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    Predefinito Ken il guerriero, meló heavy metal

    OMNIA SUNT COMMUNIA


    MANGA
    Il mondo post atomico di Hara e Okamura sugli schermi
    Ken il guerriero, meló heavy metal
    Violenza fittizia nell'immaginario pop del fumetto-cartoon giapponese, che nasconde un messaggio pacifista, una feroce critica alla prevaricazione e alla guerra. La pietas dell'eroe amplificata in generosi scontri epici

    Federico Ercole

    Non vi sono malvagi più crudeli, sadici più violenti e nazi-punk più disgustosi in tutto l'immaginario pop giapponese, di quelli pensati da Tetsuo Hara e Yoshiyoki «Buronson« Okamura per popolare il mondo post-atomico di Hokuto No Ken, il fumetto e poi cartone animato conosciuto in Italia come Ken il guerriero. Branchi di gente motorizzata che massacrano gaudenti i deboli di ogni categoria ed età, con la predilezione per donne, vecchi e bambini affamati o malati.
    L'idiozia della cattiveria regnerebbe incontrastata in questo mondo post-atomico dagli scenari immensi e desertici costellati da ruderi e spazzati da venti velenosi, se non ci fosse il protagonista della serie: il silenzioso e mai sorridente (perché non gli succede mai nulla di buffo, solo traumi devastanti) Kenshiro, dai muscoli cartacei più «veri» di quelli di Stallone e con un bel viso minuto dagli occhi-manga che esprimono furia omerica e ira implacabile come quelli di Bruce Lee, ma anche benevolenza e tenerezza. Soprattutto pietas, ma solo per gli oppressi, perché dove passa Kenshiro i cattivi deflagrano, si sciolgono, si squarciano e si segmentano esplodendo in fuochi d'artificio di sangue e arti amputati.
    Il guerriero solitario di Hara-Buronson ha compiuto 25 anni dalla sua prima comparsa sulle pagine di Shonen Jump e il compleanno viene festeggiato dai fan italiani con l'uscita in sala di un lungometraggio, Ken il guerriero - La leggenda di Hokuto, distribuito da Mikado e Yamato Video. Sembra quasi una «riabilitazione» se si pensa che nei decenni trascorsi Ken fu accusato assurdamente di essere fonte di ispirazione per atti vandalici e assassini come il lancio di pietre dai cavalcavia (pare che uno degli «inventori» di questa attività orrenda avesse qualche copia del fumetto). Sebbene Ken il Guerriero sia violento nell'espressione, d'altronde si tratta di arti marziali in un mondo apocalittico, non lo è affatto il suo messaggio che è invece una feroce critica alla prevaricazione, allo sfruttamento e alla guerra. Un messaggio «pacifista» ribadito esplicitamente nel film.
    Le lacrime vi scorrono fluviali come il sangue (e la bava dei cattivi), hanno un aspetto splatter-melò che amplifica il dolore e la sofferenza dei personaggi a livelli iperbolici. L'iperbole è la dimensione naturale di Ken, una saga che possiede il pathos di un melodramma, dove la tragedia nasce da una poetica heavy-metal. Diversamente da altre opere sulle arti marziali, i combattimenti non sono raccontati in ogni meccanica, rallentando allo spasimo l'esecuzione delle mosse fino ad estetizzarle. Qui gli scontri si risolvono in velocissimi e minimali scambi di colpi dove balenano «mille» calci e pugni a velocità subliminali. E il preludio alla battaglia ad essere amplificato, dilatato fino quasi alla stasi, all'illusione del fermo immagine. La lentezza amplifica l'epica e favorisce climax emozionali di pesantezza-leggerezza bruckneriana. L'apoteosi non è mai lo scontro ma il suo esito perché i pugni di Ken fanno effetto a posteriori, come quelli di Beatrix Kiddo a Bill o quelli di «mio cuggino» di Elio e le storie tese («...sa un colpo segreto che se te lo da dopo tre giorni muori» ), e lasciano all'avversario un po' di tempo per comprendere la propria scelleratezza prima di scoppiare.
    La vicenda del film si colloca in una fase già avanzata della serie e vi si trovano molti personaggi che sono rimasti nel cuore dei fan ma che possiedono il carisma per affascinare anche uno spettatore casuale. Ci sono i due fratelli di Ken: Toki e Raul. Il primo è una specie di Gesù più muscoloso nelle sembianze e che ha trasformato i propri poteri marziali in arti curative con le quali salva gli oppressi; è un eroe moriente dal fascino romantico. Raul è invece un colosso su un cavallo nero gigantesco, con mire di dominio mondiale; giustifica la violenza come unica via per una pace utopica controllata con la forza, ma è oppresso da sensi di colpa superumani; è l'avversario di Ken per eccellenza anche se tra loro c'è un residuo d'affetto profondo. Il vero «villain» del film è Sauzer, dalle brame mistico-divine, rapisce bambini per usarli come schiavi nella costruzione del suo mausoleo a forma di piramide. Poi c'è Shu, che si è auto-accecato per salvare il giovane Ken e suo figlio Sheba che si fa esplodere, sempre per salvare Ken.
    Nel film ci sono numerosi momenti di auto-sacrificio di personaggi chiave in cui il codice bushido dei samurai sembra miscelato con i toni della sceneggiata napoletana, in una ricetta dall'effetto lacrima che può essere sia irresistibile sia il motore di una risata liberatoria. Si parla anche d'amore, ma non c'è mai tempo, per le continue calamità che affliggono eroi e eroine. Dall'amore scaturiscono tuttavia altre inevitabili tragedie per alimentare il dolore di questi personaggi che sono tra i più sventurati e sfortunati di cui si sia mai raccontato.
    www.ilmanifesto.it

