Mi fa piacere che sia aperta questa discussione, come speravo.. a furia di sentire i media omologati m'è venuto il voltastomaco..qualcuno ha detto in ogni servizio si dice che le FARC sono " marxiste leniniste"; purtroppo qualcuno si è spinto più avanti, un giornalista del corriere della sera ha detto ieri sera a primo piano del tg3 " la sconfitta della guerriglia di sinistra basata sul narcotraffico".Questa non è informazione ma vera e propria strumentalizzazione per fini politici. Altra delusione è stata la Betancourt. Forse mi sbaglio ma mi sembra che ormai non sia più disposta al dialogo e già sta svelando il suo vero lato, essendo( questa) non dissimile da quel narco-paramilitare di Alvaro Uribe. Nelle sue parole si vedeva uno spiraglio prima, ma dopo il sequestro non ci sarà più spazio al dialogo con la guerriglia. Così come mi ha deluso la signora Yolanda Betancourt; ha speso anni a denunciare l'ingiustizia del governo Uribe e ora lo abbraccia e lo ringrazia. Capisco la gioia immensa, ma un pò di coerenza non sarebbe male.
Francamente non credo ( mi pare che lo dica OUTIS) che le FARC o Chavez abbiano avuto meriti nella liberazione. E' stato un blitz in cui sono stati arrestati anche due guerriglieri ( il comandante " Cesar" e un altro non identificato") un operazione simile
a quella che liberò i contractors italiani nelle mani della guerriglia irakena, non a caso anche questa operazione puzza di Delta Force.
Sulle FARC mi unisco all'idea di Terraeamore; anche io ho parlato con colombiani e mi hanno espresso un parere assolutamente negativo sulle FARC. Al di là della propaganda governativa, che è VERGOGNOSA, sono i sequestri che fanno odiare le FARC. Comunque sia le FARC sono un movimento popolare alzatosi in lotta nel 1964, con una forte base contadina che ancor oggi sembra avere, e hanno circa 6000 effettivi. Ciò vuol dire che comunque non sono un gruppo terrorista isolato ma una vero e propria " parte belligerante" ( come chiedono giustamente di essere riconosciuti).
Comunque per far capire la mia posizione sulla guerriglia posto quest'articolo di Antonio Moscato che condivido in pieno ( risale alla morte di Reyes ma è ancor attuale nella seconda parte):
Tensione in Sudamerica dopo l'assassinio del numero 2 delle FARC
di Antonio Moscato*
Ecuador e Venezuela da un lato e dall'altro Colombia sono sull'orlo di uno scontro armato.
L'annuncio che l'assassinio di Raúl Reyes, da anni numero due nel vertice delle FARC, abile negoziatore ed esponente dell'ala più moderata, sarebbe avvenuto nel corso di una incursione nel territorio ecuadoriano (poco attendibile la smentita che secondo alcuni sarebbe stata fatta da parte di un giornale dei ribelli), ha provocato violente reazioni nel governo dell'Ecuador e in quello del Venezuela, entrambi confinanti e coinvolti nella vicenda dalle dichiarazioni del presidente Uribe.
L'uccisione di Reyes, il cui vero nome era Luis Édgar Devia Silva, e di almeno altri 19 guerriglieri, tra cui Guillermo Enrique Torres, un compositore e cantante conosciuto con lo pseudonimo di "Conrado", anche lui vecchio militante delle Farc (dal 1983), ha suscitato viva emozione nei tre paesi. Il commando che li ha uccisi nel sonno grazie a sofisticate apparecchiature elettroniche, fornite dagli Stati Uniti o da Israele, che sono impegnati nel Plan Colombia avviato con grande impiego di mezzi col pretesto di stroncare il narcotraffico, ha avuto fretta di ritirarsi e ha portato con sé i corpi di due soli uomini. Così l'esercito ecuadoriano ha potuto trovare i cadaveri degli altri e verificare che erano stati assassinati mentre erano in pigiama, e senza armi in mano, quindi nel quadro di un progetto di sterminio, non in una battaglia sia pur ad armi impari.
