Il richiamo della piazza
Se i vertici del Pd restano sensibili alle posizioni di Di Pietro

Ci stupisce che i vertici del Partito democratico, pur così infastiditi dai toni volgari usati dalla piazza capeggiata dall'onorevole Di Pietro, abbiano poi sostanzialmente usato in Aula, nel dibattito sul lodo Alfano, gli stessi argomenti solo con maniere più civili. Se, come ha detto l'onorevole D'Alema, il lodo Alfano è una leggina utile ad evitare un processo di corruzione al premier che si ripara con i suoi problemi personali dietro alle altre cariche dello Stato, allora la tesi è la stessa dell'on. Di Pietro, magari depurata dalle insolenze e dalle virulenze gratuite: una tesi che per l'appunto sancisce la rottura di ogni possibile dialogo fra maggioranza ed opposizione. Cadrebbe subito nel vuoto l'appello rivolto all'ex-pm da Veltroni a "Matrix", con l'invito a scegliere fra una sinistra riformista e una piazza barbara e volgare, visto che tutto sommato alla fine la si pensa, volgari o educati che si sia, allo stesso modo. Ma se davvero Berlusconi volesse fare solo i suoi interessi personali, anche le volgarità verrebbero in qualche modo giustificate. E allora avrebbe ragione Di Pietro. E quindi, perché mai separarsi? Tutti insieme appassionatamente, Di Pietro, D'Alema, Grillo, la Guzzanti per attaccare il premier come un sol uomo. Quello che non convince di questa tesi sostenuta a Piazza Navona e rilanciata in aula dall'onorevole D'Alema è che solo cinque mesi fa è caduto un governo sulla base di un'azione della magistratura nei confronti del ministro Mastella; e c'era contemporaneamente aperta un'inchiesta sul premier che precedeva Berlusconi. Lo stesso D'Alema, con altri suoi compagni di partito, è stato oggetto di intercettazioni ed inchieste, solo momentaneamente sospese perché deferito al Csm il pm Forleo che lo accusava.

Con una classe politica nel suo complesso costantemente soggetta agli strali della magistratura, a torto o a ragione, è difficile svolgere un'azione parlamentare in generale ed in particolare di governo. Per cui non capiamo come si possa accusare Berlusconi di voler il suo interesse personale invece di riconoscere che egli si preoccupa di un problema generale, lo stesso che i padri costituenti avevano fissato con l'articolo 68 sull'immunità dei parlamentari. E' questo il problema, a fronte di un'iniziativa giudiziaria ininterrotta e - proprio come dimostra la questione D'Alema Forleo - controversa. I parlamentari e il governo debbono essere messi in grado di svolgere il loro mandato senza il rischio permanente della gogna. Il che non impedisce, come in ogni paese civile dell'occidente, che terminato il proprio mandato le cause pendenti vadano affrontate. Allora si possono anche avere dubbi ed esitazioni sulla norma "blocca processi", sul lodo Alfano o su altro, ma a patto che si abbia il coraggio di decidere che sia ripristinato quell'equilibrio fra poteri che la carta costituzionale garantiva e che le modifiche parlamentari del ‘93 hanno interrotto, con le conseguenze che ne sono derivate. Uscire da questa spirale ci sembra indispensabile e se l'opposizione vuole il dialogo, vuole superare il lodo Alfano, bene farebbe a cessare con gli attacchi personali al premier, predisponendosi invece a discutere seriamente e pacatamente delle immunità che la vecchia Costituzione riconosceva.

Roma, 10 luglio 2008

tratto da http://www.nuvolarossa.org/modules/n...p?storyid=5121