Risultati da 1 a 5 di 5

Discussione: Non cadere …..

  1. #1
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    Predefinito Non cadere …..

    ….nella trappola

    Se li conosci li eviti. Ma non in Rai dove invece li invitano. Così anche questa volta assistiamo al solito copione: prima gli insulti, dopo le scuse. Ormai in Rai è diventata una prassi. E non è un caso che i più duri con Marco Travaglio siano propri quei dirigenti che avrebbero dovuto almeno evitarne le contumelie.
    Ma da quando la Rai è prigioniera della propria impotenza è incapace del minimo controllo mettendo in difficoltà i propri referenti, come dimostra la dura censura di Anna Finocchiaro, che ha derubricato alla stregua di un piccolo calunniatore la firma prediletta dell’«Unità», cioè del suo stesso quotidiano di partito (quello pagato con i soldi del suo gruppo parlamentare). Unica eccezione? Quella del solito e incorreggibile Antonio Di Pietro, che ha avuto la geniale idea di paragonare il presidente del Senato a un rapinatore: mica male, per uno che voleva fare il presidente della Camera.
    Ma se la polemica sugli attacchi senza contraddittorio di Travaglio al presidente del Senato, Renato Schifani, produce una condanna pressoché unanime del mondo politico, a partire dal Pd, non si può non chiedersi che cosa renda ancora una volta possibile l’uso tribunizio e accusatorio di un programma Rai. Non si può non chiedersi che senso abbia pagare un canone (tutti) per offrire uno spazio denigratorio (ai soliti pochi).

    Questa volta a viale Mazzini non c’è un’unica regia compiacente, ma piuttosto una direzione debole, che favorisce una situazione di anarchia, una sorta di legge della giungla, in cui guastatori come Travaglio e Santoro si infilano per le loro piccole crociate autopromozionali. Certo, questa non è la Rai di Zaccaria, che pianificava in maniera scientifica una campagna di fiancheggiamento al centrosinistra.
    Non è la Rai dove tutti i programmi venivano accordati a un’unica nota politica e attaccavano una sola parte per sostenere l’altra.
    Chi ha dimenticato il comizio elettorale di Benigni a poche ore dal voto del 2001?
    E chi non rammenta l’altro show di Travaglio, quello ospitato da Luttazzi contro Berlusconi?
    E chi è che ancora oggi se la sente di minimizzare le tirate di Celentano, che per alcuni giornali dovrebbe essere l’unico ad avere il diritto di parlar male del centrodestra per una sorta di inconcepibile «licenza di uccidere» che gli viene dal suo carisma di guru?
    Certo, la forza della condanna contro l’unilateralità che anche oggi ci sentiamo di esprimere non ci porta a confondere periodi e situazioni del tutto differenti.
    Oggi ci sono maglie troppo larghe, che consentono a chi fa la voce grossa e ama ricorrere ai colpi bassi, di trovare terreno fertile per le proprie guerre sante, e per le campagne pubblicitarie occulte dei propri best seller.
    C’è forse qualcuno che se la senta di escludere che l’unico vero obiettivo di Travaglio sia quello di far salire in classifica il suo «Se li conosci li eviti», che a sua volta rifrigge un altro best seller para-dipietrista, «I complici»?
    Ma questo non rende meno gravi (anzi, forse rende ancor più gravi) le sue esternazioni.
    L’assenza di una regia e di una finalità politica, infatti, aumenta ancora di più il caos in viale Mazzini e favorisce il protagonismo dei giornalisti di pretura.
    Un’anarchia, però, che fa filtrare le accuse sempre a senso unico. Malgrado tutte le chiacchiere sul «Regime berlusconiano», infatti, non abbiamo ancora visto un Travaglio «di destra» che colpisca leader di sinistra. Questo perché il corpaccione della Rai, l’azienda della lottizzazione e dei giornalisti targati, è strutturalmente in mano a dirigenti, produttori, direttori di rete, che per lo più hanno un background politico, quasi sempre un luogo comune ostile al centrodestra.
    Ora, di fronte a questo caos non calmo, la cosa più facile e sbagliata sarebbe quella di invocare censure o bavagli, o addirittura nuovi editti bulgari. Il che non farebbe altro che il gioco dei professionisti del martirio, che probabilmente non aspettano altro per rilanciare quotazioni e vendite.

