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    Predefinito Vicende storiche (e non storiche) scomode

    Dresden, a Survivor’s Story
    Pietro Ferrari
    Vi presentiamo un testo eccezionale, pubblicato da The Independent il 12 febbraio 2015. Si tratta di un brano tratto dal libro di memorie “Dresden, a Survivor’s Story”, scritto da Victor Gregg con la collaborazione di Rick Stroud (edizioni Bloomsbury). Durante l’ultima guerra Gregg militò come fuciliere nell’esercito britannico. Catturato dai tedeschi durante la battaglia di Arnhem, tentò più volte la fuga dal campo di prigionia. In seguito, non esitò ad appiccare il fuoco alla fabbrica di saponette presso cui era stato assegnato come lavorante. Esasperati dalla sua condotta, i tedeschi lo condannarono a morte e lo trasferirono in un carcere situato a Dresda.
    Qui, l’allora venticinquenne Victor Gregg fu testimone dell’immane tragedia che si abbatté sulla città e i suoi abitanti. Ciò che vide nella notte fra il 12 e il 13 febbraio e nei giorni seguenti lo turbò a tal punto da esserne tormentato per decenni.
    The Independent, 12 febbraio 2015
    Come le guardie carcerarie e la popolazione cittadina, Gregg non credeva che la città sarebbe stata bombardata; era diffuso il convincimento che gli Alleati avrebbero risparmiato il suo retaggio culturale, così come i tedeschi si erano trattenuti dall’attaccare Oxford. Ma era una supposizione infondata. Gregg dovette essere testimone di una carneficina inimmaginabile che gli causò un persistente stress post traumatico. Sebbene egli fosse un patriota per niente pacifista, settant’anni dopo quell’evento è ancora convinto che coloro i quali ordinarono i tre giorni di bombardamenti su Dresda dovrebbero essere ritenuti colpevoli di un crimine di guerra, in quanto consapevoli della devastazione che sarebbe stata inflitta alla popolazione civile.
    Dopo il raid, egli infine raggiunse le linee russe avanzanti. Questo è il suo resoconto della tempesta di fuoco.
    Alle dieci e trenta circa di sera, le sirene si misero a suonare; poiché ciò accadeva ogni notte non vi si prestò attenzione. Ma dopo un breve periodo di silenzio, un’ondata di ricognitori cominciò a sganciare bengala. Li vedemmo attraverso una cupola di vetro: riempivano il cielo di luce accecante, fluttuavano verso terra, gocciolando fosforo incandescente sulle strade e le case.
    Come in una sequenza al ralenti, i detenuti nella prigione cominciarono a rendersi conto di essere in trappola (le guardie avevano chiuso le porte e se l’erano data a gambe). Poi, il rombo di centinaia di bombardieri pesanti prese a saturare l’aria, facendosi sempre più vicino e assordante. I prigionieri battevano sulle porte delle celle supplicando che li si lasciasse uscire. Mi accovacciai accanto a una parete, più in basso che potevo. I bengala ancora cadevano quando la prima formazione ci sorvolò, sganciando migliaia di ordigni incendiari insieme alle prime bombe. Una serie [di incendiarie, ndr] colpiva il suolo in successione, come un rullo di tamburo, e il cielo passava da un bianco brillante a un rosso cupo che lampeggiava prima di spegnersi.
    Quando l’interminabile formazione ci superò, quasi quattro incendiarie sfondarono il soffitto in vetro, riducendolo in pezzi e facendo a brandelli gli sfortunati che si trovavano di sotto. Il fosforo aderì ai corpi dei feriti, trasformandoli in torce umane, ma fu impossibile estinguere le fiamme e le loro urla si aggiunsero alle altre grida. Io ero ancora indenne – ma non lo sarei rimasto per molto.
