Il Gran Muftì Ali Gomaa ha condannato gli scultori
richiamandosi a un antico hadith, un detto del Profeta
Egitto, una fatwa contro le statue
È della massima autorità religiosa
di FRANCESCA CAFERRI
Il tempio di Karnak
Convivono da 1300 anni, l'uno accanto all'altro, l'uno dentro l'altro: ma oggi si scopre che forse tanto bene insieme forse, in fondo in fondo, non stanno. L'Egitto musulmano, quello in cui l'Islam detta legge da più di mille anni e dove negli ultimi tempi la luce fondamentalista brilla sempre più forte, ha messo fuorilegge da qualche settimana l'Egitto dei Faraoni, la terra culla di una delle civiltà più affascinanti mai esistite.
I fatti: è l'inizio di aprile quando il Gran Muftì Ali Gomaa, massima autorità religiosa del Paese, emette una fatwa - parere religioso - contro la scultura e chi la pratica. Richiamandosi a un detto del Profeta Maometto secondo cui gli scultori saranno fra quelli che subiranno i maggiori tormenti nel giorno del Giudizio, Gomaa spiega che scolpire statue e tenerle in casa è haram, proibito. Pensiero oltremodo sconcertante per un Paese che di statue ne possiede migliaia e che su di esse ha costruito una ricca industria turistica.
A onor del vero occorre specificare che il Gran Muftì nel suo verdetto non ha fatto parola delle sculture che adornano i monumentali complessi di Karnak e Abu Simbel, né tantomeno di quelle che migliaia di turisti ammirano al museo del Cairo. Ma tant'è. Il ricordo di Bamyan, dei grandi Buddha nella roccia cancellati dalla foga iconoclasta dei Taliban afgani è ancora troppo fresco perché un brivido di preoccupazione non sia corso lungo la schiena degli amanti dell'arte.
Finora nulla è successo e gli intellettuali egiziani intervistati dalla France presse - l'agenzia che per prima ha rilanciato la notizia - hanno bocciato senza appello la fatwa: "È un ritorno al periodo buio dell'Islam", ha commentato lo scrittore Ezzat al-Qamhawi. "Si ignora l'evoluzione dell'Islam - spiega invece il regista Daud Abdel Sayyed - è chiaro che all'inizio le statue sono state proibite perché la gente le adorava. Ma credono davvero che ci siano ancora musulmani che adorano le statue 15 secoli dopo?".
Pochi credono che il governo di Mubarak lascerebbe mai che i tesori nazionali subissero anche un minimo danno per mano di qualche estremista religioso e il fatto che la condanna più dura - "La gente di questo paese è preoccupata della corruzione. Vorrebbe vedere una fatwa che proibisce la presenza al potere delle stesse persone per 25 anni, invece che le statue" - sia stata emessa dai Fratelli musulmani, organizzazione vicina alla visione più radicale dell'Islam, lascia ben sperare per il futuro. Ma nulla è da escludere.
Intanto, per consolare il Muftì della poca considerazione con cui sono state accolte le sue parole, non resta che citare due precedenti.
Il primo è il suo illustre predecessore Mohammad Abdu, vissuto un centinaio di anni fa, che invece dichiarò la scultura arte bella e rispettabile. Il secondo, più profano, riguarda il passatempo tutto moderno dei concorsi di bellezza. È del 2001 la fatwa che li proibisce in Egitto: ma da allora, ogni anno, decine di ragazze hanno continuato a sfidarsi per il titolo di moderna Nefertiti.