La solitudine riguarda non la modalità dell’assunzione. Farsi una pera avveniva e avviene in un diverso contesto e clima. Penso che, in relazione all’uso massiccio della coca, si debba parlare di solitudine più che altro in quanto condizione dell’individuo alienato che da “solo” affronta il mondo. L’elevatissimo grado di alienazione odierna produce nell’individuo spaesamento e senso di inadeguatezza ad affrontare la vita e le relazioni umane e sociali “normalmente”.
E proprio qui sta il punto focale. L’incapacità ad affrontare le relazioni “normalmente”. C’è bisogno di un propellente speciale che dia carica e in più senso alienato di dominio della situazione. Ci facciamo caso quante persone oggi sono prese da quella particolare eccitazione che nasce dal rafforzamento artificiale del proprio io?
La disgregazione del tessuto comunitario è la premessa della domanda alienata di esaltazione di sé. La rottura delle relazioni solidali porta l’individuo ad affrontare da “solo” la realtà dei rapporti sociali che si manifestano con forte grado di aggressività. E se l’aggressività diventa il fattore di rappresentazione della realtà l’individuo capitalistico alienato corre ai ripari. E si tratta di ripari ben predisposti e “sdoganati” che riguardano naturalmente non solo la fabbrica ma l’intera società (e qui son d’accordo con te).
Guarda visto che all'interno delle logiche malavitose si evincono gli stessi meccanismi accumulativi del sistema capitalistico ti faccio presente che mentre il costo della coca è sostanzialmente molto precipitato (come quello delle paste) negli ultimi dieci anni, quello di erba e fumo è raddoppiato ed è molto più difficile trovarlo. Magari tu vivi in una grande città ed è facile trovare tutto ma ti posso assicurare che nelle città come la mia (110.000 abitanti) se vuoi farti una canna ti costa na cifra (con 10 euro ti ci fai delle volte un paio di canne e non più) e devi sbatterti per trovare il fumo (l'erba ancora di più e la trovi solo se frequenti i giri giusti). Se ti vuoi fare una striscia basta che vai davanti ad alcuni locali del centro e trovi a volte te la offrono. Stesso discorso per le paste.
Non è che questo discorso serve a voler fare precisazioni ma la realtà delle piccole città oggi è questa e sta a rimarcare una nuova realtà del mercato e quindi nella logica del sistema anche della domanda e del consumo e quindi del sociale.
Assolutamente d'accordo su tutto. Il modo in cui ho impostato l'intervento che tu riporti era sbagliato e poteva dare adito a interpretazioni sbagliate. Sottolineando le modalità di assunzione ed il cambio delle stesse negli anni volevo più che altro mettere in risalto come si sia passati da una situazione di emarginazione oggettiva sin dall'atto stesso del farsi la spada ad oggi dove ti puoi fare una striscia in un qualsiasi locale, bar, ufficio in pochi minuti. E' lo stesso discorso che si potrebbe fare sugli effetti immediati. C'è una bella differenza di percezione interna (proprio controllo immediato) ed esterna (degli altri) se ti tiri una striscia o ti fai una pera. E queste modalità diverse contribuiscono ed hanno contribuito a sdoganare il fenomeno.
Giusto per farlo presente, abito in una città di 70.000 abitanti e un etto di fumo (normale) si trova a 350 euro, venduto al dettaglio a 6-7 euro al grammo il che significa che con 3 euro ti fai una canna.
Dei giri di coca non so molto, ma un mio conoscente che la prendeva spesso doveva andare a cercarla in posti veramente loschi tipo dai marocchini in mezzo ai campi...
Poi certo che essendo sdoganato il fumo ormai non ha molto fascino e la coca ha più attrattiva, ma è anche vero che è guardata con più sospetto.
Sicuramente tra i 30enni gira molto più che tra i 20enni (cioè i miei coetanei).
Inchiesta.
Cresce la diffusione delle droghe, da Taranto a Maranello.
di Loris Campetti
Terza puntata del 24 maggio 2008
Tra fatica e coca, operai alla catena
Il grande rimosso
Le aziende oscillano tra silenzio e repressione, sindacato in difficoltà.
