La Curia di Nocera censura il libro sull'inquisizione
24 Giugno 2008
Salerno - Scrive un libro sull’Inquisizione e finisce lei stessa vittima della censura diocesana. E’ la singolare vicenda di Gaetana Mazza, professoressa sarnese in pensione, e storica locale. Ha pubblicato già tre libri di ricerca storica e altri li sta elaborando. L’opera in questione, divisa in due volumi, prima che venisse distrutta, si sarebbe dovuta intitolare “Sant’Uffizio”. Descriveva, attraverso una precisa e ricca documentazione, i processi che la Chiesa, nel periodo tra il 1680 e il 1759, faceva a streghe, maghi, guaritori, bestemmiatori, adulteri e preti i cui comportamenti non erano proprio ligi alla morale cattolica. I processi riguardavano l’intera diocesi di Sarno dell’epoca, che comprendeva anche Striano, San Valentino Torio e San Marzano. Mazza racconta: «Per quattro anni, ho consultato gli atti dell’Archivio diocesano, con i verbali di questi processi. Nessuno mi aveva mai detto che erano atti secretati. Terminato il lungo lavoro, mi reco dall’editore. Una delle prime copie stampate, per senso di gratitudine, nel mese di maggio, la invio al vescovo Illiano». A questo punto, nasce l’intoppo. Infatti, Mazza continua: “Appena vedono il cofanetto, in Curia, sono entusiasti e, addirittura, mi propongono una presentazione ufficiale. Poi, letto il contenuto, vengo convocata”. La professoressa, presentandosi di sua spontanea, subisce un esame e riceve un invito a non rendere pubblico il testo perché dava una cattiva immagine della Chiesa. “Mi hanno chiesto - ha dichiarato la docente - di evitare qualche passaggio un po’ troppo crudo e, alla fine, mi hanno fatto firmare un verbale alla presenza di testimoni con il quale mi impegnavo a non proseguire nella pubblicazione. Qualche giorno dopo, mi arriva una lettera della Curia, nella quale, facendo riferimento al diritto canonico, mi si dice che il primo tomo, quello di presentazione storica e di descrizione dell’Inquisizione, con qualche taglio, potevo anche farlo stampare, ma il secondo, che conteneva documenti, doveva essere soppresso, perché conteneva passaggi di indubbia delicatezza, sul piano morale e religioso, che potrebbero scandalizzare non poco il lettore, sprovvisto di cognizioni storiche e teologiche. Mi hanno detto che il primo tomo, comunque, doveva essere sottoposto al vaglio preventivo di una apposita commissione nominata dalla Curia, che avrebbe dovuto esprimere il parere favorevole. Sono stata censurata e mi hanno offerto di rimborsarmi le somme spese per la stampa”. La professoressa, conclude con amarezza: “Non ho scritto per ottenere un guadagno, ma per semplice amore della ricerca. Così, si priva Sarno di un ritratto della cultura popolare dell’epoca”. Amore per la ricerca che non è mai andato d’accordo con il ferreo dogmatismo della Chiesa. Gli scheletri nell’armadio sono tanti, e gli studi, di qualsiasi tipologia o dimensione essi siano, potrebbero turbare l’animo del gregge dei fedeli ed indurlo ad abbandonare l’ovile benedetto.
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