    ARDITI NON GENDARMI

  2. #2
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    KEN IL GUERRIERO

    di Giuseppe Genna
    Arriva nelle sale di tutta Italia un film di animazione dedotto da una delle saghe più appassionanti e memorabili della storia degli "anìme" giapponesi: Ken il guerriero. Dapprima manga cartaceo (l'atto di nascita è il 1983), poi cartone animato in due serie indimenticabili, che hanno rivoluzionato le modalità dell'animazione, ora Ken è anche lungometraggio, che "Carmilla" ha visionato all'anteprima a Milano, in una serata congestionata da fan e da spettatori comuni di ogni età, alla fine della proiezione tutti entusiasti. Si tratta, esattamente come per la versione manga e quella di serial tv, di uno straordinario capolavoro di grafica, struttura narrativa, invenzione immaginifica. La supremazia della leggendaria Scuola di Hokuto è ribadita da questa pellicola imperdibile, esaltante, che mantiene intatto l'afflato epico, che fu il reale elemento distintivo delle due lunghe serie trasmesse in Italia.
    Chi non conoscesse la vicenda di Kenshiro e della Scuola di Hokuto, può tranquillamente leggersi il resumé quasi ufficiale. Chi, d'altra parte, volesse familiarizzare con la straordinaria messa a punto del film (distribuito da Mikado e Dolmen, oltre che dalla mitologica Yamato Video), può guardarsi questo trailer, che sta furoreggiando su YouTube:

    [....]

