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Discussione: Una buona notizia.

  1. #21
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    Citazione Originariamente Scritto da blob21 Visualizza Messaggio
    io ho accolto come buona notizia l'arresto di un boss di primo ordine come è normale che sia.Non significa che la camorra così scompare,ma è comunque una buona notizia.

    Se arrestano l'autore di una rapina efferata tu non sei contento perchè tanto le rapine comunque non si elimineranno mai ? No,sei contento comunque.

    E ancora piu' contenti deve renderci la situazione dei Casalesi .
    Quei pezzi di merda stanno alzando il tiro perchè sono piu' deboli e si sentono accerchiati dopo che la ex moglie di un boss li ha sputtanati facendo arrestare decine di loro,e dopo che il pentito Bidognetti sta facendo i nomi di tutti.
    Io sono dalla parte di Napoli. Mi farebbe piacere credere a quello che scrivi. Purtroppo sono pessimista. Guarda anche la realtà sociale che si sta sempre più consolidando. Le famiglie borghesi napoletane fanno laureare i figli per farli scappare il prima possibile da Napoli. I migliori se ne vanno e i peggiori in percentuale aumentano sempre di più nella città.

    Quanti saranno ormai in percentuale i guaglioni di sistema? Il 50%-60% degli abitanti? Se fai il conto del 30% di pregiudicati a Scampia, San Giovanni a Teduccio, Forcella, Quartieri Spagnoli, Secondigliano, Melito, Mugnano, Piscinola. E' uno dei periodi più brutti degli ultimi 30 anni per la qualità delle persone di cui è composta Napoli.

  2. #22
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    Citazione Originariamente Scritto da victorino Visualizza Messaggio
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    Quanti saranno ormai in percentuale i guaglioni di sistema? Il 50%-60% degli abitanti? Se fai il conto del 30% di pregiudicati a Scampia, San Giovanni a Teduccio, Forcella, Quartieri Spagnoli, Secondigliano, Melito, Mugnano, Piscinola. .
    non diciamo sciocchezze,per favore...i dati reali sono nettamente inferiori a quelli tuoi..

  3. #23
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    Quanti saranno ormai in percentuale i guaglioni di sistema? Il 50%-60% degli abitanti?
    che puttanata stratosferica.

  4. #24
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    Citazione Originariamente Scritto da blob21 Visualizza Messaggio
    non diciamo sciocchezze,per favore...i dati reali sono nettamente inferiori a quelli tuoi..
    Altri due articoli del giornalista napoletano Giuseppe D'Avanzo

    Una generazione bruciata: in migliaia fanno uso di droga
    E magari diventano assassini per procurarsela
    Quei ragazzi di Napoli
    perduti per la roba

    Nei quartieri dove si muore per una parola di troppo
    di GIUSEPPE D'AVANZO

    Pa' rrobb/ pa' robb s'arrobb/ pa' robb se fann e scipp/ pa' robb se mettono e mane/ dint'a borsa 'e' na mamma per vere' e apparà 'na cosa e' spicc/ pà robb/ se stà dint' e impicc'...
    ("Per la roba/ per la roba si ruba/ per la roba si fanno gli scippi/per la roba si infilano le mani nella borsa di una mamma per cercare di mettere insieme qualche spicciolo/ per la roba si finisce nei guai")
    Rap Napoletano

    NAPOLI - Della rrobb, di questa "merda" nessuno parla e vuole parlare. Si fa finta di niente. Si tira diritto. La si nasconde "come se fosse una psoriasi sotto la camicia". Meglio la camorra, gli omicidi di camorra. Meglio quelli - i morti ammazzati schiacciati nel portabagagli dell'auto, i capuzzielli emergenti, i capetti declinanti, i quartieri occupati, i blitz, la paura, gli agenti segreti e le videocamere, il ministro che arriva in città - per dare un'immagine di normalità. Sì, normalità. Di che cosa volete scandalizzarvi? Di un centinaio di piccoli gangster ammazzati in undici mesi in una città che ha contato anche 258 morti in un anno (1991)?

    Napoli afflitta dal crimine organizzato, dalla guerra di bande è una Napoli che non sorprende, che non avvilisce o inquieta. E' una città "normale" agli occhi del Paese, come è normale, abitudine addirittura il crimine nella sua storia disgraziatissima. Meno normale è la Napoli cinica, disperata, senza futuro che, a occhi chiusi, sta bruciando una dopo l'altra le sue giovani generazioni - i figli, da queste parti, non erano piezz' 'e core? - e le sacrifica e le distrugge manco fosse una favela brasiliana.

