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  1. #1
    Timeo Danaos et dona ferentes
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    Predefinito Perché il Sud è senza voce

    LA DISFATTA DI NAPOLI

    Perché il Sud è senza voce

    di Ernesto Galli della Loggia




    «Da capitale a prefettura »: con questa battuta del ministro Tremonti il direttore del Corriere del Mezzogiorno, Marco Demarco, ha titolato un suo editoriale di qualche giorno fa, riassumendo così in quattro parole il declino storico di Napoli, travolta dalla tragedia dei rifiuti e in pratica commissariata dal governo nazionale. Un declino a conferma del quale si può aggiungere un altro episodio, di portata certo assai minore ma, per chi conosce un po' di storia, di un valore simbolico pari se non addirittura maggiore rispetto alla vicenda dell'immondizia. E cioè che oggi è sì al governo, in qualità di sottosegretario, un erede della vecchia classe politica del centrosinistra che dominò Napoli negli anni '70 e '80, Vincenzo Scotti (l'unico: tutti gli altri intristiscono in una grigia irrilevanza), ma lo è solo perché «in quota Lombardo», come si dice, vale a dire unicamente perché sponsorizzato da quello che ormai è il vero e proprio viceré della Sicilia e un protagonista di prima fila della scena nazionale.
    Dunque Napoli messa sotto tutela non solo da Roma, e passi, ma costretta addirittura a rifugiarsi sotto l'ala protettrice di Palermo, sua antica rivale di sempre. Per il «rinascimento napoletano» sognato da Bassolino non si potrebbe immaginare epilogo più triste e paradossale. A ben vedere, però, insieme a Napoli è tutto il Mezzogiorno continentale — le due Isole, si sa, sono state sempre una cosa diversa— a far registrare da anni la propria assenza dal novero dei protagonisti della vita politica italiana, in non casuale concomitanza con la propria scomparsa dall'agenda politica del Paese. Quello che viviamo, si sa, è il tempo della «questione settentrionale ». Per la «questione meridionale » non c'è più spazio, non se ne sente più parlare da anni. E una volta scomparsa quella, sembrano aver perduto la propria voce pure il Meridione e i suoi gruppi dirigenti (politici e non) ridotti a contare sempre di meno.
    Perché le cose sono andate così? Non è facile dirlo, ma si può forse stabilire il punto di svolta. Fu tra la fine degli anni ’80 e l'inizio dei ’90, quando agli occhi degli italiani l'immagine del Mezzogiorno cessò d'identificarsi con quella di una miseria antica, e divenne quella del crimine organizzato. Fosse a causa del vasto malaffare campano legato al terremoto in Irpinia, fosse per effetto dello stragismo mafioso culminato nell'eliminazione di Lima, Falcone e Borsellino, fosse per la presenza negli ultimi governi Dc-Psi di un nugolo di ministri meridionali campioni di un clientelismo arrogante e dissipatore, sta di fatto che a un certo punto il Paese si convinse che nel Sud non era questione di soldi ma di altro. Il guaio è, però, che in una democrazia i soldi sono inevitabilmente il riassunto di tutti o quasi gli strumenti di governo a disposizione. Un regime democratico è portato sempre a credere che a risolvere ogni problema basti un' iniezione di denari; e ancora di più lo credono naturalmente i politici i quali quei soldi sono incaricati poi di spendere. Ma se il Mezzogiorno dimostra qualcosa è che i soldi, nel suo caso, non sono (non erano) affatto tutto: che contano forse anche di più la correttezza e la capacità amministrativa, la cultura civica, il senso della legalità e dello Stato, lo spirito d'iniziativa.
    Di tutto questo si convinse alla fine degli anni ’80-inizio ’90 l'opinione pubblica italiana. E decise perciò di smettere di rovesciare sul Sud il fiume di soldi che vi aveva rovesciato fino allora: in qualche modo di chiederne conto, anzi.

    Oggi ci appare abbastanza chiaro che la chiusura della Cassa del Mezzogiorno (1984), segnando l'inizio della fine delle grandi politiche di sostegno al cosiddetto sviluppo dell'Italia meridionale, ha segnato, al tempo stesso, pure l'inizio della fine del ruolo politico nazionale del Mezzogiorno stesso.

