Nel suo saggio "Risposta alla domanda: cos'è l'illuminismo?" del 1783, Kant scrive: «L'illuminismo è l'uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l'incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stessi è questa minorità se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi del proprio intelletto senza essere guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza! – è dunque il motto dell'illuminismo».
Il Kant esalta la fiducia e l'utilizzo autonomo della propria "intelligenza", termine qui utilizzato come sinonimo di "ragione" (dal latino RATIòMEN; far di conto, calcolo, misura, regola). La fiducia nella ragione, coniugata con il metodo sperimentale della scienza newtoniana e con l'evoluzionismo darwiniano, dette origine al mito moderno, ossia credere possibile un progresso indefinito dell'uomo nei campi della tecnica, della scienza e della morale. Ma un conto è l'"intelletto", un altro la "ragione".
Da un punto di vista esoterico, il cuore, raffigurato fiammeggiante e luminoso, viene riconosciuto nelle Tradizioni precedenti come l'organo dell'intelligenza in quanto punto di appoggio immutabile, del tutto simile al principio solare. Ma già con Descartes e con il razionalismo l'uomo occidentale misconosce il significato di tale Fuoco spirituale, spostando la sede dell'intelletto dalla regione del cuore a quella complementare (e lunare) del cervello. In questo modo viene negata ogni possibilità di esperire realtà trascendenti, essendo concesse soltanto quelle conoscenze parziali derivate dalla percezione sensibile e materiale del mondo. Ciò che nello scritto di Kant viene chiamata "intelligenza", non è dunque da confondersi con l'intelletto "profondo", spontaneo e armonioso che ha centro nel cuore, capace di slanci ideali, pulsazioni spirituali ed aspirazioni universali tendenti alla "Causa Prima", ma è da intendersi come processo secondario quale è il pensiero raziocinante, strumentale, calcolante, ad uso e consumo dell'uomo per la trasformazione materiale del mondo circostante.
Il senso razionalistico dato ai "lumi" del XVIII secolo, dunque, è del tutto fuorviante, in quanto non è affatto chiaro che tali "lumi della ragione" non risplendono in verità di luce propria, ma sono solo il riflesso di quella luce eterea, profonda, spirituale, proveniente dal cuore, senza la quale non avrebbero alcuna ragion d'essere. La luce, senza calore, proviene da una fiamma fredda, spenta: per questo il materialismo è la filosofia dei morti.
Come si evince anche dagli studi del Guenon, se con il razionalismo, l'illuminismo e, successivamente, con il positivismo, il cervello diviene definitivamente il nuovo "centro" dell'essere, nel cuore viene individuata erroneamente la regione del "sentimento", inteso esclusivamente come contraltare della "ragione": analogamente, il sentimento è come una fiamma che emette solo calore e non luce, dunque incompleta.
Qualcuno si sente di dare un parere su questo mio articolo, forse un pò troppo pretenzioso?