I militari colombiani dicono di aver trovato imprecisati documenti su collegamenti tra Reyes e Correa, ma presumibilmente si trattava di lettere e lasciapassare necessari nel quadro dei tentativi di mediazione portati avanti da Chávez con gran rumore, ma anche da Correa con maggiore discrezione.
La reazione violenta di Correa e Chávez si deve anche al fatto che vari esponenti della sinistra avevano denunciato i rapimenti effettuati dai servizi segreti colombiani in Venezuela (con la complicità di quelli di Caracas) e in Ecuador con la partecipazione dell'esercito locale. Il Governo ecuatoriano ha così ritirato il suo ambasciatore a Bogotá, Francisco Suéscum ed espulso quello colombiano.
Il presidente Rafael Correa ha denunciato davanti alla comunità internazionale l'aggressione alla sovranità ecuatoriana da parte della Colombia e ordinato la mobilitazione delle truppe alla frontiera tra i due paesi, e altrettanto ha fatto Chávez, che ha parlato di un possibile conflitto.
Correa ha detto che il “nostro paese ha subito un inaccettabile e pianificato attacco aereo e una successiva incursione di truppe colombiane”.
I ministri della Difesa, Wellington Sandoval, e Gustavo Larrea, responsabile della "Seguridad Interna y Externa", insieme a diversi generali delle FF.AA. ecuadoriane, si sono recati all'accampamento bombardato, soccorrendo tre guerrigliere ferite ed esaminando i cadaveri degli uccisi.
Il governo colombiano ha inizialmente presentato le scuse a quello dell'Ecuador per l'incursione, ma immediatamente dopo il portavoce presidenziale César Velásquez ha accusato Correa di accordi con le FARC, in base a documenti che sarebbero stati trovati a Reyes, che sono stati affidati ai (o forniti dai?) servizi segreti degli Stati Uniti, che notoriamente si ritengono in diritto di intervenire in qualsiasi paese, vicino o lontano.
Per capire cosa c'è dietro, bisogna capire cosa sono le FARC.
La Colombia è dal 1964 polarizzata dal confronto tra una forte guerriglia delle FARC (e di una più circoscritta di orientamento castrista, l'ELN), e le forze repressive dello Stato, spalleggiate da paramilitari e sostenute economicamente e militarmente dagli Stati Uniti con il Plan Colombia. La Colombia riceve da Washington aiuti militari importantissimi, poco meno di Israele. Le due principali guerriglie (ce ne sono ancora altre due o tre minori...) vengono accusate falsamente dagli Stati Uniti di essere implicate nel narcotraffico. La loro risposta è che si tratta di uno stravolgimento di un dato reale: nelle zone liberate prelevano un'imposta fissa su tutte le merci trasportate, compresa quindi anche la coca coltivata in quasi tutto il paese. Se gli Stati Uniti volessero davvero bloccare il narcotraffico, rispondono, dovrebbero colpire le centrali dello spaccio nel loro paese, invece di danneggiare indiscriminatamente i contadini e la popolazione tutta (anche dei paesi confinanti come l'Ecuador) con fumigazioni dagli aerei. La soluzione migliore sarebbe in realtà la legalizzazione della droga, che permetterebbe di ridurre gli enormi profitti (calcolati dalle FARC a 680 miliardi di dollari) esercitando sul mercato un efficace controllo, come accadde quando cessò il proibizionismo del whisky...
Più fondata è invece l'accusa rivolta alle FARC di effettuare rapimenti, cosa effettivamente grave e poco difendibile: nella loro autodifesa le FARC presentano la cattura di ostaggi come un normale atto di guerra, ma in realtà colpisce anche civili, per ottenere riscatti in denaro o scambi di prigionieri; a volte vengono sequestrati anche cittadini senza alcun peso politico o economico. Alcune comunità indigene che avevano partecipato in passato a formazioni guerrigliere hanno dovuto ricostruire strutture di autodifesa per respingere i tentativi di rapimento (probabilmente effettuati per sollecitare un maggior sostegno politico e logistico alla guerriglia).
Entrambe le organizzazioni purtroppo negli ultimi tempi hanno anche cominciato a scambiarsi accuse sempre più pesanti e in certi casi a usare le armi nei confronti della guerriglia rivale.