    Il fatto è che per decenni le sue classi dirigenti hanno tratto proprio dalla centralità ideologico-culturale della questione meridionale l'essenza del proprio profilo e del proprio ruolo politico sulla scena nazionale. Mentre la lotta per ottenere le conseguenti erogazioni di fondi e i modi di spenderli hanno definito in modo decisivo il cuore della loro funzione, nonché il trait-d'-union, tra il loro ruolo locale e quello romano.
    Agli inizi degli anni ’90, si diceva, tutto ciò è però venuto meno. Con la fine della cosiddetta Prima Repubblica il Sud si è trovato in certo senso politicamente nudo e si è accinto a uscire di scena.

    Le sue classi dirigenti avrebbero dovuto capire che, finita la «questione meridionale», restava loro forse una sola via per continuare a svolgere un ruolo realmente nazionale: e cioè prendere con forza la guida di una grande battaglia per la legge e l'ordine. La via della richiesta, non di più soldi, ma di più Stato: non lo Stato keynesiano bensì quello del monopolio della forza da invocare, magari, contro la propria stessa società. Ma era difficile trovare qualcuno con il coraggio per una simile scommessa; e infatti non si è trovato. A quel punto è stato giocoforza prendere atto che mentre il Nord aveva bene o male una sua idea d'Italia, una sua idea di dove il Paese dovesse andare, il Sud era mille miglia lontano dal potere o saper fare altrettanto. E si è visto anche— non a caso contemporaneamente— che l'ambizione dell'Italia settentrionale a svolgere un ruolo egemonico era capace di dotarsi degli strumenti politici adeguati.
    La Lega Nord e Forza Italia sono stati per l'appunto questi strumenti; mentre l'antica vocazione delle classi dirigenti siciliane, risalente al momento stesso dell'Unità, al 1860, a bypassare Napoli e il Mezzogiorno per mettersi direttamente d'accordo con l'Italia settentrionale, scriveva ora una nuova pagina all'insegna, questa volta, del comune orientamento a destra. La Napoli di oggi, sommersa dai rifiuti, decapitata politicamente, muta intellettualmente e incontrastata terra di caccia della camorra, è il simbolo di questo Sud assente, corpo ormai lontano da un'Italia lontana.
    29 maggio 2008


    tratto da http://www.corriere.it/editoriali/08...4f02aabc.shtml



    Probabilmente un'amara riflessione, ma per larga parte è una analisi condivisibile..

  2. #2
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    Citazione Originariamente Scritto da Sax78 Visualizza Messaggio
    LA DISFATTA DI NAPOLI