    Ma non è una favela, è un'area metropolitana di tre milioni di abitanti che ogni giorno vede in interi quartieri, Scampia, Secondigliano, Melito, Mugnano, Piscinola, San Giovanni a Teduccio, i vicoli dei Quartieri Spagnoli, di Montecalvario nel centro storico, migliaia di ragazzi (i più giovani hanno appena tredici anni) fare uso di droga come in altre città i loro coetanei bevono Coca Cola e mangiano hamburger.

    Sono decine di migliaia di ragazzi che abitualmente - più volte la settimana, tutti i giorni o soltanto nei week end per iniziare - fanno uso di droghe. Il 58,4 di loro, tra i 15 e i 24 anni, non ha lavoro e non ne avrà mai uno regolare. Che se lo scordassero. Vivono di televisione, di playstation e noia. Vivono con l'ossessione dei soldi. Soldi. Soldi. Soldi. Non chiedono altro. Non vogliono altro. I punti Snai per le scommesse sono affollate di giovani come in nessuna altra città italiana. La bolletta, il cedolino della scommessa, è l'unica speranza che si concedono nella vita. La scommessa azzeccata può cambiare la loro vita. Ci credono per qualche ora. Lo credono eccitati come se davvero il miracolo dovesse accadere. Il tempo di sapere che hanno perduto ancora, come sempre. Allora non resta che "l'altra cosa". Quella non costa cara e non delude.

    Quindici euro, soltanto quindici euro per una pallina di cocaina da tre decimi (ce ne sono da sette decimi e da un grammo) tagliata con il mannitolo (un diuretico) e procaina (anestico) più anfetamine e psicoformarci variamente e sciaguratamente miscelate.

    Costa da quindici a venticinque euro 'a buttiglietta. Cocaina base non cloridata, bicarbonato di sodio, acidi (soprattutto Lsd). Si fa così. Si svuota per un terzo un bottiglietta di acqua minerale. La si "tappa" con carta stagnola. La carta stagnola ha al centro un piccolo foro. Si sistema qui la pallina di droga. Si accende. Si fuma. "Vai subito fuori di testa".

    Il Corbet (o Korbet) costa da dieci a venti euro. E' lo scarto della raffinazione dell'eroina tagliato con sostanze tossiche. Può essere polvere bianca o una pallina colore marrone. La si scalda sulla carta stagnola del pacchetto di sigarette. Si inalano i fumi. Cobret, Cobra, "per via che l'effetto è un morso di serpente".

    "L'assunzione di questa roba - spiega lo scrittore Maurizio Braucci (Mare guasto; Una barca di uomini perfetti) - la sua qualità pessima, la tenera età di chi l'assume provoca attacchi di isteria, livelli di delirio imprevedibili, inspiegabili e danni psicopatologici sui sistemi neuro-endocrini di giovani ancora in via di sviluppo".

    Accadono cose da pazzi a Napoli. Puoi morire per niente, per un nulla. Per un'ombra che passa dinanzi agli occhi di un adolescente "strafatto", avvelenato. Può ammazzarti perché ha pensato che tu guardassi la sua ragazza. Può accoltellarti perché nel traffico hai sfiorato il suo scooter. Può spararti perché semplicemente la tua faccia non gli piace. Perché hai detto la parola sbagliata. Perché non hai detto una parola quando dovevi dirla. Perché gli va di farlo. Perché vuole liberarsi di quel risentimento e rancore che gli brucia nel petto. "Bande di quartiere spesso motorizzate - racconta Braucci - si abbandonano ad aggressioni gratuite. Non sempre vogliono rapinarti. Magari ti schiaffeggiano soltanto passandoti accanto o ti lanciano addosso qualcosa o peggio ti circondano e ti picchiano. Qualche volta ti accoltellano".

    Sono così le notti di Napoli. Scooter impazziti. Ragazzi in preda a delirio di onnipotenza. O alla disperata ricerca di denaro. Quel fumo tossico che li ha esaltati si spegne presto e ne vogliono ancora. Hanno allora bisogno di soldi. Mica di tanto. Dieci euro. Quindici. Possono rapinare anche un bambino e frugargli le tasche per un foglietto da cinque euro. O possono schiacciare in un angolo una donna incinta e strapparle il telefono cellulare. E' sufficiente un cellulare in una piazza di spaccio per farsi un'altra fumata, un'altra bottiglietta, un altro Corbet. "Portare Rolex a San Gennaro" è scritto su muro a Porta San Gennaro. Vuol dire che lo spacciatore c'è ed è pronto a ricettare quel che hai rubato per darti ancora la roba.

