Il santo sinodo comanda a tutti i vescovi e a quelli che hanno l’ufficio e l’incarico di insegnare, che - conforme all’uso della chiesa cattolica e apostolica, tramandato fin dai primi tempi della religione cristiana, al consenso dei santi padri e ai decreti dei sacri concilii, - prima di tutto istruiscano diligentemente i fedeli sull’intercessione dei santi, sulla loro invocazione, sull’onore dovuto alle reliquie, e sull’uso legittimo delle immagini, insegnando che i santi, regnando con Cristo, offrono a Dio le loro orazioni per gli uomini; che è cosa buona ed utile invocarli supplichevolmente e ricorrere alle loro orazioni, alla loro potenza e al loro aiuto, per impetrare da Dio i benefici, per mezzo del suo figlio Gesù Cristo, nostro signore, che è l’unico redentore e salvatore nostro; e che quelli, i quali affermano che i santi - che godono in cielo l’eterna felicità - non devono invocarsi o che essi non pregano per gli uomini o che l’invocarli, perché preghino anche per ciascuno di noi, debba dirsi idolatria, o che ciò è in disaccordo con la parola di Dio e si oppone all’onore del solo mediatore tra Dio e gli uomini, Gesù Cristo (405); o che è sciocco rivolgere le nostre suppliche con la voce o con la mente a quelli che regnano nel cielo, pensano empiamente.
Insegnino ancora diligentemente che i santi corpi dei martiri e degli altri che vivono con Cristo - un tempo membra vive di Cristo stesso e tempio dello Spirito santo (406) -, e che da lui saranno risuscitati per la vita eterna e glorificati, devono essere venerati dai fedeli, quei corpi, cioè, per mezzo dei quali vengono concessi da Dio agli uomini molti benefici. Perciò quelli che affermano che alle reliquie dei santi non si debba alcuna venerazione ed alcun onore; che esse ed altri resti sacri inutilmente vengono onorati dai fedeli; o che invano si frequentano i luoghi della loro memoria per ottenere il loro aiuto, sono assolutamente da condannarsi, come già da tempo la chiesa li ha condannati e li condanna ancora.
Inoltre le immagini di Cristo, della Vergine madre di Dio e degli altri santi devono essere tenute e conservate nelle chiese; ad esse si deve attribuire il dovuto onore e la venerazione: non certo perché si crede che vi sia in esse una qualche divinità o virtù, per cui debbano essere venerate; o perché si debba chiedere ad esse qualche cosa, o riporre fiducia nelle immagini, come un tempo facevano i pagani, che riponevano la loro speranza negli idoli, ma perché l’onore loro attribuito si riferisce ai prototipi, che esse rappresentano. Attraverso le immagini, dunque, che noi baciamo e dinanzi alle quali ci scopriamo e ci prostriamo, noi adoriamo Cristo e veneriamo i santi, di cui esse mostrano la somiglianza. Cosa già sancita dai decreti dei concili - specie da quelli del secondo concilio di Nicea - contro gli avversari delle sacre immagini.
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Nella invocazione dei santi, inoltre, nella venerazione delle reliquie e nell’uso sacro delle immagini sia bandita ogni superstizione, sia eliminata ogni turpe ricerca di denaro e sia evitata ogni licenza, in modo da non dipingere o adornare le immagini con procace bellezza. Così pure, i fedeli non approfittino delle celebrazioni dei santi e della visita alle reliquie per darsi all’abuso del mangiare e del bere, quasi che le feste dei santi debbano celebrarsi col lusso e la libertà morale. Da ultimo, in queste cose sia usata dai vescovi tanta diligenza e tanta cura, che niente appaia disordinato, niente fuori posto e rumoroso, niente profano, niente meno onesto: alla casa di Dio, infatti, si addice la santità.