A rischio la sicurezza sul lavoro: si svaluta il salario, si svaluta la vita
Ancora metalmeccanici, ancora droghe. «Hai deciso di metterci in mezzo?», mi chiede con tono scherzoso ma anche preoccupato un delegato della Fiom. La verità è che va reso onore al coraggio di questa categoria, e al suo sindacato più rappresentativo: non è facile mettere in piazza problemi come questi che costringono ad aprire una discussione a tutto campo, sul rapporto con le nuove generazioni di lavoratori e di esse con il lavoro, il conflitto, il sindacato, sul ruolo stesso dei delegati sindacali, le Rsu. Non tutti sono disposti ad aprire questo libro doloroso perché parla di sofferenze dei giovani, nel lavoro come nella vita, una vita alla giornata, senza investimenti sul futuro. Parla di solitudini operaie, cioè di quella classe che liberando sé stessa avrebbe dovuto liberare l'umanità. Raramente, invece, «la classe» è apparsa incatenata come oggi, alla linea di montaggio innanzitutto. E poi a una nuova povertà, con salari che continuano a perdere valore dentro un lavoro non più riconosciuto socialmente. Prigioniera, infine, di una cultura dominante televisiva, in cui all'emancipazione individuale e collettiva si sostituisce l'emulazione dei comportamenti e consumi di chi «ce l'ha fatta», magari del padrone. E il conflitto, che «naturalmente» dovrebbe essere agito nei confronti di chi ti sfrutta, si scarica invece contro i soggetti socialmente più deboli.
La cessione del quinto
Occuparsi di droghe sul lavoro aiuta a scoprire meglio la materialità della condizione operaia. Di chi si è già mangiato il 70% del Tfr per l'acquisto della casa, di chi ha ceduto un quinto dello stipendio per attivare un mutuo, magari per comprare l'automobile nuova o la tv al plasma, commenta un vecchio operaio bergamasco. E via di quinto in quinto finché dello stipendio non resta nulla, un pezzo alla volta è finito in tasca ai moderni strozzini, finanziarie e banche che si fanno pagare il 13% di interessi sui prestiti. Sempre che tu abbia un contratto a tempo determinatato, se sei un precario non puoi concederti neanche il lusso di farti succhiare lo stipendio. Eccola, la nuova classe operaia in carne e ossa.
Concludendo i lavori della conferenza nazionale d'organizzazione della Fiom a Cervia, il segretario generale Gianni Rinaldini ha raccontato un paese inquietante segnato dagli effetti di una globalizzazione selvaggia che spinge gli operai a competere tra di loro. La crisi del lavoro, amplificata dalla sua frantumazione, fa saltare un modello logorato di rappresentanza sindacale e sociale. In questo contesto opera la spinta delle imprese allo smanetellamento della contrattazione collettiva, per sostituirla con rapporti ad personam con i singoli lavoratori. All'interno dell'individualizzazione del rapporto con il lavoro e con il padrone, si inserisce la massiccia e crescente diffusione delle sostanze stupefacenti in fabbrica, nei cantieri edili e navali, nei servizi. «Che altro deve accadere? Se il problema è di queste dimensioni - ha detto Rinaldini in riferimento all'inchiesta del manifesto - dobbiamo aprire una discussione tra noi e con i delegati». Anche questa è una scelta coraggiosa, sapendo che la rottura del silenzio scatena reazioni pericolose da parte delle aziende, che o non sanno quel che succede nelle loro fabbriche, o più verosimilmente fingono di ignorarlo. Quando la verità s'impone, il passaggio dalla rimozione alla repressione viene spontaneo ai dirigenti d'azienda, un fatto di dna. Ed ecco allora che dai delegati si pretenderebbe la delazione, quando non si passa direttamente alla violazione della legislazione che tutela la privacy dei lavoratori: alcune piccole aziende hanno tentato di imporre ai dipendenti o agli aspiranti tali le analisi delle urine per verificare l'eventuale consumo di sostanze. Si può capire il comunicato dei delegati Fiom della Sevel Val di Sangro che, pur aggrappandosi a una lettura un po' riduttiva della diffusione di cocaina nel loro stabilimento, ne ammettono l'esistenza e anzi denunciano le loro ripetute quanto inascoltate richieste alla direzione aziendale di affrontare il problema «con serietà e trasparenza, senza criminalizzazione di chi vive questa condizione».