    Perché il Sud è senza voce

    di Ernesto Galli della Loggia




    «Da capitale a prefettura »: con questa battuta del ministro Tremonti il direttore del Corriere del Mezzogiorno, Marco Demarco, ha titolato un suo editoriale di qualche giorno fa, riassumendo così in quattro parole il declino storico di Napoli, travolta dalla tragedia dei rifiuti e in pratica commissariata dal governo nazionale. Un declino a conferma del quale si può aggiungere un altro episodio, di portata certo assai minore ma, per chi conosce un po' di storia, di un valore simbolico pari se non addirittura maggiore rispetto alla vicenda dell'immondizia. E cioè che oggi è sì al governo, in qualità di sottosegretario, un erede della vecchia classe politica del centrosinistra che dominò Napoli negli anni '70 e '80, Vincenzo Scotti (l'unico: tutti gli altri intristiscono in una grigia irrilevanza), ma lo è solo perché «in quota Lombardo», come si dice, vale a dire unicamente perché sponsorizzato da quello che ormai è il vero e proprio viceré della Sicilia e un protagonista di prima fila della scena nazionale.
    Dunque Napoli messa sotto tutela non solo da Roma, e passi, ma costretta addirittura a rifugiarsi sotto l'ala protettrice di Palermo, sua antica rivale di sempre. Per il «rinascimento napoletano» sognato da Bassolino non si potrebbe immaginare epilogo più triste e paradossale. A ben vedere, però, insieme a Napoli è tutto il Mezzogiorno continentale — le due Isole, si sa, sono state sempre una cosa diversa— a far registrare da anni la propria assenza dal novero dei protagonisti della vita politica italiana, in non casuale concomitanza con la propria scomparsa dall'agenda politica del Paese. Quello che viviamo, si sa, è il tempo della «questione settentrionale ». Per la «questione meridionale » non c'è più spazio, non se ne sente più parlare da anni. E una volta scomparsa quella, sembrano aver perduto la propria voce pure il Meridione e i suoi gruppi dirigenti (politici e non) ridotti a contare sempre di meno.
    Perché le cose sono andate così? Non è facile dirlo, ma si può forse stabilire il punto di svolta. Fu tra la fine degli anni ’80 e l'inizio dei ’90, quando agli occhi degli italiani l'immagine del Mezzogiorno cessò d'identificarsi con quella di una miseria antica, e divenne quella del crimine organizzato. Fosse a causa del vasto malaffare campano legato al terremoto in Irpinia, fosse per effetto dello stragismo mafioso culminato nell'eliminazione di Lima, Falcone e Borsellino, fosse per la presenza negli ultimi governi Dc-Psi di un nugolo di ministri meridionali campioni di un clientelismo arrogante e dissipatore, sta di fatto che a un certo punto il Paese si convinse che nel Sud non era questione di soldi ma di altro. Il guaio è, però, che in una democrazia i soldi sono inevitabilmente il riassunto di tutti o quasi gli strumenti di governo a disposizione. Un regime democratico è portato sempre a credere che a risolvere ogni problema basti un' iniezione di denari; e ancora di più lo credono naturalmente i politici i quali quei soldi sono incaricati poi di spendere. Ma se il Mezzogiorno dimostra qualcosa è che i soldi, nel suo caso, non sono (non erano) affatto tutto: che contano forse anche di più la correttezza e la capacità amministrativa, la cultura civica, il senso della legalità e dello Stato, lo spirito d'iniziativa.
    Di tutto questo si convinse alla fine degli anni ’80-inizio ’90 l'opinione pubblica italiana. E decise perciò di smettere di rovesciare sul Sud il fiume di soldi che vi aveva rovesciato fino allora: in qualche modo di chiederne conto, anzi.

    Oggi ci appare abbastanza chiaro che la chiusura della Cassa del Mezzogiorno (1984), segnando l'inizio della fine delle grandi politiche di sostegno al cosiddetto sviluppo dell'Italia meridionale, ha segnato, al tempo stesso, pure l'inizio della fine del ruolo politico nazionale del Mezzogiorno stesso.

    Il fatto è che per decenni le sue classi dirigenti hanno tratto proprio dalla centralità ideologico-culturale della questione meridionale l'essenza del proprio profilo e del proprio ruolo politico sulla scena nazionale. Mentre la lotta per ottenere le conseguenti erogazioni di fondi e i modi di spenderli hanno definito in modo decisivo il cuore della loro funzione, nonché il trait-d'-union, tra il loro ruolo locale e quello romano.
    Agli inizi degli anni ’90, si diceva, tutto ciò è però venuto meno. Con la fine della cosiddetta Prima Repubblica il Sud si è trovato in certo senso politicamente nudo e si è accinto a uscire di scena.

    Le sue classi dirigenti avrebbero dovuto capire che, finita la «questione meridionale», restava loro forse una sola via per continuare a svolgere un ruolo realmente nazionale: e cioè prendere con forza la guida di una grande battaglia per la legge e l'ordine. La via della richiesta, non di più soldi, ma di più Stato: non lo Stato keynesiano bensì quello del monopolio della forza da invocare, magari, contro la propria stessa società. Ma era difficile trovare qualcuno con il coraggio per una simile scommessa; e infatti non si è trovato. A quel punto è stato giocoforza prendere atto che mentre il Nord aveva bene o male una sua idea d'Italia, una sua idea di dove il Paese dovesse andare, il Sud era mille miglia lontano dal potere o saper fare altrettanto. E si è visto anche— non a caso contemporaneamente— che l'ambizione dell'Italia settentrionale a svolgere un ruolo egemonico era capace di dotarsi degli strumenti politici adeguati.
    La Lega Nord e Forza Italia sono stati per l'appunto questi strumenti; mentre l'antica vocazione delle classi dirigenti siciliane, risalente al momento stesso dell'Unità, al 1860, a bypassare Napoli e il Mezzogiorno per mettersi direttamente d'accordo con l'Italia settentrionale, scriveva ora una nuova pagina all'insegna, questa volta, del comune orientamento a destra. La Napoli di oggi, sommersa dai rifiuti, decapitata politicamente, muta intellettualmente e incontrastata terra di caccia della camorra, è il simbolo di questo Sud assente, corpo ormai lontano da un'Italia lontana.
    29 maggio 2008