    All’improvviso, una “blockbuster” cadde all’esterno del nostro palazzo, abbattendo la cinta muraria (questi massicci ordigni dal rivestimento sottile potevano demolire interi isolati, di qui il nome). Fui scagliato dall’esplosione a diversi metri di distanza e ricoperto di calcinacci. Quando mi riebbi, realizzai che il fumo e le esalazioni provenienti dal guscio in fiamme dell’edificio venivano spazzati via da un vento che si andava gradualmente rinforzando. Incespicando fra le macerie, uscii all’aria aperta, fuori dall’edificio che stava lentamente collassando. Qui m’imbattei in pochi altri superstiti, e la prima cosa che mi colpì fu il calore. Ovunque mi volgessi, scorgevo fiamme, fumo e cenere –e dal cielo cadevano continuamente detriti. All’incirca una dozzina di individui nel nostro gruppo erano in grado di camminare o reggersi in piedi, e altri piccoli gruppi si spostavano fra i cumuli di macerie e le fiamme che, senza preavviso, sprizzavano dalle brecce nei muri.
    Il rombo degli apparecchi si attenuò e la gente cominciò ad uscire dalle poche abitazioni rimaste in piedi. I sopravvissuti si aprivano la strada fra i mucchi di rovine che un’ora prima erano stati le loro case. Barcollammo lungo ciò che restava di un ampio viale, fiancheggiato da incendi e montagne di macerie roventi (fui salvato dalle suole di legno delle mie calzature, così spesse da permettermi di camminare sulle ceneri infuocate). Infine giungemmo in campo aperto, nei pressi della linea ferroviaria. In cerca di salvezza, vedemmo un altro gruppo avvicinarsi: si trattava di due dozzine di vigili del fuoco, con un carro pieno di picconi, badili, secchi, funi arrotolate e bidoni d’acqua potabile.
    Da principio trovammo persone che erano state sorprese all’aperto ed erano ancora vive. Fissando pezzi di legno ai picconi e ai badili, costruimmo delle barelle e li trasportammo via. Ma dopo due ore, ritornammo alla ferrovia dove scoprimmo dei rinforzi e un vagone carico di cibo che era stato inviato in qualche modo da Dio sa dove. Poi le sirene lanciarono di nuovo il loro terribile urlo e le persone si strinsero in piccoli gruppi, quasi a volersi far scudo dall’attacco le une con le altre.
    Gli aerei volavano a migliaia di piedi sopra di noi, ma si potevano scorgere i loro contorni stagliarsi nel bagliore. Le nuove bombe erano talmente grandi da poterle vedere nel cielo. Persino le incendiarie erano differenti – non cilindri lunghi un metro, ma ordigni da quattro tonnellate che esplodevano nell’impatto al suolo, incenerendo ogni cosa nel raggio di sessanta metri – e insieme a questi caddero altre blockbuster, questa volta da dieci tonnellate.
    Appena cinquecento metri di terreno aperto ci separavano dall’epicentro del primo raid. Potevamo avvertire il calore tremendo, i nostri corpi erano scossi mentre il suolo vibrava. E come se ciò non bastasse, un altro orrore fece sentire la sua presenza: non esattamente quel che si potrebbe definire vento, piuttosto, l’aria veniva aspirata ad alimentare l’inferno come se fosse un oggetto solido, talmente immensa era la sua forza.
    Il secondo raid si stava svolgendo da quindici minuti quando il suolo eruttò in enormi nubi di fumo e fiamme, e immediatamente dopo le esplosioni, venne quella tremenda aspirazione allorché l’aria affluì nel vuoto creatosi. Ma il nostro capo sembrava impaziente di riportarci nella fornace una volta che i bombardieri se ne fossero andati, cosa che fecero trenta minuti più tardi. Anche se erano rimasti dei ritardatari in cielo, ora era l’azione sul terreno a contare.
    Tutto bruciava, persino le strade, che erano fiumi ardenti di bitume ribollente e sibilante. Grossi detriti volavano nell’aria, risucchiati nel vortice. Potevamo vedere persone strappate a qualsiasi cosa fossero aggrappate e aspirate nel globo rosso fuoco in costante espansione a meno di duecento metri da noi. Un piccolo gruppo cercò di raggiungerci attraversando quella che un tempo era stata una strada, solo per ritrovarsi intrappolato in un impasto di catrame disciolto ribollente. Uno ad uno, caddero al suolo esausti e morirono nel rogo, tra il fumo e le fiamme. Individui di tutte le taglie, d’ogni età e costituzione furono lentamente risucchiati nel vortice, quindi gettati di colpo nelle colonne di fumo e fuoco, coi vestiti e i capelli in fiamme.
