LA GUERRA IN AFGHANISTAN CONTRO LA BARBARIE WAHABITA E LA CIA
ZBIGNIEW BRZEZINSKI FORAGGIA I MUJAHEDDIN E I TALEBANI (1979)
I SOVIETICI ENTRANO DOPO L'OMICIDIO DEL LEGITTIMO PRESIDENTE TARAKI (CHE POI SI SCOPRIRA' FRUTTO DI UN COMPLOTTO CONGIUNTO AMIN-CIA-TALEBANI) E COSTRUISCONO LA LIBERTA' E IL SOCIALISMO
da wikipedia (che stavolta riporta dati essenzialmente giusti grazie a un ottimo lavoro fatto dai dei compagni che prima erano su POL e che purtroppo non si sono iscritti qui su PIR. Anzi avevano cambiato radicalmente questa parte di Wikipedia che parla dell' intervento internazionalista sovietico in Afghanistan (in confronto alla versione che c' era prima , di stampo totalmente filo-imperialista e antisovietico), ma qualche idiota ha cancellato parte del loro lavoro)
Antefatto: la Repubblica Democratica dell'Afghanistan
Tra la fine del 1977 e l'inizio del 1978 l'Afghanistan era stato teatro di diverse manifestazioni e sollevazioni di popolo, le quali erano volte a chiedere un miglioramento delle condizioni sociali e civili della popolazione afghana. Il livello della tensione salì nell'aprile del 1978, quando M. A. Haybar, uno dei principali dirigenti del Partito Democratico Popolare dell'Afghanistan (partito progressista emanazione della classe lavoratrice afghana), fu assassinato. A seguito di questa uccisione si intensificarono le misure repressive del governo guidato da Mohammed Daoud Khan, fino alla rivolta del 27 aprile 1978, quando il PDPA chiamò il popolo e i propri militanti all'insurrezione generale. Il sommovimento coinvolse per prima la capitale Kabul, ma ben presto si estese alle altre principali città del paese; la quasi totalità delle truppe dell'esercito si schierò a favore dei dimostranti, e la stessa cosa fecero gli studenti nelle città. Nelle campagne la rivoluzione fu invece accolta con indifferenza, se non con sospetto, dalla popolazione rurale. In pochi giorni, il governo rivoluzionario, guidato da Nur Mohammad Taraki, prese la guida del paese, dando vita alla Repubblica Democratica Afgana. Durante la rivoluzione, rimase ucciso lo stesso ex capo di governo Mohammed Daoud.
Il PDPA, partito socialista filo-comunista, mise in atto un programma di governo socialista che prevedeva principalmente una riforma agraria che ridistribuiva le terre a 200mila famiglie contadine, ed anche l'abrogazione dell'ushur, ovvero la decima dovuta ai latifondisti dai braccianti. Inoltre fu abrogata l'usura, i prezzi dei beni primari furono calmierati, i servizi sociali statalizzati e garantiti a tutti, venne riconosciuto il diritto di voto alle donne e i sindacati legalizzati. Si svecchiò tutta la legislazione afghana col divieto dei matrimoni forzati, la sostituzione delle leggi tradizionali e religiose con altre laiche e marxiste e la messa al bando dei tribunali tribali. Gli uomini furono obbligati a tagliarsi la barba, le donne non potevano indossare il burqa, mentre le bambine poterono andare a scuola e non furono più oggetto di scambio economico nei matrimoni combinati.
Si avviò anche una campagna di alfabetizzazione e scolarizzazione di massa e nelle aree rurali vennero costruite scuole e cliniche mediche.
La laicizzazione forzata della società afgana portò ben presto ad uno scontro fra il regime del PDPA e le autorità religiose locali, le quali cominciarono ad incitare il jihad dei mujaheddin contro "il regime dei comunisti atei senza Dio". In verità Taraki rifiutò sempre l'idea di definire il suo nuovo regime come "comunista", preferendo aggettivi come "rivoluzionario" e "nazionalista". Gli stessi rapporti con l'Urss si limitarono ad accordi di cooperazione commerciale per sostenere la modernizzazione delle infrastrutture economiche (in particolar modo le miniere di minerali rari e i giacimenti di gas naturale). L'Urss inviò anche degli appaltatori per costruire strade, ospedali e scuole e per scavare pozzi d'acqua; inoltre addestrò ed equipaggiò l'esercito afghano. Il governo rispose agli oppositori con un pesante intervento militare e arrestando, mandando in esilio ed eliminando molti mujaheddin.
Gli USA a sostegno dell'opposizione islamica
Nella nuova fase politica afghana intervennero anche gli Stati Uniti d'America. L'amministrazione Carter avvertì subito l'esigenza di sostenere gli oppositori di Taraki principalmente per tre motivi:
1. in funzione anticomunista per «dimostrare ai paesi del terzo mondo che l'esito socialista della storia sostenuto dall'Urss non è un dato oggettivo» (Dipartimento di Stato, agosto 1979);
2. per creare un nuovo alleato in una zona geopolitica che aveva visto nel gennaio 1979 gli Usa perdere l'Iran con la rivoluzione khomeinista;
3. vincere la guerra fredda o quantomeno cancellare il ricordo della disfatta vietnamita del 1975.
Il 3 luglio 1979 Carter firmò la prima direttiva per l'organizzazione di aiuti bellici ed economici segreti ai mujaheddin afgani. In pratica la Cia avrebbe creato una rete internazionale coinvolgente tutti i paesi arabi per rifornire i mujaheddin di soldi, armi e volontari per la guerra. Base dell'operazione sarebbe stato il Pakistan, dove venivano così costruiti anche campi di addestramento e centri di reclutamento.
Buona parte dell'operazione fu finanziata col commercio clandestino di oppio afghano. A capo della guerriglia, su consiglio del Pakistan, fu posto Gulbuddin Hekmatyar, noto per la crudeltà con cui sfigurava (usando l'acido) le donne a suo dire non in linea coi precetti islamici. I mujaheddin afgani di Hekmatyar diventarono rapidamente una potente forza militare, distinguendosi in crudeltà con pratiche che prevedevano un lento scuoiamento vivo dei nemici e l'amputazione di dita, orecchi, naso e genitali.