    Che Ken il guerriero giunga su grande schermo è un evento che si può definire dunque non solo transmediatico, ma anche transgenerazionale, data la persistenza della serie in tv e il fatto che il suo immaginario ha contagiato ben più di una generazione (siamo agli antipodi di Atlas Ufo Robot, per intenderci, alla cui seduzione nostalgica e trash rispondono solo i quarantenni di oggi). I cicli epici di questo racconto in un pianeta devastato dalle guerre e dai disastri nucleari sono condensati con una maestria che lascia attoniti. Il lavoro di doppiaggio è sorprendente, ancor più sorprendente risulta l'abilità degli sceneggiatori e dei disegnatori nel restituire completa l'atmosfera e la scheletratura di un tratto della saga, quella ciè che conduce al duello tra Ken e Sauzer, tra Hokuto e la deviazione di Nanto. L'alternarsi dei momenti proverbialmente lenti ed emotivi con i frangenti dinamici, l'enfasi rituale che precede l'esecuzione di mosse esoteriche e sovrannaturali, gli scenari apocalittici e i rapporti tra i protagonisti (ci sono tutti, da Raoul a Toki a Shin a Bart e Lynn) - ogni elemento costitutivo del racconto è condotto agli estremi di una sintesi graficamente innovativa, pur rimanendo nelle categorie superomistiche di quella rappresentazione muscolare ipertrofica degli episodi della serie tv, mentre alcune significative invenzioni appaiono fin dall'inizio. Per esempio, l'attacco notturno a Baghdad con la contraerea che risponde o il crollo delle Twin Towers nel racconto che introduce allo stato di inferno in terra a cui il pianeta è ridotto. Ciò che è storico viene lanciato in un iperspazio terrestre, che vive sotto l'influenza, ben più che zodiacale, dei sistemi di stelle polari, in un confronto che conduce agli estremi le arti marziali e la loro filosofia, compattamente desunta dalla rivoluzione che fu praticata da Bruce Lee (a cui si ispirarono i creatori del primo Ken). Il tema centrale della salvaguardia dei bambini è esaltato al parossismo, così come le morti continuano enfaticamente a suddividersi tra massacri istantaei e iperviolenti di corpi che oltrepassano l'abituale fumettistico e decessi che segnano profondissimi lutti che richiedono vendetta. Lo straordinario incrocio tra sacralità giapponese e modalità da peplum anticoromano è nel film lo scenario centrale, all'interno del quale ruotano soluzioni che garantiscono la suspence tradizionale trasfigurandola in un evento da consumarsi secondo attese nuove e differenti.
    Il film è, in pratica, la quintessenza dell'epica complicatissima dell'anìme. Una quintessenza che non perde un grammo della leggenda che sapeva generare in tv quell'epica indimenticabile, spesso incomprensibile ma non per questo disturbante o tale da indurre qualunque spettatore a interrompere la visione del ciclo epico medesimo. La storia continuava, per episodi che la memoria non riusciva a collegare, ma che la rappresentazione epica, con la sua potenza, caricava di coerenza. A confronto, il lungometraggio è uno speed al cui successo su ogni fronte contribuisce una sapienza che spesso è mancata ad altre trasposizioni cinematografiche. Autori e regista (Takahiro Imamura, con gli sceneggiatori Nobuhiko Horie, Yoshinobu Kamo, Katsuhiko Manabe) sono riusciti perfettamente in un'impresa che risultava facile e impossibile. Facile, in quanto non esiste una serie animata più portata al cinema di Ken, proprio per la sua eversiva carica mitopoietica, per l'esplicito tentativo (che fu riuscitissimo e lo è anche ora) di tentare un'epica fantascientifica che non convocasse l'alterità (il motivo della debolezza di tutti gli altri cartoon giapponesi, da Mazinga a Jeeg, è proprio l'assenza dell'ambizione epica, col cattivo rimedio di evocare il nemico esterno, alieno). E tuttavia pareva impresa impossibile: come rastremare in un'ora e mezzo una vicenda articolata in 152 episodi? Il miracolo è ottenuto attraverso una stringatezza del racconto efficace, un mix sapientissimo di duelli mozzafiato (che non perdono un elemento che sia uno degli originali, a principiare dall'indimenticato acuto di battaglia di Kenshiro) e massimalismo emotivo. Non si tratta di un'operazione ironica di recupero, e questo proprio in forza della valenza epica del racconto, ma anche dell'obbiettivo che fissa il piano emotivo a ripetizione - l'elemento femminile e la storia amorosa hanno qui un ruolo molto più esplicito di quanto accadeva nella selva di eventi che la serie tv mostrava.
    Che si sia stati affezionati a quella serie o che si sia novizi dell'anìme della svolta (la Scuola di Hokuto genera qualunque serie successiva, Dragon Ball incluso), Ken il guerriero è un film imperdibile, che ci sottrae dal buonismo ridanciano della Disney e della Pixar, riportando al centro una narrazione che è capace di fare spreco di sé, rinunciando alle formule algebriche e alle ricerche di mercato condotte per rendere multigenerazionali cazzate come Shrek, il cui calcolo a priori è l'oggetto ambiguo dell'arte di animazione dei giorni nostri.
    Va ringraziata Mikado per essere riuscita a portare in Italia un simile capolavoro, che è il primo di cinque lungometraggi - un po' più di Matrix e, probabilmente, anche un po' meglio.

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    C'ho un buono da due mesi per un film gratissse al cinema. Se lo distribuiscono da queste parti me lo vado a vedè e poi ve faccio il cineforum.

  5. #5
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    Il primo che lo vede è invitato a scrivere per Lampi...

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    Citazione Originariamente Scritto da Outis Visualizza Messaggio
    Il primo che lo vede è invitato a scrivere per Lampi...

    Venerdì vado a vederlo. Quindi mi prenoto io! WWWWWUATAHHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

 

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