    tratto da http://www.corriere.it/editoriali/08...4f02aabc.shtml



    Probabilmente un'amara riflessione, ma per larga parte è una analisi condivisibile..
    il sud deve liberarsi dell'italia!
    http://it.youtube.com/watch?v=H111zbvbcnY&feature=email

  3. #3
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    il sud è senza voce soprattutto perchè è senza soldi.
    da 40 anni sopravvive vendendo le poche cose che ha, come il voto, clienterizzato come non mai.
    la cosa che più colpisce oggi sono le moltitudini meridionali che votano anche i "leghisti" che li disprezzano da sempre (anche oggi a telecamere spente...).
    nel 94 berlusconi dovette inventarsi una doppia alleanza perchè al sud non avrebbero mai votato un'alleanza con bossi.
    14 anni dopo non ha avuto più bisogno neanche di fingere...

  4. #4
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    Citazione Originariamente Scritto da Sax78 Visualizza Messaggio
    LA DISFATTA DI NAPOLI

    Perché il Sud è senza voce

    di Ernesto Galli della Loggia


    Con la fine della cosiddetta Prima Repubblica il Sud si è trovato in certo senso politicamente nudo e si è accinto a uscire di scena.

    A quel punto è stato giocoforza prendere atto che mentre il Nord aveva bene o male una sua idea d'Italia, una sua idea di dove il Paese dovesse andare, il Sud era mille miglia lontano dal potere o saper fare altrettanto. E si è visto anche— non a caso contemporaneamente— che l'ambizione dell'Italia settentrionale a svolgere un ruolo egemonico era capace di dotarsi degli strumenti politici adeguati.
    La Lega Nord e Forza Italia sono stati per l'appunto questi strumenti;
    29 maggio 2008


    tratto da http://www.corriere.it/editoriali/08...4f02aabc.shtml



    Probabilmente un'amara riflessione, ma per larga parte è una analisi condivisibile..
    si è visto dove ci ha portato l'idea di Italia della lega e forza mafia, che si può riassumere nel motto "poche idee e sbagliate".
    se ci troviamo in questa situazione è proprio perchè dagli anni 90 l'Italia è governata da una scadente e affaristica classe dirigente del nord. non c'è più l'equilibrio naturale dei grandi partiti storici come la dc il pci e il psi, che tante colpe hanno avuto, ma non quella di non avere una idea d'Italia.
    io mi chiedo, e chiedo a voi: se il problema dei rifiuti fosse scoppiato a milano (come 15 anni fa), berlusconi avrebbe fatto quelle vergognose minacce? avrebbe fatto quel vergognoso decreto? non è forse formigoni che ha rotto la solidarietà nazionale rifiutando aiuto a napoli? quando invece 15 anni fa la spazzatura di milano fu portata nelle discariche del sud.
    la verità è che per quella gente siamo solo un bacino di voti da sfruttare a ogni elezione, niente di più. infatti uno dei primi provvedimenti del governo è stato quello di finanziare il taglio dell'ici a spese delle infrastrutture di sicilia e calabria. dopo le elezioni ritorniasmo a essere i soliti terroni piagnoni.

    ps: galli della loggia non capisce niente, non ha mai capito niente di questo paese.

  5. #5
    Timeo Danaos et dona ferentes
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    Predefinito !!