La richiesta d'aiuto e l'intervento dell'URSS
In questo clima di ingerenza da parte del governo americano, all'interno del PDPA e del Consiglio Rivoluzionario Afghano si polarizzarono due tendenze politiche: quella che faceva capo a Hafizullah Amin (area Khalq che spingeva per un cambiamento radicale della società afghana, senza alcun processo intermedio) e quella che faceva riferimento a Babrak Karmal (area Parcham) che invece propugnava una trasformazione più graduale, che partisse dall'arretratezza culturale ed economica del paese, che il governo rivoluzionario aveva ereditato dopo secoli di feudalesimo e tribalismo. Lo scontro tra le due fazioni del partito fu molto aspro, tanto che dopo la morte del capo di governo Nur Mohammad Taraki, avvenuta in circostanze poco chiare e nella quale sembra evidente la responsabilità di Amin, quest'ultimo accentrerà su di se tutti i poteri e allontanerà dal paese i principali componenti del Parcham, riservandogli incarichi minori all'estero.
Intanto tra il marzo e aprile del 1979, le forze controrivoluzionarie dei mujaeheddin, armate da USA e Pakistan (avvenuto attraverso l'operazione Cyclone), avviarono l'attacco alla città di Herat, ma l'offensiva fu respinta dall'esercito e dalle milizie popolari afghane. In ogni caso, dopo questi avvenimenti, al governo rivoluzionario era chiaro che la lotta contro i mujaheddin e i loro alleati americano-pakistani, non sarebbe stato per nulla semplice. Per questo i capi rivoluzionari decisero di chiedere aiuto all'unione Sovietica, facendo appello al Trattato Sovietico-Afghano di amicizia, buon vicinato e collaborazione (firmato nel 1921 e rinnovato nel 1955). È da sottolineare il fatto che l'URSS, pur solidarizzando immediatmente con l'Afghanistan attaccato, non scelse come opzione prioritaria l'intervento militare, ma cercò di appellarsi all'ONU perché con i propri mezzi diplomatici intervenisse contro i gruppi fuorilegge di mujaheddin. Solo dopo che l'ONU non prese posizione e dopo che USA e Pakistan avevano già dato il loro placito assenso e sostegno alla controrivoluzione, l'URSS decise di scendere in campo col proprio esercito, in favore della rivoluzione democratica afghana.
Nello stesso momento, l'impopolarità di Amin aumentava e con essa le rivolte islamiche ed il rischio di destabilizzazione del paese, che lui stesso aveva peraltro contribuito a creare con l'uccisione di Taraki e con l'esilio dei membri della parte avversa del PDPA. Lo stesso Amin venne inoltre sospettato da Mosca di avere contatti con la CIA.[1]
Il 27 dicembre 1979, 25 componenti del Gruppo Alfa, l'élite degli Spetsnaz, i reparti speciali sovietici, assalirono il palazzo presidenziale uccidendo Amin.[2] La guida del governo fu quindi presa da Karmal e dalla componente Parcham.
Il 1º gennaio 1980 50.000 soldati, 2.000 carri armati T-55 e 200 aerei varcarono la frontiera ed entrarono in Afghanistan. Gran parte del mondo protestò contro l'invasione, in particolare gli Stati Uniti; dopo aver annunciato un embargo, lo misero in atto tagliando tutte le forniture di grano e di tecnologie e nel 1980 boicottarono anche le XXII Olimpiadi che si tennero a Mosca.
Nonostante lo sforzo militare ingente pianificato l'Armata Rossa non riuscì mai ad avere il pieno controllo della regione ed i mujaheddin riuscirono ad imporre la propria superiorità strategica soprattutto nelle aree non cittadine.
Col passaggio in Usa dall'amministrazione democratica Carter, a quella repubblicana di Ronald Reagan, si alzò il livello dello scontro e i mujaheddin vennero propagandati come «combattenti per la libertà». Tra questi vi era anche Osama bin Laden, uno dei principali organizzatori e finanziatori dei mujaheddin (solo per quelli di origine araba, non quelli di origina afghana), anche se ad oggi il Dipartimento di Stato Usa nega di aver avuto mai contatti con Bin Laden [3], a differenza dell'ex ministro degli esteri della Gran Bretagna Robin Cook che è invece convinto del contrario [4], anche se non porta nessuna prova di questo coinvolgimento. Nell'articolo, inoltre, Cook è convinto che siano i Sauditi a finanziarlo.
Il suo Maktab al-Khadamat (MAK, Ufficio d'Ordine) incanalava verso l'Afghanistan denaro, armi e combattenti musulmani da tutto il mondo, con l'assistenza e il supporto dei governi americano, pakistano e saudita. Nel 1988 bin Laden abbandonò il MAK insieme ad alcuni dei suoi membri più militanti per formare Al-Qaida, con lo scopo di espandere la lotta di resistenza anti-sovietica e trasformarla in un movimento fondamentalista islamico mondiale. Tra i comandanti della resistenza islamica si fece notare il moderato e filo-occidentale Ahmad Shah Massoud, che in seguito divenne ministro della difesa nello Stato Islamico Afghano (1992) creato dopo il ritiro delle truppe sovietiche e che dopo l'avvento dei Talebani combatté anche contro di loro.
Il 20 novembre 1986 viene destituito Karmal a favore di Haji Mohammed Chamkani, che resterà in carica fino al 30 settembre 1987, quando Presidente del Consiglio Rivoluzionario diventerà Mohammad Najibullah, carica che dal novembre 1987 diventerà quella di Presidente della Repubblica.
