Il Bingo dei Casalesi da Milano a Lucca
Videopoker e scommesse, sigilli alle sale


DAL NOSTRO INVIATO
NAPOLI — Un anno fa un uo*mo ferito a colpi d’arma da fuo*co si presentò ai carabinieri di Fuorigrotta, chiedendo aiuto. Gli avevano sparato addosso per ucciderlo, ma senza riuscir*ci. Dei motivi dell’agguato la vit*tima — Ciro Rigillo, 51 anni, pregiudicato per fatti di camor*ra — non volle dire nulla.

Chissà se c’entra qualcosa col tentato omicidio, ma ieri gli investigatori della Guardia di Fi*nanza hanno arrestato Rigillo, insieme ad altre 28 persone, nel*l’operazione contro la «holding criminale» che gestisce l’affare dei video-poker e delle sale gio*co in Campania e non solo; se*condo l’accusa, è uno dei princi*pali anelli della catena che ha portato gli affari della banda an*che al centro-nord, fino a Mila*no dove controllava la sala Bin*go di viale Zara, quella di Cernu*sco sul Naviglio, e poi a Colo*gno Monzese, Brescia, Cremo*na, Padova, Lucca.

Regista delle manovre per oc*cultare i reali proprietari è, se*condo l’accusa, un signore qua*rantacinquenne anch’esso pre*giudicato, latitante da qualche mese perché considerato affine al Clan del Casalesi, fazione di Mario Iovine detto Rififi. Si chiama Renato Grasso, e per i pubblici ministeri della Direzio*ne antimafia di Napoli Arditu*ro, Del Gaudio e Maresca «ha ot*tenuto una posizione di sostan*ziale monopolio in determinate zone del territorio nazionale». Grazie alla camorra, aggiungo*no. Con un meccanismo rove*sciato, rispetto ai canoni tradi*zionali: Grasso infatti «non su*bisce l’ingerenza della crimina*lità organizzata nell’esercizio della sua attività d’impresa ma, all’opposto, strumentalizza le associazioni criminali per la propria crescita imprenditoria*le, ricercandone attivamente la collaborazione e l’apporto».

In pratica, non è la camorra a cercare l’imprenditore per im*porre la propria partecipazione agli affari, bensì è l’imprendito*re a proporre ai clan l’ingresso nell’affare, offrendo denaro in cambio dell’appoggio a piazza*re i suoi marchingegni per fare soldi: slot machine e new slot, bingo, video-poker, e scommes*se sportive. Un giro da decine di milioni di euro, che ha porta*to la «holding» di Grasso ad ac*cumulare i beni sequestrati ieri dalla Finanza: società, ditte in*dividuali, immobili, autoveico*li e altro, per un valore comples*sivo di oltre 150 milioni, assicu*rano gli inquirenti.

A Napoli gli affari di Grasso, per i quali ora è accusato di con*corso in associazione mafiosa, si sono allargati a tutta la città; s’era alleato con gran parte dei gruppi che controllano le diver*se zone: i Misso alla Sanità, i Mazzarella a Forcella, i Vollaro a Portici, i Cavalcanti nella zona flegrea, e poi a Pianura, nel rio*ne Traiano, a Fuorigrotta e via di seguito. Ovunque, faceva in modo che i camorristi impones*sero ai commercianti di utilizza*re solo le sue «macchinette».

Tra i tanti «pentiti» che parla*no di lui il capo carismatico del clan Misso, Giuseppe Missi, ha raccontato che quando nel 1999 uscì di galera e decise di riorganizzare il settore dei gio*chi, accettò di «prendere accor*di commerciali con Renato Grasso... Il clan prendeva da lui circa 12-13 milioni di lire a set*timana in cambio dell’assicura*zione del monopolio dei video*poker; in altri termini nessun esercizio commerciale, bar o sa*la giochi poteva concludere ac*cordi con altri gestori ovvero gestirla autonomamente, in quanto noi imponevamo di ri*volgersi a Renato Grasso. Era il principale gestore per il Sud Ita*lia, mi consta che avesse degli ottimi rapporti con la ’ndran*gheta in Calabria, e degli inte*ressi economici anche in quella regione oltre che nel territorio di Napoli».

Parte dei soldi così guadagna*ti veniva reinvestita negli affari al nord. La società «Dea benda*ta » che controlla la sala Bingo di viale Zara a Milano, ad esem*pio, è al 75 per cento di una per*sona considerata un prestano*me di Grasso, e così la «Febe srl» proprietaria della Sala Bin*go di Cernusco; a provarlo ci so*no, secondo la ricostruzione dell’Antimafia napoletana, in*tercettazioni e e-mail nelle qua*li veniva di fatto «confessato» di accumulare denaro grazie ai videopoker illegali. Come quel*li vietati dal comma «7 bis» del*la legge che regola la materia, espressamente messi al bando; in un messaggio di posta elet*tronica con il rendiconto dell’ul*timo quadrimestre 2006, i rica*vi indicati alla voce «noleggio 7 bis» (chiaro riferimento a quel tipo di macchinette) vengono valutati in quattro milioni e mezzo di euro. Il totale dell’uti*le netto dell’intera «area d’affa*ri slot machines», consideran*do tutte le voci di entrata e di uscita, è indicato in 3 milioni e 263.000 euro. Solo per quei quattro mesi.

Giovanni Bianconi


Link: http://www.corriere.it/cronache/09_a...4f02aabc.shtml