    Citazione Originariamente Scritto da catilina71 Visualizza Messaggio
    si è visto dove ci ha portato l'idea di Italia della lega e forza mafia, che si può riassumere nel motto "poche idee e sbagliate".
    se ci troviamo in questa situazione è proprio perchè dagli anni 90 l'Italia è governata da una scadente e affaristica classe dirigente del nord. non c'è più l'equilibrio naturale dei grandi partiti storici come la dc il pci e il psi, che tante colpe hanno avuto, ma non quella di non avere una idea d'Italia.
    Certo che non sò se imputare tutto a lega e forza mafia tanto per citarti, sia oggettivamente corretto, ma sicuramente non hanno certo lavorato per risolvere i problemi, caso mai per allontanarli geograficamente
    Ma il vero punto è l'iIDEA di ITALIA!! che assume sempre più la forma di una sola regione che preferisce andare da sola, o caso mai accompagnata da poche ricche regioni, le altre come corpi estranei ormai non più utili..
    non capaci di fornire come in passato manovalanza a basso costo e basse pretese sociali..


    Citazione Originariamente Scritto da catilina71 Visualizza Messaggio
    io mi chiedo, e chiedo a voi: se il problema dei rifiuti fosse scoppiato a milano (come 15 anni fa), berlusconi avrebbe fatto quelle vergognose minacce? avrebbe fatto quel vergognoso decreto? non è forse formigoni che ha rotto la solidarietà nazionale rifiutando aiuto a napoli? quando invece 15 anni fa la spazzatura di milano fu portata nelle discariche del sud.
    la memoria di molti è corta, e la solidarietà la si pretende ma non sempre si ricambia..

    Citazione Originariamente Scritto da catilina71 Visualizza Messaggio
    la verità è che per quella gente siamo solo un bacino di voti da sfruttare a ogni elezione, niente di più. infatti uno dei primi provvedimenti del governo è stato quello di finanziare il taglio dell'ici a spese delle infrastrutture di sicilia e calabria. dopo le elezioni ritorniasmo a essere i soliti terroni piagnoni.

    piagnoni forse no... ma incazzi quanto fessi sicuro

    Citazione Originariamente Scritto da catilina71 Visualizza Messaggio
    ps: galli della loggia non capisce niente, non ha mai capito niente di questo paese.
    può darsi, ma buona parte dell'analisi è questa volta condivisibile, sopratutto quandi si riferisce ad una classe politica e dirigente sempre meno efficace nel risolvere i problemi, sebbene dimentichi che quella odierna punti ormai a distaccare e non risolvere i problemi
    ed inizi a farlo sul piano economico-finanziario, prima che territoriale

  6. #6
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    Citazione Originariamente Scritto da Sax78 Visualizza Messaggio
    Certo che non sò se imputare tutto a lega e forza mafia tanto per citarti, sia oggettivamente corretto, ma sicuramente non hanno certo lavorato per risolvere i problemi, caso mai per allontanarli geograficamente
    Ma il vero punto è l'iIDEA di ITALIA!! che assume sempre più la forma di una sola regione che preferisce andare da sola, o caso mai accompagnata da poche ricche regioni, le altre come corpi estranei ormai non più utili..
    non capaci di fornire come in passato manovalanza a basso costo e basse pretese sociali..




    la memoria di molti è corta, e la solidarietà la si pretende ma non sempre si ricambia..




    piagnoni forse no... ma incazzi quanto fessi sicuro



    può darsi, ma buona parte dell'analisi è questa volta condivisibile, sopratutto quandi si riferisce ad una classe politica e dirigente sempre meno efficace nel risolvere i problemi, sebbene dimentichi che quella odierna punti ormai a distaccare e non risolvere i problemi
    ed inizi a farlo sul piano economico-finanziario, prima che territoriale
    l'unica cosa condivisibile è appunto la critica alla classe dirigente, ma l'analisi di galli della loggia si fonda esclusivamente sui soliti pregiudizi. come al solito questi commentatori cercano di basare le loro analisi su un pregiudizio di tipo "antropologico", i terroni sono fatti così tanto per intenderci, ma non riescono a scavare nelle ragioni storiche, anzi forse non lo vogliono fare. in fondo in base a uno speculare pregiudizio "antropologico" credono di essere la parte sana del paese, mentre noi saremmo appunto la parte malata.