La fine
Con l'arrivo al Cremlino nel 1985 di Mikhail Gorbaciov si andò affermando una politica estera sovietica più distensiva, e già dall'ottobre 1986 iniziò in sordina un ritiro unilaterale delle truppe sovietiche che si concluse il 15 febbraio 1989. La guerra finì (dopo 1 milione e mezzo di afgani morti, 3 milioni di disabili e mutilati, 5 milioni di profughi e milioni di mine) con gli accordi di Ginevra del 14 aprile 1988 che avviarono il ritiro dell'Armata Rossa.
L'Unione Sovietica ritirò le sue truppe il 2 febbraio 1989 (anche se ne diede comunicazione ufficiale solo il successivo 15 febbraio), ma finché esistette (1991) continuò ad aiutare lo stato afghano. Il rimpatrio perfezionato nel febbraio 1989 (in quel momento circa 30.000 mujaheddin circondavano Kabul) interessò 110.000 uomini, 500 carri armati, 4.000 veicoli blindati BMP e BTR, 2.000 pezzi d'artiglieria e 16.000 camion. Per l'Unione Sovietica, che ebbe ufficialmente 13.833 morti e 53.754 feriti, questo conflitto dall'esito infelice fu causa di malcontento fra la popolazione interna come la guerra del Vietnam per gli Stati Uniti. Pesanti anche le perdite di materiale militare: nel decennio di conflitto andarono ufficialmente distrutti 118 aerei, 333 elicotteri, 147 carri armati, 1.314 veicoli blindati per il trasporto truppe, 433 pezzi d'artiglieria, 11.369 camion di vario tipo.
Mohammad Najibullah, l'ultimo presidente della Repubblica Democratica Afghana, subì invece una fine tragica. Nel 1992 subì un colpo di stato da parte dei mujaeddin e fu costretto a dimettersi, in cambio dell'immunità. Successivamente gli fu negata da quest'ultimi la possibilità di allontanarsi dal paese e si dovette rifugiare nel palazzo delle Nazioni Unite a Kabul dove rimase fino al settembre 1996, quando i talebani salirono al potere. Il 27 settembre dello stesso anno fu prelevato a forza dal palazzo Onu dai talebani, insieme al fratello, senza incontrare resistenza, e venne torturato, mutilato ed infine trascinato da una jeep prima di essere finito da un colpo di pistola alla testa ed essere esposto sempre nei pressi del palazzo delle Nazioni Unite.[5][6]
Mikhail Gorbaciov ha recentemente ammesso che l'errore più grande dei sovietici è stato quello di non considerare la complessità della società tradizionale afghana, l'invio delle truppe causò così un effetto opposto a quello sperato, l'intera zona si destabilizzò. L'ex presidente sovietico ha anche criticato l'atteggiamento degli Stati Uniti, e dei suoi alleati occidentali, di finanziare incondizionatamente la guerriglia dei mujaeddin, senza pensare alle possibili conseguenze. Spiegando le sue intenzioni, Gorbaciov ha specificato che al ritiro sovietico si sarebbe dovuto seguire un processo di pace e di riconciliazione nazionale che avrebbe portato il paese ad essere pacifico e neutrale; questo non avvenne in quanto il suo successore, Boris Eltsin, abbandonò il sostegno al presidente afghano Najibullah, impedendo così una possibile soluzione di stabilizzazione dell'area e spianando la strada alla salita al potere dei Talebani negli anni novanta.[7]
Altro materiale di quel bellissimo periodo per il popolo afghano
Da Afghanistan ieri e oggi, di Enrico Vigna
1981
Alla fine dell'anno il PIL è accresciuto del 2,4% e hanno iniziato la produzione diciassette nuove fabbriche, va sottolineato che nel 1978 in tutto l'Afghanistan esistevano DUE sole fabbriche! È proseguita la realizzazione della riforma agraria e idrica. Per 760 mila famiglie contadine sono stati cancellati i debiti fiscali.
Nel giugno del 1981 nasce il Fronte Patriottico Nazionale con gli obiettivi più importanti di rafforzare la lotta contro la controrivoluzione armata, di consolidare ed estendere il potere rivoluzionario e garantire le riforma e la pace civile nel paese. Oltre 940 delegati appartenenti al PDPA a organizzazioni sociali, sindacali, etnie, tribù ed esponenti religiosi formarono il congresso fon-dativo del fronte.
1982
nel paese, nonostante l'aggressione e la guerra, nello stesso anno la produzione industriale è incrementata dell'1,5%, quella agricola del 3%, così come è aumentata l'estrazione di gas a Jawazjan e di carbone vicino a Herat; si è ingrandita l'officina per automobili di Jungalak, mentre è aumentata la produzione la fabbrica di concimi di Mazar i Sharif. A Kabul lo stabilimento di prefabbricati per l'edilizia è stato ristrutturato interamente e la produzione raddoppiata, ampliata l'area degli aranceti e oliveti irrigati dal canale di Jalala-bad, per consentire una maggior raccolta; la riforma agraria e dell'acqua (fino al 1978 di proprietà dei latifondisti... come in molte zone del nostro Sud... ancora oggi... ) prosegue, per permettere l'emancipazione dei contadini e dei nomadi da sottomissioni feudali; gli stipendi dei dipendenti statali sono aumentati del 26-50 %. Nel solo anno oltre mezzo milione di afgani e afgane avranno imparato a leggere e scrivere. Nello stesso momento in cui i "combattenti per la libertà" incendiano e distruggono centinaia di scuole, ospedali e moschee, soprattutto nelle campagne, uccidendo insegnanti e scolari per impedire l'alfabetizzazione, aggrediscono e violentano donne che non rinunciano alla propria emancipazione conquistata duramente.
Vengono ricostruite rapidamente le aziende distrutte dalle azioni dei controrivoluzionari; lo stato fornisce ai contadini seimila tonnellate di semi di alta resa per la semina primaverile; viene concesso un aumento unificato a operai ed impiegati con bassi salari. In questo anno è stato raggiunto l'obiettivo della scolarizzazione dell'80% dei ragazzi di età scolastica; nei corsi di alfabetizzazione partecipano oltre 550 mila uomini e donne. Nel rispetto della religione islamica il governo stanzia per la riparazione e la ricostruzione delle moschee attaccate dai sedicenti "combattenti per la libertà", 5 milioni di afgani e a carico dello stato sono costruite 29 nuove moschee e case di preghiera. In questo anno per la prima volta nella storia afgana è stata sancita la parità di diritti di nazionalità, etnie e tribù.