    Salvatore Tramontano www.ilGiornale.it di oggi

    saluti

  2. #2
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    Predefinito Marco, il megafono….

    ….delle Procure

    Sul serio: che dobbiamo fare con Marco Travaglio?
    Perché vedete, quelle di Marco Travaglio non sono «opinione diverse»: sono piccole e grandi falsità mischiate a omissioni, ciò che nell’insieme forma una cosa che si chiama propaganda. Che sia per se stesso, o per i suoi amici, è propaganda. E che dovremmo fare?
    Si sbaglia in ogni caso.
    Se te ne occupi fai il suo gioco vanesio e legittimante, oltretutto perdi un sacco di tempo perché la quantità di cose appunto false e omissive da lui dette è talmente clamorosa da rischiar di consumare, solo per replicargli e smentire, tutto il tuo tempo e tutti i tuoi articoli.
    Se invece non te ne occupi, viceversa, c’è il rischio che il silenzio passi per assenso e dunque che lui, per farsi notare e fare sempre più il fenomeno, ogni volta alzi la posta delle cretinate che scrive e che ripete a pappagallo.
    Che fare, dunque?
    Va considerato peraltro che l’ego pubblico del ragazzo è talmente devastante da farlo esser fuori casa sette giorni su sette: presentazioni di libri suoi, libri di altri, spettacoli teatrali, girotondi, kermesse satiriche, comizi di Grillo, convegni organizzati da circoli culturali o da banche, soprattutto talk show illiberali sinché non lo invitano, questo secondo uno schema nondimeno brutale: se l’invitano deve poter dire qualsiasi cosa di questo regime, sennò è la prova che il regime c’è; se non l’invitano, be’, vuol dire che il regime c’è definitivamente.

    A proposito: Biagi è stato cacciato. Non è vero, è documentalmente provato che è falso, niente di serio prova il contrario: ma lui e altri lo ripetono sperando che la cosa passi in cavalleria. Propaganda? I signori conduttori, nel dubbio, lo invitano. Travaglio oltretutto alza gli ascolti perché attira sia i descolarizzati & frustrati che lo amano (target Di Pietro) sia quelli che lo detestano e allora lo guardano come si guarda, dicendo «che schifo», un gatto spiaccicato sull’autostrada.
    Nel frattempo il terzo gode: si chiami Santoro, Fazio o chi volete. Che ci vuole: è sufficiente dissociarsi con una formuletta.
    L’ha fatto l’altro giorno Fabio Fazio, tutto contento, perché Travaglio è uno che fa comunque rumore e che fa parlare della tua trasmissione.
    Travaglio ha detto cose orrende del neopresidente del Senato, Renato Schifani, estraendo dal cappello alcune remote frequentazioni tra lui e altra gente che è stato indagata per mafia 18 anni dopo.
    A Travaglio non par vero di potersi auto-associare a giornalisti come Lirio Abbate (persona seria, minacciata dalla mafia, ma essenzialmente cronista come Travaglio non è mai stato) o come Roberto Saviano, l’autore di Gomorra che ad Annozero, qualche settimana fa, in confronto, ha fatto sembrare Travaglio come un figurino patetico e impiccato ai suoi verbalini. Minacce mafiose: conoscendolo, è la medaglia cui Travaglio ambirebbe maggiormente.
    E una bella scorta, magari.
    Perché lui è libero e il regime vuole ucciderlo, mentre non siamo prigionieri e non ci fila nessuno: lo schema, involuto, è questo.