    E come se il Diavolo in persona avesse deciso che i loro tormenti non erano sufficienti, sopra l’ululato del vento e il ruggito dell’inferno di fuoco, risuonavano le interminabili grida d’agonia delle vittime che arrostivano vive.
    Ciò che ci salvò fu il fatto di trovarci in uno spazio aperto con ossigeno da respirare. Siccome gli incendi stavano peggiorando, abbandonammo – per il momento – ogni idea di avvicinarci al centro cittadino. Era un mare di fiamme che salivano verso un cielo denso di fumo. E mentre l’aria si faceva così rovente che inalarla provocava dolore, ci ritirammo in un luogo sicuro. All’alba, vedemmo che altri gruppi erano sopraggiunti per colmare i crateri e riposizionare i binari, ed entro metà mattina un piccolo convoglio di vagoni ci passò accanto.
    Mentre altri gruppi scavavano fra i cumuli di mattoni, aprendo passaggi, noi fummo incaricati di individuare le cantine. Ma proprio allora cominciò il terzo raid. Ora era il turno degli americani, e le aree prospicienti alla linea ferroviaria erano i loro obiettivi. Ciò fece si che quelli che erano riusciti a fuggire in precedenza ricevessero ora il medesimo trattamento. E sebbene gli americani sganciassero bombe meno distruttive dei britannici, molti di più furono uccisi.
    Quando l’incursione finì, continuammo con le cantine, forzandone gli ingressi con picconi e palanchini. All’interno, rinvenimmo i cadaveri delle vittime, di solito rattrappiti sino a ridursi alla metà delle proprie dimensioni o peggio (i corpi dei bambini sino a quattro anni si erano semplicemente fusi).
    Trascinammo i loro resti all’aperto, dove furono esaminati per l’identificazione e in seguito impilati in attesa della cremazione – e questa doveva rivelarsi la parte più facile. Persino i più duri fra noi vacillarono quando raggiungemmo l’epicentro del raid, in cui gli incendi più feroci avevano imperversato. Prima però ci diedero da mangiare a da bere, e potemmo riposarci in un paio di vecchie carrozze ferroviarie che gigantesche gru avevano sollevato fuori dai binari.
    Il terzo giorno, ovunque guardassi vedevo gruppi di una dozzina di uomini al lavoro; e fu quando raggiungemmo il centro storico che cominciò il compito più terribile.
    Alcuni dei cadaveri erano così friabili che si sbriciolavano in nubi di cenere e carne disseccata. Eppure i tedeschi erano così metodici da ordinarci di collocare in sacchi qualsivoglia frammento identificabile di questi cadaveri. Ci chiedevamo se il successivo giorno di lavoro potesse mai rivelarsi peggiore.
    Arrancando lungo strade in cui lingue di fiamma sprizzavano ancora sin quasi a cento metri d’altezza, giungemmo all’ingresso di un rifugio pubblico, che impiegammo tutto il pomeriggio ad aprire. Al primo spiraglio, udimmo un suono sibilante e la polvere circostante fu risucchiata nell’apertura. Poi, non appena la breccia fu ampliata, fummo colpiti da un lezzo terribile – e pian piano l’orrore che giaceva all’interno si manifestò.
    Non c’erano veri e propri cadaveri integri, solo ossa e brandelli di indumenti bruciacchiati sul pavimento, appiccicati insieme da una sorta di gelatina. Ora capimmo quel che avremmo potuto trovare nei rifugi del centro. Io però non ero destinato a questo. Quella sera, mi fu detto che sarei dovuto tornare in prigione – così mi allontanai alla chetichella, attraversai il ponte e mi diressi verso est per raggiungere i russi.
    Ho omesso parecchie cose. Spesso, sono colto da vaghe reminiscenze di cui nulla poi rimane. Tutto è stato sopraffatto dai compiti raccapriccianti che eseguimmo. E’ l’orrore ad essere rimasto impresso nella mia memoria. E come gli incendi di Dresda, sembra impossibile da spegnere.
    Dresden, a Survivor?s Story ? Pietro Ferrari | EreticaMente