1983
"... Dopo aver trascorso 18 giorni in Afghanistan e avendo visitato la provincia di Mazar I Sharif a Nord del paese, Jalalabad ad Est, Kabul e dintorni e anche le province al confine con il Pakistan sono giunto alla conclusione che la sfera di attività del governo si è sensibilmente ampliata dalla mia precedente visita, avvenuta quattro anni fa ... Non si tratta solo di successi militari. Dalle città alle campagne che le circondano si respira un senso di apprezzamento nei riguardi del programma governativo di modernizzazione, e spesso addirittura di consenso. È impossibile misurare la forza di questo sentimento, ma questo è uno degli aspetti del nuovo stato di cose in Afghanistan che sfugge ai diplomatici occidentali", così scriveva J. Steel nel suo articolo sul viaggio in Afghanistan pubblicato sul giornale inglese "Guardian". Steel racconta storie di uomini che combattevano dalla parte dei mujaheddin, anche come capi, e che ora erano tornati alla vita normale. Egli rilevava dagli incontri con i contadini le novità degli ultimi due anni: elettrificazione, ambulatori rurali, riforma agraria.12
286.000 famiglie avevano ricevuto la terra.
1984
Il rispetto per l'Isiam era la politica del governo af-gano. In un'intervista all'agenzia Bahktar il ministro per le questioni dell'Isiam della RDA M. A. Wali Hojat sottolineava: "II governo dell'Afghanistan presta notevole attenzione a tutte le questioni legate all'Isiam. Il rispetto per la religione e i sentimenti dei fedeli sono sanciti dalla Costituzione provvisoria del paese. Gli organi della giustizia e tutto il sistema giuridico in vigore nella repubblica, nella loro attività tengono presenti le tradizioni e i costumi islamici. Molti mullah combattono nelle file dell'esercito regolare, nelle milizie delle tribù e nelle squadre della difesa della rivoluzione. Molti religiosi partecipano attivamente alla vita politica e sociale del paese, per esempio nelle attività del Fronte Patriottico Nazionale". Negli anni dal 1981 al 1984, la controrivoluzione ha distrutto 250 moschee, ucciso più di 500 mullah e centinaia di persone innocenti, morte sotto le bombe e i missili lanciati nei luoghi sacri, nei cinema, nelle scuole e sui mezzi pubblici. Nello stesso tempo il governo ha stanziato oltre 850 milioni di afgani per la costruzione di 59 nuove moschee e la ricostruzione e il restauro di altre 559. Nel solo anno 1984 furono stanziati oltre 100 milioni di afgani per le necessità delle istituzioni religiose.
1985
- la produttività nelle campagne ebbe un incremento del 78%;
- solo nei primi tre mesi dell'85, 910.000 nuovi ettari furono coltivati a cotone;
- ci fu un aumento del 40% in più di famiglie che ottennero la terra;
- l'esportazione della produzione della cooperativa Busti di uva afgana raggiunse 900.000 dollari.
Realizzazioni in cooperazione con l'URSS:
- centrale idroelettrica Naglu (produzione -100.000KW);
- fabbrica di azoto Mazar I Sharif (produzione 150.000 carbammidi all'anno);
- autofficina Dzhangalk;
- stabilimento prefabbricati edilizi di Kabul;
- Politecnico di Kabul;
- 5 istituti tecnici;
- 11 scuole professionali;
- 1 stazione spaziale chiamata LOTOS per le comunicazioni satellitari;
- 1 ponte sul Amudarja;
- 2 fabbriche per la panificazione e produzione di cibi in scatola.
Nel 1985 furono costruite 5.600 case, pari a 610.000 mq abitativi, 28 scuole, 6 asili, 40 biblioteche, 19 scuole di musica (musica afgana, indiana, orientale ed europea).
I risultati della rivoluzione dal 1980 al 1985, nonostante la controrivoluzione:
Costruiti due impianti per l'estrazione del gas, che alla fine dell'85 avranno portato all'esportazione di gas, pari al 40% dell'affluenza di valuta del paese.
Produzione nazionale lorda: aumentata del 13%
. Produzione dell'energia elettrica: aumentata del 61%.
Produzione del settore statale: aumentata del 47%.
Produzione del settore industriale: aumentata del 25%.
Costruiti 100 impianti industriali (uguale al 70% del bilancio dell'entrate del paese) comprese dighe, centrali elettriche e 1600 Km di strade.
Artigianato, con 296.000 lavoratori: ha una produzione di 14,450 miliardi di afgani.
Produzione di pellicce Astrakan: raggiunge l'8% del volume del commercio del paese.
Produzione dell'energia elettrica: aumenta del 48%.
Produzione di gas: aumentata del 10%.
Produzione della farina: aumentata del 60%.
Produzione del cemento: aumentato dell'I 1%.
Produzione di carne: aumentata del 17%.
Alfabetizzati 1.380.000 uomini e donne.
Formazione di 80.000 operai specializzati.
All'interno della campagna per l'alfabetizzazione formati 20 corsi speciali per lavoratori nell'orario di lavoro. La fabbrica di scarpe Akho e l'azienda Melli Bass sono state le prime aziende ad avere i lavoratori completamente alfabetizzati.
Produzione di agrumi: raggiunge le 2.000 tonnellate (con un valore di valuta importata di 800.000 dollari).
Media dei salari: aumentata del 2,4%.
Nel 1978 nel paese esistevano 30 scuole materne. Nel 1985 ce n'erano 309.
Ospedali e ambulatori aumentati del 92%.
Posti letto ospedalieri: aumentati dell'80%.
Medici specialisti: aumentati del 70%.
