UN PLAUSO …

Plaudo all’iniziativa del Circolo di Varlungo del cui successo francamente non dubitavo perché un progetto ambizioso, osato con coraggio, ha di per sé, in nuce, tale successo . Sto parlando del ciclo, articolato in 3 incontri, sul Piano Strutturale di Firenze che ha preso l’avvio lunedì 19 Maggio.
Urbanistica, dunque, fra noi sicuramente, non c’è nessuno che ne sottovaluti il forte impatto sulle decisioni della politica, è certo patrimonio di noi tutti la forza visionaria di questa disciplina, i cui realizzati presupposti, determinano in quantità importante la qualità della vita, promuovono vera integrazione, formano i cittadini di domani. Ciò che è avvenuto nelle Banlieu parigine è esempio di ciò che un’urbanistica non completamente integrata, quindi incompiuta, può irrimediabilmente determinare.
Non mi sento, invece, altrettanto ottimista sul fatto che se ne sia davvero recepito il linguaggio, che avvalendosi di temi portanti molto prossimi a quelli psicanalitici (prendere atto del presente, rispettare e riconsiderare il passato per immaginare il futuro) propone una “strutturazione a strati” da ottenersi con l’integrazione dei vari aspetti che concorrono al realizzarsi di una compiuta ed organica realtà. Fatti che compongano e convergano in altri fatti, idee che ne supportino altre sostanziando il cambiamento. Quell’articolazione sincretica d’idee che attinge alle più disparate esperienze ed istanze, quella che, nei miei interventi di analisi sempre cerco di proporre e amen se c’è qualcuno che si sente in dovere di segnalare “ben più importanti argomenti”…
Questa è, forse, la visione che anche la miglior politica, almeno per ora, tarda a sollecitare: incontra troppo spesso l’ostacolo importante (certo numericamente rilevante) della trasversale ottusità. Il recente trascorso della tramvia ce lo conferma. Solo pochi si sono davvero impegnati con una scelta precisa e definitiva in favore della sua realizzazione, gli altri, ignari del fatto che una città ibernata nella sua asfittica musealità può solo essere respingente cioè inaccogliente, non hanno scelto!
Se si vuole allora che la “sana proposta del”l’ambientalismo del fare”, orgogliosamente e appassionatamente promossa dai relatori( che in me trova una piacevole risonanza con l’idea di “uomo ecologico”: ambedue le proposte contemplano il cambiamento coniugato con il coraggio del nuovo) si deve dare ampio accesso a questo tipo di linguaggio che, con la sua cifra integrativa, può essere un valido mezzo per la giusta interpretazione della realtà di questi tempi.
L’ encomiabile iniziativa di Varlungo va vista in tal senso: un esempio che spero avrà ampio seguito.

ANTONELLA SENSI