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    Predefinito Re: Vicende storiche(e non storiche) scomode

    Heidegger, antisemita e vero nazista
    di Ranieri Polese
    «Martin Heidegger fu un nazista? Sì». «Martin Heidegger fu un antisemita? Sì». Sulla «Frankfurter Allgemeine Zeitung» di ieri, Jürgen Kaube, dopo aver letto le quasi 1300 pagine dei famosi Quaderni neri — detti così per la copertina cerata come si usava una volta — che comprendono gli anni dal 1931 al 1941, da ieri in libreria e a disposizione di tutti, chiude così la questione che ha tormentato la storia della cultura europea dalla fine della guerra a oggi.
    Se già era nota l’adesione di Heidegger al Partito nazionalsocialista (primo maggio 1933, poco dopo esser diventato rettore dell’università di Friburgo), finora si era escluso che avesse avuto opinioni antisemite. E invece in quei Quaderni, negli anni di guerra, ricorrono frasi e pesanti considerazioni contro gli ebrei. Ma anche il nazismo di Heidegger, ricorda Kaube, era stato considerato una parentesi, visto che il filosofo si dimetteva dall’incarico del rettorato nell’aprile del 1934. Ora, nelle pagine dei Quaderni, si vede invece che il periodo del ritorno agli studi, lontano da incarichi ufficiali, non fu un ripensamento, ma anzi il frutto di una delusione: i nazisti non erano del tutto all’altezza delle speranze che il filosofo nutriva nella loro azione.
    Sempre ieri, il settimanale «Zeit» pubblicava il lungo articolo di Thomas Assheuer su questo Heidegger non più segreto. Ricorda, Assheuer, i tanti tentativi di cancellare sospetti e dicerie sul coinvolgimento politico di Heidegger, salvando così il filosofo di Essere e tempo dalle accuse. Ora peò questi taccuini, scritti senza cancellature né correzioni come i testi destinati alla pubblicazione, ci mostrano che il legame tra Heidegger e il nazismo si saldava con le esigenze del suo pensiero, in cerca di un «nuovo avvio», proprio come la Germania di quegli anni.
    Le note dei Quaderni cominciano nell’ottobre 1931, anno di crisi per la Germania (6 milioni di disoccupati). Per Heidegger il popolo (Volk) ha bisogno di una rivoluzione nazionale, di una scossa che gli dia un «nuovo inizio». Finalmente arriva Hitler, «il Führer che ha risvegliato una nuova realtà, che dà al nostro pensiero la retta via e la forza d’urto». Nel 1933, dopo la presa del potere di Hitler, Heidegger, che già l’anno prima ha votato per il Partito nazionalsocialista, accetta la nomina a rettore dell’Università di Friburgo (21 aprile). Il primo maggio si iscrive al partito. Nel novembre, infine, partecipa a Lipsia alla riunione dei docenti tedeschi che affermano la loro fede in Adolf Hitler. L’orrore per la tecnica diventa l’identificazione del nemico nel popolo inglese, che ha inventato «le macchine, la democrazia e l’utilitarismo». E la guerra, quando arriva inevitabilmente, per lui segna veramente il nuovo slancio dei tedeschi.
    E' alla fine degli anni Trenta che compaiono nei Quaderni delle riflessioni sugli ebrei, che «non hanno un territorio», che sono dotati di una «spiccata destrezza a contare, a infiltrarsi, a mescolarsi con gli altri». In una nota del 1938 si legge: «Gli ebrei vivono, considerato il loro rimarcato talento nel far di conto, da più tempo di tutti secondo il principio della razza, ragion per cui sono quelli che si oppongono più strenuamente alla sua applicazione illimitata». Frase che si comprende appieno tenendo conto del fatto che nel 1938 entravano in vigore ulteriori limitazioni ai diritti civili degli ebrei in Germania. Ma anche — spiega Jürgen Kaube sulla «Faz» — Heidegger vuole difendere le leggi di Norimberga, promulgate nel 1935 per la «difesa del sangue tedesco», rinfacciando agli ebrei la loro secolare pratica della endogamia, del rifiuto cioè di matrimoni misti.
    Con la guerra, 1939, compare nei Quaderni la categoria del Weltjudentum, l’ebraismo mondiale che sta dietro i Paesi che combattono contro la Germania. «L’ebraismo mondiale, istigato dagli emigranti lasciati uscire dalla Germania, è dovunque imprendibile e non ha la necessità, nonostante tutto lo spiegamento di forze, di partecipare ad azioni militari. Invece a noi non resta che sacrificare il miglior sangue dei migliori figli del popolo» (1941). Dove si legge un chiaro riferimento a un complotto mondiale contro la Germania dietro a cui stanno gli ebrei.
    http://www.corriere.it/cultura/14_ma...50ae7b5e.shtml


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    Predefinito Re: Vicende storiche(e non storiche) scomode