    Da capo: che fare, dunque? Non se ne uscirà, di questo passo. La logica degli ascolti e la vanità di questo addetto stampa della magistratura italiana presto ce lo mostrerà anche alla Prova del cuoco ad accusare Giuliano Ferrara di essere grasso (lo sfottò per difetti fisici è una sua ossessione, da fascistello qual è) o a spiegare che la lobby dei tacchini natalizi era chiaramente citata nel «Piano di Rinascita nazionale» caro a Licio Gelli.
    Perché un altro punto, e ve lo dice uno che i verbali giudiziari li ha letti e masticati per vent’anni, è che Travaglio non è uno appunto che ha «opinioni diverse», Travaglio è un cialtrone. Marco Travaglio è un grandissimo cialtrone inviso a qualsiasi persona intellettualmente onesta e minimamente informata. È la faziosità pura, la riproposizione dei passaggi di alcune sentenze al posto di altri, di certi verbali al posto di altri, di certi avversari al posto di altri. È l’enfasi delle sentenze di condanna e in caso di assoluzione è la sottolineatura delle parti che la condanna auspicavano.
    È l’invenzione di status giuridici inesistenti (prescritto al posto di non colpevole, soprattutto) o è la citazione dell’articolo 530 come «insufficienza di prove» anziché «assoluzione perché il fatto non sussiste». È dire «in nessun paese del mondo avviene che» anche se non è vero, sapendo che nessuno o quasi andrà a controllare: vedasi il caso delle intercettazioni telefoniche, o del celebre conflitto di interessi, che negli Usa sarebbe tranquillamente tollerato come ha ripetuto Al Gore di recente.
    Più in generale, Marco Travaglio è un fracco di balle di cui nessuno si accorge perché lui è così «documentato» che nessuno si prende la briga di controllare, tantomeno conduttori e direttori e capiredattori.
    Per anni Travaglio ha attribuito a Paolo Borsellino la citazione di una telefonata tra Mangano e Dell’Utri dove si parlava di droga: appreso che questa telefonata non è mai esistita, lui ha continuato a citarla.
    Travaglio ha scritto balle contro Mediaset e Fedele Confalonieri: condannato, ma non lo sa nessuno.
    Ha scritto balle contro Cesare Previti: condannato, ma non lo sa nessuno.
    E pochi sanno degli errori materiali (chiedete a Giuseppe Ayala) e pochi sanno dei casi di omonimia di cui ha dovuto scusarsi (chiedete a Pier Ferdinando Casini, Giuseppe Fallica e Antonio Socci) e pochi sanno soprattutto delle tantissime sciocchezze e omissioni che nessuno sta neppure a smentire.
    All’ultimo Annozero Travaglio ha detto che Grillo non può essersi arricchito con l’antipolitica perché i quattro milioni di euro da lui dichiarati, in realtà, sono del 2005, e cioè di quando i vaffanculo day neppure li faceva.
    Non è vero, sono i redditi dell’anno scorso: ma a lui basta dirlo.
    Al V-day di qualche settimana fa Travaglio ha tuonato contro i finanziamenti pubblici all’editoria e ha detto che anche L’Unità percepisce contributi «come tutti i giornali italiani»: e non è vero, perché la sua Unità percepisce più contributi di tutti, in quanto stampa politica come tantissimi altri giornali non sono.
    Se vai suo internet e cerchi l’ultimo articolo di Travaglio contro Gianni Alemanno, neo sindaco di Roma, trovi le accuse più incredibili contro di lui ma neppure la citazione del dettaglio che è stato assolto. Sempre assolto.
    Il nostro precisino sa essere tremendamente impreciso: ogni volta alza la posta dell’invettiva, abbassa l’asticella del target e tutto il resto è regime: magari citando e ricitando Montanelli. Quando un Montanelli redivivo, oggi, a uno come Travaglio, gli rilascerebbe sul sedere un bel verbale a forma di tacco.

    Filippo Facci www.ilGiornale.it di oggi

    saluti

  3. #3
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    Predefinito Imboscata Tv….

