato un furioso scontro a fuoco.

    [2] Per conoscere l’India vista con gli occhi degli Indiani è fondamentale leggere Naipul, India, un milione di rivolte, e con un po’ di pazienza confrontare la sua ricerca del 1988 con il viaggio del 1964 descritto in An area of darknes.



    http://www.marcovasta.net/Kashmir/storiaIndiaSett.htm

  10. #30
    Klearchos
    Ospite

    Predefinito

    La “SVASTICA”, che dal sanscrito significa “apportatore di salute”, è semplicemente una croce uncinata. Essa consiste in una croce a bracci di eguale lunghezza, che presentano un prolungamento ripiegato, ad angolo retto.
    La Svastica e i Popoli


    La svastica è un simbolo universalmente conosciuto e molto antico, se ne trova traccia in Asia, in Mongolia, in India e anche nell’America centrale.
    In effetti la svastica fa la sua comparsa in molte culture dell’antico e del nuovo mondo, la conoscevano i Celti, gli antichi Greci, gli Etruschi, gli Egizi, i Mesopotami e gli Aztechi.
    Presso l’Elam (nel periodo preistorico), Babilonia e nella valle dell’Indo per la cultura preariana di Mohenjo-dara (2000 a.C.), la croce uncinata era vista come simbolo religioso e come portafortuna circondato da un immensa aura magica.
    In India, per esempio, veniva unito il significato religioso al simbolismo astronomico: con gli uncini orientati a destra emblema del Sole, mentre di ira funesta nel senso opposto.
    In Medio Oriente, a Micene e in Grecia furono scoperte svastiche su statue di donne, e attorno ad Artemide, signora della vita, così da far pensare ad un significato di fertilità e vita . I bracci della croce rivolti verso l’interno alludono a una direzione di movimento in senso rotatorio. Per la sua forma a ruota può suggerire l’idea del ritorno delle stagioni che compongono l’anno solare. Inoltre può ruotare verso sinistra o verso destra a seconda dei ripiegamenti dei suoi uncini.
    Nell’ remota Cina, wan-tsu, è vista come simbolo del quadruplice orientamento che segue i punti cardinali.
    Dal 700 d.C. in poi assunse il significato del numero diecimila e dunque dell’ infinito.
    Nell’area indobuddista la svastica venne considerata come un sigillo e la si ritrova spesso impressa sul cuore di Buddha, anche in Tibet del resto ha valore di portafortuna e talismano.
    Nella religione indiana del Gianismo i quattro bracci di questa croce rappresentano i piani dell’esistenza: mondo degli dei, mondo dell’uomo, mondo animale, mondo infero.
    La svastica viene denominata anche come “CRUX GAMMATA” in quanto i suoi uncini ricordano la quadruplicazione della lettera G (gamma) dell’alfabeto greco.
    Nell’area meridionale i “ganci” sono occasionalmente rivolti verso l’interno o spezzati; in quella germanica invece il martello di Thor e raffigurato sotto la forma di croce gammata.
    La svastica, se pur con più difficoltà , si rintraccia anche nella culture dell’America precolombiana.

    Tutt’oggi non è possibile affermare con certezza dove, e per opera di quale popolo, sia comparsa la svastica per la prima volta.
    Alcune ipotesi la fanno risalire ai Babilonesi, altre collocano la sua nascita ancor prima.
    Quello che appare certo è che la croce gammata non fu mai tanto famosa quanto lo fu come stemma politico.

    La Svastica come stemma politico


    La sua importanza va ricondotta all’esaltazione romantica del germanesimo che fece la sua comparsa a cavallo fra i due secoli. Prima, nel 1910, venne adottata come segno d’arianità da vari gruppi antisemiti.
    Poi la “croce uncinata” destrogira apparve nel 1919 come simbolo araldico della Thule-Geselschaft e, secondo il barone Glauer Von Sebottendorff (fondatore della Thule), indicava il percorso ascendente del sole dal solstizio d’inverno a quello d’estate.
    Nel 1919 Friederich Krohn, appartenente alla Thule, aveva proposto una croce gammata sinistrogira ma l’idea non riscosse successo.
    Alla fine la svastica fu adottata da Hitler come simbolo, prima del partito nazionalsocialista, e in seguito, dal 1933 al 1945, posta al di sotto dell’aquila imperiale divenne l’emblema del Terzo Reich.
    La svastica con i bracci rivolti a sinistra è dovuta all’erronea convinzione dell’origine indoeuropea e ariana del simbolo.

    La Svastica di Hitler


    Hitler scelse la svastica come simbolo, prima del partito nazionalsocialista e poi del terzo reich, perché era a conoscenza delle sua antiche origini ed era affascinato dall’alone di mistero e dall’aura magica che lo circondavano.
    Probabilmente Hitler conobbe per la prima volta l’antico simbolo quando era ancora un bambino e viveva in Austria. Nel piccolo borgo di Lambach, dove Hitler visse, erano stampate delle croci uncinate presso i portali del monastero; e la croce gammata ritornava anche nello stemma personale dell’abate Hang.
    La prolungata visione della svastica avuta da piccolo non fu certamente l’unico motivo che spinse Hitler ad adottarla come emblema della “Nazione”.
    Il dittatore era uno studioso ed aveva conoscenze esoteriche, queste lo conducevano a credere che gli Ariani fossero superiori in quanto semidei, e a pensare che il suo popolo doveva a tutti i costi riguadagnare la sua superiorità perduta. Le sue idee lo conducevano inoltre a vedere negli ebrei dei nemici in quanto popolo che non utilizzavano la svastica, che era eredità degli Arii che ne avevano diffuso il culto ovunque.
    «La svastica era il Sole e gli ebrei erano devoti alla luna, dunque nemici del simbolo e degli Ariani».
    L’esoterismo fu studiato da Hitler con l’intento di sviluppare una società “mistico-politica”;
    un esempio di queste attenzioni lo si può avere osservando i colori ufficiali del vessillo nazista, il nero, il rosso ed il bianco, colori sacri all’alchimia.
    Ma tutto il nazionalsocialismo fu legato alla mistica esoterica, il grande uso dei simboli, con la svastica come emblema principale, ne è la conferma.
    Come ci dice lo stesso Hitler, la svastica, fin dalla presentazione al popolo germanico, riscosse un grandissimo successo. La bandiera con la croce uncinata fece il suo debutto nel 1920 e fu subito l’orgoglio del dittatore e dei suoi collaboratori.
    La svastica in breve tempo ascese ai campanili delle cattedrali tedesche, e si schierò ai lati degli altari; sempre più velocemente si incise nel cuore di un popolo, divenendo il simbolo delle sue vittorie e delle sue sconfitte

    http://www.alterstoria.it/storia/sim...deisimboli.php

 

 
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