La fabbrica tessile Ensafi raggiunge la produzione di 2500 metri di materiale al giorno (media europea).
L'84% della popolazione viveva in campagna. All'interno della riforma agraria e dell'acqua furono redistribuiti 810.000 ettari di terra a contadini senza terra o con poca terra, furono stanziati dal governo 60 milioni di dollari di crediti a tasso zero per i contadini e le cooperative, 647.000 contadini aderirono a forme cooperative. Furono cancellati tutti i debiti contratti prima della rivoluzione a 760.000 famiglie contadine.
1986
il governo rivoluzionario...
Stanziava 115 miliardi di afgani per il piano di investimenti e sviluppo (dal 1958 al 1978, 20 anni, erano stati stanziati 104 miliardi).
A giugno si svolse il quinto anniversario della fondazione del Fronte Patriottico Nazionale. Fu fatta una relazione sullo stato e sull'attività del Fronte dalla sua fondazione: in quel momento il FPN aveva 2767 sezioni con oltre 700.000 iscritti (oltre 120.000 iscritti erano membri individuali cioè non affiliati ad altre organizzazioni sociali o politiche) e pubblicava il quotidiano "Aniss". Del FPN facevano parte: il PDPA; i sindacati; l'Organizzazione della Gioventù Democratica Afgana; l'Organizzazione delle Donne Democratiche Afgane; l'Organizzazione per la Pace, la Solidarietà e l'Amicizia; l'Unione dei Contadini Cooperativi; l'Unione dei Giornalisti; l'Unione degli Scrittori, Artisti e Poeti e l'Alto Consiglio dei Mullah e Studenti Religiosi, e altri. Uno dei compiti del Fronte era rafforzare e sviluppare una coscienza patriottica e internazionalista nelle masse popolari. Il FPN era presente in varie sfere della società con funzioni complementari e di assistenza nei problemi della società, da quelli della terra, delle abitazioni al Consiglio sulle questioni contadine e della famiglia, organizzava campagne di lavoro volontario per la ricostruzione di scuole e moschee, si occupava dell'inserimento degli orfani nelle "case dei bambini". Attraverso i programmi di lavoro volontario lanciati dal Fronte, lo Stato fu aiutato per un equivalente di oltre 14 milioni di afgani. Nel Consiglio Centrale del Fronte erano elette molte figure sociali prestigiose del paese. Due esempi: il primo era il dottor A. Zahir, già primo ministro nei governi precedenti la rivoluzione d'Aprile. Questo vecchio uomo di Stato afgano in un'intervista dichiarò: "... comprendo perfettamente che solo con un potere nazionale democratico che poggi su una larga unità nazionale patriottica, la mia patria può veramente progredire nel suo sviluppo economico- sociale. E un'importante premessa per questo suo progresso è l'amicizia con l'URSS, per la quale mi sono sempre battuto...". Questo il giudizio di un uomo senza partito, exesponente del governo monarchico, che ha contribuito alla creazione del Fronte Patriottico Nazionale. Il secondo il dottor I. Alam, noto scienziato oftalmologo, di età avanzata, ex-professore dell'Università di Kabul, operante nella clinica di Kabul, ai tempi del re per 10 anni vicepresidente del parlamento, dichiarò: "... vedo chiaramente che il nuovo potere è democratico. Aspira a migliorare ed alleviare la vita degli afgani, va sostenuto...". Il dottor Alam, senza partito ritenne suo dovere patriottico non solo sostenere il Fronte, ma anche contribuire attivamente alle sue attività. Soltantp con tutti gli uomini onesti si poteva estendere la lotta e la solidarietà per l'Afghanistan rivoluzionario. 1?
1978: Rivoluzione democratica e nazionale. Per la memoria storica
Afghanistan 1978, Rivoluzione democratica e nazionale
Per la memoria storica
di Enrico Vigna
Quanti sono coloro che hanno coscienza e memoria di cosa è accaduto esattamente 30 anni fa? Quanti storici, studiosi, esperti, pacifisti che spesso “trattano” le problematiche dell’Afghanistan di oggi, della guerra in cui anche l’Italia è direttamente coinvolta con 2.550 soldati; delle quotidiane tragedie ed orrori che martoriano quelle terre e quel popolo; quanti di costoro “dimenticano” o peggio ignorano quanto accadde nel lontano 1978?
C’è forse una cattiva coscienza che li accompagna?
Con queste necessariamente sintetiche righe, cerco di spolverare un pezzo di storia (con i suoi limiti ed errori, propri di chi la storia “la fa e non la scrive”), per i giovani di oggi e in onore e memoria a quelle figure eroiche (e non c’è alcuna retorica lasciva in questo caso), di rivoluzionari, donne, uomini, giovani che tentarono di fare ciò che appariva l'impossibile: portare un intero popolo fuori dal feudalesimo. Il tentativo è stato impedito, ma il processo di emancipazione, in quei 14 anni è stato seminato, ed i processi storici hanno corsi e ricorsi, ne è prova che ancora oggi e, purtroppo per il popolo afgano, ancora per molti anni, la matassa afgana è lungi da essere risolta per le potenze imperialiste e reazionarie guidate dagli USA. Che furono affiancate (!) dalle sinistre occidentali, va detto e scritto a chiare lettere: solo da queste; la stragrande maggioranza dei paesi e dei popoli del Terzo e Quarto Mondo, furono al fianco della Rivoluzione afgana.
In ogni caso, come disse un filosofo francese: quando l’impossibile è stato tentato una volta, esso è già un pò meno impossibile.