La situazione appare insostenibile a una parte notevole della popolazione, coinvolta suo malgrado da più di mezzo secolo. Attribuire la responsabilità solo ai guerriglieri è però assolutamente impossibile: a più riprese avevano tentato una tregua e il reinserimento nella vita politica, ma erano stati sistematicamente massacrati alla vigilia o nel corso delle elezioni. Negli anni Ottanta, anche le FARC avevano sperimentato un ritorno alla "legalità" con la Unión Democrática, che si era presentata alle elezioni regionali del 1984 riportando 800.000 voti. I due partiti che si dividevano il potere da sempre, Liberale e Conservatore, si accordarono con l'esercito e i paramilitari, per una politica di sterminio: in cinque anni furono uccisi 4.500 quadri e dirigenti (compresi due candidati alla presidenza della Repubblica con buone possibilità di successo) e 55.000 simpatizzanti e militanti di base. Nonostante questa terribile esperienza, nel 1990 un'altra organizzazione guerrigliera, l'M19, depose le armi e immediatamente dopo, in poche settimane, fu sistematicamente sterminata da paramilitari e militari regolari (spesso poco distinguibili). Per questo la mediazione offerta dal presidente Chávez per avviare un processo di scambio di ostaggi contro detenuti è stata vista con favore da gran parte della popolazione, che spera nella fine di una tragica spirale, e viceversa osteggiata e sabotata dal presidente Uribe e da gran parte dell'esercito colombiano.
Di questo intervento di Chávez, conclusosi con un successo, la stampa italiana ha parlato in modo scorretto e a volte scandaloso. La maggior parte dei giornali sono stati sempre pronti a riportare le veline di Uribe e a sottovalutare che bene o male si trattava di un avvio unilaterale di restituzione degli ostaggi, per verificare le condizioni per procedere ulteriormente sulla stessa strada. Viceversa, su internet è andata avanti una campagna di aggressione dei sostenitori delle FARC nei confronti di chi aveva espresso qualche perplessità da sinistra. In realtà, la denuncia della ferocia dei possidenti colombiani di cui Uribe è solo l'ultimo esponente, non deve esimere dal criticare le forme di lotta inumane e controproducenti a cui la guerriglia ha finito per ricorrere.
L'uccisione di Raúl Reyes è avvenuta presumibilmente mentre tentava un'altro modo di far uscire dalla Colombia gli ostaggi da liberare, ed è stato colpito proprio per questo: Uribe li vuole morti, per avvalorare la sua tesi (che è quella degli Stati Uniti, fatta propria purtroppo anche dall'UE): sono terroristi, non si tratta. Abbiamo espresso critiche severe agli errori politici fatti dalle FARC, ma questi sono la conseguenza di uno stato di guerra che dura da quasi mezzo secolo, e dal fallimento di tutti i tentativi dei guerriglieri di tornare alla legalità, stroncati dai paramilitari e dall'esercito, ugualmente al servizio dei latifondisti e dei magnati dell'industria. Se ha retto per tanti anni, vuol dire che la guerriglia ha l'appoggio di settori importanti della popolazione, che ne condividono gli obiettivi, e vuol dire che non c'è un pugno di terroristi ma un esercito ben radicato. C'è uno stato di guerra, da cui si può uscire solo con accordi di pace e riconoscimenti reciproci, come è stato fatto in altri paesi.
Per questo in Italia, nonostante e anzi proprio perché c'è una campagna elettorale, bisogna chiedere che il nostro paese, l'attuale governo e quello futuro, qualunque esso sia, si impegnino per una soluzione di pace affiancando quello francese. Sarkozy non è certo di sinistra, e le fa perché uno degli ostaggi è una cittadina franco-colombiana, ma ha tentato una mediazione. Bisogna chiedere a tutti un impegno in tal senso, accanto a quello per far cessare lo sterminio dei palestinesi a Gaza e non solo.
http://veronacritica.blogspot.com/20...ssassinio.html
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p.s. la Betancourt ha detto di essere stata torturata dai carcerieri voi cosa ne pensate? io credo sarebbe molto grave una cosa simile..
ho letto solo ora il post di leader maximo...molto interessante...aspetto un comunicato delle FARC per capire meglio..