Neanche quando c'era il centro-sinistra con Rifondazione al governo si era osato tanto, adesso quelli del PDL intendono cancellare un importantissimo istituto storico, il passo successivo sara' sostituirlo con un centro studi sionisti/talmudici?
Riproduciamo la lettera inviata al "Corriere della Sera" dal professor Gherardo Gnoli e la risposta di Sergio Romano, http://www.corriere.it/romano/
martedì 24 giugno 2008
Sembra che il governo intenderebbe sopprimere con decreto legge l'Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente. L'IsIAO è erede di una duplice tradizione di studi e ricerche sull'Asia e sull'Africa, godendo di un indiscusso prestigio internazionale. Cosa pensare di una simile scelta, che non solo ignora l'eredità storica di Gentile, di Tucci e di tanti altri che hanno onorato gli studi in Italia e nel mondo, ma vanifica le attività correnti che coinvolgono centinaia di studiosi e un migliaio di allievi, e ci legano a Paesi come il Giappone, la Cina, l'India, il Pakistan, l'Afghanistan, l'Iran, l'Iraq, lo Yemen, il Sudan, l'Etiopia, l'Eritrea, il Niger e molti ancora nei due continenti?
Prof. Gherardo Gnoli
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Caro Gnoli,
qualche giorno fa, rispondendo a un lettore, ho ricordato la figura di un grande orientalista, Giuseppe Tucci, e il suo ruolo nella creazione dell'Ismeo (Istituto per gli studi sul Medio ed Estremo Oriente). Sapevo che la creatura di Tucci aveva cambiato nome ed era diventata IsIAO nel 1995, grazie a una fusione con l'Istituto italiano per l'Africa. Ma sapevo altresì che il nuovo ente aveva conservato l'eredità del fondatore: le ricerche sulle religioni e le filosofie dell'Oriente, la conservazione dello straordinario patrimonio artistico e archeologico di Palazzo Brancaccio, i corsi di lingue dell'Asia in parecchie città italiane fra cui Milano, le spedizioni archeologiche, le campagne di scavo, i tradizionali rapporti culturali con i governi della regione. Ma non potevo immaginare che in quello stesso momento qualcuno, in un ministero romano, stesse inserendo l'IsIAO in una lista di proscrizione per enti inutili. So che la burocrazia può commettere errori innocenti, dettati
dalla fretta e dalla disinformazione piuttosto che da cattiva volontà. Se si tratta di disinformazione ecco qualche notizia che può servire a correggere l'errore.
Come è stato ricordato in un convegno del 1994, organizzato per il centenario della nascita di Tucci, l'Ismeo è passato attraverso quattro fasi. Nella sua prima fase, dal 1933 al 1947, l'attività scientifica rispecchiò gli interessi del suo fondatore per le zone (Tibet e India) che gli stavano maggiormente a cuore. Ma l'Ismeo fece anche una più generale attività culturale nei Paesi (India, Cina e Giappone) che rientravano nell'orizzonte della politica estera italiana. Nella seconda fase, dal 1947 al 1955, riprese le attività interrotte dalla guerra, soprattutto in Tibet e in Nepal. Nella terza, dal 1955 in poi, puntò ancora più decisamente sull'archeologia, sugli studi filosofici e religiosi, sulle ricerche storiche, filologiche, epigrafiche. Sono gli anni in cui l'archeologia italiana acquista maggiore visibilità internazionale in Paesi — Iran, Afghanistan, Pakistan — dove tutto lo spazio possibile, sino a quel momento, era stato occupato dalle missioni inglesi, francesi, te
desche e americane.
La quarta fase iniziò con il volontario ritiro di Tucci dalla presidenza dell'Istituto. Continuarono le ricerche archeologiche nei Paesi dove la presenza italiana era più forte (Iran e Afghanistan). Ma si aprirono nuovi cantieri in Pakistan, a Oman, nello Yemen, in Thailandia e persino in Ungheria per lo studio delle culture delle steppe euro-asiatiche. Se ci fosse un processo all'Ismeo chiederei di essere chiamato a testimoniare come «persona informata dei fatti». Alla Farnesina, dove lavoravo in quegli anni, mi resi conto che vi erano Paesi dell'Asia in cui Ismeo significava Italia.
Suppongo che molte di queste attività siano state interrotte o rallentate dai conflitti. Non è facile fare archeologia islamica o pre-islamica in mezzo ai talebani, ai jihhadisti, ai marines e ai guardiani della rivoluzione. Ma non si sopprime un ente come l'IsIAO senza mettere a repentaglio il patrimonio di conoscenze e di esperienze accumulato in 75 anni di vita. L'Asia è teatro di cambiamenti rivoluzionari e i suoi Paesi sono destinati a essere, sempre di più, protagonisti della vita internazionale. Chi avrà rapporti, nei prossimi decenni, con i loro studiosi, i ministeri della Cultura dei loro governi e le loro istituzioni accademiche?
Un'ultima informazione per il burocrate ignaro che ha stilato la lista di proscrizione. Quando mi occupavo di relazioni culturali al ministero degli Esteri constatai che non esiste un dizionario italo-cinese. E' questa una delle ragioni per cui l'interscambio culturale con la Cina è molto più modesto di quello degli altri maggiori Paesi europei e il numero degli studenti cinesi in Italia è pressoché insignificante. Apprendo ora che è in corso di stampa, grazie all'IsIAO, il Dizionario cinese-italiano, di oltre 120.000 voci (il più cospicuo in una lingua occidentale). Dovremmo sopprimere anche questo?
Sergio Romano
Invitiamo i nostri Lettori ad aderire alla Lettera appello pro IsIAO al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitiano inserita nel sito:
http://www.giuseppetucci.isiao.it/ , e già firmata da autorevoli esponenti del mondo accademico e politico internazionale.
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