Ne scrivete?
Ne scrivete?
Gli Arya seggono ancora al picco dell'avvoltoio.
Diciamo di si...vai qui: http://forum.politicainrete.net/grou...2-il-cafe.html
Ultima modifica di Strapaesano; 20-04-10 alle 20:56
"Non posso lasciarti né obliarti: / il mondo perderebbe i colori / ammutolirebbero per sempre nel buio della notte / le canzoni pazze, le favole pazze". (V. Solov'ev)
Postiamo le nostre scemenze:
Avrei voluto scriver qualcosa
sull'essenza ridicola dei nostri tempi
poi ci ripensai fugace:
proprio non posso parlare coi dementi.
Gli Arya seggono ancora al picco dell'avvoltoio.
Banchetto di gran lusso
tra l'aristocrazia ellenica,
al povero pazzo Diogene
scagliarono un osso.
Come un cane lo trattarono,
sicché lui gli pisciò addosso.
Gli Arya seggono ancora al picco dell'avvoltoio.
Una foglia di banano sopra
I geta nuovi di kiri sotto
Karankoron
La pioggia fredda batte il mio passo
Cercai in ogni dove un porto sicuro
Cercai dappertutto un felice approdo
Un riparo per la mia nave, un rifugio per me stesso
me, inconsapevole mare in tempesta:
La mia nave va a fondo.
Ultima modifica di Strapaesano; 21-04-10 alle 23:49
"Non posso lasciarti né obliarti: / il mondo perderebbe i colori / ammutolirebbero per sempre nel buio della notte / le canzoni pazze, le favole pazze". (V. Solov'ev)
La Venere del Belbo
Un’ode di Vanni Fucci
Dalla vetta di questa fertile Langa
tu, sola bellezza,
mirasti le acque del tuo mare latino
e le italiche sponde
ove s’infransero la spuma
e le onde
che ti generarono.
Tu, Venere del Belbo,
che turbi e rendi lieti i pensieri
di questo misero cantore
che solo ti vide,
unico ti riconobbe
e che ora, umile aedo,
ha la ventura di narrare di te.
Ancora animati dal ricordo
dei tuoi primi candidi passi
sono i sentieri
e i verdi prati scoscesi
di questi colli,
fedeli al silenzio,
che percorresti vergine fanciulla.
In quell’erba giacevi la notte.
E avvolti il tuo viso e il tuo corpo,
avvinti e sedotti da te,
della tua ciocca di pube di dea,
sembianza si fecero,
quei cespi, quei ciuffi.
Dalla tua trascorsa
e leggiadra stagione
quei campi così trassero
e godono oggi
eterna e ampia fecondità.
Ma non quella delle sabbie di Cipro,
ove abbandonasti
la tua magica bianca conchiglia.
Là, sorsero delicati fiori variopinti.
Là, le figlie di Temi, le Ore,
attirate prima da quegl’improvvisi colori
riflessi nel tiepido vento
e abbagliate poi dalle tue tenere grazie,
mentre tu innocente e serena
sorridevi,
s’affrettarono a ricoprirti.
Qui, su questa aspra terra,
che già si predisponeva al duro lavoro,
dissetata nel tempo
anche dalle gocce del sudore
del forte uomo di Langa,
mite durante la fatica,
curvo,
e armato solo del vomere di legno
e d’acciaio
tratto dall’amato pio bove,
ad onorarti,
di nuovo finalmente spoglia
di quel casto velo
nella tua nuda immutabile bellezza,
sorse, garbata e gentile,
la pianta del nocciolo.
Tu, commossa, vedendolo
non riuscisti a trattenere le lacrime.
Qui, soave piangesti.
E da quella trasparente linfa di dea
caduta a terra
nacque il torrente il cui nome
scegliesti di portare
accanto al tuo,
Venere del Belbo.
12/2007
'Vorrei morire abbarbicato alle Pleiadi'
Distruggimi oh alba potente
Distruggimi oh sole nascente
Distruggimi luna calante
Distruggimi fuoco cocente
So che sono io l'abisso dove la terra trema
So che sono io il maremoto che affonda le mie navi
So che sono io la folgore che mi devasta
Il terrore che non mi basta
Io ombra nefasta
Dei miei giorni
Fonte di dolore
Sorgente di vergona
Ripudio d'ogni scienza
Padre d'incoscienza
Cielo che bruneggia
ramo inaridito
Folle viandante dai passi solinghi
Io che vorrei morire abbarbicato alle Pleiadi.
"Non posso lasciarti né obliarti: / il mondo perderebbe i colori / ammutolirebbero per sempre nel buio della notte / le canzoni pazze, le favole pazze". (V. Solov'ev)
Volerait jeunesse la pomme interdite, si savait
Volerait-elle vieillesse, si pouvait
Sur la branche la plus haute du pommier elle attendra
Jusqu' à la fin de notre temps corporel
Ninfea
Vite intrecciate nel riflesso dei tuoi occhi si compongono
Vite incomprese nelle pause dei tuoi respiri si perdono
Vite sospese l’infinito attendono
Vite avvinghiate oltre ogni limite estendono
Qual segreto mistero governa il sentire!
Come verde ninfea il mio pensare fiorisce
Calme acque ne cullano il moto e tra le impazienti dita l’esistenza rinasce
Ultima modifica di Edmond Dantés; 24-08-10 alle 18:56
"Due cose hanno soddisfatto la mia mente con nuova e crescente ammirazione e soggezione e hanno occupato persistentemente il mio pensiero: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me" (Immanuel Kant)