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  1. #21
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    Citazione Originariamente Scritto da Apostata_tv83 Visualizza Messaggio
    Nella sua forma contrattuale però deve sottostare alla legge umana.
    Questo è l'errore di Voltaire e degli illuministi del '700; è l'errore di Giuseppe II d'Austria con la sua Patente matrimoniale.
    No. L'aspetto contrattuale, nel sacramento del matrimonio, è talmente compenetrato nell'elemento sacramentale che non è possibile scindere l'uno dall'altro ed inevitabilmente una pronuncia di validità sul contratto ha delle inevitabili ripercussioni pure sul sacramento. Il matrimonio, forse più di altri sacramenti, nasce dalla felice unione dell'elemento umano (il contratto) con l'elemento divino (il sacramento, appunto). Non a caso il codice di diritto canonico parla di "patto matrimoniale" che è stato elevato da Cristo alla dignità di sacramento (can. 1055 § 1).

    La famiglia viene in essere quando (a differenza dei bocciofili) il fine è di sostenersi vicendevolmente nella vita quotidiana, nel convivere nella stessa casa, nel mettere in comune beni o trasferirseli in caso di decesso al fine di sostenere il partner, tutto cementato da un rapporto affettivo d'amore, cioé un insieme di desiderio per l'altra persona. Che sia sessuale o meno non dovrebbe riguardare il C.C.
    Un po' debole come elemento discriminante quello da te indicato: a questo punto, cosa la differenzia, ad es., da un'associazione di mutuo soccorso o mutuo aiuto?
    Quanto all'elemento affettivo, dovresti sapere - se conosci l'antichità romana - che già gli antichi giuristi romani (pagani) sapevano che non è l'amore, l'affectio, ciò che costituisce il matrimonio: non amor facit nuptias, dicevano, sed consensus. Ed infatti questo concetto è stato ripreso pari pari nel diritto canonico, tant'è che nella Chiesa si valorizza al massimo il consenso dei nubendi e la loro libertà nell'esprimere questo consenso.

  2. #22
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    Citazione Originariamente Scritto da Eugenius Visualizza Messaggio
    Fine "co-primario".

    Di solito ho sempre sentito parlare di fine secondario, però devo dire che questa terminologia è forse più chiara della parola secondario.
    Da un lato c'è da dire che il fine co-primario è subordinato al fine primario, la particella "co" rende bene l'idea. Dall'altra c'è anche da dire questo:

    http://www.totustuus.biz/users/tyn/famiglia.htm

    Forse la particella "co" rende bene il concetto.
    Augustinus, dove hai trovato tale terminologia?
    E' una terminologia abitualmente in uso nella canonistica, anche se io, come tradizionalista, preferisco il termine "secondario". La particella "co", non esprime secondarietà o subordinazione, ma stessa dignità, pari livello.

    Se l'80% dei Matrimoni attualmente celebrati è invalido perché rimproverare la facilità con cui vengono concesse le sentenze di nullità? Se la percentuale è così alta, allora il giudice potrebbe davvero essere tentato di propendere per la nullità.
    Beh ... il problema è sempre quello: discernere l'uso rispetto all'abuso.

  3. #23
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    La particella "co", non esprime secondarietà o subordinazione, ma stessa dignità, pari livello.
    Sicuro? Mi viene in mente per esempio il relatore e co-relatore di una tesi. Il primo è più importante, non di pari livello.

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    Domine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo et sanabitur anima mea

  4. #24
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    Citazione Originariamente Scritto da Eugenius Visualizza Messaggio
    Sicuro? Mi viene in mente per esempio il relatore e co-relatore di una tesi. Il primo è più importante, non di pari livello.

    __________________
    Domine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo et sanabitur anima mea
    L'esempio è poco calzante. La particella "co" sta per "con", "assieme a". Quando si dice "co-primario" si intende che va insieme al primario e che sta sullo stesso piano di questo; si accompagna, ma non in posizione subordinata.
    Se ti leggi i moderni testi canonistici, vedresti che è così.

  5. #25
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    Citazione Originariamente Scritto da Apostata_tv83 Visualizza Messaggio
    Non disconosco l'aspetto sacramentale ma la sospensione dell'aspetto sacramentale non può comportare automaticamente anche quello giuridico, il caso va valutato in sede a parte. Oppure, si fa tutto quanto ciò che è necessario per confermare l'aspetto sacramentale e poi si firma un contratto emesso dalla Santa Sede in cui si indicano le opzioni del matrimonio cattolico ovvero che non vi si può recedere senza il consenso degli istituti religiosi incaricati. Allora posso comprendere la realtà contrattuale libera in quanto accordo tra due parti. Se due coniugi vogliono separarsi con il matrimonio religioso ancora valido, in base al contratto "civile" non accadrà, saranno considerati comunque sposati.
    A parte le evidenti grossolanità ("si firma un contratto emesso dalla Santa Sede") che denunciano una certa ignoranza e superficialità nella materia, dal momento che, a quanto ne so, la Santa Sede non stampa contratti che poi vengono sottoscritti da chi si sposa, forse dimentichi che l'aspetto sacramentale è esso stesso giuridico, mica filosofico.
    Ed infatti il sacramento è disciplinato dal diritto canonico che è pienamente diritto. Forse volevi dire che l'aspetto contrattuale del matrimonio dovrebbe essere valutato separatamente dal sacramento. Ed allora ti faccio una domanda: ammettendo pure la tua tesi, una pronuncia sull'invalidità del contratto, secondo te, che effetto può avere sul sacramento, visto che si tratta di aspetti intimamente connessi?
    Io non stavo parlando della separazione, visto che la Chiesa ammette pur'essa la separazione e solitamente la delega allo Stato. Io parlavo della validità del vincolo nuziale.
    Forse però intendevi riferirti al divorzio. Una volta, durante una causa di nullità, mi capitò di sentire una signora che se ne uscì dinanzi al giudice ecclesiastico con questa sparata: Caio è il mio marito religioso; Sempronio il mio marito civile (è evidente che era divorziata risposata). Al che a stento mi trattenni dal ridere. La signora aveva di fatto ammesso che era "bigama". Anche se non lo era per il codice penale italiano, tuttavia in via di fatto lo era. Non nego che mi veniva voglia di domandarle se, a questo punto, ella fosse fedele ad entrambi e soddisfacesse entrambi. Ma mi astenni. Ecco i paradossi.

