Originariamente Scritto da
MaxRed
Dopo il crollo dell’impero sovietico l’occasione che si presentava agli Stati Uniti era davvero ghiotta: essere l’unica superpotenza rimasta in tutto il pianeta, accerchiare il nemico di un tempo con nuovi stati indipendenti fedeli a Washington e soprattutto mettere le mani sulle vie del gas e del petrolio bypassando il Cremino proprio nell’area cruciale del Caucaso. La situazione dalla caduta dell’URSS fino al 1999 era davvero grigia per la Russia, “governata” da un Presidente costantemente in clinica per problemi legati all’alcool e costretta a cedere nel 1996 ai ribelli ceceni. Le amministrazioni americane, da sempre espressioni degli interessi delle grandi multinazionali e delle compagnie petrolifere, intravidero una favolosa opportunità in una ripresa delle ostilità nel Caucaso tra gli estremisti ceceni islamici di Basayev e la Russia “morente” di Eltsin: finanziare la ribellione cecena allargando il conflitto al Daghestan (regione della Federazione Russa) per mettere le mani sull’oleodotto che collega Baku (Mar Caspio) a Novorossjisk (Mar Nero), convinti che il Cremlino di fronte a perdite umane come nel conflitto precedente avrebbe ceduto e firmato accordi a vantaggio di Basayev (e degli USA). Purtroppo per gli Americani, Eltsin a fine ’99 passò il testimone a Putin che l’anno dopo fu trionfalmente eletto: nel giro di pochissimo tempo il Daghestan e la Cecenia furono occupate dall’esercito russo, e nonostante i vili attentati ai civili russi (Teatro Dubrovka e scuola di Beslan) il Cremlino riuscì a togliere di mezzo per sempre i capi ribelli (Maskhadov nel 2005, Sadulayev e Basayev nel 2006) e a stabilizzare l’area cecena. Il tentativo americano di mettere le mani sull’oleodotto Baku-Novorossjisk era quindi andato a farsi benedire, ma nel frattempo le intenzioni delle compagnie petrolifere USA erano mutate, ed erano diventate ancor più ambiziose: costruire un oleodotto in funzione anti-russa che collegasse il Mar Caspio alla costa turca del Mediterraneo, il cosiddetto oleodotto BTC (Baku, Tbilisi, Ceyhan), in grado di fare a meno della Russia e di coinvolgere invece Georgia e Turchia (filoamericane). L’avvicinamento della Georgia alla NATO e i continui inviti di Bush a Putin a “rispettare l’integrità georgiana” servivano per coronare questo machiavellico disegno geopolitico a stelle e strisce. Purtroppo però, il Presidente americano ha dimenticato che la famosa “integrità georgiana” non esiste neppure, ci sono infatti l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia (abitate in netta maggioranza da Russi) che non ne vogliono sapere di far parte di questo stato retto dal filo-atlantico Saakashvili; dopo anni di tensione fra i ribelli separatisti sud-Osseti e la Georgia, quest’ultima ha deciso di passare all’offensiva lo scorso 8 agosto con il beneplacito di Bush (perché rischiare di perdere parte del territorio georgiano dove dovrà passare l’oleodotto BTC, avranno pensato i presidenti georgiano ed americano), occupando questa regione autonoma provocando così l’intervento armato di Mosca. In pochissimo tempo i georgiani sono stati respinti nel loro territorio e sconfitti, ed il tandem Medvedev-Putin è riuscito a far inserire nei punti del trattato di pace la presenza dei militari russi nell’Ossezia del Sud e nell’Abkhazia, sempre con un occhio rivolto verso Tbilisi in caso di necessità; ancora una volta quindi, l’Orso Russo ha mandato in frantumi il sogno americano (escludere il Cremlino dall’oleodotto BTC) ed ha ottenuto una vittoria politico-militare di grande importanza: ora infatti il Presidente della Georgia Saakashvili è tenuto in scacco dall’esercito russo, e parte del “suo” territorio è occupato dai soldati di Mosca. Poco importa ai Russi dei commenti dei media occidentali che si dividono fra chi sostiene che Putin sia intervenuto per motivi nazionalisti (come protettore dei Russi) e chi dice invece per motivi geopolitici (per ristabilire il predominio russo sugli oleodotti caucasici): rimane il fatto che nessuno al momento attuale può pensare di fare grossi affari nel Caucaso senza coinvolgere Mosca, i suoi leader ed i suoi giganti dell’energia.