    Non dovete pensare che la disperazione sia di alcuni, dei più sfortunati o dei più fragili. A Napoli, in quest'abisso senza luce, è l'intera generazione, dai quindici ai trent'anni, dei quartieri disperati del centro storico e della periferia. La sua lenta e violenta estinzione si consuma in silenzio in una città che se ne vergogna, che si protegge, che si muove lungo percorsi protetti e, se vive in vie a rischio o in quartieri pericolosi, tira avanti i suoi giorni come in una prigione abitata da matti e da assassini.

    "Io sono nato da queste parti, a Piscinola, là dietro quel muro di palazzoni - dice, mentre giriamo in auto nel niente di Scampia, Peppe Lanzetta autore di Figli di un Bronx minore, di Un Messico napoletano, di Tropico di Napoli - Nessuno è mai stato ricco da queste parti, alla vita siamo sempre stati aggrappati con le unghie e con i morsi. La domenica mattina però, quando quella vita di merda ti lasciava tirare il fiato per qualche ora, potevi vedere un padre felice giocare con il figlio che sorrideva. Oggi vedo in certe domeniche questi giovani zombie che vanno avanti e indietro, ingrigiti e brutti. Non hanno mai avuto un'occasione, una mamma che ha risposto, un padre che si è fatto trovare, un maestro che è stato ad ascoltare, un maledetto che gli ha offerto un lavoro. Attendono soltanto che si faccia l'ora. L'ora per andare a prendere la roba. Li vedi in fila sull'asse mediano. In fila. Uno dietro l'altro. Comprano l'eroina e se la fanno lì sul ciglio della strada. Uno dietro l'altro. Uno dopo l'altro. Tra di loro c'è sempre il povero cristo che non ha una lira per comprare e si guadagna il buco della giornata trovando le vene difficili in braccia già morte. Non sono in grado di dirlo in un altro modo: quella disperazione non ha più rimedio, non ha lenimento. Come se fosse una malattia allo stato terminale. Si mangia le loro vite e le case e le strade e i loro amici. Chi può scappa, fugge dalla malattia. Va a lavorare a Reggio Emilia, a Vignola vicino a Modena - lì il lavoro c'è - per salvarsi. Ma quanti si salvano? Sono sempre un parte infinitesima di chi resta qui a morire fottuto dalla cocaina da cucinare, dalla televisione, dalla camorra che se li prende prima della morte per fargli fare un giro di giostra e poi scaricarli con un buco in testa in una discarica. Non è che l'altra città, l'altra Napoli li tratti meglio. Vuoi un esempio? L'assessorato che si occupa delle periferie ha anche la responsabilità dei cimiteri. Assessorato ai cimiteri e alle periferie. Un programma. I morti di ieri. I morti di domani".

    Scampia è un niente stasera, è un vuoto. Due volanti della polizia all'inizio del largo viale che conduce alle Vele non hanno anima viva da fermare e controllare. Non passa un'auto. Non ci sono i giovani e occasionali "tossici" che gli spacciatori della camorra tengono in fila a suon di mazze ferrate. Non c'è un passante. Anzi ce n'è uno. E' una vecchina. Due bambini - avranno dieci anni - si affacciano da un muro e le tirano delle pietre e ridono. Si nascondono. La vecchina affretta il passo e quelli appaiono sul muro più avanti e le tirano ancora addosso delle pietre. Non c'è nessuno che possa aiutarla. Nessuno vorrà aiutarla. Nessuno potrà aiutarla.

    "A Napoli era d'abitudine - spiega Marco Rossi Doria, "maestro di strada" - "togliere l'occasione" come si diceva "per evitare le tarantelle", trovare il modo per sciogliere i conflitti per non provocarne di più gravi e dolorosi. A volte era sufficiente uno schiaffo o l'offerta di un caffè per "togliere l'occasione". Era un modo della comunità di difendere se stessa e restare unita. Oggi nessuno azzarda un gesto di pacificazione. Qui tutti sanno che la coca "cucinata", il Corbet possono trasformare chiunque in un assassino e il più banale degli screzi o dei dissidi nella ragione per una coltellata o una pistolettata".

