"Io sono invisibile. Sono invisibile semplicemente perché la gente si rifiuta di vedermi"
Cosi inizia il libro, questo post ne prende a prestito il titolo, uscito nel 1953 in America scritto da un afroamericano di nome Ralph Ellison.
E' la storia di un operaio nero nella New York degli anni 40, alle prese con l' ostinata cecità della società americana di quei tempi verso i neri.
Il protagonista non ha nome, è un lavoratore come ce ne sono tanti.
La sua invisibilità è quella di tutti i neri degli USA. Umiliati, sfruttati, adoperati in questa o quella occasione, ma negati nella loro essenza di uomini e perciò "invisibili" nella folla.
Mi son ricordato del libro ascoltando alla radio l' ex sindaco leghista di Treviso, Gentilini, vantarsi di aver risolto uno dei problemi che maggiormente angustiavano la cittadinanza facendo togliere le panchine dai giardini pubblici, perché abituale ritrovo di immigrati.
Giacché pare sia questo ciò che mette a disagio molti nostri connazionali. Non tanto la criminalità quanto la semplice presenza, ai giardini o in piazza, degli stranieri. I quali ci sono indispensabili, su questo concorda anche Gentilini, ma poi a fine lavoro dovrebbero sparire, rendersi invisibili.
Guai poi a chiedere la costruzione di una moschea, l' apertura di una libreria o ristorante indiano, o l' autorizzazione a festeggiare il capodanno cinese con una sfilata in centro.
Tutte manifestazioni cultural religiose che farebbero perdere l' identità ai leghisti. I quali si troverebbero a disagio nella loro stessa città, non riconoscendola più cosi cambiata.
Si alla multietnicità no alla multiculturalità. E' questa infatti l' ultima trovata, l' ultima parola d' ordine dei sodali dell' ex sindaco. In altre parole: facciamoli entrare, ma solo quelli disposti a non manifestare, meglio se a rinnegare, la loro cultura.
Le camicie verdi potrebbero "stranirsi", non trovando più la via di casa.
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