    "Per entrare negli Stati Uniti servirà Facebook"
    La proposta fa discutere: account social nei moduli per l'Esta
    Lucio Di Marzo
    Un po' fa strabuzzare gli occhi e molto fa arrabbiare la proposta arrivata al Dipartimento di Stato americano, l'equivalente del nostro ministero degli Esteri, che vorrebbe che anche i profili social di chi richiede un Esta per gli Stati Uniti rientrassero nei campi da compilare per avere il via libera.
    Una stretta sulle procedure di sicurezza che al momento è soltanto una proposta e che molti sperano resti tale, e che potrebbe significare per i viaggiatori l'obbligo di dichiarare la propria "presenza virtuale" insieme agli altri dati normalmente richiesti per entrare negli Stati Uniti. Sicurezza che sfocia nell'invasione della privacy tout court.
    Il formulario I-94, quello per chi non ha bisogno di un visto, potrebbe così diventare più completo, forse troppo. I dati raccolti andrebbero a facilitare le indagini, ma pure a dare un riferimento per contattare i visitatori in caso di necessità, provano ad ammorbidire la pagnotta a Washington. Se la proposta venisse approvata sarebbe valida già da settembre.
    "Per entrare negli Stati Uniti servirà Facebook" - IlGiornale.it




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    Predefinito Re: Vicende storiche(e non storiche) scomode

    IL SERVIZI DI SICUREZZA DELL'AEREOPORTO DI ISTANBUL E' GESTITO DALL'ISRAELIANA ICTS
    No a Massoneria e Nwo Macerata: IL SERVIZI DI SICUREZZA DELL'AEREOPORTO DI ISTANBUL E' GESTITO DALL'ISRAELIANA ICTS
    La societa' di sicurezza dell'aereoporto di Istanbul dove e' avvenuto l'attentato (false flag?) e' l'israeliana ICTS con sede a Londra a Tavistock Square.
    ICTS gestisce aereoporti coinvolti in recenti attentati terroristici, tra i piu' recenti va ricordato l'attentato a Bruxelles del 22 marzo; l'aereoporto di Parigi, da dove e' partito l'Egypt Flight 804 che il 19 maggio e' precipitato nel Mediterraneo; l'aereoporto di Amsterdam da dove e' partito nel 2014 il Malaysia Flight MH-17 abbattuto in Ucraina
    Nel maggio 2016 esperti del Mossad sono aumentati numericamente in modo drastico negli aereoporti turchi.
    Fonte: Aangirfan: ISTANBUL AIRPORT - JE SUIS FALSE FLAG PSYOP?

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    Predefinito Re: Vicende storiche(e non storiche) scomode

    Un selfie (multietnico) vi seppellirà!
    Come riassumere tutto il meglio del peggio della Civiltà occidentale in un’immagine? Ecco a voi la risposta, direttamente dal neo-sindaco di Londra Sadiq Khan.
    Un selfie (multietnico) vi seppellirà! | Azione Tradizionale



    "Ortogenetica" di Cristina Coccia
    Per salvarci dall'estinzione occorre la volontà di dimostrare la necessaria cura della qualità e della salute delle nostre future generazioni. La salute consegue dai buoni geni, quindi dalla ortogenetica, che si propone il miglioramento delle unioni e della riproduttività dei cittadini, soprattutto di quelli più sani, con ogni mezzo efficace.
    Poiché i geni formano il centro della nostra vita etnica, è quanto mai scellerata la fuga morbosa per rincorrere quei beni materiali che, nella modernità contemporanea, ossessionano la esistenza degli uomini e la sopravvivenza degli Stati, rinnegando invece i Beni che ci sono stati tramandati dai nostri avi: secondo una continuità che abbiamo non il diritto di interrompere ma il dovere di confermare.
    "Ortogenetica" è uno studio sui principi della genetica, e un invito a riconsiderare certi problemi moderni – andamento demografico, malattie genetiche, flussi migratori - alla luce dei fondamenti biologici, per il bene della nostra e delle future generazioni.
    Un libro per comprendere, e riconquistare la sicurezza in quella natura profonda che stiamo sempre più spesso, e più pericolosamente, dimenticando.
    Cristina Coccia: Ortogenetica, Johann Gregor Mendel: la conservazione e l’ereditarietà delle forme organiche
    Edizioni di Ar, collana La Città del Sole
    pp 126
    13,00€




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    Predefinito Re: Vicende storiche(e non storiche) scomode