    Ma la famiglia è un'associazione di mutuo soccorso e mutuo aiuto distinta semplicemente dalla costituzione di una coppia con relazioni affettive.
    Ah .... ecco: la famiglia è un'associazione di mutuo soccorso. Ma se è così cosa impedisce che non possa essere "più aperta" dal lato coniugale?

    I giuristi pagani poi avevano certo concezione diversa della famiglia: era considerata famiglia anche lo schiavo, i single (maschi) potevano adottare liberamente senza doversi costituire in coppia (lo fecero diversi imperatori) etc.
    Non dribblare. Certo, pure gli schiavi avevano famiglie, ma non erano famiglie "legittime" in quanto non poteva accedere, fintanto che erano schiavi, al matrimonio, ma potevano intrattenere solo una relazione di fatto.
    Comunque, non puoi fare questi esempi, dal momento che sai bene che, ad es., le adozioni prescindevano dall'affettività - anche se ci poteva pure stare - in quanto erano visti solo come "consolazione per la vecchiaia" (solacium senictutis) a cui magari lasciare il proprio patrimonio, come capitò a Cesare che adottò Augusto.

    Questo perché l'autorità patriarcale era assoluta... anche in epoca cristiana cose simili accadevano spesso, alcuni padri di famiglia arrivavano anche a sposare la donna, figliare e ripudiarla tenendo i minori, oppure i nonni potevano strappare i figli alle cognate in caso di morte del marito e amenità simili. Concordo sul fatto che l'amore non è necessario al matrimonio (figliazione) ma la famiglia non si basa necessariamente sulla figliazione (due fratelli che convivono ad esempio, una madre sola e un figlio che non possono figliare tra loro ecc.).
    Qui fraintendi: i giuristi romani non parlavano di amore inteso come filiazione. Essi dicevano che l'unione matrimoniale, le iuste nuptiae, non si fondava, in sostanza, sull'affettività, ma sul consenso liberamente espresso.
    Questo dava luogo al matrimonio legittimo ed alla costituzione di una famiglia.
    Le altre cui alludi tu non erano considerate famiglie o, per lo meno, nel senso tecnico del termine non si ritrova nelle fonti giuridiche romane; erano solo "unioni" indefinite ...., appunto "di fatto", che non avevano rilievo per il diritto.

    Se manca il legame di sangue non ci sarebbe famiglia neppure nel caso della coppia che non ha ancora generato, però questa viene riconosciuta come famiglia lo stesso dal C.C. in virtù del rapporto affettivo e di solidarietà reciproca che dovrebbe garantire i diritti minimi di assistenza reciproca, eredità, pensione di reversibilità etc.
    Il C.C. (penso che tu intenda il "codice civile") non disciplina, a quanto ne so, le unioni di fatto nè le qualifica come "famiglia". Ciò che caratterizza l'unione di fatto o puramente "affettiva" è l'a-nomia (come ebbe a riconoscere anche la Corte costituzionale nel 1988 con la sent. 404).

    Recentemente è stato considerato matrimonio quello tra un uomo deceduto in guerra prima della cerimonia e la sua fidanzata in base a un presunto consenso di lui (si sa che finché non si pone la firma sul contratto questo non è valido) per garantire a lei pensione di reversibilità e vari diritti. C'era il benestare della Chiesa cattolica, però questo atto (concludere un contratto con un morto, cioé non volente dimostrato sino al momento della firma) è illegittimo ai sensi del diritto civile.
    Probabilmente ti riferisci al caso, discusso, del tenente Lorenzo D'Auria, ferito gravemente in Alfghanistan. Non era deceduto; era, appunto, ferito, anche se gravemente ed in coma irreversibile. Però il consenso era fondato su una presunzione. Su questo hai ragione: ma qui dimentichi la particolarità del caso: cioè il fatto che la vicenda era non tanto giuridica, ma politica, visto che era stato un politico a sollecitare questo matrimonio.
    Che poi il cappellano dell'ospedale abbia voluto presenziare alla cerimonia, anche se, a certe condizioni, la Chiesa consente da sempre il matrimonio "in articulo mortis" (purché la persona sia in grado di esprimere il consenso), beh ... questa è una stortura dei sacerdoti neomodernisti che io stesso deploro in questo forum in diverse occasioni.

 

 
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