Parliamo di cose serie una volta tanto:



Tratto da: 19luglio1992.com
Pubblichiamo l´intervista rilasciata da Manfredi Borsellino a Barbara Giangravè, direttore responsabile di Pizzo-Free Press e pubblicata sul numero zero del periodico edito dal comitato Addiopizzo , il 16 maggio 2008. Ringraziamo il giornale per averci messo a disposizione questo importante documento.


Da commissario capo della Polizia Postale di Palermo, a una delle zone più “calde” della città, la Zisa. La stessa in cui Sandro Lo Piccolo, ancora latitante, avrebbe ucciso, il 13 giugno 2007, il boss Nicolò Ingarao. È la carriera siciliana di Manfredi Borsellino, figlio di Paolo, e uomo dello Stato.

Abbiamo appreso le motivazioni della sentenza che proscioglie il tenente colonnello Giovanni Arcangioli dall’accusa di furto aggravato dell’agenda rossa di Paolo Borsellino e ci chiediamo quale sia il pensiero della famiglia Borsellino di fronte a questo ennesimo “È tutto da rifare”.
Non giudico un provvedimento giudiziario che, sebbene ci lasci perplessi, rispettiamo, così come rispettiamo tutte le sentenze, anche quando non sono condivise. Non esistendo un dibattito pubblico su una delle vicende più oscure della Seconda Repubblica, si è persa ancora una volta l’occasione per fare chiarezza; ma non voglio commentare una decisione che sarà stata meditata e, magari, sofferta.

Ad aprile fu annunciato che vicende italiane coperte dal segreto di Stato da almeno 30 anni sarebbero state rese note, grazie alla consultazione di archivi contenenti i loro documenti: pensa che anche la vicenda dell’agenda rossa farà questa fine?
Penso che sarebbe già un grande risultato se la vicenda dell’agenda rossa fosse coperta da un segreto di Stato.

Può spiegarsi meglio?
Se su questa vicenda è stato posto un segreto di Stato, significa che c’è qualcosa da nascondere all’opinione pubblica o agli inquirenti. Il segreto di Stato, infatti, cala su vicende che devono rimanere oscure, perché certe verità, in un dato periodo, non possono emergere: ne andrebbe dell’integrità dello Stato stesso. Se così dovesse essere per la scomparsa, o sottrazione, dell’agenda di mio padre, superiori ragioni di Stato avrebbero imposto il silenzio sulla vicenda. La circostanza non ci conforterebbe, ma ci darebbe la possibilità di sperare che un giorno affiori qualche verità.

Cosa ritiene ci possa essere di così compromettente lì dentro da essere costretti a farla sparire?
Niente di cui io, le mie sorelle e mia madre fossimo a conoscenza, altrimenti, dopo la morte di mio padre, l’avremmo immediatamente riferito alle autorità competenti, in quel caso la Procura di Caltanissetta. Potrei fare solo delle ipotesi ma, per mia deformazione professionale, non gradisco ragionare per ipotesi. La verità è che mio padre ci ha voluti tutelare, sperando che, in caso di morte, quell’agenda finisse nelle mani della persona giusta. Purtroppo, non è andata così.

Quell’agenda potrebbe anche non esistere più: ci ha mai pensato?
Sì, ma non voglio credere a questa eventualità.

È possibile, allora, che l’agenda rossa esista ancora e sia merce di scambio tra i poteri occulti del nostro paese?
Sì, penso proprio che qualcuno la detenga come arma di ricatto o di ritorsione.

Tratto da: 19luglio1992.com


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