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Discussione: TPS, il gran signore.

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    Predefinito TPS, il gran signore.

    Ecco come i grandi personaggi escono di scena: a testa alta.
    Quattro, cinque come lui, e si rimetteva a posto l'Italia.

    AM

    -----------------------------------------------------------------

    ROMA — Nel governo di Romano Prodi era considerato il ministro «tecnico » per eccellenza. Questa definizione, t u t t a v i a , a Tommaso Padoa- Schioppa non è mai piaciuta. Lui considera la distinzione fra ministri politici e tecnici «priva di senso, una manifestazione dell’immaturità con cui si guarda alla politica italiana». E invece sottolinea il peso di un’altra distinzione, quella fra «politico eletto e chiamato».
    Avrebbe potuto mai diventare un politico «eletto»?
    «Se vuole sapere se mi hanno proposto una candidatura la risposta è: sì. Però non ho mai concepito questi due anni di lavoro come l’inizio di una carriera politica».
    E come due anni di politica?
    «Sono venuto qui senza essermi candidato a nulla. Ho molto esitato prima di accettare. E ho deciso di tornare alle condizioni di prima, quelle di pensionato ex funzionario pubblico. Ma questo non significa che non abbia svolto una funzione fortissimamente politica».
    La soddisfazione più grande?
    «Essere ancora ministro nel giorno in cui la Commissione europea decide di abrogare la procedura d’infrazione a carico dell’Italia per deficit eccessivo. Per la prima volta amemoria d’uomo il giudizio di Bruxelles sulla finanza italiana è addirittura migliore del nostro».
    Roba da stropicciarsi gli occhi.
    «Ma non significa che i problemi siano finiti. Anzi. Anche se un conto è essere considerato un Paese che non rispetta le regole e un conto diverso è essere tornati nella normalità. Rientrare nei vincoli del patto di stabilità è stato difficile, non meno difficile sarà il cammino verso il pareggio di bilancio».
    Un benvenuto per il suo successore Giulio Tremonti.
    «Nel nostro primo Dpef si è impostata la politica economica su tre binari: risanamento, crescita, equità. È falso che il governo Prodi abbia perseguito solo il primo. Ma credo che i tre elementi siano più legati ora che due anni fa. Bisogna far ripartire l’economia, aumentare la produttività, ridurre l’obesità delle strutture pubbliche...»
    Lo sa che siamo gli ultimi in Europa nell’uso di Internet per i rapporti con gli uffici pubblici?
    «Purtroppo è vero. Le pratiche si possono anche avviare via Internet. Poi però dietro c’è ancora la penna d’oca».
    Buono a sapersi.
    «Ma sbaglia chi dà la colpa di questo alla prepotenza della politica. La responsabilità, al contrario, va imputata alla debolezza della politica, spesso pigra e carente. C’è una carenza di cultura, capacità, determinazione. In due anni non si riesce a fare quasi nulla».
    Troppi bastoni fra le ruote, come ha detto anche Berlusconi?
    «C’è stato sempre chi ha sperato che la nostra azione venisse stroncata dalla fine della legislatura».
    Per esempio il sindacato?
    «In certi casi ha assecondato il cambiamento. In altri ha frenato. Aggiungo che negli ultimimesi ha clamorosamente fallito».
    Si riferisce all’Alitalia, vero? Le brucia la sconfitta?
    «Si. È stata una sconfitta: ma soprattutto per la nostra economia. Il raggiungimento dello scopo non dipendeva solo da noi governo. E abbiamo fatto tutto il possibile. Alitalia ha 175 aerei e Air France proponeva di metterne a terra 30, con 2.500 esuberi. Di gran lunga il ridimensionamento più modesto che si potesse sperare».
    Ma di fronte al niet sindacale gli avete dato altri soldi.