Breve cronologia storica
1747: Si forma il primo embrione di stato afgano indipendente
1838-1842 : Prima guerra Anglo-Afgana, vinta da questi ultimi
1878-1880: Seconda guerra Anglo-Afgana. Pur non capitolando, gli afgani devono di fatto accettare una sovranità limitata, sotto il controllo inglese
1893-1895: Gli inglesi ridisegnano i confini dell’Emirato afgano, con l’obiettivo di frammentare le varie tribù ed indebolire il potere centrale
1901-1919: Sotto il Regno di Habibullah, si forma e sviluppa, il movimento nazionalista e progressista dei giovani afgani
1917: Avviene il riconoscimento reciproco tra URSS e Regno Afgano
1919: Viene ucciso Habibullah e prende il potere il Partito Nazionalista di Amanullah. Gli inglesi intervengono e scoppia la terza guerra Anglo-Afgana, che stavolta termina con un armistizio e costringe l’Inghilterra a riconoscere la sovranità e l’indipendenza totale dell’Afghanistan
1921: Per impedire la minaccia di nuove ingerenze straniere, soprattutto inglesi, viene stipulato un “Trattato di amicizia, neutralità e cooperazione Afgano-Sovietico”
1929: Gli inglesi fomentano una rivolta reazionaria contro Amanullah che è costretto a fuggire
1933: Il monarca Nadir viene ucciso in un attentato, come risposta alla repressione contro gli ambienti patriottici e progressisti, perpetrata dal suo regime
1933: Sale al trono Zahir Shah
1953: Diventa primo ministro M. Daud, cugino e vero uomo forte del Regno di Shah, che governerà fino al 1963, anche con qualche timido tentativo di modernizzazione, ma soprattutto nella ricerca di una neutralità e non allineamento
1961: Le politiche aggressive e le pressioni del blocco occidentale, produssero continue tensioni usando il governo pakistano, completamente assoggettato agli inglesi ed ai loro interessi; nel settembre del ‘61 furono rotte le relazioni diplomatiche ed economiche tra Afghanistan e Pakistan
1963: La destra del paese sostenuta ed incoraggiata dalle potenze imperialiste riuscì a far cadere il governo di Daud ed ottenerne le dimissioni
1964: Daud viene sostituito alla carica di primo ministro da Yusuf, il quale cerca comunque di mantenere gli indirizzi statali precedenti, pur se pressato dalle forze più retrive e reazionarie; vengono “liberalizzate” le istituzioni e si vara una nuova Costituzione del Regno Afgano
1965: Nasce il Partito Democratico Popolare Afgano. Nello stesso anno si svolgono le prime elezioni del paese, in realtà solo in alcune grandi città. Tra brogli, violenze e confusione, il PDPA riesce ad eleggere 4 candidati. In questo anno viene rinnovato con l’URSS per altri dieci anni il “Patto di neutralità e reciproca non aggressione” del 24 giugno 1931; il quale prevedeva anche reciproca assistenza in caso di aggressioni straniere
1969: Si svolgono nuove elezioni con pesanti ostilità verso i candidati patriottici e progressisti, il PDPA avrà 2 seggi
1973: M. Daud con l’appoggio di un vasto fronte progressista e patriottico, rovescia la monarchia e viene istituita la repubblica. Il PDPA appoggia il nuovo governo
1977: Sotto pesanti pressioni internazionali M. Daud allontana il PDPA dal governo e inizia la repressione verso le forze nazionali e progressiste, che sanciscono una svolta reazionaria e di destra del nuovo regime
1978: Viene assassinato M. Khyber da sicari legati al potere, le città afgane vengono attraversate da forti manifestazioni contro il governo, guidate dal PDPA. Scatta la repressione e i massimi dirigenti del PDPA vengono arrestati
27 Aprile 1978: Giovani ufficiali progressisti legati al PDPA lanciano l’insurrezione, a cui si affiancano leader contadini e tribali, oltre al ceto intellettuale delle città, professori e studenti. Vengono liberati tutti i prigionieri politici, Daud viene ucciso, si forma il Consiglio Rivoluzionario… e qui comincia l’altra storia dell’Afghanistan, che sarà soffocata nel sangue, strangolata e schiacciata dagli interessi imperialisti delle potenze occidentali.
Bandiera del PDPA
Dalla metà degli anni ’60 cominciarono a formarsi molti gruppi politici, nel frattempo, nel gennaio 1965 fu fondato in clandestinità il PDPA, con il suo organo di stampa settimanale Khalq (Popolo); nel suo programma si poneva il compito della lotta per la costruzione di una società libera da ogni sfruttamento e della la difesa degli interessi della classe lavoratrice e della sua emancipazione sociale, attraverso la difesa di uno sviluppo economico indipendente e la realizzazioni di profonde riforme sociali contro i latifondi e la redistribuzione delle terre, l’avvio di un piano di industrializzazione nazionale.
L’Afghanistan era un paese semi feudale, il regime monarchico dalla metà degli anni sessanta era continuamente scosso da un crescente malcontento e proteste anche violente, organizzati soprattutto dal PDPA, tra i lavoratori, gli studenti ed i ceti intellettuali, ma anche tra le stesse Forze Armate dove il Partito aveva un forte radicamento. La stessa borghesia nazionale, ostile alle rapine delle poche risorse nazionali da parte del capitale straniero, si collocava nel campo progressista e di opposizione. Quando nel 1973, il re Shah venne detronizzato da Daud, il quale promise riforme sociali ed economiche in favore della popolazione più povera, il PDPA lo sostenne e collaborò con esso. Ma in cinque anni il governo Daud non diede in pratica alcuna risposta e nessuna riforma fu attuata per gli interessi delle masse lavoratrici; nella realtà i meccanismi statali ereditati dalla monarchia, continuarono nella sostanza a far funzionare la macchina statale del paese, ed il potere politico continuava a restare supino agli interessi dei signori feudali, dei latifondisti e della borghesia compradora, asservita agli interessi stranieri. Alla fine anche i più elementari diritti civili e politici furono schiacciati.
A quel punto l’influenza del PDPA nel paese era ormai forte e consolidata, perché sempre stato alla testa delle lotte, e l’insurrezione dell’aprile 1978, dette il via alla Rivoluzione Democratica Nazionale Afgana, che per 14 anni resistette alla più violenta e distruttrice aggressione imperialista, insieme a quella del Vietnam, per poi capitolare sfiancata e dissanguata delle sue forze migliori (uomini e tantissime donne), che pagarono con un bagno di sangue, il tentativo rivoluzionario di cambiare il corso sottomesso della storia del popolo afgano e portarlo fuori dal feudalesimo.