    Gruppo cinesi Prato organizzava ronde
    Spedizioni contro nordafricani
    (ANSA) - PRATO, 1 LUG - Il responsabile dell' associazione cinese "La Città del Cervo Bianco" di Prato avrebbe attuato "indebite attività di vigilanza" in favore di connazionali, presidiando il territorio e "organizzando ronde o spedizioni" nei confronti di cittadini nordafricani. Lo riferisce la polizia dando notizia di indagini in corso a Prato per aggressioni a cittadini extracomunitari, prevalentemente di origine magrebina. Gli agenti stanno eseguendo 9 decreti di perquisizione nei confronti di altrettante persone indagate, in stato di libertà, per i reati di associazione per delinquere e atti violenti per motivi razziali.
    Gruppo cinesi Prato organizzava ronde - Cronaca - ANSA.it










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    Predefinito Re: Vicende storiche(e non storiche) scomode

    Clima di guerra civile negli USA: la polizia spara contro gli afroamericani, dei cecchini uccidono a Dallas alcuni poliziotti
    In una nazione come gli USA che sta collassando su se stessa, dopo aver per anni servito la causa dell'elite ebraica globalista, che la possiede e ne dirige i destini, è logico pensare che questo stesso potere pensi a tenere le redini del comando, e questo in una situazione grave di perdita del controllo, dal fattore economico bancario o la perdita della supremazia militare (vedi la Russia) sulla sfera geopolitica, possiamo presumere che un caos accelerato e programmato possa favorire una situazione di legge marziale, in cui la popolazione americana, prima di unirsi e ribellarsi contro questa elite che l'ha divorata dall'interno, possa essere sottomessa da una repressione militare.
    I recenti fatti di uccisioni da parte della polizia contro afroamericani, e altri omicidi gratuiti che accadano da un certo tempo e con una certa frequenza negli USA, sono il segnale che qualcuno dall'alto sta dando l'ordine di poter effettuare vere esecuzioni contro la popolazione, sospettiamo anche che ad eseguire tali ordini non siano neanche agenti di polizia, ma agenti dei servizi o mercenari, fatti affluire all'interno delle forze di polizia con tale preciso scopo, per arrivare a un caos programmato che giustifichi la legge marziale, per difendere l'elite e le strutture di potere da una possibile ribellione del popolo americano.
    Tutti questi accadimenti meritano un monitoraggio continuo e osservazione, siamo davanti a profondi cambiamenti, la fine del ciclo dell'imperialismo americano si avvicina inesorabilmente, tutto si muove in ciclo, tutto finisce per ricominciare in altre forme, ma è proprio in questi casi che bisogna tenere bene a mente il colpo di coda della bestia morente.
    white wolf revolution: Clima di guerra civile negli USA: la polizia spara contro gli afroamericani, dei cecchini uccidono a Dallas alcuni poliziotti

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    Predefinito Re: Vicende storiche(e non storiche) scomode