    «Non farlo sarebbe stato da irresponsabili: il futuro premier ha detto di avere pronta una soluzione e il governo doveva credergli, dando il tempo per metterla in pratica».
    E se Prodi non fosse caduto?
    «Il sindacato non avrebbe fatto saltare il tavolo. Se no la legge Marzano sarebbe stata inevitabile».
    Forse non è un caso che la vicenda Alitalia, una rogna che nessuno è stato mai in grado di risolvere, scandisca il passaggio di maggioranza. Ci ha mai pensato?
    «Chiunque oggi incontrerebbe difficoltà a governare. Avremo davanti anni in cui l’economia mondiale crescerà molto meno che negli ultimi 10 anni e le pressioni sui prezzi saranno molto più forti, per la crescita dell’economia asiatica e il conseguente rincaro dei prodotti primari. E non è che chiudendosi in un guscio protezionistico ci si metta al riparo dalle difficoltà».
    Tremonti è avvertito.
    «Poi c’è la questione dell’Italia: Paese indebitato e sottocapitalizzato, con diseguaglianze fra Nord e Sud. Affrontare queste difficoltà senza continuare la lotta all’evasione fiscale sarà impossibile».
    Crede che la lotta agli evasori giustifichi la pubblicazione on line di tutte le denunce dei redditi?
    «La pubblicità delle dichiarazioni prescritta dalla legge può essere assicurata in molti modi. Questo è unmodo estremo e dirompente. Posso solo dire che comprendo le reazioni che ha generato».
    Lasciate il bilancio in ordine?
    «Mi pare giusto che chi viene qui voglia vederci chiaro. Osservo che due anni fa il Tesoro prevedeva un deficit al 3,8% mentre Bruxelles lo stimava nel 4,1%. Ora lo prevediamo al 2,4% e la Ue al 2,3%».
    Quindi i conti sono a posto?
    «Questo significa uscire dalla sala rianimazione e andare in corsia, restando però in ospedale. Verremo dimessi quando avremo i conti pubblici in pareggio e la convalescenza sarà finita quando il debito pubblico scenderà sotto il 60% del Pil. Lasciamo un aggiustamento strutturale superiore a quello richiesto da Bruxelles, un avanzo primario ricostituito, un debito in diminuzione. Abbiamo virato: bisogna proseguire su questa rotta».
    Per quanto tempo?
    «Resto convinto che per curare i mali dell’Italia ci vogliano almeno dieci anni di azione coerente. E pur avendo fatto per assurdo più di quanto ci viene riconosciuto, purtroppo abbiamo fatto molto meno di quello che era necessario».
    Tremonti ha detto che non si cura una malattia grave con l’aspirina.
    «Credo che Tremonti parlasse di aspirina a proposito del rapporto di Mario Draghi. Per quanto mi riguarda, questa imagine l’avevo usata, riferendomi ai problemi dell’Italia, già nel giugno 2006. In queste condizioni l’Europa è un riferimento vitale. Tutte le cose di cui c’è bisogno vanno portate avanti in quella sede e in quel quadro, come contributo all’azione europea. Anche il modo in cui l’Italia affronterà la globalizzazione».
    Lei ha appena scritto: «Il tempo riconoscerà ancora una volta a Prodi di avere regalato all’Italia il bene raro del buongoverno». Quanto dovrà passare?
    «Contrariamente a ciò che si pensa e si rappresenta, sono moltissimi gli italiani che hanno capito. Il giudizio su questi due anni è molto meno umorale di quanto si crede. Esco da questa esperienza con lo stesso entusiasmo che avevo all’inizio. Sono stato convinto che per la storia d’Italia avesse un senso la partecipazione al governo di forze politiche che l’avevano sempre rifiutata, e lo considero un lascito importante per il futuro».


    Anche se la sinistra vi ha complicato un po’ la vita, lo ammetta.
    «Non ho mai fatto qualcosa dovendola ritenere inaccettabile».

    7 maggio 2008

  2. #2
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    Peccato: è uno dei pochissimi grandi statisti che avevamo.

 

 

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