La Rivoluzione doveva cominciare praticamente da zero l’edificazione di una società moderna e civile, in un paese di 16 milioni di abitanti, composto da 22 nazionalità diverse, suddivise a loro volta in decine e decine di tribù e centinaia di clan; con il 90% della popolazione analfabeta, che tra le donne raggiungeva il 99%.
Un paese dove la maggioranza dei contadini era senza terra e lavorava per i grandi possidenti, i quali controllavano tutte le attività commerciali, amministrative dello stato ed il reale potere politico. Un paese dove le lotte intestine tra gli schieramenti religiosi, sunniti e sciiti, venivano appoggiate e favorite anche dall’esterno, in modo da garantire lo storico “immobilismo dell’equilibrio”, che perpetrava lo status quo millenario, su cui si erano fondati fino ad allora tutti i regimi passati.
Il governo rivoluzionario cercando di attuare il programma del popolo, impose il divieto dei profitti usurai e l’annullamento dei debiti contratti da parte dei contadini e dei braccianti con i possidenti; furono creati fondi statali per sostenere i piccoli coltivatori e agli operai agricoli, e si diede inizio alla creazione delle cooperative agricole.
Nel novembre del 1978 fu decretata la realizzazione della riforma fondiaria, la quale prevedeva la liquidazione della grande proprietà feudale e fondiaria; solo nel primo mese dopo l’attuazione, furono oltre 14.000 le famiglie che ottennero la terra. La prima fase prevedette la redistribuzione di oltre un milione di ettari (è circa il 15% la terra coltivabile del paese) tra 680.000 contadini.
La Rivoluzione Afgana lavorava per costruire il futuro: per questo gli obiettivi primari da conquistare erano la riforma agraria, la lotta per l’alfabetizzazione e la democrazia popolare nelle istituzioni politiche, sociali e civili, attraverso la parità dei diritti di tutti i cittadini, in primo luogo l’affermazione completa dei diritti totali di emancipazione delle donne; il Consiglio Rivoluzionario nell’ottobre ’78, approvò un decreto con cui si proibiva la vendita delle donne e di dare le minorenni per matrimoni combinati, dando alle ragazze il diritto di decisione e scelta del proprio destino familiare.
Il potere popolare ricevette dal passato una miserevole condizione sanitaria, in tutto il paese vi erano appena 900 medici e 50 ospedali, in pratica vi era in media 1 medico ogni 15.000 abitanti e un ospedale ogni 300.000. In questa situazione uno dei primi passi del governo rivoluzionario, fu la formazione di massa di personale sanitario e l’apertura di decine di poli ambulatori, anche nelle aree più isolate del paese; garantendo un assistenza sanitaria e i medicinali per i lavoratori e i poveri gratuita ed il diritto alla salute per tutta la popolazione.
Nei primi mesi di attività le autorità rivoluzionarie aprirono oltre 800 scuole e ventimila corsi di alfabetizzazione con oltre un milione persone; fu costruita una rete capillare in ogni villaggio di biblioteche, per la formazione di generazioni acculturate ed il diritto allo studio a tutti i giovani.
Nel programma del governo rivoluzionario erano anche in primo piano la solidarietà con gli altri popoli nel mondo, in lotta per la liberazione nazionale e la costruzione di una coscienza politica forte. Gli strati più diseredati del popolo afgano riposero grandi speranze nella Rivoluzione e nella nascita di un nuovo Afghanistan. Erano semplicemente questi gli obiettivi più importanti e primari dei rivoluzionari afgani: la liberazione del popolo dalla miseria e dall’arretratezza millenaria; con l’obiettivo strategico dell’edificazione di una società socialista, passando attraverso un processo democratico e nazionale, che tenesse conto della situazione arretrata e sottomessa a varie influenze tradizionali retrive, in primo luogo il ruolo degli alti esponenti religiosi.
La Rivoluzione di Aprile fu una prima grande tappa in questa prospettiva, naturalmente furono compiuti errori, accelerazioni, forzature che non sempre (come alla fine del ’79, sotto Amin), tenevano conto della condizione e situazione specifica di arretratezza secolare delle masse afgane e della società afgana; soprattutto nel campo dell’emancipazione della donna e della religione.
Con essa fu dato l’avvio a grandi trasformazioni negli interessi dei lavoratori e nella tutela dei diritti più elementari, fino ad allora negati alla stragrande maggioranza del popolo.
Ma furono proprio questi obiettivi e le prime realizzazioni di essi, che attirarono maggiori attenzioni dei governi imperialisti USA e inglese in particolare; questi, sostenitori e fautori dei precedenti regimi reazionari e oppressivi, si resero conto che i loro interessi nella regione potevano essere messi in discussione da questa giovane e radicata Rivoluzione, ed addirittura avere influenza sui popoli oppressi dell’area e trasformare gli assetti geostrategici da essi dominati. Questo non poteva essere permesso e questo sancì il futuro destino tragico, di quel tentativo rivoluzionario. QUESTO e non le menzogne sui “diritti umani”, sulla “libertà”, sulla “democrazia”, ecc. ecc. di cui si sono riempiti la bocca le potenze occidentali, mentre le loro mani grondavano del sangue di migliaia di afgani, colpevoli solo di voler cambiare il loro infame e misero destino.