    La vecchina è riuscita ad allontanarsi, finalmente. I due bambini ora si lanciano le pietre tra di loro.


    http://www.repubblica.it/2004/k/sezi...p/davanap.html


    Viaggio fra i giovani della città, dai quartieri del centro alla periferia
    gli antichi vizi e le nuove abitudini di una generazione smarrita
    Napoli, tra i ragazzi che dicono
    "Siamo camorristi nella capa"


    Dagli schiaffi ai passanti al lancio di arance rinforzate con le lamette
    dalle scorribande alle prove di forza nelle strade o nelle discoteche
    di GIUSEPPE D'AVANZO



    Pariare. Dalla Sanità a Melito, dal cuore greco della città alla periferia di case e monnezza, monnezza e case, il verbo "pariare" è come un mantra misterioso. A dieci o a trenta anni, quel verbo lo ripetono in ogni frase, lo inzuppano in ogni smozzicato discorso e io non so che cosa significa, purtroppo. Me ne sto qui, come un babbeo, non so dire nemmeno dove, davanti un disco-pub in un angolo della periferia nord di Napoli e semplicemente non capisco che cosa mi stanno dicendo. Nel dialetto napoletano dell'altro ieri, "pariare" aveva un solo significato: digerire.

    Oggi quell'unico, indiscutibile significato si è smarrito nell'impura neolingua della Napoli lazzara, che soltanto per il 12 per cento parla in italiano e per il resto impasta gerghi - il gergo della malavita e delle canzoni neomelodiche, soprattutto - storce il dialetto melodioso dei Salvatore Di Giacomo, degli Eduardo, dei Domenico Rea per farne uno slang che annega significati, scolora esperienza, scioglie nell'acido muriatico la memoria.

    Pariare ora significa, apparentemente, divertirsi, ma parla di un curioso divertimento.

    Più che una parola con un nuovo significato è il significato di un nuovo modo di stare al mondo, di sopravvivere a Napoli nel perenne, penoso conflitto con gli altri, tutti gli altri. "Bisogna pur pariare un po', se non vuoi morire di noia; se vuoi mettere tra te e la difficoltà di vivere uno spazio, uno stacco senza pensieri; se vuoi stordirti subito, oggi, ora, per non pensare a quello che ti aspetta domani".

    Questo capisco sta dicendo, più o meno, S. che non vuole il suo nome sul giornale e preferisce essere chiamato "Roberto o Loris o Papiluccio, tanto per te è lo stesso, no? Che cambia?". Si può "pariare con gli amici" (organizzare una serata, uno scherzo) o "pariare" (pomiciare) una vrenzola (ragazza). Si può "pariare in cuollo a uno", a danno di uno o di molti. Si può "pariare in modo esagerato", pippare cocaina, impasticcarsi fino ad andare fuori di testa, fino "a fare intorno a te il coprifuoco". "Pariare" è una formula multiuso che, però, definisce quasi sempre un atteggiamento aggressivo o autodistruttivo. "Pareano" i merdilli - adolescenti tra i dieci e i tredici anni - che per Carnevale lanciano, fuori di una scuola, non la farina o le uova (abitudine nazionale già di per sé assai censurabile) ma arance "rinforzate" con lamette da barba. Finisce che arrivano i vigili urbani e cercano di bloccare i "merdilli". Quelli fuggono e chiamano fratelli e genitori che, inviperiti, malmenano i vigili urbani: i bambini stavano soltanto pariando, no?

    Pareano quei tipi che, lungo via Toledo, si danno battaglia colpendosi reciprocamente con i sacchetti dell'immondizia, e centrando gli sventurati passanti o assalendoli direttamente con buste gonfie di piscio. "Parea" soltanto quella banda di giovanissimi disperati in motorino che, alla salita dell'Ospedale militare, blocca il traffico già lento, monta sul marciapiede, si esibisce su una sola ruota o schiaffeggia a ripetizione e senza motivo chiunque abbia la sventura di essere nel posto sbagliato al momento sbagliato. "Pariare" diventa allora un'abitudine giovanile diffusa in alto e in basso e ormai vissuta come un fenomeno naturale, come se fosse pioggia o vento. Meritevole di un suo hit "neomelodico". Lo gorgheggia dallo schermo di Televolla un bambino di nove anni che non ho capito come si chiama. Canta più o meno così: "Io me ne vado con gli amici alla Ferrovia/ simm 'a banda dei malamente/ ma non simm' delinquenti/ sfuttimm' solo a brava gente". "Pariare" significa soprattutto infastidire, dunque, sfottere, deridere e, a quanto pare, nessuno si chiama fuori dal gioco.