Un aspetto preoccupante, segnalato da un'inchiesta commissionata dalla Regione Basilicata di cui ha riferito il manifesto di venerdì scorso, è legato al rischio che il consumo di droghe possa provocare un abbassamento dei livelli di sicurezza e, di conseguenza, un aumento degli infortuni sul lavoro. Me ne parla un operaio di un'acciaieria (ci si consenta la genericità del riferimento, ampiamente giustificata dalla delicatezza della questione e dal rischio che corre chi prova a metterci le mani): qualche settimana fa si è verificato un grave infortunio, per fortuna non mortale, a una macchina. Nelle tasche dell'operaio ferito sono state trovate alcune bustine di cocaina. In un'altra fabbrica di peso, un delegato ha chiesto un incontro con il responsabile del personale per denunciare la diffusione della cocaina, mosso dalla preoccupazione che ad essa sia connesso un possibile aumento degli infortuni. «L'azienda ha finto di cadere dalle nuvole. I casi sono due: o non controllano la fabbrica, e sarebbe gravissimo, oppure fanno i finti tonti per evitare ricadute sull'immagine».
Il consumo di droghe (cocaina in particolare) cresce con l'abbassamento dell'età media dei lavoratori e con lo spezzettamento del ciclo produttivo, accompagnato dalla terziarizzazione di pezzi di produzione e servizi e dal lavoro in affitto, che fanno convivere nello stesso posto di lavoro imprese e forme contrattuali assai diverse. Per i delegati è sempre più difficile controllare o addirittura conoscere l'insieme, il che rende più fragile lo stesso intervento sindacale. Se i giovani in molte realtà assumono coca, il fenomeno dell'alcolismo è legato tradizionalmente ai lavoratori ultraquarantenni. Dal Veneto all'Emilia quest'ultimo fenomeno è particolarmente diffuso, come confermano alcuni delegati della Bassa reggiana. In Emilia mi raccontano di operai allontanati per ubriachezza: è il caso della ex Landini a Fabbrico, nel Reggiano, dove il consumo di cocaina è limitato ad alcuni casi concentrati nel turno di notte: «Canne a go-go, ma roba pesante poca». Il fenomeno è comunque abbastanza contenuto e sotto controllo, grazie anche a una rete efficiente di servizi nel territorio, figli del modello sociale emiliano. Qui, come in altri stabilimenti della regione, sono moltissimi i giovani assunti dal Mezzogiorno d'Italia e sbattuti in un'area geografica dove la vita è carissima e una casa in affitto costa poco meno dell'intero stipendio. Campare con mille euro al mese o poco più non è facile, non consente di costruirsi un futuro e la vita si brucia sulla linea di montaggio giorno per giorno. Alla ex Landini lavorano anche 70-80 indiani. Non bastano i menù differenziati per costruire una buona convivenza, tra italiani e immigrati extracomunitari, tra emiliani e meridionali, tra giovani e anziani. Persino nel consumo delle sostanze i comportamenti sono differenziati.
In una grande acciaieria come l'Ilva di Taranto - tra diretti e indiretti oltre 17 mila lavoratori, le dimensioni di una cittadina di provincia - si può trovare di tutto, mi raccontano, «è una specie di supermercato in cui puoi comprare anche cocaina. Sta diventando un problema in uno stabilimento in cui è pericoloso anche camminare, figuriamoci lavorare all'altoforno. Devi essere lucido, attento, sennò rischi di farti male e fare del male ai tuoi compagni. Pensa all'attenzione a cui è chiamato chi lavora sul carroponte e sposta una siviera contenente 300 tonnellate di metallo liquido». Chi racconta queste cose è preoccupato per gli effetti delle droghe consumate sul lavoro, e lo è anche per il rischio che aprire questo capitolo possa fornire «un alibi ai padroni, pronti a ripetere la solita canzoncina: gli infortuni? Colpa della distrazione degli operai. E' un imbroglio, perché le responsabilità dei morti e dei feriti sul lavoro sono degli imprenditori, dei ritmi insopportabili, della non applicazione della normativa sulla sicurezza, dell'organizzazione del lavoro». Detto questo, aggiunge un secondo operaio, «non dobbiamo nascondere le nostre di responsabilità». Ma la riduzione del potere di controllo delle Rsu, sottoposte all'attacco e all'emarginalizzazione da parte degli imprenditori, la fatica che fanno i Rappresentanti sindacali per la sicurezza ad assolvere al loro ruolo, troppo spesso osteggiato dalla controparte, sono ostacoli alla costruzione di un modo di lavorare meno pericoloso. E' la solita storia, «per i padroni contano solo la produzione e il profitto».