    “Dna Journey”: come farti sentire “cittadino del mondo”
    “Di fronte al caos della modernità, unica salvezza è la forma” (epigrafe alla collana “Iperborei ed Etiopi” delle edizioni Ar).
    Dal 1 giugno scorso sta circolando su YouTube, e quindi di fatto sull’intera rete, un video molto particolare, ufficialmente prodotto da “Momondo”, una società che funge da “global travel search”, quindi da intermediario per viaggi in tutto il mondo, consentendo di confrontare prezzi, servizi, ecc..
    Il video che avete appena visto è intitolato “DNA Journey”, viaggio attraverso il DNA, ed è collegato ad un fantomatico progetto-concorso “Let’s open our world” che permetterebbe di vincere un “DNA kit” (!) e viaggi in tutto il mondo, e che dovrebbe avere apparentemente una funzione commerciale, connessa appunto all’attività svolta da Momondo. Lo scopo del video sarebbe quello di dimostrare che attraverso l’analisi del DNA noi tutti potremmo scoprire di avere antenati e parenti sparsi per tutto il globo: poiché siamo tutti “fratelli”, più o meno alla lontana, occorre far cadere le barriere dei particolarismi e dei localismi, aprirsi al mondo e quindi … viaggiare, per scoprire e scoprirsi.
    Come sappiamo bene, però, nell’epoca contemporanea della comunicazione globalizzata, quasi nulla succede per caso. Questo video è in realtà un prodotto confezionato ad arte, con tanto di attori molto bravi nel recitare la loro parte e con un adeguatissimo sottofondo musicale studiato appositamente per “emozionare” gli ignari spettatori ed orientarne la mente, ancora una volta di più, verso una “(in)sana” visione globalizzata della vita.
    Nel video, tutti gli intervistati sono inizialmente orgogliosi della loro nazionalità o etnia, e con una certa protervia alcuni di loro dichiarano la loro superiorità rispetto agli altri. Arriva quindi la proposta “shock” del “Dna journey”, del viaggio attraverso il loro DNA, da parte di due personaggi non meglio qualificati, una sorta di “commissari” (del NWO?). Ciò provoca negli attori/intervistati diverse reazioni: c’è chi mostra ansia, chi sorpresa, chi curiosità: ma tutti sono sicuri che risulteranno al 100% francese, inglese, iracheno, cubano, ecc.. Tuttavia già si nota una certa, studiata “preoccupazione”… dopo due settimane, arrivano i risultati del test che cambieranno definitivamente la visione del mondo degli intervistati: tutti risultano senza una nazionalità definita, ma il frutto di un miscuglio etnico: l’evidenza “scientifica” ha definitivamente spazzato via le precedenti convinzioni degli intervistati. E giù con lacrime, sorrisi isterici, grida scomposte.
    “Sto per dire una cosa azzardata, ma questo test dovrebbe essere obbligatorio. Al mondo non esisterebbero cose come l’estremismo se la gente conoscesse le propri origini in questo modo. Chi sarebbe così stupido da pensare che esista una cosa come una razza pura?” dice un’intervistata: un po’ troppo per un video che dovrebbe spingere a viaggiare per il mondo … “In un certo senso siamo tutti cugini”, incalza uno dei commissari. A quel punto, gran finale: ad una ragazza curda, viene detto che fra il pubblico c’è un suo diretto cugino… indovinate un po’ chi può essere? Ovviamente, un ebreo. E di nuovo lacrime, abbracci e applausi, con tanto di musichetta strappalacrime che giunge all’apice. Scene veramente patetiche, penosamente artefatte.
    “Un mondo aperto inizia da una mente aperta”, è il motto finale, estremamente esplicito, che appare in sovraimpressione. La funzione di propaganda ideologica di questo video è quindi completamente svelata.
    Chissà quale “filantropo” o magnate starà finanziando Momondo e questo progetto così “open mind”… quel che è certo è che il progetto destabilizzante da fine ciclo del Nuovo Ordine Mondiale planetario va avanti. L’obiettivo è cancellare ogni forma di identità e di specificità dell’essere umano: quella sessuale (diffusione del genderismo; erotizzazione dei bambini; parificazione di tutte le forme di sessualità esistenti), quella spirituale (materializzazione totale della vita umana; banalizzazione e svuotamento dottrinario, e quindi neutralizzazione, di talune forme religiose – cristianesimo – alterazione ed estremizzazione forzata di taluni aspetti di altre, per fini sia geopolitici che antireligiosi – islam -), quella etnica, culturale (indottrinare sistematicamente le masse al meticciato, generando flussi migratori incontrollabili e poi spingendo l’acceleratore sui temi dell’accoglienza e della multietnicità; fornire prove pseudo-scientifiche dell’inesistenza delle razze o comunque ribadire che tutti noi siamo l’esito di complessi miscugli etnici secolari), e così via.
    Poi uno va sul sito di Momondo e guardate cosa trova… coincidenze?
    Il tutto è funzionale alla creazione dell’“uomo nuovo” della sovversione, il sotto-uomo o contro-uomo simbolo dell’era cosiddetta post-moderna, privo di identità. Un ibrido perfetto, una creatura interiormente ed esteriormente disordinata, instabile e malleabile, senza radici né riferimenti, uno strumento ideale per instaurare un dominio incontrastato su un’umanità materializzata, numericamente controllata, psichicamente soggiogata e spiritualmente azzerata.