    Sono qui per cercare di capire perché un ragazzino di sedici anni, nel pieno della sua vita, se ne va in giro con un coltello in tasca e alla prima, o seconda, occasione lo estrae, spezza una vita, mutila un'altra, sfregia la sua. Quale senso o immagine della vita, pur deforme, convince quel ragazzo ad armarsi?

    Quelli con cui parlo non capiscono nemmeno il problema. Dice Roberto o Papiluccio: "Il coltello è tranquillo". Come dire, è logico, è evidente che devi portartelo dietro, che ne hai bisogno. Come fai a non capirlo?

    "Il coltello è tranquillo e quasi tutti se lo portano dietro, mica soltanto il fetente o il criminale, nemmeno parlo del camorrista perché lo sai che quelli hanno sempre la pistola infilata nella cintura dietro la schiena. Ti spiego, allora. Tu sei con la tua ragazza. Lei è tutta in tiro. È bella. Lo sai e lo sanno anche gli altri. Se vuoi startene senza problemi, ti scegli in discoteca o al disco-pub una serata di hip-hop. Vai sul sicuro, quella musica la danno il venerdì. È un giorno calmo, il venerdì, e non ci sono problemi. Se invece vuoi pariare in modo esagerato, ed è sabato, te ne vai a sentire house-music. Sai di che parlo, vero? Allora stai a sentire. Sei in discoteca con lei e sai che, prima o poi, ci saranno anche quelli che arriveranno lì soltanto per pariare.

    Non hanno ragazze con loro, non voglio averne con loro quella sera. Sono lì - e sono cinque o magari dieci - soltanto per pariare, prendere di mira qualcuno, mettere su una tarantella. Sì, una tarantella: un litigio, una rissa, un pestaggio. Così per passare la nottata... Non c'è chi di tanto in tanto non se ne vada in giro in questo modo, in gruppo, solo maschi, per pariare un po'. Non lo so perché. Forse perché è divertente? Ora, ascolta, tu hai il coltello, ti senti sicuro. Se le cose si mettono male, sai di poter cercare di cavartela, ma naturalmente fai di tutto per non arrivare a quel punto. Allora è molto importante lo sguardo.

    Al primo sguardo devi saper valutare quanto è davvero malamente (cattivo) quello che ti sta pariando in cuollo. Se sei responsabile, e tutti qui cerchiamo di esserlo, appena ti accorgi che l'altro è più 'bbuono di te - sì, più 'bbuono, più fetente, più tosto, più determinato, più coraggioso - devi buttare giù il boccone schifoso e trovare un modo per andartene senza danni, e non tutti lo fanno. Ma dovrebbero farlo e fidarsi dello sguardo. A Napoli lo sguardo è tutto.

    Appena ti fermi al semaforo - faccio un esempio - stai certo che qualcuno ti guarderà fisso. Non sai che vuole. Vuole pariare soltanto o magari dietro di te, e tu non lo sai, non te ne sei ancora accordo, quello ha un amico e ti vogliono provocare per prenderti la macchina o il motorino o il cellulare o l'orologio o soltanto darti un po' di mazzate. Non sai dirlo. Puoi far finta di niente e guardare le mani sul volante o sul manubrio o guardarlo a tua volta e dirgli: "Che fai guardi? Stai guardando?".

    La stessa cosa fai in discoteca con quelli che pareano. Li metti alla prova, per così dire. Quello guarda la tua ragazza e tu gli fai: stai guardando? Dalla risposta capisci se è uno 'bbuono, quanto è 'bbuono, o se si atteggia o se un malamente, in questo caso sei già nei guai. Però, c'è molta gente che si atteggia... Guarda quello lì...".

    Non so dire se "quello lì" è uno che si atteggia. Mi sembrano tutti uguali, in verità. Hanno stessa faccia cotta dalle lampade solari, gli stessi occhi vuoti, gli stessi volti inespressivi, le stesse scarpe (Silver Nike), gli stessi crani rasati o capelli fonati e scolpiti, le stesse basette, le stesse maglie di Zara e gli stessi cappellini a visiera, gli stessi anellini d'oro ai lobi delle orecchie con la sola differenza per la grandezza del brillante (più è grande, più sei 'bbuono). Parlano la stessa incomprensibile lingua. Allo stesso modo gesticolano e gridano (ma per loro è soltanto "parlare"). Hanno le stesse teste rincitrullite dalla televisione, non dal reality che già basterebbe, ma dalle tv dei neomelodici che in quanti abbiamo scambiano per rappers in rivolta salvo poi scoprire che sono il veicolo dell'infezione plebeo-criminale.