Li riconosci dal cambio d'umore
Dai fumi e dal fuoco dell'altoforno passiamo alla griffe più prestigiosa del made in Italy, la Ferrari di Maranello. L'uso di sostanze, che una volta era connesso al mondo dorato della Formula 1, qui in fabbrica «si intuisce, anche senza vedere il tuo compagno che si fa un acido o chissà quali pastiglie, la cocaina c'è ma è meno diffusa, almeno al montaggio. Se sali di grado la musica cambia. L'hashish è diffuso tra i giovani, ma si fuma soprattutto nelle pause. Chi assume sostanze si riconosce per quel particolare stato di euforia che lo prende: ti accorgi che dopo una pausa il tuo compagno di lavoro ha cambiato stato d'animo». 2.800 dipendenti, la maggioranza impegnati nello stabilimento di Maranello e una piccola parte alla Scaglietti di Modena dove si saldano le scocche. Alla Ferrari si costruiscono anche i motori e si verniciano le scocche per la Maserati. «Il settore Corse, qualche centinaia di dipendenti, fa storia a sé. Ma nella produzione di serie il lavoro e la sua intensità, Maranello non è poi così diverso da Mirafiori. Così come il salario base che si aggira intorno ai 1.100 euro, a cui vanno aggiunti il premio di risultato (un buon contratto integrativo) e l'eventuale lavoro notturno o straordinario. In alcune aree come il montaggio dove si lavora su tre turni, l'80% dei dipendenti viene da sud. Questi ragazzi vengono su carichi di entusiasmo, prima di accorgersi che la fatica è tanta, i soldi pochi e la vita come gli affitti è carissima. Rapidamente arriva la disillusione, la frustrazione. Negli ultimi anni l'uso di sostanze è aumentato in diverse aree della produzione, soprattutto tra le ditte terze e durante il turno di notte. Il mercato per le rosse va alla grande, cresce la produzione e nell'arco di un paio d'anni la Ferrari prevede di estendere i tre turni su tutto lo stabilimento. Intanto aumenta la richiesta di lavoro straordinario. Mentre uno della mia generazione si è battuto e si batte per le otto ore, vedi dei ragazzi che fanno la fila per ottenere qualche ora di straordinario, al punto che i capi si permettono di discriminare, a te sì e a te no, dipende dalla dedizione; e così fanno vivere le ore di lavoro in più come una concessione benevola e non come un carico aggiuntivo di sfruttamento», dice sconsolato un operaio anziano che aggiunge: «Vedo ragazzi intimiditi a cui viene annullata la personalità, per loro il lavoro significa soltanto reddito. Allora capisci anche perché fanno gli straordinari o chiedono di lavorare di notte, per guadagnare e spendere di più. E si diffonde la droga con tutto quel che comporta, spaccio compreso».
La politica delle assunzioni massicce dal Mezzogiorno ha la conseguenza inevitabile di ridurre progressivamente il tasso di sindacalizzazione. E può anche succedere che la Fiom, l'organizzazione ampiamente maggioritaria in Ferrari, venga sconfitta a un referendum sulla turistica: «Vince chi punta tutto sui soldi, alla faccia della condizione lavorativa». (3/continua)
un nove su dieci te lo do volentieri
Ma come "ogni tanto siamo d'accordo"? Allora le divergenze le hai prese proprio sul serio eh?
E pensare che quando sei approdato su questo forum mi rallegravo di come la tua impostazione di fondo su diversi temi mi appartenesse !!!