Originariamente Scritto da
Claude
http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=75244
Camerati che sbagliano
Furio Colombo
Il delitto di Verona è apparso subito per quello che è: un misto di balordo e politico, quel tipo di violenza estrema e torbida che ha, certo, radici patologiche ma ha bisogno di un ambiente favorevole - o interpretato come favorevole - per esprimersi. In altre parole a nessuno viene in mente che il sequestratore e violentatore austriaco che ha infierito per vent’anni sulla figlia fosse ispirato altro che dai suoi demoni privati.
Il delitto di Verona è invece collettivo, pubblico, sociale: un ragazzo col codino, visibilmente estraneo e dunque - nella versione corrente - «nemico» della squadretta fascista che lo ha intercettato isolato e di notte, meritava una severa punizione per il solo fatto di essere «uno degli altri», non uno dei nostri.
Per sapere chi sono gli altri e come dobbiamo considerarli se siamo fascisti, non c’è bisogno di memoria o ricerca filologica. Non c’è neppure bisogno di rileggere le piccole bravate del capo-orda Raffaele Delle Donne (studente di un buon liceo) che il 27 gennaio, Giorno della Memoria (Shoah), rifiuta di stare in classe, se ne va con alcuni compagni gridando che tornerà quando si parlerà di foibe, e che lui «con gli ebrei non vuole mischiarsi».
Basterà l’odio diffuso e indiscriminato suscitato dalla continua descrizione di “miseria, distruzione e morte” con cui hanno devastato l’Italia e l’onore dell’Italia quelli col codino, dunque comunisti, dunque assassini da foibe su cui è giusto rifarsi. Basterà ricordare ciò che ha detto, ripetuto e ripete il nuovo designato presidente del Consiglio: «mi fanno orrore». Perché non pestarne uno a sangue? Volevano uccidere? I migliori avvocati di Verona (e del resto ogni buon difensore) che saranno messi a disposizione di questi ragazzi non poveri, non spaesati, non perduti nella metropoli, ma anzi ben ambientati in un’area semi legale, poco scoperta e molto potente della vita politica italiana, si impegneranno a spostare l’imputazione il più lontano possibile da ciò che è stato: omicidio volontario di pericoloso nemico (estraneo e presunto comunista), uno di quelli dei gulag e delle foibe, dunque un delitto-retribuzione. I ragazzi non sono soli, come il povero morto. Saranno ben difesi, come non è accaduto alla vittima. E non ci meraviglieremo quando li rivedremo (tempo alcuni mesi) sulla stessa piazza di Verona, bene ambientati e spavaldi, visto che nessuno, nella attuale leadership di quella città ha preso risolutivamente, e in modo non equivoco, le distanze da loro.
* * *
Ci meravigliamo e continueremo a meravigliarci del gelo crudele, infastidito e distratto con cui la destra ufficiale italiana, che adesso è di istituzioni e di governo, ha cercato di scrollarsi dalle spalle l’uccisione a calci e pugni di un ragazzo come se fosse uno dei tanti atti di teppismo violento che, sfortunatamente, insanguinano le notti delle metropoli in tutto il mondo. Personalmente - se e quando chiamato a descrivere e valutare la personalità del nuovo Presidente della Camera (come mi è accaduto di fare in un
think tank politico negli Usa subito dopo l’elezione di Fini) - non lo avrei mai descritto nel modo in cui ha voluto apparire a
Porta a Porta: molto abbronzato, molto irritato, pronto a scansare e a parlare d’altro, senza la sensibilità umana e l’istinto politico di restare sul posto e sul caso: città di destra, delitto bestiale, e notizie già inequivocabili e disponibili sia sul delitto che sugli autori, indubbiamente di stretta osservanza.
Ci meravigliamo e continueremo a meravigliarci della freddezza burocratica con cui il fra poco ministro Mantovano si è scrollato di dosso l’odioso omicidio di Verona, con una argomentazione da repubblica di Weimar che - caso raro - ha provocato una reazione personale anche dall’attento e professionale conduttore Mannoni, nel programma del Tg 3
Primo piano.
In sostanza la posizione di Mantovano, incalzato dall'ex ministro Ferrero che non parlava da leader di partito di sinistra ma da persona colpita e impressionata dal fatto, e non ha mai invocato motivazioni politiche ma piuttosto stupore e dolore - è stata la seguente: «Ma cosa volete da me? Avete arrestato i balordi, fate il processo e smettetela di tirarci in ballo. Non vedete che hanno agito da soli?».
Mantovano, fascista o no, non è né disorientato né incolto e non può nemmeno invocare la mancanza totale di rapporto con uno o due libri che è spesso la giustificazione dei leghisti. Mantovano probabilmente sa che non si è mai trovato alcun legame organizzato fra la “Notte dei cristalli”, le botte ai negozianti ebrei, la distruzione delle vetrine, qualche morto, e il partito nazista. Erano tutti balordi, spinti ad agire così male dai loro impulsi di violenza e qualche occasionale provocazione.
Mantovano sa che l’incendio del Reichstag che ha segnato la storia tedesca è stato opera di un balordo isolato, giudicato anche un po' mentecatto, o così si è adattata a dire la stampa del tempo e a sentenziare in modo adeguato la magistratura tedesca sensibile alla nuova epoca. Eppure, il “colonnello” già di An (e ora del Popolo della libertà in cui An si è riversato) non ha avuto difficoltà a mostrare distanza e disinteresse per il ragazzo pestato a morte. E si è spazzato via dalle spalle, come una forfora, l’innegabile legame fascista del gruppo di assassini, e l’evidente ambientazione di tutto ciò nella città di Verona, nella città di Tosi, sindaco leghista.
Basterebbe la citazione di un solo discorso di Tosi in campagna elettorale per trovare lo stesso legame fra i discorsi di George Wallace, governatore razzista dell’Alabama negli anni 60, e il linciaggio e il pestaggio a morte di alcuni giovani neri. O le bombe nelle chiese dove i bambini neri imparavano il catechismo. La fortuna di quel Paese è stata che John Kennedy, proprio in quel momento terribile, è diventato presidente degli Stati Uniti. E Robert Kennedy, nuovo ministro della Giustizia, non ha perso un minuto a far sapere al governatore che - se avesse continuato nella sua politica razzista - il governo di Washington avrebbe inviato truppe federali per proteggere i neri.
È una fortuna che - in questi anni - non tocca all’Italia. Non ci resta che sperare nei media (specialmente Tv) più coraggiosi e in una opinione pubblica persuasa che fatti così gravi riguardano tutti noi. Tutti.