    Non so neanche che se possa soccorrermi Pier Paolo Pasolini per afferrare almeno qualche filo. Quel Pasolini che scriveva dei giovani italiani, già trenta anni fa: "Orribili pelami, capigliature caricaturali, carnagioni pallide, occhi spenti. Sono maschere di una integrazione diligente e incosciente, che non fa pietà. Nei casi peggiori, sono dei veri e propri criminali. In realtà, potrebbero esserlo quasi tutti. Non hanno nessuna luce negli occhi: i lineamenti sono lineamenti contraffatti di automi, senza che niente di personale li caratterizzi da dentro. La stereotipia li rende infidi. Il loro silenzio può precedere una trepida domanda di aiuto o può precedere una coltellata".

    La scena ora sembra peggiore e peggiori gli attori. I ragazzi di Pasolini ancora erano parte di un sistema comunitario. Giusto o ingiusto, progresso o sviluppo, che fosse, era qualcosa. Questi che ho di fronte sono come precipitati in un vuoto assoluto di socialità. Nelle loro vite, l'egemone sottocultura criminale ha scavato a fondo lasciando in movimento soltanto il simulacro della loro mediocre, feroce e impaurita individualità, che appare loro principio e fine di ogni cosa. Per questi disgraziati figli della Napoli conquistata dal lazzarismo - più che una condizione economica, un atteggiamento psicologico, uno spirito morale - c'è soltanto (come per i camorristi) l'affermazione di sé.

    Ogni rapporto - amicizia, amore - è possesso e misura del dominio. È potere sugli altri, l'unica cosa - a quanto pare - per cui valga la pena vivere (o morire). Ne è la conseguenza il pavoneggiarsi perenne, l'esibirsi sempre e comunque, il rumoreggiare, il vociare, il prevaricare, l'aggredire anche senza motivo. Pariare in modo esagerato in cuollo a uno non è esibire se stessi contro l'altro, dominando l'altro, possedendolo? Questa nuova condizione (o la si può chiamare ideologia?) scaccia la sopravvivenza antica di un modo di vita della plebe, ragione di molti problemi irrisolti ma di qualche non disprezzabile peculiarità.

    Nell'intrico dei vicoli, lungo le grandi tangenziali, nei quartieri delle periferia non c'è più traccia di quella plebe che pure fu, come sempre ha sostenuto Raffaele La Capria, immaginazione, fantasia, vitalità, "humus fertilizzante" capace di custodire le radici della città, la sua memoria, la sua cultura, il passato da cui è venuto fuori il carattere dei napoletani, con i loro vizi e le loro virtù. Il nuovo plebeismo violento di oggi non sa da dove viene, non sa dove vuole andare, non ha nulla da ricordare, non ha nulla da custodire. Riconosce nell'orizzonte vuoto, un solo senso: il potere come principio di tutti i rapporti. È questa appare la più disastrosa vittoria della camorra. È una vittoria che afferri anche là dove questo processo di deculturazione dovrebbe e potrebbe essere contenuto.

    Raccontano che alcuni ragazzi del liceo Umberto I di via Carducci, che è come dire il Berchet a Milano o il Mamiani a Roma, hanno stretto un rapporto di scambio con certo tamarri (diciamo, zotici) con orecchini dai grossi "brillanti". Il tamarro se lo sogna di mettere piede nelle discoteche più esclusive di Chiaia o di Posillipo. Ci pensa il chiattillo. Fa in modo, con il buttafuori, che possa entrare. In cambio il tamarro gli darà un mano se avrà problemi: un nemico personale da picchiare; un gruppo che "parea" da intimorire o, più semplicemente, l'ex della sua morosa che non vuole arrendersi e che quindi merita di essere indommato di mazzate, massacrato di botte.