Cominciarono a riversarsi fiumi di dollari, armi, tecnologie militari moderne, per sostenere i cosiddetti “combattenti della libertà “, bande di controrivoluzionari, guidate da coloro che avevano perso i loro privilegi secolari, da mercenari e da terroristi fondamentalisti. E cominciò così la guerra vera e propria contro la Rivoluzione Democratica Afgana, con assassinii quotidiani, sabotaggi delle infrastrutture civili e statali, incendi di scuole e cooperative, attentati contro i contadini e i lavoratori che lavoravano e accettavano il nuovo ordinamento, l’assassinio pianificato di insegnati e studenti che facevano i corsi di alfabetizzazione nelle campagne e nelle regioni montuose; contro le donne che si impadronivano del loro destino e facevano della loro liberazione una conquista sociale da difendere, con la pratica dello stupro collettivo da parte dei mujaheddin, contro quelle donne che avevano la gonna o portavano i pantaloni,. La distruzione di centrali elettriche, di dighe, di fabbriche, delle cooperative agricole e la distruzione dei campi coltivati. Tutto questo partiva dai campi militari creati dagli USA nel confinante Pakistan, a cui partecipavano con sostegni economici e finanziari le varie potenze occidentali capitaliste, dove venivano addestrati questi banditi mercenari, per poi infiltrarli in Afghanistan.
Adesso tutto questo è documentato e pubblico, ma ancora oggi è assente una riflessione onesta e profonda, da parte di quella sinistra che allora scendeva in piazza per la “libertà” dell’Afghanistan, soprattutto alla luce della tragedia e degli sporchi giochi che da trent’anni vengono fatti sulla pelle e sulle sofferenze del popolo afgano, e dove ancora oggi il nostro paese è là coinvolto con ben 2.550 militari, che insieme agli altri 39.000 militari della NATO, continuano a occupare. A nessuno di costoro, viene di pensare che tutta la tragedia afgana ancora oggi sotto i nostri occhi, cominciò per soffocare e stroncare quella Rivoluzione? Possibile che di fronte al fatto di essersi trovati al fianco, quindi oggettivamente complici, delle forze dell’imperialismo, della NATO, della CIA, dei Signori della guerra afgani assassini e oppressori, dei peggiori mercenari fanatici e del tanto (OGGI) vituperato Bin Laden. Possibile che l’essersi trovati fianco a fianco con una tale compagnia, così ben assortita di affossatori dei diritti dei popoli, non abbia prodotto almeno la necessità di andare a fondo nell’analizzare quella situazione, un bisogno onesto intellettualmente, di conoscere meglio, di capire meglio? Domande che ancora oggi, amaramente va constatato, non hanno trovato risposte.
Una cosa è certa, quella sinistra occidentale ebbe un ruolo decisivo nell’isolamento delle masse lavoratrici dei paesi capitalistici, da quell’esperienza di progresso e di emancipazione, e questo è un altro dato di fatto.
Sarebbe solo un atto di verità storica , ma potrebbe anche dare un'altra prospettiva di soluzione (di lunga durata, sicuramente), del tragico puzzle afgano.
Il problema è che nonostante la storia ed il tempo ci consegnano poi fatti e documentazioni inoppugnabili sulle verità prima nascoste, pochi sono quelli che hanno il coraggio e la dignità dell’autocritica e della riflessione storica. Si va avanti come se nulla fosse accaduto, l’occidente opulento con la sua sinistra imbelle ed opulenta, voltano pagina e tirano dritto… Per poi ricadere nella stessa cloaca: infatti la storia si è ripetuta con l’aggressione e distruzione della Jugoslavia.
Fu così che l’obiettivo strategico e primario delle potenze imperialiste occidentali, divenne la distruzione di questo tentativo di processo di liberazione, con tutti i mezzi, a partire dall’uso del fondamentalismo islamico come arma nuova di destabilizzazione (che oggi gli si ritorce contro), dei paesi e delle realtà non assoggettate al loro ordine mondiale, al di là degli orientamenti politici. La colpa più grave e inaccettabile per i popoli oggi, è volere essere sovrani ed indipendenti a casa propria.
Come poi si è dipanato il processo rivoluzionario afgano non fa parte di questo scritto, occuperebbe tante altre pagine e lo rimando ad un successivo scritto specifico; la tragedia a tutt’oggi del popolo afgano la seguiamo ogni giorno sui telegiornali e sui giornali di tutto il mondo: un inferno a cielo aperto per tutti, da cui non si intravedono spiragli di soluzioni… meno che mai quelle militari, ma anche questo fa parte di un altro pezzo di storia, da affrontare in un specifico scritto.
Qui intendevo solo fare un atto di memoria storica ad uso non dei ceti politici o pacifisti di allora, ma ad uso delle nuove generazioni di giovani militanti della lotta per la pace e contro le guerre, che traggano dalle esperienze anche tragiche della storia e dei tentativi rivoluzionari di liberazione, emancipazione e progresso dei popoli, una lezione per non commettere gli stessi errori, ma anche per trovare energie e linfa per cercare di cambiare questo mondo di ingiustizie, oppressioni, guerre e morte che schiacciano tanti popoli e paesi, e che non possiamo evitare di vedere.
E allora rendiamo onore e dignità, a distanza di trent’anni alla Rivoluzione Democratica Afgana, perché la generosità di quei rivoluzionari (essenzialmente giovani e donne), di dare la vita per la causa del proprio popolo ed il loro tentativo, durato ben 14 anni, di cercare di cambiare la condizione oppressa del popolo afgano ed allo stesso tempo di resistere all’imperialismo, meritano di essere iscritti nella memoria storica del movimento operaio e comunista, e saranno utili alle nuove generazioni afgane rivoluzionarie, come insegnamento per la necessaria… liberazione del popolo afgano.
M. Najibullah, ultimo Presidente della RDA progressista, torturato ed ucciso dai “liberatori”
Quelle donne e uomini del lontano Afghanistan, sono stati e sono compagni e fratelli di tutti gli oppressi che in ogni angolo della terra lottano e muoiono, anche in questo istante, per la liberazione del proprio popolo e del proprio paese. Quindi anche nostri compagni. Non dimentichiamoli.
Essi avevano osato, altri oseranno. Essi hanno indicato la via, altri la riprenderanno.
“Chi non ha memoria non ha storia, chi non ha radici nella propria storia non ha futuro”
Enrico Vigna, Giugno 2008
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E un Afgano è andato pure sullo spazio in quei gloriosi anni 80, il compagno Abdul Ahad Momand nel 1988