Su Israele, parla Khamenei

Maurizio Blondet 2008 Nessuno cancellerà Israele dalla carta geografica. Si cancellerà da sè, perchè già oggi non può vivere senza aiuto dall’esterno. Così ha detto Ali Khamenei, la massima autorità del regime iraniano, in un’allocuzione tenuta davanti a migliaia di seguaci, ma anche ambasciatori, politici e dignitari, davanti alla tomba dell’ayatollah Khomeini, di cui ricorre il 19 anniversario dalla morte (1). Le frasi della «Guida Suprema» della rivoluzione iraniana possono servire da interpretazione autentica delle criticate frasi di Ahmadinejad.

A proposito di Israele, Khamenei ha detto: «Sta in piedi per due motivi. Uno è lo spregevole sostegno che riceve incondizionatamente dagli Stati Uniti; l’altro motivo è che i Paesi arabi e islamici non aiutano il popolo palestinese. Israele è una contraffazione artificiale, uno Stato imposto sulla regione, e se i Paesi arabi e islamici sostenessero la nazione palestinese, le circostanze nel Medio Oriente cambieranno completamente».

Quanto al programma nucleare iraniano, Khamenei ha detto: «La nostra nazione non arretrerà un passo davanti alla prepotenza USA». Ed ha aggiunto: «Gli USA e i suoi alleati sono ben disposti a trasferire tecnologia nucleare a Paesi con competenza tecnologica molto inferiore alla nostra, ma rifiutano di accettare il nostro diritto a questo, e ci accusano continuamente di volere una bomba atomica. Noi abbiamo detto e ripetuto che non cerchiamo di avere una bomba. Ma poichè siamo riusciti a darci la nostra propria tecnologia nucleare, senza dipendere da loro per questo, ci accusano di volere la bomba. Purchè tu sia dipendente da loro nel campo nucleare, a loro non importa che tu abbia armi atomiche; ma essi sanno che la nazione iraniana è riuscita a darsi una tecnologia nucleare per scopi pacifici senza dipendere da loro. Ecco perchè ci sono contro».

Ha aggiunto: «Il presidente americano e il suo governo ricorrono a volte alla guerra psicologica, a volte al terrorismo, e a volte implorano aiuto dalla nazione iraniana. Sono confusi a causa del loro fallimento in Afghanistan e in Iraq».

E’ un’allusione alle trattative informali condotte dagli americani per ottenere un aiuto dall’Iran a calmare la situazione in Iraq, trattative che sono state aperte mentre la Casa Bianca continuava l’offensiva e le minacce contro Teheran. Minacce non solo verbali: gli autori di un attentato in una moschea di Shiraz avvenuto in aprile, che ha fatto 13 vittime, hanno confessato di essere stati pagati e addestrati da servizi USA e israeliani (2). Di qui l’allusione al terrorismo da parte dell’ayatollah.

«Oggi una guerra fredda è in corso contro la rivoluzione islamica», ha detto l’ayatollah, «ed è scatenata da potenze arroganti in ogni aspetto della vita. Nel campo culturale i nemici vogliono minare la determinazione della nostra nazione, specialmente della nostra gioventù, diffondendo la tossicodipendenza e la corruzione morale fra la giovane generazione. Ogni membro della società deve lottare contro la tossicodipendenza e la depravazione, perchè i giovani devono dirigere le loro energie verso l’innovazione e il progresso scientifico».

Khamenei ha però dedicato la più gran parte del suo discorso alla situazione interna dell’Iran, dove le difficoltà economiche e la corruzione degli alti gradi rivoluzionari, al potere da 30 anni, hanno sicuramente alienato dal regime la gioventù, almeno quella urbana della capitale (e metà della popolazione iraniana ha meno di 17 anni). E’ sembrato rispondere a richieste di riforme di un regime invecchiato.

Lo ha fatto in questi termini: «La rivoluzione islamica è Islam, come la religione è onnicomprensiva. E’ insieme politica, sociale, culturale, religiosa, e questo è il segreto della sua durata. Nessuno ha il diritto di ignorare o separare una parte dei valori della rivoluzione islamica, solo perchè le circostanze nel mondo sono cambiate. Nessuno ha il diritto di dimenticare il carattere anti-dispotico e anti-forze estranee della rivoluzione, o ignorare i valori religioni della rivoluzione. La rivoluzione è viva con tutte le sue parole d’ordine. Questa rivoluzione appartiene a tutti i ceti sociali e non è esclusiva di uno strato sociale specifico».

Frattanto il ministro della Difesa saudita, principe Sultan bin Abdul Aziz, ha fatto una dichiarazione sorprendente al giornale spagnolo ABC: «L’Arabia Saudita riafferma l’importanza che non ci siano armi atomiche nella regione, Golfo compreso. Ma ogni Stato ha il diritto di possedere tecnologia nucleare per scopi pacifici», in chiaro riferimento all’Iran. Ad una domanda sulle relazioni con Israele, il ministro saudita ha risposto: «Il successo di ogni sforzo di pace dipende esclusivamente dagli israeliani. Gli Stati arabi non possono fare di più» (3).

A Baghdad intanto, il governo iracheno ha firmato con gli USA un accordo militare, in base al quale gli americani si danno il diritto di attaccare dal territorio iracheno ogni altro Paese che considerino «una minaccia». L’attacco all’Iran può dunque partire da basi assai vicine. Nell’accordo, infatti, gli americani si sono presi il diritto di mantenere basi permanenti: fra cui la base Abi Bin Talib presso Nassiryia e la base Balad, entrambe a ridosso del confine iraniano, oltre alla base militare Al Asad, vicina al confine con la Siria (4).