    Per Roberto o Papiluccio questa appartenenza a una sottocultura criminale è così evidente da non potere essere nascosta a se stessi. Dice: "Siamo tutti camorristi. Lo penso anch'io. "Camorristi" nella capa. Io me ne rendo conto. Studio, mi sento un tipo responsabile, considerato i tempi e queste strade. Sono istintivo. Ho la tendenza a prendere fuoco e so che è sbagliato, so che è pericoloso, so che uno scatto d'umore nel momento sbagliato può costare caro. Cerco di stare lontano dai guai.

    Sono capace di abbassare lo sguardo e venire via quando incontro un "malamente" epperò mi accorgo, nei momenti di maggiore lucidità, di avere la stessa aggressività di quelli là. Mi muovo in ogni cosa che mi tocca fare come in una sfida continua. Mi accorgo di guardare a lungo quel tipo fermo accanto a me nel traffico. Mi sorprendo a voler sopra di ogni altra cosa che abbassi lo sguardo. È una cosa senza senso, è vero, lo so. Perché lo faccio? Perché mi piace. Mi fa sentire bene".

    http://www.repubblica.it/2006/11/sez...napoli-1-.html

  5. #25
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    Citazione Originariamente Scritto da blob21 Visualizza Messaggio
    che puttanata stratosferica.
    Non è tempo di avere questi atteggiamenti. Napoli è in una situazione tragica. La percentuale di persone con un livello civico indegno è altissima, che siano criminali o bestie incivili con la fedina pulita poco cambia per le sorti della città ormai nella melma. Si può solo ammetterlo.

  6. #26
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    è lo spaccato di ALCUNI giovani,Napoli è la città con piu' giovani d'Italia.
    Se ad esempio avessi voluto fare un articolo sui giovani che frequento io sarebbe venuto fuori completamente diverso

  7. #27
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    Citazione Originariamente Scritto da victorino Visualizza Messaggio
    Non è tempo di avere questi atteggiamenti..
    quali atteggiamenti?criminalizzare tutti i napoletani come fai tu è una cosa incivile e inutile

  8. #28
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    Non cadere nell'errore di considerare la camorra un fenomeno a parte, come sono soliti fare i ragazzini borghesi di Napoli che non conoscono la loro città e pensano ci sia la buona Napoli e la cattiva Napoli.

    a te chi ti avrebbe dato la patente di conoscitore di napoli?

  9. #29
    emiro omofobo meridionale
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    Citazione Originariamente Scritto da victorino Visualizza Messaggio
    Io sono dalla parte di Napoli. Mi farebbe piacere credere a quello che scrivi.


    tu devi essere uno che nella vita non ha mai combinato nulla, sfoga nel razzismo il senso di frustrazione per i propri fallimenti e la propria mediocrità, facendo finta di essere il bene assediato dal male costituito da milioni di persone peggiori di te, cosa legittima, ma almeno vedi di essere meno ipocrita dicendo di esere dalla parte di napoli quando gioisci delle sue disgrazie e di quelle dei suoi abitanti

  10. #30
    emiro omofobo meridionale
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    Citazione Originariamente Scritto da victorino Visualizza Messaggio
    Io sono dalla parte di Napoli. Mi farebbe piacere credere a quello che scrivi. Purtroppo sono pessimista. Guarda anche la realtà sociale che si sta sempre più consolidando. Le famiglie borghesi napoletane fanno laureare i figli per farli scappare il prima possibile da Napoli. I migliori se ne vanno e i peggiori in percentuale aumentano sempre di più nella città.

    Quanti saranno ormai in percentuale i guaglioni di sistema? Il 50%-60% degli abitanti? Se fai il conto del 30% di pregiudicati a Scampia, San Giovanni a Teduccio, Forcella, Quartieri Spagnoli, Secondigliano, Melito, Mugnano, Piscinola. E' uno dei periodi più brutti degli ultimi 30 anni per la qualità delle persone di cui è composta Napoli.

    almeno l 99% degli abitanti di scampia con la camorra non ha nulla a che fare con la camorra, e la tollerano solo per quieto vivere, coloro che aggrediscono i poliziotti che vanno ad arrestare i camorristi non sono la totalità degli abitanti del quartiere ma solo i parenti degli arrestati ed atri uomini legati al clan, a pianura la maggior parte dei commercianti anni fa si è ribellata alla camorra e non paga più il pizzo, napoli è la città dove le associazioni antiracket, la Campania è la regione dove maggiormente è stato denunciato il fenomeno delle discariche abusive, con buona pace degli idioti che sostengono che la camorra scaricava i rifiuti tossici con il supporto della popolazione locale

 

 
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