    ….a Schifani

    Roma - «Qualcuno vuole minare il clima di dialogo e di confronto costruttivo che ha caratterizzato questo inizio di legislatura. Se c’è qualcuno che deve pagare dei prezzi per questo li pagherà. Io li sto già pagando in queste ore ma sono sereno. Nessuno fermerà la mia azione per fare in modo che sui temi della legalità, delle riforme e delle proposte condivise si possa lavorare insieme. Ce lo chiede il paese e il capo dello Stato».
    Non è una difesa quella di Renato Schifani, che non di una difesa ha bisogno. E da parte sua non ci sono neppure recriminazioni.
    Il presidente del Senato invece parla ai microfoni del Tg1 per garantire che la volontà di dialogo da parte della maggioranza nei confronti dell’opposizione non viene meno. Certamente non viene compromessa dalle accuse lanciate da Marco Travaglio durante la trasmissione di Fabio Fazio, Che tempo che fa.
    Anzi dopo «la reciproca legittimazione avvenuta con lo storico incontro Berlusconi-Veltroni sulla riforma elettorale» Schifani promette che continuerà a lavorare «sulla maggioranza e sul governo affinché in aula le proposte dell’opposizione compatibili possano essere condivise ed eventualmente approvate».
    Persone vicine al presidente di Palazzo Madama, lo descrivono più avvilito che arrabbiato per quello che considera un colpo basso. Un linciaggio gratuito assolutamente ingiustificato che lo ha lasciato allibito.
    Schifani ha valutato come reagire con grande cautela. Il sospetto avanzato dal giornalista sui suoi rapporti con persone condannate per mafia è tanto grave quanto inesistente.
    «Si tratta di fatti inconsistenti o manipolati che non hanno nemmeno la dignità per generare sospetti», dice Schifani.
    Ma, si sa, canta Basilio nel Barbiere di Siviglia, «la calunnia è un venticello» che rischia alla fine di spazzare via tutto il resto, cancellando anche fatti indiscutibili come quello sottolineato dal suo entourage: Schifani non ha mai ricevuto un avviso di garanzia.
    La prima idea «a caldo» era stata quella di andare proprio da Fazio, che lo aveva immediatamente invitato, per replicare dalla stessa tribuna da cui erano state lanciate le accuse. Ma un’eventuale partecipazione a un programma di intrattenimento, da parte delle seconda carica dello Stato è apparsa subito problematica.
    Giusto invece chiarire la propria posizione al Tg1.
    D’altra parte che questa volta Travaglio si sarebbe trovato isolato nella sua battaglia contro Schifani si era capito subito.
    Dal Popolo della libertà si sono subito levate molte voci di condanna.
    E per il vicepresidente dei senatori, Maurizio Gasparri, «il caso non si chiude» con le scuse della Rai e di Fazio.
    Meno scontata forse e dunque per questo ancor più apprezzata, anche per le comuni origini siciliane, la reazione di Anna Finocchiaro, presidente dei senatori del Partito democratico. «Trovo inaccettabile che possano essere lanciate accuse così gravi, come quella di collusione mafiosa, nei confronti del presidente del Senato, in diretta tv sulle reti del servizio pubblico, senza che vi sia alcuna possibilità di contraddittorio», sostiene la Finocchiaro.
    Unico a difendere Travaglio Antonio Di Pietro: «Ha fatto il suo dovere raccontando i fatti».

    F.Angeli www.ilGiornale.it di oggi

    saluti

  4. #4
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    Io dico che in RAI bisogna fare un bel pò di pulizia.
    Davide Zerillo

  5. #5
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    Predefinito

    Citazione Originariamente Scritto da Davide75 Visualizza Messaggio
    Io dico che in RAI bisogna fare un bel pò di pulizia.
    ---------------------------------
    Leggiti il titolo della discussione e medita:
    attenzione; non facciamo dei martiri emeriti imbroglioni messi lassu in cima alla Rai da emeriti imbecilli.

    saluti

 

 

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