  7. #7
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    Citazione Originariamente Scritto da catilina71 Visualizza Messaggio
    l'unica cosa condivisibile è appunto la critica alla classe dirigente, ma l'analisi di galli della loggia si fonda esclusivamente sui soliti pregiudizi. come al solito questi commentatori cercano di basare le loro analisi su un pregiudizio di tipo "antropologico", i terroni sono fatti così tanto per intenderci, ma non riescono a scavare nelle ragioni storiche, anzi forse non lo vogliono fare. in fondo in base a uno speculare pregiudizio "antropologico" credono di essere la parte sana del paese, mentre noi saremmo appunto la parte malata.
    Hai mai pensato ad un pregidizio che non sia nato da elemento atropologico, e che poi non sia sfociato in puro razzismo..
    forse perchè ne è la base

  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da catilina71 Visualizza Messaggio
    si è visto dove ci ha portato l'idea di Italia della lega e forza mafia, che si può riassumere nel motto "poche idee e sbagliate".
    se ci troviamo in questa situazione è proprio perchè dagli anni 90 l'Italia è governata da una scadente e affaristica classe dirigente del nord. non c'è più l'equilibrio naturale dei grandi partiti storici come la dc il pci e il psi, che tante colpe hanno avuto, ma non quella di non avere una idea d'Italia.
    io mi chiedo, e chiedo a voi: se il problema dei rifiuti fosse scoppiato a milano (come 15 anni fa), berlusconi avrebbe fatto quelle vergognose minacce? avrebbe fatto quel vergognoso decreto? non è forse formigoni che ha rotto la solidarietà nazionale rifiutando aiuto a napoli? quando invece 15 anni fa la spazzatura di milano fu portata nelle discariche del sud.
    la verità è che per quella gente siamo solo un bacino di voti da sfruttare a ogni elezione, niente di più. infatti uno dei primi provvedimenti del governo è stato quello di finanziare il taglio dell'ici a spese delle infrastrutture di sicilia e calabria. dopo le elezioni ritorniasmo a essere i soliti terroni piagnoni.

    ps: galli della loggia non capisce niente, non ha mai capito niente di questo paese.
    ...." l'equilibrio naturale dei grandi partiti storici come la dc il psi el pci....."
    Cazzarola , ma non ti ha detto niente mamma ?
    I partiti che tu citi , cioè la famigerata partitocrazia , assieme alla sindacatocrazia hanno creato il secondo debito pubblico del mondo , trasformato la scuola in una fabbrica di ignoranti , lasciato che la criminalità organizzata controllasse 3 o 4 regioni e così via....
    Nessuno ti ha mai detto che i problemi gravissimi di oggi sono stati creati in quegli anni ?

  9. #9
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    In passato, ho sempre fondato alcuni miei interventi sulla base di mie osservazioni di ciò che avviene in natura, in quanto l'uomo e la nostra società sono elementi della natura stessa.
    Utilizzando la metafora della zecca (ospite parassita) e del cane (ospitante, produttore di sostentamento per la zecca) si può tranquillamente affermare che il nostro meridione è come un cane invaso da zecche. Non credo che, su questo pianeta, ci siano veterinari stolti che abbatterebbero il cane per risolvere il problema dei parassiti. Ma la classe politica italiana ha dimostrato di essere incapace di curare il cane (meridione) preferendo la sua agonia fino alla morte e, allo stesso tempo, salvare qualche zecca (parassita) temendo l'estinzione della specie parassitaria di cui la classe dirigente politica italiana è figlia.

  10. #10
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    - Chi agricoltore attento impianterebbe una coltura in un campo di cui, già a priori, sa che quel campo è infestato da cavallette ? -
    Se l'agricoltore intelligente, lungimirante, con spiccate capacità manageriale, sa che da quel campo potrà trarre ingenti profitti, ebbene, egli mette in campo qualunque mezzo per disinfestare il terreno dalle cavallette ed impiantare la sua coltura.
    Ritenete che la classe politica italiana abbia capito il senso di questa metafora ?
    Dopo anni di declino del nostro Sud, ritengo che qualsiasi classe politica che abbia governato il nostro Paese, dirigenti del Sud, ma soprattutto dell' "emancipato" Nord, sia stata ben rappresentata dalle cavallete.

 

 
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