    Nello specifico, l’argomento razza e nazionalità è particolarmente delicato. Sappiamo quanto e come Evola ebbe modo di applicare al razzismo la visione tradizionale e spirituale, ribadendo l'insufficenza di una prospettiva razziale meramente materiale. E’ bene però tenere a mente che un imbastardimento o un meticciato del corpo (e del sangue che ivi scorre) comporta necessariamente una devianza dell’anima dal momento che il sangue è il veicolo della forza vitale e, una volta che viene corrotto, perde le sue peculiarità sottili.
    In un’epoca dove le prospettive di un riordino anche soltanto parziale dell’anima, che potrebbe portare ad un riavvicinamento all’incorruttibile elemento spirito, sono pressoché nulle, preservare l' ordine in senso somatico, e quindi una forma, da contrapporre ad una sostanza ormai corrotta, può risultare fondamentale. Soprattutto se si cerchi di caratterizzare ulteriormente questa forma cercando di preservare nei popoli un legame con usi, costumi e tradizioni nazionali e locali, principalmente di tipo religioso, e con gli istituti-base della civiltà, come la famiglia, per quanto si tratti per lo più, ormai, di meri riflessi consuetudinari e meccanici.
    Tutto questo potrebbe costituire una sorta di baluardo, di estremo elemento di riconoscibilità e di differenziazione almeno esteriore contro le politiche di omologazione coatta, in attesa che sopraggiungano i tempi adatti per poter intervenire su anima e spirito, onde “riequilibrare” l’assetto dell’essere umano. Siamo sicuri che anche Evola, oggi, sarebbe di quest’avviso.
    In tal senso, anche preservare il concetto di stato-nazione (Vaterland), e prima ancora, addirittura, quello di piccola patria, di identità locale (Heimat), risulta oggi fondamentale: Evola e tutti gli autori tradizionali hanno sempre stigmatizzato il nazionalismo di matrice giacobina, assolutistico ed accentratore, che costituì l’elemento di rottura all’interno dei sistemi organici imperiali tradizionali e che rappresentò l’avvento del collettivo laicizzato e secolarizzato. Evola giudicava invece positivamente l’idea di un nazionalità, intesa in senso ascendente, volta a reagire contro il collasso collettivistico-internazionalista in termini di differenziazione esterna, stabilendo forme e spazi per l’affermarsi di una funzione organizzatrice in senso superiore, di una forza differenziatrice spirituale. E ovviamente venivano giudicate positivamente, del pari, le forme di nazionalità o di particolarità locale tutelate ed inserite organicamente negli imperi, attive ed operanti in forma costruttiva ed unitaria, e non in forma disgregatrice e centrifuga, all’interno dell’organismo superiore.
    Nella situazione odierna, l’Unione Europea costituisce il cavallo di Troia dei poteri mondialisti nel nostro continente, ed è quindi il perfetto modello rovesciato dell’Europa quale Imperium organico di tipo superiore; è lo strumento per dissolvere la grande Tradizione Europea in quell’internazionalismo anodino, omologante e livellatorio aborrito da Evola e dagli autori tradizionali.
    In questo contesto, la presenza di realtà nazionali o regionali in grado di frammentare e quindi di ostacolare quella falsa unità, e' una buona forma di reazione e di differenziazione dall’interno del falso sistema. Il problema è che tali forme di reazione interna non possono oggi fondarsi su un dato spirituale plasmante ed operante dall’alto. Ma certamente quelle forme, come razza, sangue e suolo, dobbiamo ribadirlo, vanno oggi preservate, quali barriere di estrema resistenza contro il dilagante operare dalle forze sovvertitrici.
    ?Dna Journey?: come farti sentire ?cittadino del mondo? | Azione Tradizionale

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    Predefinito Re: Vicende storiche(e non storiche) scomode

    LA MERKEL, HITLER E IL VICE FÜHRER HESS
    NEL MENÙ DEL GIORNO: E SCOPPIA IL CASO
    di Elisio Trevisan
    MESTRE - Quasi tutte le birrerie Kofler offrono nel vasto menù una grigliata chiamata Adolf, e vicino un’altra chiamata Merkel. Il locale di Vicenza ci aggiunge pure il piatto Rudolf. Per l’assessore comunale di Venezia Renato Boraso è un «episodio di inciviltà» e un «increscioso comportamento irriguardoso verso la collettività e lesivo della dignità umana». Il responsabile della Mobilità e della Gestione del patrimonio ritiene sia chiaro il riferimento alla cancelliera tedesca Angela Merkel, al dittatore Adolf Hitler e al vice Fuhrer Rudolf Hess. Il gruppo Kofler, che ha sede a Sarmeola di Rubano in provincia di Padova ed è guidato dall’amministratore delegato Tiziano Pavin, non ha risposto ai rilievi del pubblico amministratore.
    La Merkel, Hitler e il vice Führer Hess nel menù: e scoppia il caso








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