Originariamente Scritto da
Mantide
Fuori dal governo ombra, l'ultima carta dell'ex pm
Di Pietro, il reduce solitario dell'antiberlusconismo
Si parla molto di clima nuovo tra la maggioranza di centro destra e l'opposizione del partito democratico. Si tratta di un fatto nuovo.
Indubbiamente il merito dell'apertura di una fase nuova è di Berlusconi e di Fini, ma anche - o soprattutto - di Walter Veltroni che, con la sua scelta di presentare da solo (o quasi) il Pd ha creato la premessa per eliminare dalla scena parlamentare tanti partitini, a cominciare da quelli massimalisti e comunisti. Non tutti, per la verità, perché
un errore Veltroni lo ha fatto, di cui si è già pentito: quello di avere aggregato la rumorosa lista di Antonio Di Pietro. L'ex pm, con un curriculum di magistrato e di politico molto discusso, ora cerca di occupare lo spazio lasciato libero dalla sinistra radicale, puntando sull'unica carta che ha sempre pagato politicamente: l'antiberlusconismo.
Con questo "programma" il ruvido molisano cerca di conquistare nuovi proseliti. Ma l'ossessione anticavaliere gli impedisce di guardare con serenità i problemi del paese: il rilancio dello sviluppo economico e sociale, la sicurezza, la lotta alla criminalità, la riduzione del peso fiscale, l'aumento medio dei salari, l'immigrazione e l'integrazione dei nuovi arrivati, il rilancio di ricerca e formazione mettendo in campo tutte le risorse per una inversione dei processi di declino riprendendo la strada del riformismo. Il paladino "senza macchia e senza paura" prosegue la sua marcia, sguainando la spada e rifiutando ogni dialogo, pure col "governo ombra" da cui è stato escluso. Il leader del Pd, infatti, ripensando all'errore elettorale, non ha voluto inserire Di Pietro in un organismo che intende confrontarsi in un clima sereno col governo Berlusconi. Il leader di Italia dei valori avrebbe subito invelenito il clima. Il suo ruolo arrogante non facilita certamente la distensione fra i due schieramenti, appellandosi a quell'antiberlusconismo viscerale, di altri tempi, che adotta l'offesa e il pregiudizio al posto delle proposte e del confronto di posizioni responsabili e ragionate sui problemi reali del paese. Eppure la recente (e fallimentare) esperienza del governo Prodi dovrebbe avere insegnato che non basta il collante dell'antiberlusconismo per tenere in piedi una coalizione di governo.
Ma Di Pietro ha un altro demerito: ha promosso, intenzionalmente o meno, tanti paladini che nei siti web, nelle tv e sui giornali hanno scelto la strada della contestazione permanente, in nome della giustizia e della difesa del cittadino. Peccato che, per fare questo scelgono la strada delle calunnie, talvolta delle bugie spesso della disinformazione. E soprattutto questi "riformatori" non accettano mai contradditori, semplicemente perché sono privi di proposte realmente riformatrici.
Leonardo Sciascia condannava con asprezza
"i professionisti dell'antimafia", ma che ne facciamo dei parolai
"professionisti dell'antiberlusconismo", dentro e fuori il parlamento?
http://www.iltempo.it/2008/05/15/879...sconismo.shtml