Recensione: “IL MISTERO DELLO YETI” di Attilio Mordini, ed. IL FALCO
Ci è stato dato da leggere di Attilio Mordini un saggio molto interessante, Il mistero dello yeti alla luce della tradizione biblica. A dispetto di un facile sorriso che un argomento di tal genere potrebbe suscitare in coloro che sono stati più o meno influenzati da certe rappresentazione fantastiche, le osservazioni del Mordini sono degne invece della massima attenzione.
Prendendo spunto dalla lettura di un articolo di giornale su una testimonianza di Tse Ten-Taschi, cercatore di orchidee, e del suo avvistamento di uno yeti nei boschi dell’Himalaya, l’autore si domanda: «può darsi una maledizione divina così radicale, così totale da cancellare quasi del tutto l’immagine dal volto e dall’anima umana, che sia in qualche modo menzionata, o perlomeno sottintesa o implicitamente contenuta – ma sempre, in un certo senso, ben evidente – nella Sacra Scrittura?». Da qui il Mordini analizza alcuni passaggi del Genesi soprattutto quelli riguardanti, da una parte, la discendenza dei figli di Dio (Set, Enosh, Kenan fino a Noè, e con essi i loro «figli e figlie») e dall’altra la genealogia maledetta da Dio dei Cainiti (Henoch, Irad fino a Tubal-Kain e Naama). I primi sono quanto costituisce propriamente la discendenza spirituale, appunto i figli di Dio, i quali si tramandano il nome dell’Altissimo nel culto e nell’invocazione, i secondi invece, opposti ai patriarchi, sono le genti della ribellione e della violenza, non più massa anonima («figli e figlie») come quella travolta nella sua ignoranza di Dio dal Diluvio Universale, ma vera e propria antitesi controiniziatica, parallela e analoga per inversione ai discendenti di Set, di Enosh e di Henoch. Il grado di allontanamento dalla somiglianza e dall’immagine dell’uomo con Dio, nei figli della maledizione è massima. Se infatti per i figli degli uomini dopo il Diluvio Universale vi è ancora rinascita in Noè, novella Alleanza con Dio, per i figli di Caino la maledizione si protrae con Naama persino oltre il Diluvio.
Lasciamo al lettore interessato approfondire gli sviluppi del Mordini (in particolar modo quanto attiene alla “terra”); da parte nostra sottolineiamo la stretta relazione della società contemporanea con le caratteristiche e le funzioni proprie della discendenza di Caino: si dice infatti nella Bibbia che fu proprio Caino a fondare la prima città mentre Jabel fu capostipite dei pastori ma non più nel senso ieratico di sacerdozio e regalità della pastorizia (Abele, uomo libero dalla terra) bensì nel senso deteriore di arte servile propria di un popolo nomade e senza requie. Poi Jubal, padre dei suonatori di cetra e flauto, fondatori dell’arte magica capace di incantare quella massa quantitativa che priva del nome di Dio, mangia e beve e non si accorge di nulla fin quando viene il Diluvio; e infine Tubal-Kain, «l’uomo che non potendosi più volgere alla terra, al suolo, per ricevere i frutti («anche se la lavorerai non ti darà che triboli»), si volge al sottosuolo, alle viscere della terra, per cavarne i metalli», cioè al mondo infero.
In definitiva non possiamo che consigliare vivamente la lettura di questo breve saggio a chiunque si interessi di Tradizione.